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Autore: Malvagiuo    10/06/2011    2 recensioni
Riprendo un fanfiction scritta da Clive Danbrough, di cui - diciamo - mi ha ceduto tutti i diritti.
Questa è la storia di Altair prima dell'inizio del videogioco. Il suo passato, la sua vita prima di diventare l'eroe della leggenda.
Genere: Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altaïr Ibn-La Ahad
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa ff era stata abbastanza apprezzata ai tempi in cui la scriveva Clive Danbrough. Ora mi ha affidato l'arduo compito di continuarla, e spero di esserne all'altezza. Ho deciso di cominciare la storia ancor prima dell'inizio della ff di CD... un prologo della vita di Altair. Se vi piace, fatemelo sapere, così che io possa regolarmi entro quanto preparare nuovi capitoli. Buona lettura!

Ayman aprì gli occhi.
Sapeva che cosa avrebbe fatto quella notte. Sapeva che quella sarebbe stata una nuova, grande notte di sangue.
Prima di sollevare il braccio, controllò – come sempre – la lama nascosta nel bracciale sinistro. Quella lama così sottile, così piccola, e tuttavia così letale. Quante volte era stata tinta di rosso dal sangue dei nemici? Ayman ormai lo aveva dimenticato.
Fissò il proprio anulare mozzo, privo di oltre la metà del dito, il marchio di ogni Assassino.
Per un momento, rischiò di ricadere nel tormento che da mesi lo affliggeva. Vigorosamente, scuoté la testa. Non aveva mai provato niente di simile in vent’anni. Perché proprio ora quei sentimenti si affacciavano nella sua mente?
Richiuse gli occhi e li riaprì con energia.
Quella sarebbe stata l’ultima notte. Lo aveva promesso a sé stesso. Si era reso conto di essere arrivato al limite. Vent’anni di uccisioni avevano ampiamente saziato la sua sete di sangue. Non ne poteva di più di infilzare bambini, strangolare donne e spezzare famiglie intere. Quelle anime lo tormentavano, ogni notte. Da venti lunghi anni. I fantasmi del passato lo perseguitavano, a ragione, attendendo con ansia che li raggiungesse nella voragine dell’Inferno.
L’ultima notte. Sarebbe stato così.
 
Infine, Ayman sollevò il braccio in un gesto fulmineo.
Istantaneamente, una decina di figure incappucciate e coperte da un abito nero discesero dal pendio dov’erano appostate, precipitandosi verso la valle sottostante. Lo circondavano, erano tutt’attorno a lui, ed egli stesso balzò oltre il masso dietro cui era nascosto per seguirle, mantenendo la loro andatura.
Correvano e saltavano molto velocemente, ma non producevano un solo rumore.
Si dirigevano verso una serie di luci che risplendevano nell’oscurità. Torce, infilzate nel terreno accanto a numerose tende. Carovanieri che si erano accampati per riposare, probabilmente diretti a Gerusalemme. Molti di loro ci sarebbero senz’altro arrivati entro pochi giorni. Ma alcuni no. E nella fattispecie, uno.
Una tenda leggermente più grande e sontuosa delle altre si innalzava a pochi metri da loro. Il bersaglio non poteva essere che lì. I dieci Assassini sgusciarono invisibili fino al confine dell’accampamento, non viste dalle poche sentinelle di guardia. Evitando accuratamente il bagliore delle torce, non produssero ombre né segnali che ne tradissero la presenza.
L’abito nero era stata un’idea di Ayman. Fino a pochi anni prima, anche per le missioni notturne era considerato necessario indossare le tradizionali vesti bianche. Non ci era voluto molto a convincere i capi della setta che l’alta probabilità di fallimento delle missioni notturne era spesso legata a quegli abiti facilmente individuabili. Così, come primo atto da Priore, Ayman aveva insistito perché almeno di notte la tradizione cedesse il posto alla necessità e al buon senso.
Ora, lui e i suoi uomini avanzavano lenti e decisi verso l’obiettivo.
Due sentinelle semiaddormentate sorvegliavano l’ingresso della tenda. Ciò non lasciava dubbi circa l’identità di chi dormisse lì dentro. Nessun altro uomo laggiù aveva tanta importanza da godere della protezione di guardie. Sarebbe stato più facile del previsto.
Un rapido movimento della mano destra, e gli uomini di Ayman circondarono la zona intorno alla tenda. Ayman non ebbe bisogno di vederli o udirli per sapere che erano in posizione. Quando fu il momento, la morte piovve addosso alle due sentinelle.
Esse videro solo un bagliore argenteo, talmente rapido da non credere che fosse realmente apparso. Quando dalle loro gole iniziò a colare sangue, e tastandosi scoprirono che due minuscole lame erano state lanciate e li avevano colpiti, tranciando loro le arterie, era troppo tardi.
Crollarono a terra senza un lamento, producendo soltanto un lieve tonfo che nessuno udì.
 
Recuperate le lame da lancio dalle gole dei malcapitati, Ayman le rinfoderò e si parò innanzi all’ingresso della tenda. Sarebbe penetrato da solo, mentre gli Assassini rimanevano fuori a controllare che nessuno interferisse e, nel caso, intervenire.
Era un Priore, e l’onore del sangue spettava a lui.
C’era un tiepido tepore all’interno. Bastarono pochi secondi perché la sua vista si abituasse al buio e distinguesse nitidamente le sagome sdraiate a terra. C’erano ben cinque persone lì. Tutte dormivano. Avrebbe avuto bisogno di entrambe le lame nascoste.
Pochi passi, e sovrastò le due figure al centro della tenda. Una di loro doveva essere senz’altro il bersaglio. Sollevò le braccia e le piegò ad angolo acuto, con i palmi delle mani rivolti verso il basso. Ayman ora assomigliava a un corvo dalle ali spiegate in procinto di colpire la preda con i suoi artigli.
Un russare sommesso. Respiri delicati.
Un bagliore di un istante.
Un gorgoglio orripilante, movimenti convulsi.
E poi, l’eterna immobilità.
Estratte le lame dai volti dei due addormentati, Ayman percepì il tenue rumore delle gocce di sangue che ricadevano sulle superfici carnose. Esalò un profondo respiro. Non era finita.
Altri tre dormivano nella stanza. Non poteva essere certo di aver ucciso l’uomo giusto finché non fossero stati tutti morti. Al buio non poteva distinguerne i lineamenti. Doveva ucciderli tutti, uno per uno. Si rattristò. Non voleva farlo, ma doveva.
 
Pochi minuti dopo, il silenzio regnava sovrano dentro la tenda di Husam di Aleppo.
Il mercante era partito per il viaggio senza ritorno, accolto dalle braccia amorevoli di Allah... o forse no. Con qualche compagno che, di sicuro, non avrebbe voluto seguirlo in questa nuova avventura.

 
 
 
 
   
 
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