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Autore: Mellorine    04/06/2011    1 recensioni
Non so quanti capitoli prenderà, in ogni caso in questa fic scriverò di come immagino il primo incontro di Daemon e Giotto e gli inizi del loro rapporto. Essendo l'ambientazione piuttosto particolare (presumiamo che sia intorno al 1920 come è maggiormente quotato per la prima generazione) potrebbero esserci errori di cui mi scuso previamente, faccio il possibile per evitarli ma possono sempre capitare.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Daemon Spade, G, Giotto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"E quello è quello da dove diavolo è saltato fuori!?"
"sarà un civile!?"
"ormai è troppo tardi per pensarci, tutti via! Via!"

Panico generale che si esprimeva in urla sovrapposte e confuse, uomini che correvano da ogni lato in direzioni opposte, il buio che veniva squarciato dal fuoco e poi il nulla.

L'unica cosa di cui riuscì a rendersi conto Giotto qualche secondo dopo fu la sgradevole sensazione della polverosa terra nella bocca, oltre quello solo la confusione totale nella mente.

Non  riusciva a capire come fosse finito per terra, né aveva idea di cosa sopra la sua schiena lo stesse schiacciando, una persona forse, ma non poteva vederlo a causa degli occhi che non riusciva a riaprire perché infastiditi dal terreno.

Si sfilò velocemente i guanti per potersi sfregare gli occhi cercando di ripulirli mentre sentiva il corpo sopra di sé muoversi spostandosi dalla sua schiena, a quanto pare era davvero un uomo come pensava.

"stai bene?" la voce dalla quale si sentì porre quella domanda era strana, aveva un tono arrabbiato, preoccupato ed allarmato al tempo stesso, il tutto espresso in una lingua -il francese- che sembrava non appartenerle.

Aprì un occhio per rivolgersi alla fonte di quella voce e lo vide, in ginocchio al suo fianco col volto e l'uniforme completamente sporchi di terreno, un elmo a coprirgli il capo, ma nonostante tutto si capiva facilmente che quello che aveva di fronte doveva essere un ragazzo avente più o meno la sua età.

Gli rispose un "sì" nella stessa lingua, annuendo vigorosamente con un gesto del capo come a dimostrarlo.

Aperti entrambi gli occhi e sistematosi a sedere di fronte all'altro, lo guardò per bene accorgendosi che si stringeva una mano su un braccio.

"tu invece?" continuò a parlare in francese, per fortuna nonostante avesse passato la sua vita fino all'adolescenza nel suo semplice paese, negli ultimi anni aveva viaggiato molto ed aveva iniziato a prendere automaticamente confidenza con le lingue straniere.

Comprendendo che si stesse riferendo al proprio braccio, il ragazzo portò la mano a coprirsi la spalla che si trovava in una posizione tutt'altro che naturale, mentre a denti stretti cercò di fare una smorfia che voleva sminuire il danno.

"è solo uno strappo muscolare. Piuttosto, chi sei e cosa ci fai qui? Questa è una zona militare, come hai fatto ad entrare?"

Nonostante il modo in cui gli si era inizialmente rivolto, con  la preoccupazione di rispondergli sulle proprie condizioni minimizzando, che gli aveva fatto istintivamente credere che quello fosse semplicemente un ragazzo come lui col qualche avrebbe facilmente potuto comunicare, la sensazione cambiò quando si sentì sopraffare da quelle domande.

L'altro aveva assunto un tono del tutto diverso nel porgliele, duro, autorevole, facendolo sentire come minacciato seppur sapesse di non aver fatto niente di male.

"sono solo un viaggiatore, credevo che questo fosse un paese deserto."

Cercò di mantenere la solita calma che sempre gli apparteneva, nel rispondergli, ma ciò nonostante vide gli occhi blu  dell'altro spalancarsi in un'espressione allibita.

"che stai dicendo? Vuol dire che non ti ha fermato nessuno alle entrate della città!?"

Andò in difficoltà, era facile immaginare che per dei soldati doveva essere  un bel problema scoprire di avere una difesa scoperta, per cui assunse un tono più cauto nell'annunciargli quella cattiva notizia.

"no, veramente non ho incontrato alcuna resistenza … all'entrata principale non c'era nessuno."

"è un problema."

 Lo sentì mormorare più tra sé e sé che rivolto a lui, anche perché lo fece in italiano probabilmente ignaro del fatto che lo avrebbe capito, cosa che confermò la sua impressione che il francese non fosse la sua lingua madre.

