Non
potevo
assolutamente lasciar correre la ricorrenza, anche se sono le tre di
notte, anche
se io sono di ritorno dal Ballo dei Maturandi e domani
c’è scuola. Non potevo.
Semplicemente,
buon compleanno Itachi.
[In qualche modo è legata a Heir,
ma non dovreste avere troppi problemi se anche non l'avete letta. ^^]
[Buona lettura =)]
Memories
Il
Quartier
Generale degli ANBU era sempre ricettacolo di ordini, informazioni,
dati, missioni;
quotidianamente, vi accedevano i migliori shinobi oltre agli
appartenenti alla
Squadra Speciale e dunque era naturale che fosse un ambiente chiassoso,
ricco
di voci e rumori che si sovrapponevano.
Dal suo
ufficio di comandante, Sasuke Uchiha passava al vaglio le varie
scartoffie che
aveva trovato sul tavolo quella mattina.
Il caldo
stava diventando soffocante: ormai era l’una del pomeriggio e
il sole batteva fastidiosamente
sulle finestre che per quanto schermate dalle veneziane contribuivano a
creare
un fastidioso effetto serra.
Sasuke
controllò l’orologio, portandosi stancamente una
mano sul viso.
A quel punto
poteva staccare; Naruto e Tsunade-sama ormai sapevano che in quel giorno non lavorava mai a tempo
pieno.
Uscì dall’ufficio,
chiudendosi alle spalle la porta, e scese le scale fino
all’ingresso del
Quartier Generale.
Con un cenno
del capo salutò Konohamaru, segnalando che se ne andava,
quindi si diresse
verso l’esterno.
Il sole del
primo pomeriggio infastidì gli occhi abituati
all’ambiente chiuso delle stanze,
ma lui li socchiuse e proseguì per la via, voltando a destra
in fondo alla
strada alla volta dell’Accademia Ninja.
Giunto
davanti al cancello pazientò qualche minuto, assorto,
rispondendo
distrattamente ai cenni di saluto che gli venivano rivolti da qualche
altro
genitore in attesa.
Poco dopo, alto,
squillante, udì il suono della campanella, che per un
momento lo sprofondò nei
ricordi passati, ai tempi in cui anche lui attendeva con troppa
impazienza di
diventare genin; poi il vociare degli alunni che rallegrandosi
dell’inizio
delle vacanze si riversavano fuori dall’Accademia lo
riportò alla realtà.
Trattenendo
a viva forza un sorriso istintivo che gli aveva increspato le labbra
– non sarebbe stato consono, suvvia - cercò con lo
sguardo un po’ miope una
familiare e scapigliata chioma scura, che non tardò a farsi
scorgere: scapicollandosi
per le scale dell’edificio, suo figlio Itachi, sette anni, gli corse incontro
urlacchiando estasiato e
finendo di schianto sulle sue gambe nel tentativo di raggiungerlo
più in fretta
possibile.
“Ciao papà”
salutò entusiasta il bimbo, sorridendo.
“Ciao, Itachi”
fece eco la voce più grave di Sasuke, non scevra di una
certa rude tenerezza
non del tutto occultata.
Itachi si
assestò la cartella sulle spalle, quasi dandosi un tono,
quindi attaccò a
ciarlare allegramente raccontando la sua giornata mentre Sasuke
ascoltava,
apparentemente distante, in realtà attento come mai in
qualunque altro momento
del giorno, e soddisfatto dell’entusiasmo del bimbo.
Quando però
giunsero all’incrocio poco lontano dal quartiere degli
Uchiha, Itachi si sentì
tirare in avanti verso una strada diversa da quella che percorreva
quotidianamente con il padre per tornare a casa.
“Dove
andiamo, papà?”
“Oggi la
mamma ci aspetta più tardi, facciamo un altro giro.
Compreremo qualcosa da
mangiare lungo la strada, se hai fame.”
