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Autore: Lonelymoon    08/06/2011    2 recensioni
Se qualche anno fa mi avessero detto che un giorno avrei perso ciò che mi è più caro al mondo, non ci avrei creduto… non avrei mai potuto crederci, perché, ragazzino qual’ero, non avevo più niente di caro a questo mondo; ma poi, poi… poi incontrai lei, lei, la causa di tutto il dolore che provo adesso, e di tutta la felicità che ho provato in passato.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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QUALCOSA DA PROTEGGERE
Se qualche anno  fa mi avessero detto che un giorno avrei perso ciò che mi è più caro al mondo, non ci avrei creduto… non avrei mai potuto crederci, perché, ragazzino qual’ero, non avevo più niente di caro a questo mondo; ma poi, poi… poi incontrai lei, lei, la causa di tutto il dolore che provo adesso, e di tutta la felicità che ho provato in passato.
Adesso mi trovo vicino a lei, Rose, le tengo la mano, le dico che andrà tutto bene, che presto diventeremo mamma e papà ì, ma qualcosa si sta rompendo, sapevo che la mia, anzi, la nostra felicità sarebbe andata in frantumi in un solo attimo, se solo non l’avessi mai incontrata quel giorno di dieci anni fa, probabilmente tutto questo non sarebbe accaduto.
Io non avevo mai niente da fare, la mia vita era vuota, la mia famiglia faceva schifo, la città faceva schifo, la gente, la società, il mondo intero, era tutto uno schifo! Cercavo di fuggire per una meta sconosciuta, di trovare un padre che non picchiasse mia madre, ma un padre che mi portasse a giocare a baseboal il sabato pomeriggio, o magari che si occupasse della famiglia, ma no, quel padre non esisteva, quella calorosa famiglia non esisteva e non avrei mai potuto trovarla da nessuna parte, ma un giorno il destino volle giocarmi uno scherzo.
Passavo quasi tutto il giorno fuori, dopo la scuola tornavo la sera tardi, ma una sera dovetti tornare più tardi del solito, perché, senza che io lo sapessi, l’orario dell’autobus era cambiato e fui costretto a prendere quello successivo che passava alle 23.00.
Salii su quell’autobus, e fu li che la vidi per la prima volta vidi Rose, era seduta sul sedile a destra della fila a sinistra, e aveva lo sguardo perso nel vuoto. Io mi sedetti proprio due posti davanti a lei nella fila a destra, mi abbassai il cappello, e mi misi a dormicchiare prima di arrivare a casa. Il mio sonno però fu turbato da qualcosa…sembrava un pianto, un fragile pianto di una fragile voce, a me non interessò molto all’inizio, ma poi, qualcosa mi disse di girarmi e di vedere chi stava piangendo; era lei.
Quella ragazza, seduta due posti più lontano da me, si stringeva i jeans e piangeva sempre più forte, io, appena la vidi in volto, mi rigirai subito, ma poi non riuscii a resistere, e mi rigirai con la scusa che mi stesse disturbando. Gli e lo dissi e lei si scusò in lacrime cercando di trattenersi, ma alla fine, per quante volte la sgridassi, lei ricominciava a piangere a dirotto. Ad un certo punto, quando per l’ennesima volta io mi girai verso di lei, tutto d’un tratto la mia espressione cambiò, non so perché, ma quando la vidi meglio mi sembrò così fragile e indifesa, mi sembrava quasi di guardarmi allo specchio… . stavolta mi alzai e andai verso di lei:
-si può sapere cosa ti è successo?-
-niente, davvero…prometto di non piangere…-
-senti…è da mezz’ora che dici che non piangerai più!-
-mi dispiace-
-non dispiacerti, se piangi deve esserci un motivo valido-
Dopo questo, lei girò il capo e guardò il finestrino, io allora mi sedetti accanto a lei e mi presentai:
-ciao, io sono Brad!-
-piacere, io sono Rose-
Si sforzò di sorridere, ma purtroppo in realtà aveva ancora molte lacrime da versare.
Per tutto il viaggio non dicemmo una parola, lei, da quando mi ci ero seduto accanto, aveva smesso di piangere, ed io facevo finta di dormire, ma in realtà la guardavo.
