FIRE

L’aveva combinata grossa! Persino il magnifico lui capiva quando arrivava il momento di correre.
Saranno stati gli anni passati sul campo di battaglia, ma fiutava il pericolo a chilometri di distanza.
Del resto non era stato intenzionale. Che colpa aveva lui se il camino era acceso? C’entrava forse qualcosa con quella risma di fogli lasciati sul bordo del tavolo? E volevamo parlare della sedia piazzata proprio tra i suoi magnifici stivali in corsa?
Ora i suoi preziosissimi appunti giacevano bruciacchiati sul tappeto.
Gilbert corse via, contando i secondi. Non dovette attendere molto.
Un urlo squarciò la tranquillità di Konisgberg. “PRUSSIA!”

DIVIETO

“Non puoi passare, Prussia”.
Gilbert si chiese se fosse considerato un crimine ammazzare una nazione. Dio, era così vicino! Poteva già scorgere l’abitazione del suo adorato filosofo.
“Le regole sono regole!” continuò Ivan, con voce più fastidiosa del solito.
“Le regole puoi ficcartele nel tuo fottuto fondoschiena sovietico”.
“Serve il visto.”
“Sono una nazione, dove lo vado a prendere?”
“Affari tuoi.”
Prussia allungò una mano. Più di così non gli era permesso avvicinarsi.
Una volta avrebbe corso giù per il viale, libero di andare dove gli aggradava, e avrebbe bussato con allegra foga alla porta di Immanuel. Una volta.

KONISGBERGER KLOPSES

Seduti a un tavolo della locanda, chiacchieravano.
“Sai, è da un po’ di tempo che desideravo fare un giro da queste parti.”
“Devo ammettere che mi fa piacere quando mi vieni a trovare.”
L’attenzione di Prussia fu catturata dall’arrivo del cameriere, che portava l’ordinazione: un piatto fumante di klopse.
“Voglio dire, dove li trovo dei klopses così buoni per il magnifico me!” continuò.
Dunque era venuto solo per il cibo. Immanuel avvertì una sorta di delusione alla bocca dello stomaco. E da quando gli importava tanto di Gilbert?
Prussia aggiunse qualcosa con la bocca piena. “E sono venuto per te, ovvio!”