Visto che il
bimbo era parecchio affamato, Sasuke acquistò due pacchetti
con qualche
bocconcino mentre aspettava il ritorno di Itachi, che aveva spedito a
prendere
un fiore in un negozio lì accanto.
Continuarono
poi la passeggiata, fino a giungere sotto i grandi volti di pietra
degli Hokage
scolpiti nella roccia.
Svoltarono
un ultimo angolo, ed Itachi si trovò davanti ad uno spiazzo
erboso, non molto
grande, deserto, circondato da vari alberi che delimitavano una sorta
di
parchetto, fornito di qualche panchina.
Al centro
del piccolo angolo verde stava una pietra scura e levigata, sicuramente
scolpita ad arte, su cui spiccavano alcune parole abilmente incise.
Sasuke si
sedette mentre lui preferì allungarsi sull’erba
morbida, attaccando con
appetito il contenuto del pacchetto che suo padre gli aveva passato.
Tra un
boccone e l’altro, chiese spiegazioni:
“Perché siamo venuti qui?”
“Volevo
farti vedere una cosa. Che giorno è oggi?”
“Il nove
giugno, naturalmente, il giorno della fine
dell’Accademia.”
“Sì, certo.
Anche. Ma prova a dare un’occhiata a quella pietra.”
Il piccolo
Itachi si avvicinò alla lapide grigia. Era alta
più o meno come lui, ed era
lucida. Scolpito dettagliatamente, sulla sommità, stava il
ventaglio stemma del
suo clan, cui seguivano alcune frasi.
Sasuke lo
incoraggiò: “Leggi, coraggio.”
Il bimbo si
avvicinò, spalancando appena gli occhi quando lesse una
prima volta tra sé e sé
il contenuto delle iscrizioni; infine, con voce chiara,
enunciò: “’La
città di Konoha pose questa pietra in
memoria ed in onore di Itachi Uchiha, eroe del Villaggio della Foglia e
della
Terra del Fuoco, ninja capace e valoroso, figlio devoto e fratello
amorevole.’
Ha il mio stesso nome” constatò Itachi, stupito.
“È lo zio, tuo fratello, di
cui mi avevi parlato?”
Sasuke
assentì, vagamente assente. Poi si rivolse di nuovo al
figlio:”Già. Guarda
anche più in basso…”
“Nato il
nove giugno… Ma allora oggi sarebbe stato il suo compleanno!
Quanti…?”
“Avrebbe
compiuto trentun anni. Ti ho portato qui perché oggi sei
abbastanza grande per
capire che tu hai la fortuna di essere un bambino sereno, e sei
cresciuto nella
pace. Ma non è stato per tutti così, e questa
pace non esiste da sempre: è
costata il sacrificio di molti grandi ninja, tra cui tuo zio che per
questa
serenità diede la vita. Difendi sempre la realtà
di cui sei erede, e non
mancare mai di ricordare gli sforzi di chi si è sacrificato
e l’ha conquistata
per te.”
Itachi annuì
coscienziosamente, osservando suo padre che chinandosi posava il fiore
bianco
acquistato poco prima ai piedi della lapide.
“Me ne
ricorderò, papà.”
Sasuke alzò
il viso e lo guardò, sorridendo lievemente, poi si
levò in piedi e avvicinatosi
a lui gli scompigliò i capelli neri.
“Allora
adesso possiamo andare a casa. Su, vieni.”
Il padre si
avviò lentamente, non senza un ultimo sguardo lievemente
offuscato alla pietra.
Il bimbo
rimase fermo ancora qualche istante, poi si accostò alle
radici di un albero e
colse un piccolo fiore giallo. Infine si riavvicinò alla
lapide, e con
attenzione pose il suo fiorellino accanto a quello lasciato da Sasuke
qualche
minuto prima.
“Buon
compleanno, zio Itachi.”
***
Spero vi sia
piaciuta ^^
Recensioni
sempre gradite =))
Panda