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Autore: TittaH    08/06/2011    1 recensioni
"Erano legati da quel tatuaggio, erano legati da quella frase.
Erano legati."
E' una One Shot dedicata ad una persona speciale. L'idea mi è venuta in mente guardando la foto del suo tatuaggio.
Genere: Romantico, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Shannon Leto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Il sapore di un ricordo.
 

I ricordi erano le uniche cose che le restavano di tutta quell’attesa.
Era notte, ormai, e vagabondava da sola da almeno un paio d’ore intorno al luogo in cui, poco prima, erano esplose tre stelle.
Era stanca di stare immobile con un gruppetto di ragazze e ragazzi di tutte le età che aspettavano i loro beniamini davanti ad un pullman. Inutilmente, poi.
Mentre camminava le rimbombavano in testa i cori di Kings and Queens e il Grazie urlato da Jared. Dopo il lancio delle drumstick di Shannon e dei plettri di Tomo, tutti si erano apprestati ad uscire creando un gran caos. Volevano arrivare al tour bus per ricevere degli autografi o per scattare foto.
Lei si era messa in coda, ma dopo due ore si era scocciata.
Tra le urla, le spinte e l’immane puzza di sudore, si era fatta spazio ed era scappata da quella mandria inselvaggita.
Sembravano tori che si agitavano davanti ad un drappo rosso.
Prese il cellulare e guardò l’ora: 02:04.
Un sonoro sbuffo uscì dalle sue labbra carnose e rosee.
Camminava ancora e dei tre uomini nemmeno l’ombra.
Sbuffò nuovamente e si sedette in un angolino solitario e buio e si accese una sigaretta.
Aspirò, sentendo la nicotina invaderle i polmoni, e poi buttò fuori il fumo alzando lo sguardo verso il cielo;  era limpido e le stelle brillavano, illuminando maggiormente la Luna.
Sorrise, pensando di essere sotto il loro stesso cielo e di star respirando la loro aria.
Già, aria.
Si alzò, pulendosi alla bene e meglio gli shorts chiari e sistemandosi le grinze comparse sulla maglia bianca, e riprese a vagare senza meta.
Alla fine era riuscita ad avere la sua tanto agognata White Night; le mancava solo di incontrarli personalmente e sarebbe potuta anche morire.
Scosse il capo all’impossibilità di quel pensiero e si fermò, udendo un po’ di rumore all’interno dell’ippodromo.
Si sporse verso l’entrata secondaria e vi mise piede dentro.
Tutto era rimasto come poche ore prima, con la differenza che i suoi angeli non erano più sul palco ma cercavano dei modi per uscire senza essere visti.
Jared indossava ancora i suoi pantaloni bianchi e la sua maglia troppo larga per la sua costituzione; era sudato e si mordeva il labbro inferiore dal nervoso.
Shannon aveva le gambe fasciate dai suoi pantacollant chiari e aveva una casacca bianca e un giubettino nero; i suoi occhiali da sole non le impedirono di vedere la luminosità degli occhi nascosta dalle lenti scure.
Tomo era quello più tranquillo e optava per la loro solita uscita, abbottonandosi la giacca bianca ben abbinata ai jeans chiari.
“Sono solo una decina di autografi e poi sono i nostri Echelon, non lo dimentichiamo!”
I fratelli Leto lo osservarono annuendo e uscirono dal retro, passando davanti alla figura femminile nascosta dietro ad un’impalcatura.
Non si accorsero di lei, che tirò un sospiro di sollievo e uscì allo scoperto.
Mentre stava per dirigersi verso l’uscita un aggeggio le saltò alla vista.
Un bracciale.
Si chinò per raccoglierlo e, solo dopo averlo illuminato col display del cellulare, si accorse di cosa realmente si trattasse.
Era bianco con una grossa scritta nera.
MOVEMENT.
Rise nervosamente, stringendo quel pezzo di gomma al cuore e ricacciando indietro le sue stupide lacrime da ragazzina.
Si allacciò il bracciale al polso, noncurante del fatto che le andasse un po’ troppo grande, e fece per uscire.
Spingeva e tirava con tutte le sue forze, ma la porta non si muoveva di un millimetro.
Provò a bussare e a gridare a gran voce, ma dagli urli provenienti dall’esterno si rese conto che nessuno la poteva ascoltare.
“Perfetto!” brontolò, sedendosi sul pavimento che aveva precedentemente calpestato coi suoi Jump Jump Jump.
Prese il cellulare per chiedere aiuto, ma non c’era campo.
Si sbatté le mani sulle cosce e decise di ascoltare un po’ di musica dal suo iPood, consapevole di dover restare lì dentro per un altro paio d’ore.
Perfetto!” ripeté a voce più alta, udendo di rimando il suo eco che si fondeva con le urla degli altri Echelon che avevano appena realizzato il loro sogno.
 
