Like a
Game-Over
La
sera all’Accademia Dalton
era sempre qualcosa di esagerato. Se non si organizzavano feste
clandestine,
in alternanza
ai party che organizzava regolarmente il consiglio, solitamente i
Warblers si
ritrovavano in una delle stanze al quarto piano, quelle che la
segreteria
assegnava ai ragazzi più grandi, e che quindi erano quelle
meno sorvegliate -erano
davvero convinti che essendo quasi maggiorenni lasciargli
più spazio non
sarebbe stato un grande danno- per chiacchierare o guardare un film nel
megaschermo che Andrew era riuscito a farsi portare in camera.
Quella sera, ancora leggermente traumatizzati
e doloranti dalla festa che Wes aveva approvato dopo la sconfitta alle
regionali, si erano ritrovati nella stanza di Thad per un torneo di
Call of
Duty Black Ops, ancora non sul mercato ma che Hatwood era riuscito ad
avere in
anteprima, alla sua playstation 3. Mentre il Capitano Alex Mason
praticamente
inceneriva un povero soldato che si trovava sulla sua strada e il
Maggiore
Neitsch lo finiva con il corpo a corpo nessuno badava a chi, come
Richard si
aggirava mezzo ubriaco e mezzo nudo per il resto della grande stanza
che il
membro del consiglio aveva tutta per sé.
Jeff si buttò stremato sul letto abbandonando
il joystick sul cuscino e imprecando a bassa voce contro Blaine che,
per essere
un nano malefico, era terribilmente bravo a quei giochi di guerra e lo
batteva
ogni volta.
«Ma i gay non dovrebbero essere delle
schiappe a certi giochi violenti?»
La voce un po’ stridula amplificata dall’alcol
di Trent riempì la stanza superando il chiacchiericcio
generale facendo
scoppiare tutti a ridere e facendo arrossire il biondino che cercava di
nascondere il viso sotto uno dei cuscini super soffici del letto di
Thad.
«Appunto Jeff ha fatto cagare…» rispose
per
le rime Blaine facendogli un occhiolino, prima di battere il cinque al
suo nuovo ragazzo che gli
sussurrò qualcosa all’orecchio che somigliava
tanto ad un distruggiamo gli stereotipi.
Nessuno aveva badato alla
battuta del solista e solamente Nick, un po’ preoccupato per lo stato del suo
migliore
amico si avvicinò al letto e gattonando fino a quando la sua
testa fu allineata
con quella di Jeff. Leggermente spostò il cuscino che ancora
gli copriva il
viso rosso dalla piccola umiliazione della sconfitta e gli sorrise,
sfregando
di poco il naso contro il suo facendolo rilassare.
Si sedettero al bordo del letto quando
Cameron passò distribuendo a tutti un altro giro di birre
uscite da chissà
quale nascondiglio. Le aprirono in silenzio, nonostante intorno a loro
si
stesse scatenando l’inferno -Thad decisamente ubriaco aveva
deciso di sfidare
il neo campione della serata provando a giocare con la sola forza del
pensiero-
e si guardarono per poco prima che Jeff, ripreso dallo shock della
partita,
iniziò a sospirare appoggiando la testa alla spalla
dell’amico.
«Mi dici cosa c’è che non va?»
Lui chiuse solamente gli occhi provando a
cancellare ogni rumore al di fuori del respiro tranquillo di Nick e al
battito
un po’ accelerato dalle varie birre del suo cuore,
tranquillizzandosi un po’.
Era stanco, terribilmente stanco, e voleva semplicemente dormire,
magari per un
paio di mesi di fila.
«È per le regionali?» insistette il
moro,
sussurrando direttamente nel suo orecchio per non distrarlo nel suo
intento di
isolarsi dal rumore che facevano quei strambi amici che si erano
ritrovati.
Jeff scosse la testa bionda giusto di un po’,
già leggermente addormentato e, deglutendo quasi
rumorosamente, decise che
quello era il momento giusto per parlarne. Non avrebbe voluto, era
spossato e
le chiacchierate pericolose e stancanti come quelle andrebbero fatte
davanti ad
un buon caffè, con la mente lucida e meno birre nello
stomaco, ma a Nick certe
cose non potevano restare nascoste. Glielo doveva.