Lo vide aggrottare la fronte in un'espressione decisamente contrariata mentre gli afferrava il polso con la mano del braccio sano e lo spingeva con ben poca gentilezza ad alzarsi con lui per dirigersi subito al centro della piazza dove erano prima che si ritrovassero in quell'angolo pieno di legname senza capire come.

"vieni con me."

Il tono che aveva usato lasciava trasparire l'ordine, e Giotto decise di seguirlo senza opporre resistenza per il semplice fatto che capì subito che era meglio non creare equivoci che lo avrebbero portato a mettersi nei guai.

Restò alle spalle del soldato mentre lo sentiva spiegare ai colleghi quanto gli aveva riferito poco prima, sul volto di tutti -giovani almeno quanto loro o poco più- si dipinse subito il sentore dell'allarme.

Nessuno sembrò preoccuparsi, anche prima di sapere che c'era un ben più grande problema, del braccio del ragazzo che era chiaramente rotto.

Solo un uomo, il più adulto e l'unico dall'aria sicura di chi ne aveva vissute molte più di quei ragazzi e sentiva di avere la situazione in mano, il capitano per quanto Giotto poté riconoscere dalla conoscenza dei distintivi dell'esercito del proprio paese che ricordava meglio, sembrò farci caso e gli ordinò probabilmente per quello di scortare il civile fuori la zona prima di andare in ospedale.

Il proprio salvatore si voltò a guardarlo con disappunto, come se in quel momento lo stesse considerando una piaga, unico motivo per il quale sarebbe stato costretto ad allontanarsi in una situazione del genere e volesse prendersela con lui.

 Tuttavia non contestò affatto l'ordine del suo superiore e, dopo aver risposto nel modo formale, si incamminò nuovamente richiamandolo con quel tono d'ordine.

Ancora una volta Giotto lo seguì obbediente anche se, seppure fosse paziente per natura ed era per questo che riusciva a trattenersi, stava iniziando a sentirsi in un certo qual modo indispettito da quei modi di fare.

"esattamente dove stiamo andando?"

Una volta allontanati dalla zona in cui tutti i soldati si davano da fare nei preparativi di un'ispezione alle porte della città, gli si rivolse direttamente in italiano, essendo ormai certo che quella fosse la lingua madre che avevano in comune.

Ne ebbe conferma quando il ragazzo al suo fianco si voltò subito verso di lui dando segno di aver capito, squadrandolo un po' prima di rispondere nella stessa lingua.

"fuori città, dopo ci sono solo distese boscose per un po' ma poi c'è un paese abitato."

"e poi andrai all'ospedale da solo? Se a quanto ho capito siete sotto attacco, non puoi farlo, sei ferito!"

Quella preoccupazione,  tanto spontanea per lui, sembrò sorprendere l'altro almeno quanto quando gli aveva detto che era entrato in quel posto senza problemi, era come se gli sembrasse inconcepibile e preoccupante.

"questi non sono dettagli che devono preoccupare un civile, l'unica cosa cui devi pensare è metterti in salvo allontanandoti da qui."

"ma tu prima mi hai salvato la vita … suppongo … vero? Non posso mica lasciarti così, devo almeno ricambiare il debito!"

Dal canto suo era infatti inconcepibile per Giotto l'idea di abbandonare un ferito a se stesso, figuriamoci in una situazione di pericolo e se gli doveva la vita.

 Tuttavia pareva che l'altro non condividesse né apprezzare tali premure, tanto che si fermò di scatto afferrandolo per una spalla obbligandolo a voltarsi verso di lui per poterlo guardare in volto.

"ascolta, non so chi tu sia né cosa ti sia messo in testa, ma l'unico motivo per cui mi sono gettato a salvarti prima è che-"

Non ebbe il tempo di finire di parlare che un gruppo di cinque uomini sbucò dagli angoli più nascosti delle rovine dei palazzi che li circondavano.

Erano stati presi entrambi alla sprovvista, la guardia abbassata perché presi ognuno ad ascoltare il fastidio della cocciutaggine dell'altro, si ritrovarono con le mani alzate -una, nel caso del soldato-  al centro del mirino di tutti gli uomini che erano totalmente usciti allo scoperto e li stavano accerchiando.

Giotto calcolò subito il modo migliore di agire, era convinto di farcela contro soli cinque uomini, ma il problema era farlo senza mettere in pericolo una persona in più ferita al suo fianco.

