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Autore: Severia85    09/06/2011    3 recensioni
Harry è alla ricerca degli Horcrux; quando tutto sembra essere contro di lui, si rivolge all'unica persona che gli sarà sempre vicino e avrà una gradita sorprsa. Questa storia ha vinto il contest sui Modà indetto da Xela 182
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Questa storia si è classificata al primo posto nel Contest sui Modà indetto da Xela 182
La canzone da me scelta era Se io se tu e le citazioni da usare erano queste: “Noi non possiamo correre ancora insieme perchè la fiamma è stata spenta dal vento che soffia” - “Maledizione perchè tu non sei più con me e il mio tormento che rimane dentro” - “Del tuo corpo nulla è rimasto però solo il profumo della tua pelle che mi porta a spasso nel tempo” - Alle quali ho aggiunto anche: “Magari camminerò e non mi fermerò più”


CON ME, SEMPRE
 
“Sei sicuro di voler fare tu il primo turno di guardia?” mi chiede Hermione, con un’espressione preoccupata. Sono giorni che mi accudisce come un malato in convalescenza, tuttavia, per quanto io apprezzi i suoi sforzi, ho bisogno di stare un po’ da solo.
“Non ti preoccupare,” rispondo, cercando di essere convincente. “Io sto bene, ma tu hai bisogno di riposare.” 
Mi alzo prima che Hermione abbia il tempo di ribattere; esco dalla tenda e avverto la morsa del gelo afferrare il mio corpo e scuoterlo con brividi intensi. Indosso un altro maglione e mi siedo su un cuscino, davanti all’entrata della tenda. Il buio è già fitto e i rumori della foresta, seppur attutiti dalla neve e dalle foglie, sono inquietanti. Il tempo sembra non passare, forse perché desidero che sia già giorno, quando la pallida luce del sole invernale rende gli alberi meno tenebrosi. Il grido dei gufi e lo sbattere delle loro ali mi ricorda Hogwarts, la Torre, la Sala Grande. Rifletto su quanto è successo e su quanto ancora resta da fare: mille pensieri si accavallano nella mia mente e mille immagini.
Tengo tra le mani il frammento dello specchio di Sirius: il mio respiro ne appanna la superficie fredda. Vedo il riflesso dei miei capelli confusi e disordinati, la barba mal fatta che scurisce il volto dai lineamenti smagriti e dalle guance incavate; guardo i miei occhi stanchi. All’improvviso, da quegli occhi verdi scende una lacrima e la bocca, che non è più la mia, si incurva in un accenno di sorriso. Ora vedo i lunghi capelli rossi che le avvolgono le spalle esili, la pelle chiara e i miei stessi occhi. Mia madre mi osserva dallo specchio, con uno sguardo che è allo stesso tempo dolce e preoccupato; è bellissima; muove le labbra: mormora alcune parole che non sono in grado di capire; forse sta cercando di dirmi che mi vuole bene.
Non c’è più lo specchio tra di noi, adesso: siamo nel salotto della nostra casa, con il tavolo, le sedie e il divano; la osservo felice perché è viva e calda.
“Mamma.” sussurro, a causa di un nodo alla gola che mi impedisce di parlare più forte.
Mi avvicino e allungo le braccia a sfiorare le sue, protese in avanti. Sono ad un passo da lei, eppure il suo sguardo si riempie di terrore e comincia a gridare: 
“Harry no! Ti prego, non Harry! Prendi me, ma lascia stare Harry!”
Avverto la sensazione di potere crescere dentro di me: il mio piano sta finalmente per compiersi e nessuno deve mettersi in mezzo, nemmeno una stupida donna. Alzo la bacchetta lentamente e la indirizzo verso il petto, dove il suo cuore sta battendo gli ultimi rapidi e disperati colpi. Non mi impietosiscono le sue lacrime o le sue preghiere; sorrido spietato:
“Avada Kedavra!”

