"E
quello è quello da
dove diavolo è saltato fuori!?"
"sarà un civile!?"
"ormai è troppo tardi per pensarci, tutti via! Via!"
Panico
generale che si
esprimeva in urla sovrapposte e confuse, uomini che correvano da ogni
lato in
direzioni opposte, il buio che veniva squarciato dal fuoco e poi il
nulla.
L'unica
cosa di cui riuscì
a rendersi conto Giotto qualche secondo dopo fu la sgradevole
sensazione della
polverosa terra nella bocca, oltre quello solo la confusione totale
nella
mente.
Non riusciva a capire come
fosse finito per
terra, né aveva idea di cosa sopra la sua schiena lo stesse
schiacciando, una
persona forse, ma non poteva vederlo a causa degli occhi che non
riusciva a
riaprire perché infastiditi dal terreno.
Si
sfilò velocemente i guanti
per potersi sfregare gli occhi cercando di ripulirli mentre sentiva il
corpo
sopra di sé muoversi spostandosi dalla sua schiena, a quanto
pare era davvero
un uomo come pensava.
"stai
bene?" la
voce dalla quale si sentì porre quella domanda era strana,
aveva un tono
arrabbiato, preoccupato ed allarmato al tempo stesso, il tutto espresso
in una
lingua -il francese- che sembrava non appartenerle.
Aprì
un occhio per
rivolgersi alla fonte di quella voce e lo vide, in ginocchio al suo
fianco col
volto e l'uniforme completamente sporchi di terreno, un elmo a
coprirgli il
capo, ma nonostante tutto si capiva facilmente che quello che aveva di
fronte
doveva essere un ragazzo avente più o meno la sua
età.
Gli
rispose un
"sì" nella stessa lingua, annuendo vigorosamente con un
gesto del
capo come a dimostrarlo.
Aperti
entrambi gli occhi
e sistematosi a sedere di fronte all'altro, lo guardò per
bene accorgendosi che
si stringeva una mano su un braccio.
"tu
invece?"
continuò a parlare in francese, per fortuna nonostante
avesse passato la sua
vita fino all'adolescenza nel suo semplice paese, negli ultimi anni
aveva
viaggiato molto ed aveva iniziato a prendere automaticamente confidenza
con le
lingue straniere.
Comprendendo
che si stesse
riferendo al proprio braccio, il ragazzo portò la mano a
coprirsi la spalla che
si trovava in una posizione tutt'altro che naturale, mentre a denti
stretti
cercò di fare una smorfia che voleva sminuire il danno.
"è
solo uno strappo
muscolare. Piuttosto, chi sei e cosa ci fai qui? Questa è
una zona militare,
come hai fatto ad entrare?"
Nonostante
il modo in cui
gli si era inizialmente rivolto, con la
preoccupazione di rispondergli sulle proprie condizioni minimizzando,
che gli
aveva fatto istintivamente credere che quello fosse semplicemente un
ragazzo
come lui col qualche avrebbe facilmente potuto comunicare, la
sensazione cambiò
quando si sentì sopraffare da quelle domande.
L'altro
aveva assunto un
tono del tutto diverso nel porgliele, duro, autorevole, facendolo
sentire come
minacciato seppur sapesse di non aver fatto niente di male.
"sono
solo un
viaggiatore, credevo che questo fosse un paese deserto."
Cercò
di mantenere la
solita calma che sempre gli apparteneva, nel rispondergli, ma
ciò nonostante
vide gli occhi blu dell'altro
spalancarsi in un'espressione allibita.
"che
stai dicendo?
Vuol dire che non ti ha fermato nessuno alle entrate della
città!?"
Andò
in difficoltà, era
facile immaginare che per dei soldati doveva essere
un bel problema scoprire di avere una difesa
scoperta, per cui assunse un tono più cauto
nell'annunciargli quella cattiva
notizia.
"no,
veramente non ho
incontrato alcuna resistenza … all'entrata principale non
c'era nessuno."
