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Autore: makeba    11/06/2011    7 recensioni
"Poi le porte si erano aperte su di lei.
Si era fatta avanti, timida, ed io l’avevo subito riconosciuta dalle sue foto sulla Gazzetta. Aveva chiesto del Professor Allock ed io stessa l’avevo accompagnata nella stanza."
Affetta da Shipping compulsivo, partecipo all'iniziativa del forum « Collection of Starlight », said Mr Fanfiction Contest.
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Hermione Granger, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Crack, fanon o canon? Slash, Het, Threesome?
GOD SAVE THE SHIP!
I ♥ Shipping è un'idea del « Collection of Starlight », said Mr Fanfiction Contest, « since 01.06.08 »


In risposta alla sfida di Hyperviolet Pixie (spero ti piaccia!) ecco a voi una Gilderoy Allock/Hermione Granger.
Fluffosa e con tanto di parola "caramello" (o almeno spero sia abbastanza fluffosa. :S)







Look at this photograph.

 

 

Ho trovato la loro foto tra i miei vecchi documenti. Pensavo d'averla perduta.
Guardarla è come tuffarsi nel passato, nel lavoro che mi appassionava, quello che nessuno voleva fare perché il tempo in quel reparto pareva dimenticarsi di scorrere.
Certo, c’erano i giorni in cui i pazienti ricevevano visite e la stanza si riempiva di voci e sorrisi, ma ce n’erano anche altri, fatti di silenzio innaturale, condito solo dai mormorii del signor Bode e dal malinconico ululare di Agnes.

La foto ritrae una giovane donna, non molto alta e dal fisico magro e spigoloso, i capelli folti e ricci raccolti in una morbida coda di cavallo. È in piedi nella stanza dell’ospedale nella quale lavoravo e la sua mano giace in quella di un mio caro paziente, un uomo la cui memoria era stata stravolta.
Il suo viso però non è diretto all’obiettivo.

 

Quando la storia ebbe inizio, non ero altro che una giovane Guaritrice piena di speranze e sogni. Ricordo d’aver preso a cuore quella relazione tanto da interrompere qualsiasi cosa stessi facendo pur di restare a spiarli.
Gilderoy, prima che arrivasse lei, sembrava non badare a nulla di quello che gli accadeva intorno. Non faceva altro che star seduto tutto il giorno a dedicare fotografie ingiallite a persone che non sarebbero mai venute a ritirarle perché, sospettavo, esistevano unicamente nella sua testa.
Erano giorni in cui il Sole sembrava più spento che mai.
Poi le porte si erano aperte su di lei. Si era fatta avanti, timida, ed io l’avevo subito riconosciuta, dalle sue foto sulla Gazzetta. Aveva chiesto del Professor Allock ed io stessa l’avevo accompagnata nella stanza.

 
- Si ricorda di me?-
le avevo sentito chiedere.
Lui era rimasto zitto qualche secondo, a scrutarla con gli occhi assottigliati. Poi era esploso in una risata e aveva allargato le braccia.

- Come potrei non ricordarmi? Ti ho visto ieri! Sei qui per ritirare la foto autografata?
Lei aveva trattenuto un sorriso, ma assurdamente non l’aveva contraddetto.
- Esatto.
- Certo, mi sembra più che giusto.-
aveva annuito lui, rovistando nelle tasche della sua vestaglia lilla, alla ricerca, suppongo, di una piuma – Tutte le ragazze vorrebbero una mia foto da mettere sul comodino. Dimmi cara, com’è che ti chiami?
- Hermione Granger. – aveva risposto.
- Prego, Hermione, accomodati. Ci vorrà un secondo.

 

Quando la vidi uscire, un paio d’ore dopo, la ragazza non aveva alcuna foto con sé.

Tornò più volte nell’arco di quel mese. Restava per tutta la durata dell’orario visite e più di una volta dovetti disturbarli perché dimentichi di controllare l’ora. Lei mi guardava mortificata e mi ringraziava della mia gentilezza.
Senza conoscerne i dettagli posso dire d’esser stata testimone di una trasformazione, dei piccoli passi che Gilderoy, inconsapevolmente, era portato a fare.
Aveva smesso di parlare solo di sé, smesso di distribuire sue foto a chiunque passasse in corridoio. Lucidava le sue cornici sempre con minor frequenza e, abbandonata la vestaglia lilla ai piedi del letto, s’alzava tutte le mattine di buon ora per indossare vestiti puliti. Poi si metteva seduto, col sorriso sulle labbra, in attesa. 

Tutte le volte la scena si svolgeva allo stesso modo.
- Sei venuta a prendere la foto autografata? – le chiedeva.
Lei rispondeva di sì, ma che prima avrebbe voluto che lui le dedicasse qualche minuto.
E sempre usciva da quella stanza a mani vuote.

Un giorno portò con sé un libro.
A lui piacque così tanto farsi accompagnare dalla sua voce che, ricordo, fu egli stesso a chiederle di tornare per terminare la storia.

- Mi dispiacerebbe non conoscere le sorti di quella ninfa così sprovveduta.
- Se non le è di disturbo, potrei portarlo domani
. – aveva esitato – Dovrei comunque tornare. Per la foto, sa. - si era giustificata facendo illuminare il viso di Gilderoy. 