Si dovette però sorprendere nel constatare che, nonostante avesse un braccio fuori uso, l'altro  non apparve smuoversi affatto ed, anzi, sembrava piuttosto sicuro di sé.

Si chiese cosa gli passasse per la testa, con le armi ordinarie che aveva a portata di mano in quelle condizioni avrebbe potuto fare poco più di niente, quando lo vide e si fermò con la bocca semiaperta in procinto di parlare.

L'occhio destro del ragazzo  cambiò fino a diventare rosso, fu sicuro di scorgerci qualcosa di diverso da una normale pupilla -solo in futuro avrebbe scoperto che si trattasse di un simbolo ben specifico, una picca- ma non riuscì ad osservarlo nel dettaglio per ciò che successe subito dopo in pochi istanti.

Al terreno arido intorno a loro si sostituì il vuoto, esattamente sotto i piedi degli avversari, come se tutto si stesse sgretolando fuorché una piattaforma che assurdamente rimaneva sotto di loro risparmiandoli da quell'avvenimento inspiegabile.

Rimase atterrito, fissava tre di quegli uomini cadere rovinosamente mentre due di loro sembravano essere in grado di reggersi agilmente sul vuoto.

Sentì il ragazzo al suo fianco imprecare qualcosa riguardo al fatto che dovevano essere addestrati, ma non capì di cosa stesse parlando e nemmeno ebbe il tempo di pensarci perché si ritrovò impegnato a dover affrontare i due che si avvicinavamo minacciosi e pronti all'attacco.

Diede una spinta al soldato al suo fianco che lo fece cadere a terra e si gettò subito contro di loro, riuscendo ad essere talmente veloce da trovarsi alle loro spalle prima di venir colpito dai colpi che stavano sparando.

Si aiutò con i propri guanti che si illuminarono emanando fiamme, della stessa consistenza di quella che spuntò dai suoi capelli, ed in ben pochi colpi lasciò gli avversari a terra privi di sensi.

Il tempo di riprendere fiato e tornare a guardarsi intorno, e Giotto dovette restare colpito da ciò che era successo per l'ennesima volta in quella giornata.

Tutto era tornato come prima, il terreno era perfettamente al suo posto e i tre avversari che credeva precipitati nell'oblio giacevano in realtà per terra, intorno a loro, trafitti in parti vitali da delle lance che non aveva idea di da dove fossero saltate fuori.

Si riavvicinò in fretta al ragazzo guardandolo esterrefatto per accorgersi che lui, inginocchiato a terra con lo sguardo fisso sulla fiamma che gli spuntava dalla testa, lo stava fissando nello stesso modo.

"e-eccezionale…"

Si ritrovarono a mormorare quasi in coro, entrambi stupefatti da ciò cui avevano appena assistito.

Fu Giotto il primo a smuoversi da quella situazione di stallo, spostandosi in avanti per porgere all'altro la mano per aiutarlo a rialzarsi, anche perché era stato lui a farlo finire per terra, ma nel momento stesso in cui lo fece questi si era mosso da solo per rimettersi in piedi.

"sei un illusionista anche tu?"

Si sentì domandare, seppur con tono perplesso, dall'altro che mentre parlava lo osservava con fare interessato, come se stesse guardando qualcosa di strano.

Lo vide allungare una mano verso i propri capelli, probabilmente attratto dalla fiamma che vi svettava, e vederlo così gli fece pensare ad un bambino incuriosito tanto che non poté evitare di dover soffocare malamente una piccola risata.

"non so a cosa ti riferisci con illusionista, questa è semplicemente la fiamma che mi permette di combattere e queste sono le mie armi!"

Gli spiegò, alzando le mani per mostrargli i guanti. L'altro diede segno di aver ascoltato ma evidentemente qualcosa ancora non doveva essergli chiaro, perché si sentì un dito insinuarsi tra i folti capelli oltre la fiamma.

"se non è un'illusione come è possibile che non scotti?"

"è complicato … facciamo che ti spiego tutto con calma appena ci saremo messi al sicuro, d'accordo?"

"tu vai a metterti al sicuro fuori di qui e io torno al mio lavoro, andiamo."

Subito il soldato tornò sull'attenti, come se si fosse ricordato in quel momento del proprio ordine.

Pensò che i due uomini rimasti privi di sensi andassero legati, poi avrebbe avvertito qualcuno di occuparsi di andare a prenderli.

