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Autore: Zomi    08/06/2011    4 recensioni
Eccoti, finalmente tra le mie braccia. Sei così piccola e fragile. Ti stiracchi appena e ho quasi paura di stringerti troppo forte. Apri i tuoi piccoli occhi e mi fissi. Di certo non sono la donna che ti aspettavi fossi...
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Nami
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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ANGOLO DELL’AUTORE:
Non riesco proprio a non scrivere ciò!!!! By the way, questa esile FF è dedicata a Miitiica Rosa che, massaggiando con lei riguardo a fratelli e famiglia, mi ha ispirato questo racconto sua Mamma Bellmer e la piccola Nami. Spero vi piaccia e spero di ricevere molti vostri commenti. Ciao!!!!!

     Zomi92
     

 
 

BELLMER
 
 
 

Eccoti, finalmente tra le mie braccia. Sei così piccola e fragile. Ti stiracchi appena e ho quasi paura di stringerti troppo forte. Apri i tuoi piccoli occhi e mi fissi. Di certo non sono la donna che ti aspettavi fossi. Forse ti aspettavi una donna con i capelli simili ai tuoi o di incrociare degli occhi profondi e caldi come quelli che ti riempiono il tuo bel visino. Invece ti ritrovi me, ammaccata e bendata. Rido a fior di labbra imbarazzata e tu mi ricambi con un bellissimo sorriso di pura gioia. Sei felice? E perché lo sei?
Ti muovi lenta tra le mia braccia. Ti giri su di un fianco per poi prendere con presa salda una ciocca dei miei capelli. Sorridi ancora e chiudi gli occhi. Ho capito. Sei felice di essere viva, sei felice di non essere più sola. Ti stringo al mio petto e ti ascolto respirare lentamente. Credo che ti sia addormentata. Bene, devi recuperare le forze. Dopo tutto quello che ti è successo. Volto appena lo sguardo sul letto alla mia destra e controllo la bambina che ti ha salvato. Dorme anche lei. Piccola, ha bisogno di riprendersi. Non avrà più di quattro anni ed è già sola al mondo. Nojiko mi ha detto di chiamarsi se non sbaglio. Anche lei ha riportato delle leggere ferite durante la battaglia in cui l’ho incontrata. Povero tesoro, ha perso tutto quello che aveva: la casa, i genitori, forse i suoi fratelli… Ma nonostante ciò, ha comunque avuto il coraggio e la forza di salvarti e tentare di portarti al sicuro. Una vera eroina. Si muove tra le lenzuola ed emette qualche piccolo verso. Sorrido nel sentire la sua vocina. Pure tu ti muovi tra le mia braccia.  Forse hai gli incubi per i forti boati delle bombe che avranno distrutto la tua abitazione, o del sangue vivo che hai visto colare dai corpi della tua famiglia… scuoto con forza la testa. No, queste piccole non dovevano subire la stoltezza e la crudeltà di noi adulti. Guardate, voi del Governo Mondiale e della Marina, che avete fatto: avete reso orfane queste due meravigliose creature, avete distrutto la loro casa e ucciso i loro genitori, le avete private per sempre dell’innocenza e della felicità della loro tenera età. Mi vengono le lacrime agli occhi per quello che, solo posso immaginare, queste due bambine possono aver passato.
-Bellmer…-
Una voce amica. Genzo è appena entrato nella stanza in cui sto riposando nell’ospedale di Coconat Village. Gli sorrido e cerco di asciugarmi le lacrime che mi scendono incontrollate dagli occhi. Non ci riesco. Ho le braccia e le mani occupate a sorreggere la più piccola delle due vittime di questa stupida guerra che ho combattuto.-Bellmer, che succede? Hai male? Vuoi che chiami il dottore?-.
Il solito Genzo. Si preoccupa sempre per niente. Lo guardo rapita dai suoi occhi attenti e premurosi. Se solo sapesse quanto gli voglio bene.
-Tranquillo Genzo… tutto ok… stavo solo pensando a queste due creature… che ne sarà di loro adesso?-
Si siede sul bordo del letto in cui sono sdraiata e fissa le sue mani intrecciate. Sospira. –Saranno affidate ad un orfanotrofio della loro isola natale, credo… non hanno parenti in vita e qui non c’è nessuno che possa tenerle, nessuno di noi ha legami di sangue con loro e per cui…-