"è
un problema."
Lo sentì
mormorare più tra sé e sé che rivolto
a lui, anche perché lo fece in italiano probabilmente ignaro
del fatto che lo
avrebbe capito, cosa che confermò la sua impressione che il
francese non fosse
la sua lingua madre.
Lo
vide aggrottare la
fronte in un'espressione decisamente contrariata mentre gli afferrava
il polso
con la mano del braccio sano e lo spingeva con ben poca gentilezza ad
alzarsi
con lui per dirigersi subito al centro della piazza dove erano prima
che si
ritrovassero in quell'angolo pieno di legname senza capire come.
"vieni
con me."
Il
tono che aveva usato
lasciava trasparire l'ordine, e Giotto decise di seguirlo senza opporre
resistenza per il semplice fatto che capì subito che era
meglio non creare
equivoci che lo avrebbero portato a mettersi nei guai.
Restò
alle spalle del
soldato mentre lo sentiva spiegare ai colleghi quanto gli aveva
riferito poco
prima, sul volto di tutti -giovani almeno quanto loro o poco
più- si dipinse
subito il sentore dell'allarme.
Nessuno
sembrò
preoccuparsi, anche prima di sapere che c'era un ben più
grande problema, del
braccio del ragazzo che era chiaramente rotto.
Solo
un uomo, il più
adulto e l'unico dall'aria sicura di chi ne aveva vissute molte
più di quei
ragazzi e sentiva di avere la situazione in mano, il capitano per
quanto Giotto
poté riconoscere dalla conoscenza dei distintivi
dell'esercito del proprio
paese che ricordava meglio, sembrò farci caso e gli
ordinò probabilmente per
quello di scortare il civile fuori la zona prima di andare in ospedale.
Il
proprio salvatore si
voltò a guardarlo con disappunto, come se in quel momento lo
stesse
considerando una piaga, unico motivo per il quale sarebbe stato
costretto ad
allontanarsi in una situazione del genere e volesse prendersela con lui.
Tuttavia non
contestò affatto l'ordine del suo
superiore e, dopo aver risposto nel modo formale, si
incamminò nuovamente
richiamandolo con quel tono d'ordine.
Ancora
una volta Giotto lo
seguì obbediente anche se, seppure fosse paziente per natura
ed era per questo
che riusciva a trattenersi, stava iniziando a sentirsi in un certo qual
modo
indispettito da quei modi di fare.
"esattamente
dove
stiamo andando?"
Una
volta allontanati
dalla zona in cui tutti i soldati si davano da fare nei preparativi di
un'ispezione alle porte della città, gli si rivolse
direttamente in italiano,
essendo ormai certo che quella fosse la lingua madre che avevano in
comune.
Ne
ebbe conferma quando il
ragazzo al suo fianco si voltò subito verso di lui dando
segno di aver capito,
squadrandolo un po' prima di rispondere nella stessa lingua.
"fuori
città, dopo ci
sono solo distese boscose per un po' ma poi c'è un paese
abitato."
"e
poi andrai
all'ospedale da solo? Se a quanto ho capito siete sotto attacco, non
puoi
farlo, sei ferito!"
Quella
preoccupazione, tanto
spontanea per lui,
sembrò sorprendere l'altro almeno quanto quando gli aveva
detto che era entrato
in quel posto senza problemi, era come se gli sembrasse inconcepibile e
preoccupante.
"questi
non sono
dettagli che devono preoccupare un civile, l'unica cosa cui devi
pensare è
metterti in salvo allontanandoti da qui."
"ma
tu prima mi hai
salvato la vita … suppongo … vero? Non posso mica
lasciarti così, devo almeno
ricambiare il debito!"
Dal
canto suo era infatti
inconcepibile per Giotto l'idea di abbandonare un ferito a se stesso,
figuriamoci
in una situazione di pericolo e se gli doveva la vita.
