Crack, fanon o canon? Slash, Het, Threesome?
GOD SAVE THE SHIP!
I ♥ Shipping è un'idea
In risposta alla sfida di Hyperviolet Pixie (spero
ti piaccia!) ecco
a voi una Gilderoy Allock/Hermione Granger.
Fluffosa e con tanto di parola "caramello" (o almeno
spero sia
abbastanza fluffosa. :S)
Look
at this photograph.
Ho
trovato la loro foto tra i miei vecchi documenti. Pensavo
d'averla perduta.
Guardarla è come tuffarsi nel passato, nel lavoro che mi
appassionava, quello
che nessuno voleva fare perché il tempo in quel reparto
pareva dimenticarsi di
scorrere.
Certo, c’erano i giorni in cui i pazienti ricevevano visite e
la stanza si
riempiva di voci e sorrisi, ma ce n’erano anche altri, fatti
di silenzio
innaturale, condito solo dai mormorii del signor Bode e dal malinconico
ululare
di Agnes.
Il suo viso però non è diretto
all’obiettivo.
Quando
la storia ebbe inizio, non ero altro che una giovane
Guaritrice piena di speranze e sogni. Ricordo d’aver preso a
cuore quella
relazione tanto da interrompere qualsiasi cosa stessi facendo pur di
restare a
spiarli.
Gilderoy, prima che arrivasse lei, sembrava non badare a nulla di
quello che
gli accadeva intorno. Non faceva altro che star seduto tutto il giorno
a dedicare
fotografie ingiallite a persone che non sarebbero mai venute a
ritirarle
perché, sospettavo, esistevano unicamente nella sua testa.
Erano giorni in cui il Sole sembrava più spento che mai.
Poi le porte si erano aperte su di lei. Si era fatta avanti, timida, ed
io
l’avevo subito riconosciuta, dalle sue foto sulla Gazzetta.
Aveva chiesto del Professor
Allock ed io stessa l’avevo accompagnata nella
stanza.
- Si ricorda di me?- le
avevo sentito chiedere.
Lui era rimasto zitto qualche secondo, a scrutarla con gli occhi
assottigliati.
Poi era esploso in una risata e aveva allargato le braccia.
- Come potrei non ricordarmi? Ti
ho visto ieri! Sei qui per
ritirare la foto autografata?
Lei aveva trattenuto un sorriso, ma
assurdamente non l’aveva
contraddetto.
- Esatto.
- Certo, mi sembra più che giusto.- aveva annuito
lui, rovistando nelle tasche della sua vestaglia lilla, alla ricerca,
suppongo,
di una piuma – Tutte le ragazze vorrebbero una mia
foto da mettere sul
comodino. Dimmi cara, com’è che ti chiami?
- Hermione Granger. – aveva
risposto.
- Prego, Hermione, accomodati. Ci vorrà un secondo.
Quando
la vidi uscire, un paio d’ore dopo, la ragazza non aveva
alcuna foto con sé.
Tornò
più volte nell’arco di quel mese. Restava per
tutta la durata dell’orario
visite e più di una volta dovetti disturbarli
perché dimentichi di controllare
l’ora. Lei mi guardava mortificata e mi ringraziava della mia
gentilezza.
Senza conoscerne i dettagli posso dire d’esser stata
testimone di una
trasformazione, dei piccoli passi che Gilderoy, inconsapevolmente, era
portato
a fare.
Aveva smesso di parlare solo di sé, smesso di distribuire
sue foto a chiunque
passasse in corridoio. Lucidava le sue cornici sempre con minor
frequenza e,
abbandonata la vestaglia lilla ai piedi del letto, s’alzava
tutte le mattine di
buon ora per indossare vestiti puliti. Poi si metteva seduto, col
sorriso sulle
labbra, in attesa.
Tutte
le volte la scena si svolgeva allo stesso modo.
- Sei venuta a prendere la foto
autografata? – le
chiedeva.
Lei rispondeva di sì, ma che prima avrebbe voluto che lui le
dedicasse qualche
minuto.
E sempre usciva da quella stanza a mani vuote.
A lui piacque così tanto farsi accompagnare dalla sua voce
che, ricordo, fu
egli stesso a chiederle di tornare per terminare la storia.
- Mi dispiacerebbe non conoscere
le sorti di quella ninfa
così sprovveduta.
- Se non le è di disturbo, potrei portarlo domani.
– aveva esitato – Dovrei comunque
tornare. Per la foto, sa. - si era
giustificata facendo illuminare il viso di Gilderoy.
E
così aveva fatto.
Sedeva in poltrona con un grosso libro sulle gambe, lasciando Gilderoy
a
perdersi in romanzi d’amore e d’avventura. Lui
chiudeva gli occhi e si
stendeva, incrociando le dita sul lenzuolo azzurro.