-Che centra avere o non legami di sangue con qualcuno? Mica perché io e te siamo degli estranei allora vuol dire che non possiamo occuparci di loro… no, non permetterò che gli accada niente. Nessun orfanotrofio le avrà mai in custodia, non subiranno nessun altro tipo di trauma, non verranno sballottate da una famiglia all’altra come oggetti…- . Mi impongo con forza e testardaggine. Che cavoli di discorsi fai Genzo? Come posso abbandonarle dopo averle protette e salvate dalla guerra? Con che coraggio e cuore posso allontanarle da me?
-E che vorresti fare, allora?- domanda più che opportuna. Non lo so. Scuoto la testa sconsolata e stanca. Un sussulto a livello del mio cuore.
Piego lo sguardo e mi ritrovo con due grandi occhi color cioccolato a fissarmi. Mi trapassano, setacciano la mia anima, chiedono spiegazioni alla mia coscienza. Deglutisco a fatica e cerco di distogliere lo sguardo da questa piccola creatura che ormai mi riempie la mente con la sua presenza.
-Credo abbia fame…- mormora il mio poliziotto preferito, alzandosi e andando a chiamare un’infermiera. Questa arriva fulminea e prende con garbo il piccolo angelo ramato dalle mie braccia. Io resto ferma, immobile. Le braccia ancora tese ma vuote ora. Ti vedo allontanarti, fuggire da me e non so perché ma ora mi sento terribilmente stanca e vuota. Ti voglio di nuovo vicino a me e a Nojiko. Devi restare con noi. Provo a richiamare indietro l’infermiera, ma la mia voce è improvvisamente assente. Mi appoggio sfinita al cuscino che fin ora mi ha sorretto la schiena e chiudo gli occhi. –Devi riposare…- mi consiglia dolcemente Genzo, regalandomi un baco sulla fronte. Sorrido appena e poi cado in un sonno profondo…
… corro, corro a perdi fiato. Intorno a me solo il buio più nero e profondo. Aumento la velocità e mi sembra quasi che la milza mi si spappoli nel mio stomaco. D’improvviso luce. Una luce forte, accecante, che mi obbliga a coprirmi gli occhi con un braccio, se non voglio rimanerne accecata. Mi guardo attorno, finalmente libera dal precedente buio e mi ritrovo a Coconat Village. Ho il fiatone per la corsa, ma comunque inizio ad aggirarmi per il mio paese natio. È distrutto, devastato, tragico… nessuno per le vie, nemmeno l’ombra di qualche paesano. Dalla strada principale mi dirigo per una vietta che conosco bene, porterà verso casa mia. Ma appena metto piede sul selciato, un immensa figura mi è davanti. Un uomo pesce. Li conosco a mala pena questi esseri, quando frequentavo l’accademia della Marina ne ho conosciuto qualcuno nelle prigioni. Di per sé non sono creature cattive, come noi umani vi sono persone buone e quelle meno. Provo a chiedergli cosa sia successo al paese ma questi ghigna divertito e, da dietro la schiena, strattona una bambina dai capelli rossi davanti a me. La riconosco. È la bambina che Nojiko ha salvato. La sento lamentarsi per la forte presa con cui quel essere la stringe. Mi manca il fiato e subito gli ordino di liberarla, ma lui non la lascia e la strattona fino a farla cadere a terra. Mi getto verso di lei per sorreggerla ma solo ora mi accorgo di essere incorporea. Non riesco a toccarla, nemmeno a sfiorarla. Provo di nuovo ma è tutto inutile. La mia bambina mi guarda con occhi pieni di lacrime ma non piange. Tira su con il naso e, testarda, si rialza sulle sue gambe. Ancora stretta nella morsa d’acciaio dell’uomo pesce, si mette ben eretta e fissa con astio il terreno. Non avrà più di otto anni e già sa trattenere le lacrime davanti a un nemico, perché so per certo che lui è un nemico, un essere cattivo e malvagio. Ringhi contro di lui, ma i miei versi sono silenzi anche per le mie orecchie. Torno a fissare la mia creatura rossa e noto che il suo braccio sinistro sanguina. Di nuovo mi getto verso di lei per vedere cos’abbai e rabbrividisco nel vedere un orribile tatuaggio blu sfigurarle la sua candida pelle. Il marchio è una testa di pesce dai denti aguzzi che pare morda la sua tenera spalla. Lo conosco, è il simbolo della ciurma dei