Tuttavia pareva che l'altro
non condividesse
né apprezzare tali premure, tanto che si fermò di
scatto afferrandolo per una
spalla obbligandolo a voltarsi verso di lui per poterlo guardare in
volto.
"ascolta,
non so chi
tu sia né cosa ti sia messo in testa, ma l'unico motivo per
cui mi sono gettato
a salvarti prima è che-"
Non
ebbe il tempo di
finire di parlare che un gruppo di cinque uomini sbucò dagli
angoli più
nascosti delle rovine dei palazzi che li circondavano.
Erano
stati presi entrambi
alla sprovvista, la guardia abbassata perché presi ognuno ad
ascoltare il
fastidio della cocciutaggine dell'altro, si ritrovarono con le mani
alzate
-una, nel caso del soldato- al
centro del
mirino di tutti gli uomini che erano totalmente usciti allo scoperto e
li
stavano accerchiando.
Giotto
calcolò subito il
modo migliore di agire, era convinto di farcela contro soli cinque
uomini, ma
il problema era farlo senza mettere in pericolo una persona in
più ferita al
suo fianco.
Si
dovette però
sorprendere nel constatare che, nonostante avesse un braccio fuori uso,
l'altro non apparve
smuoversi affatto
ed, anzi, sembrava piuttosto sicuro di sé.
Si
chiese cosa gli
passasse per la testa, con le armi ordinarie che aveva a portata di
mano in
quelle condizioni avrebbe potuto fare poco più di niente,
quando lo vide e si
fermò con la bocca semiaperta in procinto di parlare.
L'occhio
destro del
ragazzo cambiò
fino a diventare rosso,
fu sicuro di scorgerci qualcosa di diverso da una normale pupilla -solo
in
futuro avrebbe scoperto che si trattasse di un simbolo ben specifico,
una
picca- ma non riuscì ad osservarlo nel dettaglio per
ciò che successe subito
dopo in pochi istanti.
Al
terreno arido intorno a
loro si sostituì il vuoto, esattamente sotto i piedi degli
avversari, come se
tutto si stesse sgretolando fuorché una piattaforma che
assurdamente rimaneva
sotto di loro risparmiandoli da quell'avvenimento inspiegabile.
Rimase
atterrito, fissava
tre di quegli uomini cadere rovinosamente mentre due di loro sembravano
essere
in grado di reggersi agilmente sul vuoto.
Sentì
il ragazzo al suo
fianco imprecare qualcosa riguardo al fatto che dovevano essere
addestrati, ma
non capì di cosa stesse parlando e nemmeno ebbe il tempo di
pensarci perché si
ritrovò impegnato a dover affrontare i due che si
avvicinavamo minacciosi e
pronti all'attacco.
Diede
una spinta al
soldato al suo fianco che lo fece cadere a terra e si gettò
subito contro di
loro, riuscendo ad essere talmente veloce da trovarsi alle loro spalle
prima di
venir colpito dai colpi che stavano sparando.
Si
aiutò con i propri
guanti che si illuminarono emanando fiamme, della stessa consistenza di
quella
che spuntò dai suoi capelli, ed in ben pochi colpi
lasciò gli avversari a terra
privi di sensi.
Il
tempo di riprendere
fiato e tornare a guardarsi intorno, e Giotto dovette restare colpito
da ciò
che era successo per l'ennesima volta in quella giornata.
Tutto
era tornato come
prima, il terreno era perfettamente al suo posto e i tre avversari che
credeva
precipitati nell'oblio giacevano in realtà per terra,
intorno a loro, trafitti
in parti vitali da delle lance che non aveva idea di da dove fossero
saltate
fuori.
Si
riavvicinò in fretta al
ragazzo guardandolo esterrefatto per accorgersi che lui, inginocchiato
a terra
con lo sguardo fisso sulla fiamma che gli spuntava dalla testa, lo
stava
fissando nello stesso modo.
"e-eccezionale…"
Si
ritrovarono a mormorare
quasi in coro, entrambi stupefatti da ciò cui avevano appena
assistito.