Era arrivata alla sua fermata, lei dovette scendere, mi ringraziò e scese, io non volevo separarmene, avevo paura che, fragile com’era, le sarebbe potuto accadere qualcosa a quell’ora per strada, così scesi anch’io e le feci compagnia. Lei mi disse che non ce ne era bisogno, ma io le dissi che anche quella era la mia fermata. Casa sua era proprio dietro l’angolo, che fregatura! Ed io che ero preoccupato per lei credendo che la sua casa fosse lontano, e poi…e poi, perché mia madre era li? E chi era quell’uomo? Rose, che era accanto a me si mise di nuovo a piangere, fu lì che capii, Rose sapeva che suo padre tradiva sua madre ed era sicuramente rimasta traumatizzata dalla notizia visto il suo comportamento nell’autobus, ma pensare che  suo padre era l’amante di mia madre, la cosa traumatizzava anche me, ma io non riuscivo più a piangere, ero persino più fragile di Rose. Mia madre mi vide proprio nell’istante in cui stava entrando nella casa del suo amante, quando i suoi occhi incrociarono i miei, io scappai via e corsi, corsi, corsi per non so dove, e senza rendermene conto finii nel porto della città, e avevo portato con me anche Rose prendendola per mano. Ci sedemmo in una panchina del porto, e raccontai a Rose che quella era mia madre, e lei mi disse che suo padre andava avanti in questo modo ormai da mesi e che ne approfittava quando sua madre tornava tardi dal lavoro, mentre lo raccontava piangeva, mi abbracciò e io non la respinsi.
Gli anni che seguirono furono tutti dedicati al divorzio dei miei e dei suoi genitori, poiché l’avevo convinta ad imporsi ed a parlare, anche se in realtà quel tentare di convincerla era più come un auto convincimento per me… . alla fine, non so come, ci innamorammo, lei era tanto fragile e indifesa che io sentivo il dovere di proteggerla per sempre.
Da allora andammo all’università, viaggiammo per il mondo e ci amammo. Ero l’uomo più felice del mondo e adesso lei era diventata la mia famiglia!. Ci sposammo e il nostro amore divenne un bambino, il nostro futuro figlio.
Sono stati i nove mesi più belli di tutta la nostra vita, ma adesso mi trovo in ospedale, la tengo per mano, lei me la stringe fortemente, qualcosa sta andando storto, e dopo numerose angoscianti urla, lei mi guardò e…spirò. Il bambino era nato, ma lei era morta! Una felicità era giunta, ma così anche il dolore.
Ormai da quel giorno sono passati nove anni, io vivo solo e faccio un lavoro umile, non ho neanche portato a termine gli studi… . la bambina, Katy, l’avevo affidata a mio padre. Ora sto tornando da una lunga giornata di lavoro, e nella strada che percorro per prendere l’autobus a volte mi ricordo della prima volta che ho incontrato Rose… poi mi affaccio dal ponte che sto percorrendo, ed ho la tentazione di buttarmi, che senso ha vivere ormai? Ma poi, non so perché, qualcosa mi trattiene.
Salgo sull’autobus, c’è una bambina tutta sola nel bel mezzo di una folla, io mi avvicino e lei spaventata mi dice che si era persa.
-come ti chiami piccola?-
- Katy-
-hai detto “Katy”?...che bel nome…dove hai lasciato i tuoi genitori Katy? Magari riusciamo a rintracciarli-
Lei non risponde.
-hai un papà?-
Katy scuote la testa
-e una mamma?-
-no… vivo con mio nonno-
Guardandola meglio….è lei ne sono sicuro!! Ma perché destino crudele devi farmi questo?! Perché mi hai di nuovo fatto incontrare Rose in quest’autobus, dopo quasi vent’anni?! Perché vuoi che soffra ancora!? Non ho già sofferto abbastanza nella mia misera vita!! Questa bambina, io non volevo mai più guardarla negli occhi, perché in loro rivedo sua madre, ma tu destino, tu me l’hai fatta incontrare sull’autobus dove ho conosciuto Rose! Adesso, che ho preso la sua mano, la sua piccola mano candida, mi sembra di sentire il calore del corpo di Rose, di prendere di nuovo la sua mano come quel giorno al porto!...odio la mia vita, odio il destino e odio questa bamb… no, non posso…come si fa ad odiare una creatura così piccola e innocente? Che colpa ne ha lei?...io ho la colpa, solo ora capisco di aver commesso un sbaglio terribile, Rose era morta è vero, ma la sua anima era sempre con me, e lei mi proteggeva da qualche parte, e vegliava su di me, mentre io sulla terra, in questa piccola città, avevo ancora qualcosa da proteggere, il nostro amore. Katy era mia figlia, ed io per la prima volta mi sentivo davvero suo padre.
  
  
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