Mi sveglio e ho ancora davanti agli occhi la luce verde dell’incantesimo con cui ho ucciso mia madre; no, è stato Voldemort, non io. Ultimamente però, è sempre più difficile capire la differenza, trovare quella linea sottile che divide la mia esistenza dalla sua. 
Sono bagnato di sudore e tremo per il freddo: mi sono addormentato durante il turno di guardia. Hermione dorme dentro alla tenda e questo, almeno, vuol dire che non ho urlato durante l’incubo. 
Da quando siamo stati a Godric’s Hallow e ho visto morire i miei genitori attraverso gli occhi di Voldemort, sogno spesso mia madre. Più che di sogni dovrei parlare di incubi, tuttavia l’immagine di lei che mi sorride, vale il prezzo della paura e del dolore. 
Mi alzo e tento di scaldarmi, camminando avanti e indietro. Ripenso a mia madre, alla sensazione che proverei se potessi davvero riabbracciarla. Come sarebbe stata la mia vita se Voldemort avesse scelto Neville e non me per interpretare la profezia? Sicuramente migliore di quanto non lo sia adesso. Come sarebbe stato crescere con i miei genitori invece che con i Dursely? Non riesco neppure ad immaginarlo. È inutile che mi prenda in giro con sogni irrealizzabili o inizi a fantasticare su mondi impossibili: non mi danno sollievo e alla fine, mi fanno sentire soltanto peggio. Infatti, ho ancora più freddo; sbatto i piedi, con le scarpe inzuppate di neve e nascondo le mani sotto le ascelle per riscaldarle, nonostante sappia che non dovrei mai lasciare la bacchetta. Provo a correre anche se, al buio, in mezzo agli alberi, è una pazzia: gli incantesimi che ha lanciato Hermione mi proteggono dagli intrusi, ma non dai rami appuntiti che si allungano per graffiarmi. 
Mentre i miei piedi affondano nel manto bianco che ricopre la foresta e ogni respiro è una lama d’acciaio gelido che penetra nei miei polmoni, sono colpito dall’idea che io e te, mamma, non potremo mai correre insieme, perché la tua fiamma è stata spenta dal vento che soffia, lo stesso vento freddo che sferza il mio viso in questa notte d’angoscia. Il calore del tuo amore non ha potuto nulla contro la violenza di quel vento che infuriava, allora come oggi. Eri impotente, come lo sono io adesso. Senza la protezione e l’aiuto della tua bacchetta, come me. La tua giovane vita è stata spazzata via, senza troppi indugi così come accadrà alla mia, se finirò negli artigli di Voldemort. Quante volte ancora riuscirò a sfuggirgli?
Vorrei che tu fossi qui per stringermi e scaldarmi, per dare nuova speranza a questa dannata ricerca, per lottare al mio fianco. Maledizione, perché tu non sei più con me? Perché te ne sei dovuta andare così presto? Perché mi hai lasciato solo a combattere una guerra che io non ho mai voluto? Ad affrontare un mago più potente di me? A caricarmi sulle spalle un destino troppo gravoso? 
Il tormento della tua assenza mi divora, rimane dentro di me e non trova pace, nemmeno dopo tutto questo tempo. Sei stata con me soltanto per un anno: possibile che io senta così tanto la tua mancanza?
Le lacrime scivolano lungo le guance sebbene io non voglia, ma, negli ultimi tempi, mi sono abituato a non poter opporre la mia volontà agli eventi che si succedono. È un pianto lungo e disperato che porta con sé lo sfogo di altri dolori e di altre frustrazioni.
Non c’è la tua spalla ad accogliere queste gocce salate né la tua mano ad asciugarmi gli occhi; del tuo corpo non è rimasto nulla, solo il profumo della tua pelle che mi porta a spasso nel tempo, a quando ero bambino e mi portavi al seno; a quando mi cullavi per farmi addormentare, cantando quella canzone triste di cui temevo di avere smarrito il ricordo. Sapeva di cannella la tua pelle: un profumo dolce, intenso, aromatico; lo stesso che a volte ho sentito nella cucina di casa Weasley. Forse mi sto confondendo: la mia mente crea ricordi che in realtà non sono mai esistiti, per colmare i vuoti immensi della mia anima. Come posso ricordare il profumo della tua pelle? Avevo soltanto un anno quando l’ho sentito per l’ultima volta. Anzi, l’ultima volta che mi hai preso in braccio non posso aver sentito altro che l’odore della paura e del sacrificio. La mia mente si prende gioco di me e non so più che cosa è reale e cosa no.
Ho smesso di piangere. Strascino i piedi fino alla tenda: tutto ciò che possiedo ora. Ron se ne è andato e temo che, presto o tardi, anche Hermione rinuncerà a combattere. Quando sarò rimasto solo, che cosa farò? Magari camminerò e non mi fermerò più, fino a quando sarò arrivato dall’altra parte del mondo, cercando, nel frattempo, di far perdere le tracce al mio destino.
Cado carponi nella neve, esausto nel corpo e sfinito nella mente; rimango così per riprendere le forze, la testa abbandonata tra le braccia, incapace di rialzarsi. Il tempo scivola lento. Chiudo le mani a pugno e sento la neve sciogliersi tra le mie dita; finalmente mi sollevo, restando in ginocchio e alzo lo sguardo verso il cielo, ma non vedo nulla: i rami sono troppo fitti e il buio troppo denso perché mi concedano la speranza anche solo di una piccola stella.
“Mamma, se ci sei, se puoi sentirmi: ti prego, aiutami. Non posso farcela da solo, non posso. Ho bisogno di aiuto, di un segno che mi indichi la direzione, di un’idea che illumini questa ricerca; qualunque cosa, mamma.”
Abbasso di nuovo lo sguardo: devo essere davvero disperato se mi rivolgo a mia madre per ricevere aiuto. Come potrebbe aiutarmi? È morta da così tanto tempo. 
Rassegnato, ritorno a sedermi sul cuscino che ho lasciato davanti alla tenda. Il buio avvolge ogni cosa e fatico persino a distinguere i contorni del mio corpo.
Sento un fruscio e poi la vedo: una luce argentea davanti a me; galleggia silenziosa nell’oscurità; non riesco a vederla bene a causa degli alberi, ma capisco che si sta avvicinando.
È una cerva d’argento, splendente; è venuta per me, lo so; la seguo: non ho paura perché so che è il segno che stavo aspettando, la luce che deve illuminarmi il cammino.
Mi rimetto a correre nella foresta, come ho fatto qualche minuto fa; lo splendore della cerva mi guida e non sento più il freddo o i graffi dei rami; quando si fermerà e io la raggiungerò potrò finalmente parlare con mia madre, chiederle tutto quello che non so e lei mi aiuterà, risolverà i miei timori e i miei dubbi e mi dirà tutto ciò che mi occorre conoscere. 
Eccola, si ferma; mi avvicino. 
Svanisce nel nulla. 
Il buio torna ad avvolgermi prepotente; la paura prende di nuovo il sopravvento. 
Mamma, perché mi hai portato qui? Eri tu quel Patronus, ne sono sicuro. Perché allora mi hai portato qui? O forse sono stato ingannato? Qualcuno ora uscirà dai cespugli e mi ucciderà?
[…]
Me ne sto sdraiato sul mio letto, fissando la tela della tenda: è quasi l’alba, non ho chiuso occhio per tutta la notte, eppure non mi sento affatto stanco. Ascolto il respiro pesante di Ron, che è crollato appena ha appoggiato la testa sul cuscino, mentre Hermione cambia posizione continuamente: la sua furia non si è ancora placata e chissà quanto tempo ci vorrà prima che perdoni Ron. 
Sono felice ed è una sensazione che non provavo da molti mesi: Ron è ritornato con noi, abbiamo recuperato la Spada di Grifondoro e abbiamo distrutto un Horcrux; non è solo questo però, a rendermi felice: ora so di non essere solo; non sto parlando dei miei amici, ma del fatto che mia madre ha risposto alla mia preghiera, mi ha mandato un segno, una luce, un aiuto e proprio nel momento in cui io ne avevo più bisogno. Adesso sono consapevole della sua presenza al mio fianco: in qualunque momento potrò rivolgermi a lei e ottenere il suo aiuto e il suo conforto. 
La notte buia si sta rischiarando e un nuovo giorno pieno di speranza sta per sorgere. Questa notte ho pianto e mi sono sentito stupido per aver parlato a mia madre, eppure ora mi sento bene ed è per questo, credo, che arrivano i giorni nuovi: per andare avanti sempre e comunque; mi rendo conto che la strada è ancora lunga, che mancano altri Horcrux e non sappiamo assolutamente dove andarli a cercare, tuttavia non posso che sentirmi ottimista. 
Mi giro su un fianco: devo cercare di dormire, altrimenti domani sarò troppo stanco per godermi questa sensazione di serenità.
Mille parole si affollano nella mia mente, mille sensazioni invadono il mio cuore, ma prima di addormentarmi, sussurro:
“Grazie, mamma.”
E sono certo che sarà un sonno tranquillo, senza incubi.