Fu
Giotto il primo a
smuoversi da quella situazione di stallo, spostandosi in avanti per
porgere
all'altro la mano per aiutarlo a rialzarsi, anche perché era
stato lui a farlo
finire per terra, ma nel momento stesso in cui lo fece questi si era
mosso da solo
per rimettersi in piedi.
"sei
un illusionista
anche tu?"
Si
sentì domandare, seppur
con tono perplesso, dall'altro che mentre parlava lo osservava con fare
interessato, come se stesse guardando qualcosa di strano.
Lo
vide allungare una mano
verso i propri capelli, probabilmente attratto dalla fiamma che vi
svettava, e
vederlo così gli fece pensare ad un bambino incuriosito
tanto che non poté
evitare di dover soffocare malamente una piccola risata.
"non
so a cosa ti
riferisci con illusionista, questa è semplicemente la fiamma
che mi permette di
combattere e queste sono le mie armi!"
Gli
spiegò, alzando le
mani per mostrargli i guanti. L'altro diede segno di aver ascoltato ma
evidentemente qualcosa ancora non doveva essergli chiaro,
perché si sentì un dito
insinuarsi tra i folti capelli oltre la fiamma.
"se
non è
un'illusione come è possibile che non scotti?"
"è
complicato …
facciamo che ti spiego tutto con calma appena ci saremo messi al
sicuro,
d'accordo?"
"tu
vai a metterti al
sicuro fuori di qui e io torno al mio lavoro, andiamo."
Subito
il soldato tornò
sull'attenti, come se si fosse ricordato in quel momento del proprio
ordine.
Pensò
che i due uomini
rimasti privi di sensi andassero legati, poi avrebbe avvertito qualcuno
di
occuparsi di andare a prenderli.
Tuttavia
il gesto brusco
con cui si voltò per spostarsi, e che lo portò a
dare casualmente una spallata
a Giotto con il braccio menomato, andò a suo sfavore
facendogli esprimere per
la prima volta il proprio dolore che doveva essere peggiorato a causa
della
caduta.
Si
portò la mano al
braccio e contrasse il volto in una smorfia di dolore, i denti stretti
per
cercare di sopprimere il più possibile quel verso sofferente
che gli stava
scappando dalla gola.
"non
abbiamo nemmeno
il tempo per pensare prima a me, stai soffrendo! E poi cosa
accadrà se ti
attaccassero di nuovo mentre sei da solo?"
"non
posso permettere
ad un civile di farmi da scorta."
"hai
visto in questo
momento che sono in grado di aiutarti!"
"ma
gli ordini-"
"vorrà dire che
mi proporrò come
volontario, basta che la smetti e andiamo!"
Lo
interruppe, gettando di
impulso quella risposta con la prima idea che aveva trovato come
compromesso
per far tacere quel ragazzo e la sua cocciutaggine verso l'ordine di
buttarlo
fuori al più presto.
"…
lega quei due
rimasti vivi, sbrigati."
A
quanto pare ebbe
effetto, il ragazzo sembrò finalmente arreso all'idea di
accettare di doverlo
sopportare.
Giotto
la considerò una
piccola vittoria, forse mostrandogli un po' della propria forza e
determinazione si era guadagnato il suo rispetto.
Fece
quanto gli era stato
ordinato, con del materiale che gli passò l'altro.
Mentre
stava inginocchiato
per terra in quel lavoro, non poté fare a meno di portare lo
sguardo sui tre
sconosciuti constatando che erano ormai privi di vita.
Non
sapeva nulla di loro,
tutto ciò che si poteva supporre era che appartenessero a
dei nemici della sua patria
ed i loro alleati, visto che erano andati ad attaccare quel campo,
ciò nonostante
il suo cuore non poteva fare a meno di compiangerli.
Gli
era impossibile non
pensare che quelle erano morti che si potevano evitare, che sarebbe
bastato
avere qualche riguardo come aveva fatto lui per tenerli in vita ed
utilizzarli
anche in loro favore interrogandoli.
