Sipario
Si leva sotto i nostri passi
la polvere antica del palco
e leggera fluttua in aria
disegna riccioli di punti
luminosi, come fumo di sogno.
E la respiriamo tutta.
Scricchiolano
al nostro passaggio
cigolii legnosi nel pavimento.
Oh guarda - un buco, là...
ma è bello sapere
che c'è vita, ancora, qui,
vita d'insetto, piccolo artropode,
forse un tarlo.
Ma vita è vita
e nel tempo è viva.
I faretti mandano calore
sparano abbagli nei nostri occhi
socchiusi,
e sagome arancioni
danzano sulla parete delle nostre
palpebre
- sembrano fantasmi felici.
E per noi un tempo
scrosciavano gli applausi
del pubblico variopinto
- dame, sguatteri e regnanti-
e il suono rotolava tra
i sedili rossi in platea,
luccicava nelle lenti
dei binocoli,
si arrampicava fin sui loggioni.
Ma noi
sul volto appassito
portavamo grottesche maschere
di uno scherzo di gusto crudele,
e costumi falsi, troppo
colorati,
troppo truccati
i nostri musi.
E le lacrime lasciavano
sulle nostre rugose guance
scie appiccicose di colore
binari di tristezza.
Chi siamo noi?
Attori
schiavi di una maschera
- tu sei il tiranno, tu
fai il buffone, tu
muori.
E rideva il pubblico, e a volte
piangeva
e molto applaudiva
ma non per noi.
Ma noi
esistiamo?
E ora è vuota la scena
- solo quel tarlo, là...-
vuoti i sedili, le poltrone
e siamo solo noi,
noi senza maschera
senza trucco
noi senza costume,
nudi, inermi,
e siamo nessuno,
e siamo individui,
poveri noi
noi siamo soli.
Nel silenzio del vuoto
cala il sipario
su vite fragili
come farfalle di cristallo.
Plaudite.