Tuttavia il gesto brusco con cui si voltò per spostarsi, e che lo portò a dare casualmente una spallata a Giotto con il braccio menomato, andò a suo sfavore facendogli esprimere per la prima volta il proprio dolore che doveva essere peggiorato a causa della caduta.

Si portò la mano al braccio e contrasse il volto in una smorfia di dolore, i denti stretti per cercare di sopprimere il più possibile quel verso sofferente che gli stava scappando dalla gola.

"non abbiamo nemmeno il tempo per pensare prima a me, stai soffrendo! E poi cosa accadrà se ti attaccassero di nuovo mentre sei da solo?"

"non posso permettere ad un civile di farmi da scorta."

"hai visto in questo momento che sono in grado di aiutarti!"

"ma gli ordini-"

 "vorrà dire che mi proporrò come volontario, basta che la smetti e andiamo!"

Lo interruppe, gettando di impulso quella risposta con la prima idea che aveva trovato come compromesso per far tacere quel ragazzo e la sua cocciutaggine verso l'ordine di buttarlo fuori al più presto.

"… lega quei due rimasti vivi, sbrigati."

A quanto pare ebbe effetto, il ragazzo sembrò finalmente arreso all'idea di accettare di doverlo sopportare.

Giotto la considerò una piccola vittoria, forse mostrandogli un po' della propria forza e determinazione si era guadagnato il suo rispetto.

Fece quanto gli era stato ordinato, con del materiale che gli passò l'altro.

Mentre stava inginocchiato per terra in quel lavoro, non poté fare a meno di portare lo sguardo sui tre sconosciuti constatando che erano ormai privi di vita.

Non sapeva nulla di loro, tutto ciò che si poteva supporre era che appartenessero a dei nemici della sua patria ed i loro alleati, visto che erano andati ad attaccare quel campo, ciò nonostante il suo cuore non poteva fare a meno di compiangerli.

Gli era impossibile non pensare che quelle erano morti che si potevano evitare, che sarebbe bastato avere qualche riguardo come aveva fatto lui per tenerli in vita ed utilizzarli anche in loro favore interrogandoli.

"perché insisti tanto? Sei un civile, queste cose non dovrebbero riguardarti."

Probabilmente l'altro dovrebbe accorgersi di tutti quei pensieri che stava rivolgendo ai morti, perché dal tono con cui gli parlò sembrava che volesse davvero sapere qualcosa che non capiva.

"non vuol dire niente, è una questione di orgoglio personale. non posso abbandonare qualcuno che ha chiaramente bisogno di aiuto, specialmente se ha aiutato me."

Il biondo continuò nella più ragionevole scelta di non crearsi problemi col soldato, d'altronde pur trattandosi di compatrioti, si trovava in una  zona nella quale non avrebbe dovuto mettere piede e qualsiasi suo comportamento sarebbe potuto risultare ragionevolmente sospetto, già ringraziava abbastanza il fatto che nessuno lo avesse preso per una spia.

"E comunque non sono un civile, mi chiamo Giotto e ho 18 anni, tu?"

Aggiunse, rialzandosi una volta finito il proprio lavoro, sforzandosi di lasciarsi alle spalle quella visione straziante ed incamminandosi alla cieca per andare avanti prima di finire in una conversazione spinosa.

"caporale Spade, 19."

Alla gentilezza con cui si era presentato Giotto, l'altro rispose smorzandolo piuttosto seccamente con un tono formale e distaccato, mentre lo precedeva indicandogli la strada giusta.

Tuttavia il biondo non si fece scoraggiare e continuò a dargli a parlare, convinto anche del fatto che servisse per distrarlo dal dolore che stava evidentemente provando in maniera sempre più forte dal modo in cui lo vedeva stringere i denti.

"wow, caporale alla tua età, devi essere un portento! In effetti devo ancora capire come hai fatto a combattere prima…"

"mio padre alla mia età era sergente… e quelle di prima erano le più elementari delle illusioni, infatti non ci sono caduti nemmeno tutti."

Ancora il più grande lo liquidò con un tono annoiato che lasciava trasparire che non gli avrebbe dato ulteriori spiegazioni a riguardo, mentre lo guardava come se stesse pensando di star parlando a qualcuno veramente stupido.

"bhè… uhm… ah, prima mi stavi spiegando il motivo per cui mi hai salvato! Io devo ancora capire cosa sia successo esattamente!"