"perché
insisti
tanto? Sei un civile, queste cose non dovrebbero riguardarti."
Probabilmente
l'altro
dovrebbe accorgersi di tutti quei pensieri che stava rivolgendo ai
morti,
perché dal tono con cui gli parlò sembrava che
volesse davvero sapere qualcosa
che non capiva.
"non
vuol dire
niente, è una questione di orgoglio personale. non posso
abbandonare qualcuno
che ha chiaramente bisogno di aiuto, specialmente se ha aiutato me."
Il
biondo continuò nella
più ragionevole scelta di non crearsi problemi col soldato,
d'altronde pur
trattandosi di compatrioti, si trovava in una
zona nella quale non avrebbe dovuto mettere piede e
qualsiasi suo
comportamento sarebbe potuto risultare ragionevolmente sospetto,
già
ringraziava abbastanza il fatto che nessuno lo avesse preso per una
spia.
"E
comunque non sono un civile, mi
chiamo Giotto e ho 18
anni, tu?"
Aggiunse,
rialzandosi una
volta finito il proprio lavoro, sforzandosi di lasciarsi alle spalle
quella visione
straziante ed incamminandosi alla cieca per andare avanti prima di
finire in
una conversazione spinosa.
"caporale
Spade, 19."
Alla
gentilezza con cui si
era presentato Giotto, l'altro rispose smorzandolo piuttosto seccamente
con un
tono formale e distaccato, mentre lo precedeva indicandogli la strada
giusta.
Tuttavia
il biondo non si
fece scoraggiare e continuò a dargli a parlare, convinto
anche del fatto che
servisse per distrarlo dal dolore che stava evidentemente provando in
maniera
sempre più forte dal modo in cui lo vedeva stringere i denti.
"wow,
caporale alla
tua età, devi essere un portento! In effetti devo ancora
capire come hai fatto
a combattere prima…"
"mio
padre alla mia
età era sergente… e quelle di prima erano le
più elementari delle illusioni,
infatti non ci sono caduti nemmeno tutti."
Ancora
il più grande lo
liquidò con un tono annoiato che lasciava trasparire che non
gli avrebbe dato
ulteriori spiegazioni a riguardo, mentre lo guardava come se stesse
pensando di
star parlando a qualcuno veramente stupido.
"bhè…
uhm… ah, prima
mi stavi spiegando il motivo per cui mi hai salvato! Io devo ancora
capire cosa
sia successo esattamente!"
Giotto
rise un po'
nervosamente mentre insisteva a parlargli, era abituato ad avere a che
fare con
persone di tutti i tipi ma in generale non aveva mai avuto tanti
problemi di
comunicabilità con qualcuno, sembrava che qualsiasi cosa
dicesse lo urtasse.
"eravamo
nel corso di
un'esercitazione" il tono con cui il ragazzo iniziò a
parlare lasciava
trasparire chiaramente un'opinione del tipo "come
se ce ne fosse bisogno di fare anche esercitazioni"
"dovevamo
testare
alcuni rifornimenti di armi arrivati stamattina. Questo è
uno dei tanti paesini
di confine rimasti svuotati dalla guerra, utilizziamo tutti gli spazi
ancora
agibili per riadattarli alle nostre esigenze e di quella piazza non
è rimasto
niente, così ci testiamo cose come esplosivi e bombe a
mano… mai a pensare che un
civile sarebbe potuto saltare fuori dal nulla camminando tranquillo
come se
stesse andando a fare la spessa sotto casa. L'unico motivo per cui mi
sono
gettato subito a toglierti di lì è
perché ero il responsabile
dell'esercitazione, in quanto scelto della truppa, per cui se ti fosse
accaduto
qualcosa durante un'operazione diretta da me sarebbero stati i miei
gradi già
nulli e la mia carriera a pagarne le spese."
"capisco…
quindi è sempre
per questo che uccidi i nemici tanto facilmente? Per fare carriera?"
