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Autore: JaseyRae    07/06/2011    3 recensioni
Non esiste nessun sogno per vivere o morire.
Alessandro e Alice sono due ragazzi come tanti. Non sono nemmeno bellissimi.
Ma qualcosa di diverso e di speciale ce l'hanno: si amano da morire.
Vivono la loro vita come una sola anima in due corpi separati.
Questa è la storia di un'amicizia che non ha bisogno di troppe parole, perchè i sentimenti hanno una voce propria.
Ma un male insano è in agguato, e prosciugherà il cuore più debole scavandovi dentro una grande voragine.
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E’ inutile. E’ inutile domandarmi dove sono finito, perché i secondi non scorrono più, perché sono improvvisamente diventato sordo.
Non so più chi sono, forse non l’ho mai saputo, l’unica cosa di cui credo di essere certo è che un giorno forse vivevo, ma ora non vivo più.
In realtà non so nemmeno che cosa me lo faccia credere, in realtà non so neanche come mi è venuta questa parola “vita” perché non ricordo più cosa significhi, non ricordo più molte cose.
Non so da quanto tempo tutto sia così, in queste condizioni, ma la parola tempo qui non esiste.
Non esiste più nulla,  ma non si possono avere certezze in questo luogo.
Sono circondato dalla foschia bianca e non saprei dire se qui è tutto buio oppure c’è luce, so solo che riesco a malapena a vedere l’unica cosa che ci sia qui da vedere.
Non vedo il mio corpo, sento solo qualcosa di intorpidito, le mie mani a malapena riescono a sfiorare la mia pelle. Credo di avere due piedi con cinque dita ciascuno, ma non ne sono sicuro e anche se ne avessi dieci non vedo a cosa potrebbero servirmi.
Non ci sono odori, non c’è vento, gli unici movimenti sono quelli delle mie mani e quelli delle mie gambe, ma mi fa male dappertutto, eppure non ha senso lamentarsene.
Ricordo che una volta avevo un nome, ma non ricordo quale sia.
So che tempo fa importava distinguersi l’uno dall’altro, c’erano uomini, donne, bambini, anziani. Io non so cosa sono, maschio o femmina, giovane o anziano, non credo che qui importerebbe a nessuno, a me non importa proprio.
Non ho molte parole da spendere, ogni istante passato sembra sparire. Potrei essere qui da anni, eppure mi sembra sempre di essere appena arrivato.
Mi fa male ovunque, è un dolore lancinante ma non mi provoca alcun fastidio, è come se ci fossi abituato.
Non provo noia, non provo ansia. E’ tutto talmente vuoto che sarebbe inutile provare qualsiasi cosa, e piuttosto improbabile direi.
A volte mi viene da pensare che in realtà non sto pensando a nulla, e il solo pensiero mi fa pensare che forse non ho mai pensato. Non c’è nulla da pensare qui, non voglio neanche pensarci.
Silenzio. Silenzio e basta. Ma non è calma, né pace, né tranquillità.
Non è nulla che possa suscitare qualcosa, è solo incredibilmente tutto inesistente e inutile.
Anche gli occhi che premono su di me da quando mi trovo qui.  Che senso ha guardarli? Nulla ha il sapore di vita qui. Nulla esiste con un fine, ed è così normale che dovrebbe essere così ovunque.
Nulla mi piace, nulla mi causa disprezzo. Sdraiarsi su un piano che non esiste, non c’è nulla sotto il mio dorso, eppure non volo, ma nemmeno sono seduto. Non mi muovo. Immobile sempre nello stesso punto, e l’unica cosa che riesco a toccare oltre il mio corpo è il vetro davanti a me.

C’è qualcuno dall’altra parte. Una figura. Una creatura che credo sia come me.
In realtà l’ho fissato così tanto che anche se chiudo gli occhi lo vedo comunque. Qui non serve a nulla chiudere gli occhi. E non credo di avere palpebre. Qualsiasi cosa io faccia lo scenario è sempre uguale.
Conosco ogni dettaglio a memoria. Di questo luogo, di quell’immagine davanti a me.
Gli occhi sono la prima cosa che sono riuscito a vedere, azzurri come qualcosa che ora non ricordo. E con un anello giallo attorno alla pupilla, mi fissano, ogni istante. Ma non importa.
Mille ciglia lunghissime contornano quegli occhi, ma non riescono mai ad accarezzare le guance perché anche lui non sbatte mai gli occhi. Mi guarda e basta, come una statua, ma non mi da fastidio, non mi mette inquietudine quello sguardo fisso. Ma nemmeno mi fa sentire bene, anche se non so cosa voglia dire. Ciuffi di capelli scompigliati gli contornano il volto pallidissimo. Le sue mani sono ferme sul vetro, attaccate a questo, e non si spostano mai.
Le labbra sottili sono sempre socchiuse, e il respiro annebbia il vetro creando una patina sfocata tra di noi. Il respiro. Di tanto in tanto il pezzo del suo petto che riesco a scorgere si solleva, per poi riabbassarsi. Respira. Eppure è così immobile che si direbbe … inesistente.
Non ho mai avuto modo di interagirci. Non so come si fa. Non me lo ricordo più.
Lui è sempre così immobile che credo non riuscirò mai a vederlo in un’altra maniera.
E’ difficile spiegare.
Questo posto non si trova qua, né lì né là ne in qualsiasi altra parte. E io non sono niente e non posso fare nulla. Per questo lo guardo, e mi chiedo solamente se anche io sono così. Se anche io gli appaio così immobile, addirittura inutile.
Nulla. Per poco e per sempre, e mi sembra inutile da pensare. E’ una condanna per cui non soffro, né gioisco.
Forse è di questo che tutti avevano paura, anche se non ricordo cosa sia la paura. Ma io non ho paura.
Appoggio la guancia al vetro. Freddo. Mi ricordo solo questo, tanto freddo.
Sono stanco. Qui  tutto ha il sapore di una debole sconfitta, di un tentativo mai iniziato.
Non serve nulla qui.

- Come ti chiami?-
Non me lo ricordo.
- Quanti anni hai?-
Non capisco il significato di questa domanda.
- Che cosa ci fai qui?-
Non so dove mi trovo, tantomeno ne so il motivo.
- Come si fa a tornare indietro?-
Ma di cosa stai parlando?

Più guardo quell’essere sconosciuto, così apparentemente fragile e dall’espressione vuota, più mi rendo conto di una cosa.
Non sono mai stato così solo, se questa parola significa veramente qualcosa.
E la figura davanti ai miei occhi che tiene le mani stese sul vetro, pari alle mie, è solo il mio riflesso.


   
 
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