 
 
 
Gli Echelon in generale sono sempre stati molto affiatati e calorosi, ma quelli italiani si sono sempre distinti per la loro veracità e per il loro affetto.
Alla fine l’idea di Tomo era stata la migliore- come sempre! ammise il chitarrista.
Dopo aver firmato quanti più autografi poterono e dopo aver scambiato qualche parola con qualche ragazza, i tre entrarono nel bus pronti per tornare a casa per un po’.
Jared si spalmò sul divanetto duro e scomodo e prese il suo BlackBerry per controllare i Tweet che gli avevano inviato, il fratello bevve un litro d’acqua nel giro di due secondi e il croato salutava con la mano gli Echelon più testardi che avevano preso a bussare sul vetro del loro pullman.
Chiusero la tendina e si rilassarono, sentendo il rumore del motore che partiva.
“E’ stata una bella serata, eh?” domandò il batterista massaggiandosi il polpaccio sinistro, leggermente addormentato.
I due annuirono senza spiccicare parola per la troppa stanchezza.
Non vedevano l’ora di poter dormire in un letto vero e soffice.
L’autista annunciò al bus della crew che stavano per partire, ma Shannon bloccò tutti i presenti.
“Fermi, non possiamo partire!” annunciò a gran voce.
Jared e Tomo lo guardarono interrogativi.
“Ho perso il braccialetto bianco, quello con la scritta nera.” disse in preda al panico.
Ci teneva molto al suo braccialetto, perché glielo aveva regalato Antoine dei CB7, che erano già andati via per un altro concerto.
“Shan, te ne compro io un altro. Ora andiamo a casa, sono stanco.” borbottò il cantante, sostenuto dal barbuto.
“Non se ne parla. Non è il bracciale, ma il significato! Me l’ha regalato Antoine e io devo andare a prenderlo. Sicuramente è all’interno dell’ippodromo e so dove cercarlo. Fatemi scendere!” insistette, scendendo dal tour bus.
Il fratello minore scosse il capo, rassegnato.
“Sai quanto è testardo.” disse Tomo facendo spallucce.
 
 