E così aveva fatto.
Sedeva in poltrona con un grosso libro sulle gambe, lasciando Gilderoy a perdersi in romanzi d’amore e d’avventura. Lui chiudeva gli occhi e si stendeva, incrociando le dita sul lenzuolo azzurro.
Un pomeriggio, mentre spazzolavo la schiena di Agnes, lo sentii confidarsi:- Ascoltare i tuoi racconti, risveglia la mia mente. Vedo cose che prima non c’erano, compaiono davanti ai miei occhi, ma non so da dove vengano. Hermione, pensi sia una malattia? Sembra non vogliano lasciarmi in pace.
Lei aveva scosso la testa divertita, ma gli aveva preso la mano: - Perché non prova a scriverle? Vedrà che andranno via.
 

Da quel momento, sempre più spesso ero costretta a richiamarlo perché a notte fonda lo scoprivo ancora sveglio a scrivere freneticamente su vecchi fogli di pergamena alla sola luce della bacchetta.

 
Una mattina invece si era presentata con un pacchettino quadrato.

- Oh vieni, vieni avanti cara!- aveva esclamato lui al vederla sulla soglia – Sei qui per l’autografo?
- Non si disturbi, la foto può aspettare. – gli aveva risposto, anche se ormai la cosa aveva preso davvero una valenza meramente formale, avendo smesso di alzarsi a frugare nel cassetto, ancora stracolmo di vecchie fotografie. – Le ho portato una torta.
- Una torta? Non ricordavo fosse il mio compleanno.
L’avevo vista arrossire, sentendosi sotto esame:- No, è solo… un pensiero.- poi si era schiarita la voce e si era affrettata ad aggiungere – Spero sia venuta bene. Credo però di aver avuto un po’ di problemi con la crema al caramello. “A tavola con Greta” dovrebbe essere ritirato dal mercato, manca di chiarezza e per di più la signora Weasley non faceva che confondermi con tutti quei suoi consigli che…- si era interrotta per riprendere fiato, ma non aveva terminato la frase.
Probabilmente perché si era resa conto che Gilderoy non la stava ascoltando. Era entusiasta, avrebbe cominciato a saltellare sul letto se non fosse stato abbastanza lucido da comprendere d’aver superato l’età per farlo senza mettere a rischio le molle della rete.
Hermione era rimasta a guardarlo, in attesa dell’esito.         
Quando aveva finito, lui le aveva porto nuovamente il piattino bianco, ricoperto di briciole, dicendo: - Cara, saresti così gentile da tagliarmene un’altra fetta? Ti raccomando di non essere troppo generosa, il mio peso forma potrebbe non perdonarmelo.
Si era lisciato il panciotto lavanda che indossava, all’altezza dello stomaco e aveva ricambiato il sorriso raggiante di Hermione.

- Sono felice che le piaccia.
- Non potrebbe essere più squisita. –
le aveva detto, prendendole la mano non impegnata a reggere il piattino e baciandole il dorso. – Come il tuo viso, mia cara.
La ragazza era arrossita violentemente e si era immobilizzata come fosse un tronco d’albero. Aveva avuto difficoltà ad articolare parola per le due ore successive.

Io stessa avevo assaggiato quella torta e sono sicura che la crema al caramello fosse più che bruciata. 

Capii tutto il giorno di Natale. Al contrario di sempre, c’era qualcosa ad aspettare lei sul comodino che affiancava il letto.
Gilderoy mi aveva chiesto aiuto per impacchettare una serie di fogli di pergamena zuppi d’inchiostro.
Il primo portava al centro la seguente dicitura: “Caramello bruciato”. E subito sotto: “A chi crede. A Hermione.”
Quando lei era entrata, per la prima volta lui non le aveva chiesto il motivo per cui fosse venuta. Era troppo impegnato nel tormentarsi il labbro inferiore e a far tremare la gamba.
La carta era stata stracciata con entusiasmo e dalla mia postazione ero riuscita a vedere la ragazza leggere le prime parole e scoppiare a ridere. Poi scoppiare in lacrime, prima di lanciarsi tra le sue braccia.
 

Questa immagine comunque non risale a quel giorno, ma a molto tempo dopo.
Come ho detto, la storia della fotografia non era stata più tirata in ballo, fino a quando, d’improvviso, Gilderoy non aveva alzato lo sguardo su di me mentre attraversavo la stanza e aveva detto: - Mi scusi, potrebbe scattarci una fotografia?
Ero confusa, soprattutto al vedere Hermione trattenere a stento una risata e le loro mani strette l’una nell’altra.
Mi ero comunque fatta avanti titubante prendendo dal mobile un aggeggio vecchio di anni, di quelli che emanavano un fastidioso vapore porpora a ogni scatto.

- Finalmente la signorina avrà la sua foto autografata.- non ero riuscita a trattenermi dal commentare.
- Oh no – aveva risposto lui prontamente – questa non è per lei, è per me.
E dal modo in cui lui si era voltato a guardarla mentre sorrideva all’obiettivo, rapito, aveva rinunciato a se stesso, avevo capito che non avrei mai rivisto un amore così.

 

   
 
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