Giotto rise un po' nervosamente mentre insisteva a parlargli, era abituato ad avere a che fare con persone di tutti i tipi ma in generale non aveva mai avuto tanti problemi di comunicabilità con qualcuno, sembrava che qualsiasi cosa dicesse lo urtasse.

"eravamo nel corso di un'esercitazione" il tono con cui il ragazzo iniziò a parlare lasciava trasparire chiaramente un'opinione del tipo "come se ce ne fosse bisogno di fare anche esercitazioni"

"dovevamo testare alcuni rifornimenti di armi arrivati stamattina. Questo è uno dei tanti paesini di confine rimasti svuotati dalla guerra, utilizziamo tutti gli spazi ancora agibili per riadattarli alle nostre esigenze e di quella piazza non è rimasto niente, così ci testiamo cose come esplosivi e bombe a mano… mai a pensare che un civile sarebbe potuto saltare fuori dal nulla camminando tranquillo come se stesse andando a fare la spessa sotto casa. L'unico motivo per cui mi sono gettato subito a toglierti di lì è perché ero il responsabile dell'esercitazione, in quanto scelto della truppa, per cui se ti fosse accaduto qualcosa durante un'operazione diretta da me sarebbero stati i miei gradi già nulli e la mia carriera a pagarne le spese."

"capisco… quindi è sempre per questo che uccidi i nemici tanto facilmente? Per fare carriera?"

Azzardò dopo aver seguito con attenzione quella spiegazione in ogni suo dettaglio, dalle parole al tono con cui venivano pronunciate, potendo alla fine dire di essersi fatto una mezza idea del caporale Spade.

Il destinatario della domanda però non sembrò apprezzare, per il modo sprezzante in cui lo guardò.

"loro ci avrebbero uccisi. Ascolta, avrai dimostrato di saper combattere con qualche spettacolo che ancora non mi spiego e, lo ammetto, mi incuriosisce ma questo non toglie il fatto che si capisca benissimo che tu non sei abituato a vivere in un'area di questo genere. Quindi, per favore, smettila di parlarmi di cose che non mi interessano o che tu non conosci e taci."

Giotto si lasciò sfuggire un sospiro rassegnato e assecondò anche quella richiesta, restando in silenzio per il resto del tragitto.

Tuttavia qualcosa del modo di parlare dell'altro aveva smosso la sua curiosità, facendogli venire voglia di scoprire perché avesse radicate tali convinzioni e chiedendosi se ci fosse una possibilità di portarlo a pensare diversamente, assumendo quella probabilità quasi come una sfida personale.

D'altronde non poteva fare a meno di sorridere tra sé e sé sentendosi rivolgere quella sorta di accusa, Spade non poteva sapere che aveva sempre vissuto assistendo alle peggiori scene quotidiane che distruggevano il luogo in cui era cresciuto che tanto amava e le persone che lo abitavano.

Era per questo che era tanto paziente, che la convinzione di poter vedere la guerra, in qualsiasi sua forma, da una prospettiva diversa non lo abbandonava mai.

Di persone piene di odio e rancore, con la convinzione del "uccidi o verrai ucciso", ne aveva viste tante, alcune era riuscito a convincerle portandole sulla strada che aveva scelto di percorrere per sé, altre le aveva viste fare una pessima fine.

Quel ragazzo era un suo coetaneo, per un motivo od un altro gli aveva comunque salvato la vita, e dal tono e lo sguardo con cui parlava gli faceva intendere ben altro da quanto volesse lasciar trasparire, per non parlare del fatto che sembrava essere un combattente eccezionale.

Voleva, doveva, portarlo sulla sua strada.

 

Non ci misero molto ad arrivare, quella utilizzata come ospedale era una piccola struttura che anche precedentemente era adibita allo stesso ruolo, con la sola differenza che chi vi lavorava ora era tutta gente annessa all'esercito.

Quando vi entrarono, un'infermiera riconobbe subito il ferito, mentre squadrò un po' spaesata Giotto che non era nemmeno vestito in uno dei loro uniformi.

Lui si annunciò come un volontario appena arrivato e questa gli sorrise, ringraziandolo per la scelta perché era sempre una buona notizia sapere di avere una mano in più.

"dì un po', oltre ad un titolo e un cognome, ce l'hai anche un nome?"

Una volta seduti su una brandina all'interno di una stanza semivuota in attesa dell'arrivo di qualcuno che si occupasse dell'altro, Giotto tornò con le sue domande.