 
Era passato un quarto d’ora e ancora non riusciva a mettersi in contatto con nessuno.
Per fortuna non era claustrofobica, ma la sete e il bisogno di andare in bagno si facevano sentire.
Immersa nei suoi problemi fisiologici, si rese conto di stare ascoltando una canzone importante. Almeno per lei.
L’ippodromo era buio e silenzioso e, nonostante il volume massimo dell’iPood, poté sentire che le urla si erano calmate, chiaro segno che i marziani erano volati via.
Aveva vinto il biglietto per il loro concerto, aveva incontrato alcuni degli amici più cari conosciuti su Facebook, aveva potuto portare con sé la Reflex, ma aveva avuto anche delle sfortune: aveva seguito il concerto dalla sesta fila ed era stata vicina ad una bambinetta che urlava cose indecenti e che le faceva sbagliare le foto ed ora era chiusa lì da un bel po’.
Non li aveva incontrati e non aveva i loro autografi, ma aveva il suo braccialetto.
Per scacciare via la malinconia prese a cantare il pezzo più significativo della canzone.
“Ho il destino tatuato sul collo, non posso leggerlo da solo, ho bisogno dei tuoi occhi sempre dietro…”
Sentì un prurito all’altezza della spalla, proprio sopra il tatuaggio. Si spostò i capelli rossi sulla spalla opposta e prese a grattarsi, continuando a sentire quella strana sensazione.
Si sentiva osservata.
Spense la musica e si girò di scatto, rimanendo a bocca aperta.
Il suo sguardo fu investito dagli unici occhi che avevano il permesso di metterla in soggezione.
Fece un passo avanti e si toccò impulsivamente il braccialetto.
Lui sorrise.
“Hi!” disse con la sua voce roca e bassa che le fecero venire i brividi.
“Hi.” rispose lei, timidamente. “E’ tuo.” aggiunse poi, in tono incerto, porgendogli ciò che gli doveva.
Shannon lo prese e le sfiorò inconsapevolmente le dita, mandandola in confusione.
Si sorprese di non vederla arrossire e si maledisse per la sua presunzione.
“Che ci fai qui?” chiese, rompendo quel silenzio che li avvolgeva pesantemente.
Lei prese un respiro, convinta di star morendo.
“Sono- sono rimasta bloccata dopo che- che siete usciti…”
Lui rise, di quella risata che vorresti far smettere per via dell’imbarazzo, ma della quale ti ubriacheresti senza limite alcuno.
Si sentì schernita, ma quel briciolo di orgoglio che le rimase le permise di rispondergli a tono.
“Fossi in te non riderei, perché potrei dire agli Echelon che non volevate firmare gli autografi.”
Il batterista tornò improvvisamente serio.
“Come fai a saperlo?”
Sul viso di lei si dipinse un ghigno soddisfatto.
“Vi ho sentiti. Ero qui con voi e mi avete chiusa dentro.”
“Sei una stalker.” disse in tono più affermativo che altro.
“Sono un’Echelon!” ribatté la ragazza, facendolo sorridere.
Ora gli salto addosso! pensò, ma si contenne spostando lo sguardo su altro.
“Lo so.”
Gli puntò gli occhi addosso.
Come lo sapeva? Chiunque va ad un loro concerto non sempre è un Echelon a dovere.
“Il tatuaggio.” rispose l’uomo dei sogni, indicando quel lembo di pelle in cui era stato impresso a vita un marchio che li contraddistingueva.
Si mise i capelli a posto e si abbracciò all’altezza delle spalle, sentendosi nuda sotto il suo sguardo insistente.
“Sei libera ora.” l’avvisò, lui, prima di uscire.
Lei annuì e si prestò ad andare via, ma venne bloccata dalla sua mano grande e possente che le avvolse il polso minuto e fragile.
“Come ti chiami?” le chiese, suadente.
“Rosa…” rispose lei, meccanicamente senza pensare all’utilità di quella informazione nella memoria di Shannon Leto.
“Rosa!”
Sembrava stesse gustando il sapore del suo nome, che pronunciato da quelle labbra sembrava così unico ed eccitante.
“Cosa stavi cantando prima?”
Rosa sorrise, uscendo dall’ippodromo seguita dall’uomo, e inconsciamente si spostò i capelli di nuovo sulla spalla.
Ho il destino tatuato sul collo, non posso leggerlo da solo, ho bisogno dei tuoi occhi sempre dietro.”
Lo disse in italiano, senza rendersene conto.
La lingua di Shannon saettò sulle labbra, ma lei era di spalle e non poté vederlo.
Ha un bel suono…” ammise leccandosi il labbro inferiore.
Lei si girò e lo guardò profondamente.
Erano legati da quel tatuaggio, erano legati da quella frase.
Erano legati.
Si avvicinarono e lei gli ripeté la frase nella sua lingua.
Ha anche un bel significato!” affermò prima di impossessarsi delle labbra dell’italiana che non oppose resistenza.
Chiuse gli occhi e si lasciò cullare da quella dolce danza fatta di giochi di lingue che si scontrano e si vogliono sempre di più. Le mani di lui erano ferme sulla vita e non accennavano a muoversi da lì. Le mani di lei vagavano sul suo collo, fino ad arrivare al loro simbolo dietro l’orecchio.
Si staccò dalle labbra del moro e prese a tracciare con l lingua i contorni di quel semplice e fine triangolo, notando gli occhi di lui chiudersi piano dall’eccitazione.
Si fermò, consapevole di aver sorpassato ogni limite, e disse: “Ha un buon sapore, soprattutto!
Si girò di spalle, ricoprendo il loro segreto con le sue ciocche rosse, e se ne andò, aggiungendo un significato in più a quel tatuaggio.





Note dell'autrice: Spero che tu possa arrivare in prima fila al concerto, che tu possa fare ottime foto e che quindi tua mamma ti lasci prendere la Reflex, che tu possa incontrarci tutte e che soprattutto tu possa realizzare i tuoi sogni quella notte.
Nel frattempo, tra le speranze, ho scritto questa O.S per te, perchè adoro come sei e perchè adoro troppo il tuo tatuaggio.
Ah, non so se fumi, ma ho avuto l'impressione di sì! Hai la faccia da fumatrice :D
Detto tutto ciò, sappi che è tutta per te e che ti amo gnoma. <3
  
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