«Mi ha chiamato mio padre ieri sera, prima
della festa.»
«È successo qualcosa?»
«Ha detto che gli hanno offerto
un nuovo posto di lavoro, in Florida. Tallahassee
è una
bella città, mi ha detto, sono
sicuro
che ti farai tanti nuovi amici anche lì.»
E anche se i Warblers erano
impegnati in chissà quale attività quando la voce
un po’ strascicata del biondo
pronunciò quelle parole tutti si fermarono, sincronizzati come sempre, girando il volto
preoccupato verso il compagno. Blaine e Kurt avevano interrotto
l’ennesimo
bacio della serata, Trent aveva fatto cadere il pacchetto super gigante
di
patatine spargendole sul tappeto orientale di Thad, Flint e Las avevano
lasciato
perdere la playstation lasciando sullo schermo un povero Agente
Speciale Jason
Hudson morire sotto i colpi violenti dell’armata russa. La
scritta GAME OVER
era apparsa verde e luminosa alle spalle dei due.
Il silenzio avvolse la stanza per qualche
secondo prima che ognuno di loro iniziasse a sbraitare qualsiasi cosa,
inventando piani per costringere il padre di Jeff a lasciarlo alla
Dalton e
epiteti davvero poco carini contro qualsiasi oggetto a portata di mano
per
sfogare la frustrazione di quella notizia improvvisa e sconvolgente.
Dal canto suo Jeff si guardava attorno con la
sua solita espressione un po’ stupita, come se non si
aspettasse tutta quella
considerazione dal resto del gruppo, per poi girarsi verso Nick che non
aveva
più pronunciato neanche una parola e che lo guardava
arrabbiato.
Fece per alzarsi ma non riuscì a trattenerlo
e solo quando la porta sbatté rumorosamente si decise ad
alzarsi e a
rincorrerlo per i corridoi. Nonostante la scuola fosse scura e
silenziosa lui
riusciva a muoversi con sicurezza, sapendo esattamente dove il suo
amico si
sarebbe nascosto.
Camminò per qualche minuto, ascoltando
solamente i suoi passi e il rumore del sonno di qualche altro alunno
della
scuola, fino a quando non arrivò davanti alla stanza di
Flint in fondo al
corridoio del terzo piano, lasciata aperta di qualche millimetro.
«Nick? Sei qua?»
Come aveva immaginato lui non rispose ma
senza perdersi d’animo accese la piccola lampada
più vicina e vedendo il suo
amico rannicchiato su uno dei letti si avvicinò con
lentezza, stendendosi di
fianco a lui e chiudendo gli occhi. Avrebbe anche potuto addormentarsi
se lui
non avesse iniziato ad accarezzare la sua testa con quei piccoli
movimenti
circolari che lo facevano impazzire. Il piccolo verso che gli
sfuggì dalle
labbra assomigliava talmente tanto a delle fusa che Nick non
poté fare altro
che lasciarsi scappare una risatina consapevole dell’effetto
che aveva su Jeff.
«Sei arrabbiato con me?»
«Certo che no, Six. Sono solo triste…»
«Me lo aveva promesso, sai? Che sarei potuto
rimanere qua fino al diploma, ma naturalmente non ci si può
mai fidare della
parola di certe persone.»
Lentamente Nick si lasciò scivolare su di un
fianco stendendosi al fianco del suo amico eccessivamente lungo e
baciò la
punta del suo naso perfetto. Sentiva la pesantezza nella sua voce,
consapevole
che se avessero continuato a parlare di quello ancora per un
po’ entrambi non
sarebbero più stati consapevoli delle proprie reazioni.
«Mi mancherai, Jeff.» disse solamente prima
di appoggiare le labbra rosse sulle sue.
«Io le mie promesse le mantengo, Three» con
una mano, calda e sudata dall’emozione, accarezzò
un fianco del ragazzo
tirandoselo più addosso «non dubitare mai della
mia parola, Nick. Mai.»