Azzardò
dopo aver seguito
con attenzione quella spiegazione in ogni suo dettaglio, dalle parole
al tono
con cui venivano pronunciate, potendo alla fine dire di essersi fatto
una mezza
idea del caporale Spade.
Il
destinatario della
domanda però non sembrò apprezzare, per il modo
sprezzante in cui lo guardò.
"loro
ci avrebbero
uccisi. Ascolta, avrai dimostrato di saper combattere con qualche
spettacolo
che ancora non mi spiego e, lo ammetto, mi incuriosisce ma questo non
toglie il
fatto che si capisca benissimo che tu non sei abituato a vivere in
un'area di
questo genere. Quindi, per favore, smettila di parlarmi di cose che non
mi
interessano o che tu non conosci e taci."
Giotto
si lasciò sfuggire
un sospiro rassegnato e assecondò anche quella richiesta,
restando in silenzio
per il resto del tragitto.
Tuttavia
qualcosa del modo
di parlare dell'altro aveva smosso la sua curiosità,
facendogli venire voglia
di scoprire perché avesse radicate tali convinzioni e
chiedendosi se ci fosse
una possibilità di portarlo a pensare diversamente,
assumendo quella
probabilità quasi come una sfida personale.
D'altronde
non poteva fare
a meno di sorridere tra sé e sé sentendosi
rivolgere quella sorta di accusa,
Spade non poteva sapere che aveva sempre vissuto assistendo alle
peggiori scene
quotidiane che distruggevano il luogo in cui era cresciuto che tanto
amava e le
persone che lo abitavano.
Era
per questo che era
tanto paziente, che la convinzione di poter vedere la guerra, in
qualsiasi sua
forma, da una prospettiva diversa non lo abbandonava mai.
Di
persone piene di odio e
rancore, con la convinzione del "uccidi o verrai ucciso", ne aveva
viste tante, alcune era riuscito a convincerle portandole sulla strada
che
aveva scelto di percorrere per sé, altre le aveva viste fare
una pessima fine.
Quel
ragazzo era un suo
coetaneo, per un motivo od un altro gli aveva comunque salvato la vita,
e dal
tono e lo sguardo con cui parlava gli faceva intendere ben altro da
quanto
volesse lasciar trasparire, per non parlare del fatto che sembrava
essere un combattente
eccezionale.
Voleva,
doveva, portarlo sulla sua strada.
Non
ci misero molto ad
arrivare, quella utilizzata come ospedale era una piccola struttura che
anche
precedentemente era adibita allo stesso ruolo, con la sola differenza
che chi
vi lavorava ora era tutta gente annessa all'esercito.
Quando
vi entrarono,
un'infermiera riconobbe subito il ferito, mentre squadrò un
po' spaesata Giotto
che non era nemmeno vestito in uno dei loro uniformi.
Lui
si annunciò come un
volontario appena arrivato e questa gli sorrise, ringraziandolo per la
scelta
perché era sempre una buona notizia sapere di avere una mano
in più.
"dì
un po', oltre ad
un titolo e un cognome, ce l'hai anche un nome?"
Una
volta seduti su una
brandina all'interno di una stanza semivuota in attesa dell'arrivo di
qualcuno
che si occupasse dell'altro, Giotto tornò con le sue domande.
Li
avevano avvertiti del
fatto che dovessero ancora arrivare i rifornimenti per parecchie cose,
per cui
mancavano gli anestetici.
Il
ragazzo aveva
commentato sarcasticamente su qualcosa riguardo il fatto che le
ricariche per
le armi non arrivassero mai a mancare, mentre i mezzi per rimediare
alle ferite
mancavano praticamente sempre, prima
di
chiedere una bottiglia d'alcool.
Lo
usavano in casi estremi
come disinfettante, ma lui in quel caso aveva pensato bene di farne uso
come
antidolorifico, d'altronde il suo servizio per quel giorno sarebbe
stato
sospeso per forza di cose a causa del braccio.
