Titolo: Pharsalia Nostra Vivet
Autore: Nemeryal
Fandom: Axis Power Hetalia
Rating: Arancione
Genere: Drammatico, Storico, Slice of Life
Avvertimenti: One Shot, Missing Moments
Personaggi: Romanus - Romulus
Lucius Octavianus/Roma – Imperium/Impero
Romano, Caio Giulio Cesare
Pairing:
Nessuno
Trama: Là giaceva Settimio, col
cuore trafitto. Accanto Luciano, col petto divelto. A destra Marco, col ventre squarciato.
A sinistra Iulio, col cranio spaccato.
-Lascia
almeno che venga seppelliti-
Una preghiera, un rantolo nel costato trafitto e
sanguinante. Gli occhi bassi di chi non ha più la forza di alzarli e di vedervi
riflesso la mano dell’uomo che stringe la lancia con cui ha ucciso il fratello.
-Ne abbiamo già discusso-
-Ma non puoi lasciarli senza sepoltura! E’ un ordine
empio!-
-E’ un mio
ordine, Romanus!-
Dedica:
a Silentsky
Musica:
Eden –
HetaOni Music
Note: ATTENZIONE! QUESTA FAN FICTION
E’ ISPIRATA AL POEMA EPICO-STORICO PHARSALIA, DI MARCO ANNEO LUCANO. Vi
prego quindi di leggere quanto scritto nella pagina di collegamento.
Altre
note a fine pagina.
Wordcounter:
Farsalo, 48 a.C.
Là giaceva Settimio, col cuore trafitto. Accanto
Luciano, col petto divelto. A destra Marco, col ventre squarciato. A sinistra
Iulio, col cranio spaccato.
Lungo la collina sbocciavano petali rossi di sangue,
mani rattrappite levate al cielo brumoso. Occhi vacui, incassati nelle orbite
nere. Bocche storte in un ultimo grido.
Nel silenzio, solo un respiro gorgogliante, di chi
ancora vive anelando la morte.
-Lascia almeno che vengano seppelliti-
Una preghiera, un rantolo nel costato trafitto e
sanguinante. Gli occhi bassi di chi non ha più la forza di alzarli e di vedervi
riflesso la mano dell’uomo che stringe la lancia con cui ha ucciso il fratello.
-Ne abbiamo già discusso-
-Ma non puoi lasciarli senza sepoltura! E’ un ordine
empio!-
Le dita erano strette al braccio tremante, intessuto
di trame purpuree; le ciocche castane erano impregnate di sangue rappreso, la
lorica squamata brillava di croste nere.
-E’ un mio
ordine, Romanus!2-
Non riusciva ad alzarsi. Le gambe e le ginocchia
gemevano sotto il peso di tante, troppe ferite. Il gladio gli era al fianco e
dal filo gocciolavano ancora delle gemme scarlatte.
-Dai loro degna sepoltura! È la Patria che lo
ordina, Caio Giulio Cesare!-
Il ringhio del lupo che mostra le zanne ai
cacciatori che l’hanno messo all’angolo. Un ringhio che s’accompagnava ai
sussurri smozzicati dei morti, ai loro lamenti che chiedevano pietà per il
fratello ucciso.
Pompeiani e Cesariani ora con unica voce, con
sussurro concorde reclamavano la pace a chi gliela aveva strappata via.
-La..Patria?-
La caliga del
condottiero cozzò contro la testa mozzata di un nemico; si inginocchiò e le
labbra si tesero sul volto già affilato. Un ghigno reso ancora più terribile
dal sangue che colava lungo le guance.
-Quella stessa Patria che mi pregò di non passare,
prima che varcassi il Rubicone?2-
Solo il capo che si abbassava sotto lo sguardo
ironico e crudele di Cesare. Solo le spalle di Roma che si piegavano sotto il
peso di una battaglia senza vittoria, dove cadavere chiamava cadavere, dove
sangue romano si mescolava a sangue romano, dove fratello piangeva fratello.
-La stessa Patria che quel giorno..si scostò?-
Il condottiero sfiorò il viso di Romulus Lucius Octavianus, facendogli
alzare la testa. Con le mani ancora sporche di sangue, gli prese il volto fra
le dita, stringendolo forte.
-La stessa Patria, quella Roma..che oggi ha
combattuto al mio fianco?-
Lo lasciò andare, disegnando due lacrime rosse sotto
gli occhi di Roma.
-Andiamo- Cesare si allontanò lungo il sentiero
tracciato dai cadaveri lividi, dai rigagnoli di sangue che scorrevano fra le
pieghe delle terra –Pompeo attende-
Romulus Lucius Octavianus rimase inginocchiato tra i
defunti. Tra i suoi figli che egli stesso aveva ucciso. Che aveva incitato ad
uccidere. Aveva guidato la mano di Luciano contro il fratello Settimio e aveva
sentito il cuore di questi sanguinare nel petto. Aveva spinto il gladio di
Iulio fin dentro il ventre del cugino Marco e aveva avvertito le proprie viscere
torcersi al contrarsi di quelle dell’uomo.
Rimase accanto a quei corpi senza vita, col sole che
cadeva al suo fianco.
Stette col viso rivolto al cielo fino a quando non
sentì le lacrime seguire il percorso tracciato dalle dita di Caio Giulio Cesare.
Non c’era più vita a Farsalo. Solo la morte.
Non più la Res
Publica. Solo l’Impero.
Non più Romanus.
Solo Imperium.
{~***~}
1
Pharsalia nostra / vivet, et a nullo tenebris damnabimur
aevo
(La nostra Pharsalia / vivrà e da nessuna epoca saremo condannati
all'oblio )
2 Cesare è caratterizzato dal furor: nel suo fervore bellicoso non gode se
non si apre la strada spargendo sangue…non gli piace entrare dalle porte
aperte, ma preferisce sfondarle, né occupare i campi col permesso dei
contadini, ma devastarli col ferro e col fuoco: si vergogna di procedere per le
vie lecite e di sembrare un cittadino. E’ assimilato al tiranno quando
viene presentato mentre gode di incutere
alle genti una paura così grande, e non preferirebbe essere amato. Lucano
insiste più volte sulla sua empietà come quando, dopo Farsalo, vieta con un
ordine empio ( che ricalca un esempio tragico, Creonte, ma che non ha
rispondenza nella realtà storica ) che sia data sepoltura ai cadaveri dei
nemici, perché vuole prolungare la vista-che lo rallegra-del sangue versato di
tanti concittadini; ancora, varca il Rubicone nonostante il divieto della
Patria. [Dagli appunti della mia
grandiosa prof di Latino e Greco]