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Autore: AvengersAssemble    11/06/2011    0 recensioni
Marito e moglie. Lei sempre attiva, sempre vogliosa di comunicare e facilmente irascibile; lui l'esatto opposto. Si dice che gli opposti si attraggono, ma cosa succede se si scopre che in realtà, questi opposti, non sono poi tanto diversi?
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Perché non mi rispondi?-
Siamo alle solite. Sono arrabbiata, come ogni sera, come accade da tre anni a questa parte.
Quando ho sposato mio marito, ho pensato che fosse un uomo allegro, sul quale si può contare quando sono in difficoltà, al quale si può parlare.
E invece mi sono sbagliata di grosso.
Dopo il matrimonio è improvvisamente cambiato, non mi rivolge quasi più la parola.
Provo sempre a stimolarlo, a cercare di fare qualcosa d’interessante per lui, ma niente.
Colui che ho conosciuto prima del matrimonio, non è colui che adesso abita con me.
Non so a cosa sia dovuto questo cambiamento, so soltanto che questo atteggiamento mi dà un immenso fastidio.
Mi sento messa in disparte, non credo di essere più importante per lui.
E, soprattutto, mi sento presa in giro. Mi sento usata.
Eppure, che motivo avrebbe di usarmi?
Sospiro profondamente. Quando sono arrabbiata non riesco a fare un ragionamento sensato. La mia mente pensa le cose più incredibili, immagina le cose più grandi di quante non siano.
Quando parlo con mia madre e le dico il problema che ho con mio marito, lei mi risponde sempre che sono io quella che esagera, che ho aspettative troppo alte e che tutto non può sempre ruotare attorno a me.
Quando sono in questo stato iroso, cerco di ripetermi mentalmente le parole di mia madre sperando che queste mi facciano calmare.
Ma la mia ira è implacabile. E’ facile da accendere ma difficile da spegnere.
La mia ira si è stazionata in un posto tutto suo dentro di me, è una piccola fiamma che può essere alimentata con poco.
Ho più volte cercato di moderare questo lato infiammabile del mio carattere, ma mi è risultato talmente difficile, che ci ho rinunciato.
Non so nemmeno come mio marito possa sopportarmi.
Ma non mi dispiace di lui quando sono tanto arrabbiata, non penso nemmeno alle conseguenze che può provocare la mia ira.
Dopo, quando la fiamma dentro di me si è rimpicciolita, penso a ciò che ho detto e ciò che ho fatto e, nella maggior parte dei casi, mi pento amaramente.
Eppure adesso non riesco a contenermi.
Sto davanti a te. A te, che come al solito esibisci quella tua espressione statica talmente fastidiosa che sembra che niente e nessuno possa scalfirla.
Nemmeno una mia domanda, nemmeno un mio gesto possono farti cambiare quella maledettissima espressione.
Mi volti le spalle, dirigendoti in camera da letto e allentandoti il nodo della cravatta. Sei appena tornato da lavoro, sei stanco, talmente stanco da non riuscire a rivolgermi un semplice sorriso.
Anche quello mi basterebbe, un semplice sorriso!
Ti afferro un lembo della camicia e ti obbligo a voltarti verso di me.
Non farò più come al mio solito, non ti lascerò più andare via senza prima aver sentito il suono della tua voce. Questa volta voglio andare fino in fondo, non mi arrenderò. Questa volta seguirò ciò che mi dice il mio istinto.
Lasci che io ti faccia voltare verso di me, senza apparire infastidito.
Credo di diventare pazza davanti a quella espressione. Non è cambiata di una virgola!
Delle lacrime rabbiose mi scendono giù per il viso contratto.
-Perché non parli?- Gli chiedo di nuovo, sperando che questa volta possa scattare qualcosa in lui.
Per qualche secondo vedo un luccichio nei suoi occhi, forse la mia insistenza sta portando i suoi frutti.
Scuote la testa ed assume il viso di sempre.
Gli tiro uno schiaffo, arrabbiata perché ero arrivata vicina alla mia vittoria ma lui me l’ha sottratta in pochi secondi.
Spalanca gli occhi. Il mio cuore fa una capriola. Reagisce, ci sono.
La mia speranza si affievolisce subito, quando il volto di mio marito torna “normale”.
Sospiro esausta. Anche la mia rabbia si rifiuta di combattere contro quel muro di impassibilità.
-Bravo.- Dico secca. Altre lacrime che scendono dal mio viso.
Si volta ancora una volta, togliendosi la giacca e poggiandola sul letto, tranquillamente, come se attorno a lui non fosse successo niente.
Dio quanto mi da fastidio quell’ostentata indifferenza nei confronti di tutto e tutti!
