Three-Six
Era
arrivato in quella scuola,
Jeff Sterling, senza grandi aspettative.
Sapeva della politica anti-bullismo che la caratterizzava
e che probabilmente era una dei migliori istituti dell’Ohio
se non addirittura
di tutto il nordest americano, ma prima di arrivare in quel grande
edificio non
aveva fantasticato più di tanto. Lui era finito in
quell’accademia quasi senza
rendersene conto, trascinato da una parte all’altra del paese
dal lavoro di suo
padre -questa volta, aveva promesso, sarebbero rimasti fino al diploma
ma Jeff
non ci credeva più di tanto- ma solo quando una signora
dall’aspetto austero gli
aveva messo in una mano una chiave fredda e un paio di divise blu e
rosse nell’altra
aveva sentito di essere a casa.
L’ingresso era talmente grande
da mettere in soggezione e a quella vista,
nonostante la sua statura, si sentì piccolo e indifeso.
Guardò la sua chiave
alla quale era appeso un simpatico portachiavi blu con sopra disegnato
lo stemma
della scuola e un numero, 36.
Si guardò attorno ancora per poco, osservando le grandi
scalinate che
probabilmente portavano ai dormitori e la cupola di vetro che vista la
bella
giornata illuminava pienamente tutto l’ambiente, poi decise
di avventurarsi per
la scuola alla ricerca della sua stanza. Indeciso optò per
la rampa di destra ma
una volta salito in cima, trascinandosi appresso anche una delle grandi
valigie
che sua madre aveva riempito di cianfrusaglie per lui, notò
che la stanza più
vicina a lui era solamente la 346. Sbuffò un po’,
già stanco di tutta quella
fatica che gli si presentava davanti, ma poco prima di fare un altro
passo verso
i vari corridoi sentì un grido provenire da una delle stanze
più avanti.
Poi successe tutto talmente
velocemente che anche se provava a ricostruire con un po’ di
calma l’accaduto
non riusciva a spiegarsi come, senza
nessun preavviso, una decina di ragazzi tutti vestiti uguali e con lo
stesso
ghigno marcato sul viso avessero potuto investirlo in quella strana
corsa senza
fargli realmente del male. Si era ritrovato con il sedere per terra, la
valigia
esplosa per tutta la rampa di scale e un paio di ragazzi stesi di
fianco a lui
mentre altri se la davano ancora a gambe.
Riuscì a malapena a guardare in faccia uno di loro, piccolo
e scuro,
prima di scoppiare a ridere in coro agli altri.
Si alzarono parecchio tempo dopo, con ancora le lacrime agli occhi e le
guancie doloranti, e quando riuscì a riprendere veramente
possesso delle sue
facoltà mentali allungo una mano verso il ragazzo che aveva
riso con lui fino a
un secondo prima.
« Io sono Jeff Sterling, piacere. »
« Piacere, io sono Nick. Sapevo che saresti arrivato presto
ma speravo
in un benvenuto un po’ meno traumatico. »
Lo guardò un po’ confuso per
qualche istante prima che anche gli altri iniziassero a presentarsi -strinse una mezza dozzina di mani e si
scordò altrettanti nomi nel giro di qualche minuto- ma poi
si girò nuovamente verso
Nick che senza dire nulla iniziò ad aiutarlo a sistemare la
valigia che, una
volta chiusa e messa in piedi, fu trascinata fino alla porta elegante
di mogano
addobbata con una targhetta che aveva inciso il numero trentasei.
« Come facevi a… »
« Sono il tuo nuovo compagno di stanza. » disse
solamente prima di
aprire la porta. Poi si girò con un grande sorriso sulle
labbra e lo sfondo
della sua nuova vita alle spalle.
Erano passati più di due anni da quando era iniziato tutto.
E i Warblers,
dei quali aveva imparato i nomi con calma dopo l’assalto del
primo giorno -qualcuno
gli aveva spiegato qualche tempo dopo era una Thad-rincorsa
e che quindi non potevano essere gentili nonostante
fosse il nuovo arrivato-, erano diventati la sua famiglia. La stanza
numero 36
era la sua casa. La Dalton la sua patria.
« Arrivo, arrivo… Stavo solo pensando a quando
sono arrivato in questa
scuola. »
« Perché rivangare certi traumi? » la
sua risata riempì la stanza mentre
era davanti allo specchio e si aggiustava la cravatta.
« La prima cosa che ricordo è la risata che ci
siamo fatti sulle scale. »
Si avvicinò al compagno di stanza che ancora aveva sul viso
un sorriso
sghembo e gli circondò la vita con un braccio per poi posare
un bacio innocente
sulla guancia pallida. In quei due anni era cresciuto ancora di
più e ormai era
più alto di lui di tutta la testa ma la cosa non gli
dispiaceva più di tanto. L’unica
cosa che un po’ lo infastidiva era il mal di schiena che si
ritrovava dopo che
rimaneva piegato per il tempo necessario a baciare le labbra di Nick.
«Andiamo Three, se
arriviamo
in ritardo anche oggi credo che Wes ci caccia fuori a pedate.
»
Fine.
Innocente
prova sulla mia nuova coppia preferita dei Warblers XD sul
serio, quei due sono fantastici insieme e oltre al fatto che sto amando
alla
follia Riker mi sentivo vagamente ispirata. Questo è il
risultato u.u
Infondo non si
evidenzia molto il carattere dei due nel telefilm ma
secondo me non devono essere troppo fuori carattere. Beh basta con le
chiacchiere, se vi va di lasciare un commentino ne sarei molto grata :D
Bacio, Nacchan.