Lasciò quelle parole sulla sua pelle
accaldata, appoggiando lievi baci sul retro del collo e continuando a
soffiare
cose insensate mentre gli sfilava la maglia del pigiama e gli
accarezzava il
petto. Era la seconda volta che si ritrovavano su quel letto e
nuovamente si
era ritrovati a baciarsi come se tutto il resto non esistesse. Doveva
esserci
qualcosa di magico nella stanza di Flint, o di profondamente afrodisiaco.
Sentiva le mani del più grande, Jeff, fin sotto
la pelle mentre lo accarezzava o solamente lo sfiorava con le sue mani
assurdamente piccole e delicate per essere quelle di un ragazzo. Fin da
quando
erano diventati amici aveva avuto una specie di fissa per quelle manine
bianche
e fredde, sempre bisognose di essere riscaldate d’inverso e
pace per i sensi
quando l’estate iniziava a farsi sentire verso la fine della
scuola.
In quel momento però, mentre le sentiva
vagare sotto la maglia azzurra che usava come pigiama, sembravano
roventi. Si
ritrovò seduto su di lui quasi senza rendersene conto e
quando cercò di
guardarlo negli occhi si accorse che entrambi erano sul confine, tra le
lacrime
e l’esaltazione, tra la passione più sfrenata e la
paura più straziante. Riuscì
solo ad abbracciarlo forte, facendo aderire ogni angolo, ogni muscolo a
quello
caldo e tonico del compagno, affondando la testa sul suo collo.
«Non ti lascerò mai, Nick.»
«Lo so. Three-Six
forever no?» risero entrambi, ancora mezzi nudi ed accaldati,
mentre le uniche
due lacrime disponibili scesero dai loro occhi mentre ancora si
fissavano. Si
incontrarono a metà strada in un ennesimo bacio umido sulle
coperte
assurdamente viola di Flint.
Quando qualche settimana dopo, il signor
Sterling scese dalla sua auto europea estremamente costosa, esattamente
davanti
al portone principale della scuola, tutti i membri di quella grande e
strana
famiglia erano raccolti attorno a Jeff che, mano nella mano con Nick,
sorrideva
a tutti promettendo visite imminenti e mail da mandare ogni giorno.
Magari
sarebbero potuti venire tutti nella sua nuova casa
sull’oceano per le vacanze
estive, magari sarebbe potuto tornare scegliendo
un’Università da quelle parti.
Posò un ultimo bacio lungo e appassionato
sulle labbra rosse e tormentate del suo migliore amico e si
girò verso la
figura alta del padre che gli aprì la portiera della
macchina sorridendo
triste.
«Lo sapevo io. Ecco perché perdeva tutte le
partite a Call of Duty.» fu l’ultima cosa che
sentì uscire dalle labbra di Thad
mentre si sistemava sui sedili in pelle, e tutti gli altri scoppiavano
a
ridere.
Aveva perso quella partita ma aveva tutta la
vita per richiedere una rivincita.
The
End.
Volevo
scrivere qualcosa di rosso, lo
ammetto. Ma alla fine non ci sono riuscita T.T non so, mi sembrava
forzato
scrivere una lemon al punto in cui sono arrivata, mi sono sembrati
troppo dolci
per parlare di infila di là
spingi di qua a quel punto.
Sinceramente
credo di essere stata troppo smielata ma avevo bisogno di qualcosa di
zuccheroso e mi sono buttata su questa coppia che tanto mi sta piacendo
in
questi giorni. Tutti i nomi un po’ strani sono del videogioco
che cito all’inizio
e sul quale il mio ragazzo mi fa tanto di testa. DUEPALLE. Il titolo
non so
quanto mi sembri azzeccato, ma meglio di niente, ah? Questa storia
è leggermente legata a Three-Six nel quale si racconta
l'arrivo di questo Jeff e il primo incontro con questo Nick accennando
anche al padre.
Beh vi lascio e se magari volete lasciare una
recensione io sono sempre contenta **