Un pomeriggio, mentre spazzolavo la schiena di Agnes, lo sentii
confidarsi:- Ascoltare
i tuoi racconti, risveglia la mia mente. Vedo cose che prima non
c’erano,
compaiono davanti ai miei occhi, ma non so da dove vengano. Hermione,
pensi sia
una malattia? Sembra non vogliano lasciarmi in pace.
Lei aveva scosso la testa divertita, ma gli aveva preso la mano: -
Perché
non prova a scriverle? Vedrà che andranno via.
Da
quel momento, sempre più spesso ero costretta a richiamarlo
perché a notte fonda lo scoprivo ancora sveglio a scrivere
freneticamente su
vecchi fogli di pergamena alla sola luce della bacchetta.
Una mattina invece si era presentata con un pacchettino quadrato.
- Oh vieni, vieni avanti cara!- aveva
esclamato lui al vederla sulla soglia – Sei qui per
l’autografo?
- Non si disturbi, la foto
può aspettare. – gli aveva risposto, anche se ormai la cosa aveva
preso davvero una
valenza meramente formale, avendo smesso di alzarsi a frugare nel
cassetto,
ancora stracolmo di vecchie fotografie. – Le ho
portato una torta.
- Una torta? Non ricordavo fosse
il mio compleanno.
L’avevo vista arrossire,
sentendosi sotto esame:- No, è
solo… un pensiero.- poi si era schiarita la voce
e si era affrettata ad
aggiungere – Spero sia venuta bene. Credo
però di aver avuto un po’ di
problemi con la crema al caramello. “A tavola con
Greta” dovrebbe essere
ritirato dal mercato, manca di chiarezza e per di più la
signora Weasley non
faceva che confondermi con tutti quei suoi consigli che…- si
era interrotta
per riprendere fiato, ma non aveva terminato la frase.
Probabilmente perché si era resa conto che Gilderoy non la
stava ascoltando.
Era entusiasta, avrebbe cominciato a saltellare sul letto se non fosse
stato
abbastanza lucido da comprendere d’aver superato
l’età per farlo senza mettere
a rischio le molle della rete.
Hermione era rimasta a guardarlo, in attesa
dell’esito.
Quando aveva finito, lui le aveva porto nuovamente il piattino bianco,
ricoperto di briciole, dicendo: - Cara, saresti
così gentile da tagliarmene
un’altra fetta? Ti raccomando di non essere troppo generosa,
il mio peso forma
potrebbe non perdonarmelo.
Si era lisciato il panciotto lavanda che indossava,
all’altezza dello stomaco e
aveva ricambiato il sorriso raggiante di Hermione.
- Sono felice che le piaccia.
- Non potrebbe essere più squisita. – le aveva
detto, prendendole la mano non impegnata a reggere il piattino e
baciandole il
dorso. – Come il tuo viso, mia cara.
La ragazza era arrossita violentemente e si era immobilizzata come
fosse un tronco
d’albero. Aveva avuto difficoltà ad articolare
parola per le due ore successive.
Io
stessa avevo assaggiato quella torta e sono sicura che la crema
al caramello fosse più che bruciata.
Capii
tutto il giorno di Natale. Al contrario di sempre, c’era
qualcosa
ad aspettare lei sul comodino che affiancava il letto.
Gilderoy mi aveva chiesto aiuto per impacchettare una serie di fogli di
pergamena zuppi d’inchiostro.
Il primo portava al centro la seguente dicitura: “Caramello
bruciato”. E
subito sotto: “A chi crede. A Hermione.”
Quando lei era entrata, per la prima volta lui non le aveva chiesto il
motivo
per cui fosse venuta. Era troppo impegnato nel tormentarsi il labbro
inferiore
e a far tremare la gamba.
La carta era stata stracciata con entusiasmo e dalla mia postazione ero
riuscita a vedere la ragazza leggere le prime parole e scoppiare a
ridere. Poi
scoppiare in lacrime, prima di lanciarsi tra le sue braccia.
Questa
immagine comunque non risale a quel giorno, ma a molto tempo
dopo.
Come ho detto, la storia della fotografia non era stata più
tirata in ballo,
fino a quando, d’improvviso, Gilderoy non aveva alzato lo
sguardo su di me
mentre attraversavo la stanza e aveva detto: - Mi scusi,
potrebbe scattarci
una fotografia?
Ero confusa, soprattutto al vedere Hermione trattenere a stento una
risata e le
loro mani strette l’una nell’altra.
Mi ero comunque fatta avanti titubante prendendo dal mobile un aggeggio
vecchio
di anni, di quelli che emanavano un fastidioso vapore porpora a ogni
scatto.
- Finalmente la signorina
avrà la sua foto autografata.- non ero riuscita a trattenermi dal commentare.
- Oh no – aveva risposto lui
prontamente – questa non è per lei,
è per me.
E dal modo in cui lui si era voltato a guardarla mentre sorrideva
all’obiettivo, rapito, aveva rinunciato a se stesso,
avevo capito che non
avrei mai rivisto un amore così.