Pirati del Shushi (non so come si scrive scusate!!! Nda). Deglutisco rabbiosa e provo a scagliare un pugno contro quell’essere, contro il suo naso a lama dentata. Improvvisamente il mio corpo incorporeo prende forma, e un vigoroso pugno piega a 90° gradi quel schifoso naso. Fisso le mie mani stupefatta…. Come è possibile? Guardo la bambina, e lei non c’è più. Al suo posto vi è una bellissima ragazza, non più di 18 anni, capelli rossi corti. È inginocchiata a terra e piange, la spalla sinistra sanguinante. Corro verso di lei ma vi è già un ragazzo con uno strano cappello di paglia in testa che le porge una mano in segno d’aiuto. Non so perché, ma ho la certezza infinita che di lui posso fidarmi. La scena si dissolve davanti ai miei occhi, mentre un’altra la sostituisce veloce. Una festa. Una festa piena d’allegria e risate. Sorrido anch’io sebbene non sappia il perchè, ma la musica che fa da sottofondo a questo quadro è troppo travolgente perchè non mi trasporti nelle danze. Mi avvicino al gruppo di giovani che festeggiano e ritrovo la giovane donna ramata di prima. Non piange più, anzi ora il suo bel viso è illuminato a giorno da uno splendido sorriso di pura felicità. Sulla sua spalla è in bella mostra un tatuaggio a forma di girandola, incrociata con un mandarino, sotto di essi l’ombra di una precedente incisione. Mi avvicino a lei, tanto so che non mi noterà perché sono tornata incorporea. fisso con attenzione la cicatrice sulla spalla è la riconosco: il segno distintivo dai denti aguzzi che marchiava la mia dolce creatura ramata. Volto veloce lo sguardo sulla giovane e capisco. È lei. Piango piena di gioia nel vederla sorridere e rido senza motivo. La osservo rapita: è bellissima, lunghi capelli rossi, occhi color cioccolato, sorriso ruba cuori… muoio nel vederla così cresciuta e sorridente. Ride e abbraccia i suoi compagni. Tra loro ritrovo il giovane con il cappello di paglia. Un ultima lacrima di felicità mi riga il volto. Spinta da non so quale forza mi avvicino ancor di più a lei e le bacio la fronte. Si volta impaurita e mi fissa. Il suo sguardo mi attraversa perso. Continuo a guardarla e vorrei sapere se riesce a vedermi. –Bellmer…- mormora. Sussulto nel sentire la sua voce: una cascata di cristalli mista a odor di mandarino. Ma nei sogni si possono sentire gli odori e i suoni? Scrollo le spalle. Appunto: è un sogno. –Mamma…- bisbiglia mentre i suoi occhi le si riempiono di lacrime. Gliene asciugo una e sorrido. Ora so che può vedermi e…
-Bellmer svegliati… su pigrona, alzati. Le piccole ti vogliono, anzi ti pretendono…-. Uno scossone mi strappa bruscamente al mio sogno e mi ritrovo nel mio letto d’ospedale. Accanto a me Genzo con in braccio la piccola rossa, dall’altro lato Nojiko. –Ciao...- mi saluta. –Ciao, come stai?- le domando, facendole segno di sedersi accanto a me sul grande materasso.
Sorride senza darmi risposta e si rannicchia la mio fianco. –Ora bene…-. Guardo Genzo e tendo le braccia verso il mio angelo ramato. –Dammela…- ordino. Lui esegue e subito mi sento completa e in pace con il mondo. Ora so cosa ne sarà di loro. –Ganzo, ho deciso… le terrò con me. Saremo una famiglia. Io le accudirò come figlie mie e cresceranno belle e sagge come tutte le altre ragazze del Grande Blu, se non di più…-.
-Ma Bellmer non…-.
-Ho deciso…- mi impongo stringendo a me le mie ormai due ragioni di vita.
-Come vuoi…- sorride –Ma sappi che dovrai dare un nome alla più piccola, non ne ha ancora uno… hai già qualcosa in mente?-.
Rifletto un po’, poi un suono lontano mi desta dai miei pensieri. È un suono dolce che ricorda il mare, il profumo dei mandarini e la libertà. Un rimasuglio del sogno, suppongo.
-Nami…- affermo decisa. Si, lei si chiamerà Nami e nonostante le difficoltà che ho sognato nella sua vita sono certa che crescerà forte e coraggiosa. Bacio entrambe le mie piccole e piango felice. –Siamo una famiglia mie creature… - e piano mi riaddormento con loro. 

   
 
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