Mi dirigo decisa verso di lui. Mi sono posta un obiettivo ed era ora che lo raggiungessi, dopo tre anni.
Lo spingo, facendolo inciampare, menomale che si è poggiato sul davanzale della finestra, altrimenti sarebbe finito con la faccia per terra.
-Adesso vediamo se reagisci a questo.- Dico, con un ghigno.
Lui sospira, poi si volta verso di me.
I suoi occhi…i suoi occhi erano arrabbiati. I suoi, non i miei, ma I SUOI.
Ero spaventata. Speravo di provocare qualsiasi reazione, ma non quella; anche perché si sa che, quelli che non si arrabbiano mai quando lo fanno diventano veri e proprio apparati esplosivi letali.
Forse avevo giocato troppo col fuoco che si celava dentro mio marito. Dopotutto tutti abbiamo quella piccola fiammella che arde dentro di noi no?
Continuava a fissarmi arrabbiato, non distoglieva gli occhi da me. Aveva capito. Sapeva che io adesso ero spaventata, non arrabbiata. Questo era sbagliato, non dovevo cedere il posto a qualcuno che sarebbe stato più pericoloso di me. Dopotutto io sono il classico “can che abbaia e non morde” ma lui…lui non sapevo fino a che punto potesse arrivare.
-Mi sono stufato.- Dice, dirigendosi verso il comodino accanto a letto e tirando fuori qualcosa dall’ultimo cassetto.
-Mi sono davvero stufato.- Continua a borbottare, mentre toglie fuori tutti i boxer e i calzini, in cerca di un oggetto a me sconosciuto.
Io l’osservo scioccata, oltre che spaventata. Cosa sarebbe successo adesso?
Torna a puntare i suoi occhi sui miei.
Sono talmente presa da quel marrone caldo, che mi ha subito colpito, da non rendermi conto di ciò che teneva in mano.
-Adesso è il mio turno.- Dice con voce più decisa, puntandomi addosso una…no, è impossibile! Da dove salta fuori quella? Non può essere davvero una pistola!
Quando la mia mente realizza il rischio in cui mi trovo innumerevoli brividi mi percorrono la schiena, le lacrime cadono giù incontrollate e più copiose di prima.
Scuoto la testa, incapace di parlare.
L’uomo davanti a me, che ormai è ufficialmente uno sconosciuto per me, carica l’arma.
Il cuore mi batte forte, quasi a voler reclamare il suo diritto di vivere, non vuole smettere di pompare sangue, sta lottando con tutte le sue forze per farsi sentire.
-Da dove salta fuori quella?- Domando in un sibilo, sperando di poter sistemare la situazione. Dentro di me so perfettamente che ho poche possibilità di uscire viva da quella situazione. La fiamma che mi ha sempre contraddistinta si spegne con quella presa di coscienza. E’ finita.
E’ stata una lotta. Ira contro Ira. Una lotta che non ha né vincitori e né vinti perché i combattenti sono della stessa specie. O sono entrambi perdenti o sono entrambi vincitori, e a me piace pensare che sono entrambi vincitori. Lui è vincitore, ma anche IO.
-Stà zitta! Adesso tocca a me parlare, adesso tocca a me sputare fuori tutto ciò che ho tenuto nascosto per tre lunghissimi anni. Mi hai portato all’esasperazione sai? Ho cercato di capirti, di assecondarti, ma tu sei sempre testarda, cazzo! Non ti sopporto più, non provo nulla per te se non un profondo odio dovuto al fatto che non mi hai mai capito e una profonda rabbia per il fatto che non hai neanche provato a farlo! Sei sempre troppo impegnata col tuo enorme ego. Hai dato già abbastanza in questa tua insulsa vita, hai dato solo male e dispiacere.- Punta meglio l’arma contro di me.
-No aspetta!- Ci deve essere una soluzione, non può finire così. Si è sfogato, starà meglio e troveremo un punto d’incontro, ne sono sicura. Avanzo verso di lui.
-Non ti muovere.- Urla. Gli occhi infuocati.
Un rumore sordo riempie la stanza, l’intera casa, l’intera mia anima.
Un dolore altrettanto sordo riempie il mio corpo, a partire dal cuore. Non sento più i muscoli, mi accascio a terra, boccheggiando. La vista si annebbia, riesco solo a vedere un sorriso soddisfatto sul tuo volto.
Finalmente un sorriso. Sorrido anche io. L’avevo detto che ne saremmo usciti entrambi vincitori.
Quell’ultima visione mi accompagnò fin quando non mi avvolse il buio. Denso e silenzioso buio.
  
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