"Daemon."
Gli
rispose quindi
accontentando stavolta le curiosità del biondo senza fare
troppe storie, dopo
aver ingoiato il sorso con cui era arrivato a metà bottiglia.
"oh,
che nome
particolare!"
"nufufu
~ avanti, dillo
pure."
Giotto
rimase sorpreso da
quella risatina particolare, trovandoci
qualcosa di realmente poco divertito, per di più era confuso
su cosa dovesse
dire.
"cosa…?"
"Daemon,
demonio, è
un'assimilazione che fanno tutti! Figuriamoci tu che sei…
cosa sei, un sempliciotto
di campagna pieno di ideali che adesso ha iniziato a vedere il mondo e
si
scandalizza dalla realtà che trova? nufufu ~ ti
darò una grande notizia: c'è
stata una guerra mondiale, adesso le cose continuano ad andare male e,
infine,
in guerra la gente muore!"
Un
altro sospiro per
raccogliere pazienza, a Giotto non ne erano mai sfuggiti tanti in una
sola
giornata.
"l'alcool
ti rende
più disposto a parlare ma non più socievole,
vero?"
Dopo
una nuova lunga
sorsata, Daemon gli rispose con un semplice sorriso reso un po'
inebetito dallo
stato di ebbrezza, nonostante quello sguardo di sufficienza nei
confronti
dell'altro non desisteva dal cedere il posto ad uno diverso, come se
gli stesse
dicendo solo in quel modo "ti ho inquadrato
in una sola occhiata, inutile ribattere."
Fu
l'arrivo dei medici ad
interrompere Giotto dal tentativo di contestare.
Gli
venne chiesto di
lasciare la stanza e dirigersi a presentarsi alle persone che si
sarebbero
occupate di dirgli cosa doveva fare, visto che aveva annunciato di
voler
restare lì come volontario per l'ospedale.
La
conversazione con chi
si occupava di distribuire i ruoli in realtà fu breve,
avendo scarse conoscenze
in quel campo non poterono assegnargli altro che faccende manuali di
cui
occuparsi alleggerendo il lavoro di chi poteva rendersi più
utile facendo
altro.
Si
ritrovò quindi fuori la
stanza in cui aveva lasciato Daemon ad aspettare, per ora l'unico
incarico che
gli avevano affidato sul momento era tenere d'occhio il ragazzo che a
quanto
pareva aveva la fama di essere uno non particolarmente disposto a
restare fermo
in un letto.
Tutto
di quella persona
gli aveva dato un'idea di continuo lavoro, movimento e sopportazione,
per
questo rimase allibito dalle urla di dolore provenienti
dalla stanza, talmente continue ed
acute che si diffusero per il corridoio, a quanto pare anche l'essere
ubriaco
non faceva l'effetto desiderato.
Erano
totalmente contrapposte
alla compostezza con cui lo aveva visto non lamentarsi del braccio
rotto quasi
come se fosse una cosa da niente per cui era normale non soffrire.
Restò
lì ad ascoltare
quella sofferenza anche se si sentiva come se gli facesse personalmente
male,
fin quando finalmente, dopo parecchi minuti in qui era tornata la
quiete, gli
chiesero di entrare.
Daemon
dormiva,
probabilmente dopo aver perso i sensi, il braccio era stato fasciato ed
il suo
corpo ripulito.
Poteva
vederlo bene ora in
tutto e per tutto, la pelle chiara,
i
lineamenti del volto eleganti, i capelli con caratteristiche che
trovò strambe
ma che sembravano stargli lo stesso assurdamente bene.
In
quel momento,
guardandolo riposare rivelando quietamente la propria bellezza, gli
nacque un
sorriso amaro.
Quel
ragazzo si credeva un
demone, chissà cosa nella vita lo aveva portato a pensarlo,
eppure ora era lì a
godersi il suo effimero temporaneo sollievo perché fino a
poco prima aveva
sofferto, proprio come tutti gli esseri umani.