Li avevano avvertiti del fatto che dovessero ancora arrivare i rifornimenti per parecchie cose, per cui mancavano gli anestetici.

Il ragazzo aveva commentato sarcasticamente su qualcosa riguardo il fatto che le ricariche per le armi non arrivassero mai a mancare, mentre i mezzi per rimediare alle ferite mancavano praticamente sempre,  prima di chiedere una bottiglia d'alcool.

Lo usavano in casi estremi come disinfettante, ma lui in quel caso aveva pensato bene di farne uso come antidolorifico, d'altronde il suo servizio per quel giorno sarebbe stato sospeso per forza di cose a causa del braccio.

"Daemon."

Gli rispose quindi accontentando stavolta le curiosità del biondo senza fare troppe storie, dopo aver ingoiato il sorso con cui era arrivato a metà bottiglia.

"oh, che nome particolare!"

"nufufu ~  avanti, dillo pure."

Giotto rimase sorpreso da quella risatina particolare,  trovandoci qualcosa di realmente poco divertito, per di più era confuso su cosa dovesse dire.

"cosa…?"

"Daemon, demonio, è un'assimilazione che fanno tutti! Figuriamoci tu che sei… cosa sei, un sempliciotto di campagna pieno di ideali che adesso ha iniziato a vedere il mondo e si scandalizza dalla realtà che trova? nufufu ~ ti darò una grande notizia: c'è stata una guerra mondiale, adesso le cose continuano ad andare male e, infine, in guerra la gente muore!"

Un altro sospiro per raccogliere pazienza, a Giotto non ne erano mai sfuggiti tanti in una sola giornata.

"l'alcool ti rende più disposto a parlare ma non più socievole, vero?"

Dopo una nuova lunga sorsata, Daemon gli rispose con un semplice sorriso reso un po' inebetito dallo stato di ebbrezza, nonostante quello sguardo di sufficienza nei confronti dell'altro non desisteva dal cedere il posto ad uno diverso, come se gli stesse dicendo solo in quel modo "ti ho inquadrato in una sola occhiata, inutile ribattere."

Fu l'arrivo dei medici ad interrompere Giotto dal tentativo di contestare.

Gli venne chiesto di lasciare la stanza e dirigersi a presentarsi alle persone che si sarebbero occupate di dirgli cosa doveva fare, visto che aveva annunciato di voler restare lì come volontario per l'ospedale.

La conversazione con chi si occupava di distribuire i ruoli in realtà fu breve, avendo scarse conoscenze in quel campo non poterono assegnargli altro che faccende manuali di cui occuparsi alleggerendo il lavoro di chi poteva rendersi più utile facendo altro.

Si ritrovò quindi fuori la stanza in cui aveva lasciato Daemon ad aspettare, per ora l'unico incarico che gli avevano affidato sul momento era tenere d'occhio il ragazzo che a quanto pareva aveva la fama di essere uno non particolarmente disposto a restare fermo in un letto.

Tutto di quella persona gli aveva dato un'idea di continuo lavoro, movimento e sopportazione, per questo rimase allibito dalle urla di dolore  provenienti dalla stanza, talmente continue ed acute che si diffusero per il corridoio, a quanto pare anche l'essere ubriaco non faceva l'effetto desiderato.

Erano totalmente contrapposte alla compostezza con cui lo aveva visto non lamentarsi del braccio rotto quasi come se fosse una cosa da niente per cui era normale non soffrire.

Restò lì ad ascoltare quella sofferenza anche se si sentiva come se gli facesse personalmente male, fin quando finalmente, dopo parecchi minuti in qui era tornata la quiete, gli chiesero di entrare.

Daemon dormiva, probabilmente dopo aver perso i sensi, il braccio era stato fasciato ed il suo corpo ripulito.

Poteva vederlo bene ora in tutto e per tutto, la pelle chiara,  i lineamenti del volto eleganti, i capelli con caratteristiche che trovò strambe ma che sembravano stargli lo stesso assurdamente bene.

In quel momento, guardandolo riposare rivelando quietamente la propria bellezza, gli nacque un sorriso amaro.

Quel ragazzo si credeva un demone, chissà cosa nella vita lo aveva portato a pensarlo, eppure ora era lì a godersi il suo effimero temporaneo sollievo perché fino a poco prima aveva sofferto, proprio come tutti gli esseri umani.

  
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