Questo il giudizio di Xela:
Grammatica e stile: 5/5
Non ho trovato nulla da eccepire sia nell'ortografia (e Word concorda con me) che nella grammatica. Mi piace molto l'uso della prima persona in questo caso perchè nonostante la saga segua il suo punto di vista lascia spazio all'introspezione, spazio che hai colmato tu alla perfezione, quindi si adatta molto bene alla fiction.
IC: 5/5
Inizialmente volevo toglierti un punto perchè ero convinta che Harry pensasse che fosse stato Silente a mandare un aiuto anche se sapeva che non era il suo patronus, poi ho riletto tutta la parte e non c'è un minimo di introspezione su Harry, non sappiamo cosa pensi, quindi ci sta. A parte questo è caratterizzato perfettamente, con i suoi impulsi, il suo coraggio, ma anche la fragilità di un ragazzo che non ha ricevuto affetto fino a 11 anni. Il finale del libro quando chiede aiuto alla mamma credo che si ricongiunga bene con questa shot.
Canzone: 13/13
Beh, hai sradicato completamente senso e tono della canzone in una maniera che mi ha lasciato a bocca aperta. La prima e la terza poi sono davvero in linea con lo stile adottato e con Lily.
Originalità: 5/5
L'introspezione è fatta bene, è narrata in diversi momenti, non è noiosa e calca su un punto, un momento di fragilità, dove si cerca per forze di cose l'unica persona che ci dà sempre speranza, la mamma.
Giudizio personale: 1,9/2
Devo dire che ho dato questo punteggio per empatia; in alcune cose assomiglio ad Harry e capisco bene alcune sue sensazioni e mancanze (per inciso, la mamma ce l'ho, ma dato che ho rischiato seriamente più volte di perderla, capisco i sentimenti che può provare).
L'ho trovata poi coerente con il libro, dove tra padre, padrino e Lupin lui ha occhi quasi solo per la mamma ed è a lei che si affida.
 
  
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