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Autore: koukla    13/06/2011    7 recensioni
Le accarezzò gentilmente la testolina ricoperta da pochi capelli bruni, incantata dai lineamenti delicati del suo volto, dalle sue manine affusolate, dai suoi piedini grassocci.
“Benvenuta piccola mia, io sono la tua nonna” sussurrò piano.
Solo in quel momento si rese conto che non aveva verificato che le sue supposizioni fossero giuste e che, per quanto ne sapeva, quella poteva tranquillamente essere la nipote del Primo Ministro.
Scostò la copertina bianca in cui era avvolta per leggere il nome scritto sul braccialetto che aveva attorno al piccolo polso.
Con una grafia chiara e pulita c’era scritto “Hermione Jean Granger”.
Un risolino divertito uscì dalle labbra della donna, che non poté fare a meno di dire, più a sé stessa che alla bimba: “E così ti hanno chiamata Hermione!”
Ripeté quel nome più e più volte, trovava appagante e soddisfacente il modo in cui doveva muovere la bocca per pronunciarlo, producendo un suono musicale e armonioso.
[La storia ha partecipato al contest "The birthday" indetto da Sevvie sul forum di Efp]
Genere: Commedia, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Hermione Granger, Rose Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto, Dopo la II guerra magica/Pace
- Questa storia fa parte della serie 'Le premier Cri'
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“Potete alloggiare i loro corpi ma non le loro anime,

Perché le loro anime abitano nella casa del domani, che voi non potete visitare, neppure in sogno.

Potete sforzarvi d'essere simili a loro, ma non cercate di renderli simili a voi.

Perché la vita non procede a ritroso e non perde tempo con ieri.

Voi siete gli archi dai quali i vostri figli sono lanciati come frecce viventi.

L'Arciere vede il bersaglio sul sentiero dell'infinito,

e con la Sua forza vi tende affinché le Sue frecce vadano rapide e lontane.

Fatevi tendere con gioia dalla mano dell'Arciere;

Perché se Egli ama la freccia che vola, ama ugualmente l'arco che sta saldo.”

(Kahlil Gibran – I figli “Il Profeta”)

 

 

20 settembre 1979, South Kensington, Londra

 

Era una fresca mattinata di metà settembre, un leggero venticello faceva volteggiare in mulinelli colorati le foglie scricchiolanti ai margini delle strade e un timido sole s’intravedeva dietro le nuvole gonfie e prepotenti.

L’autunno era alle porte e la capitale inglese si stava preparando per accoglierlo nel migliore dei modi.

All’interno del vasto giardino del “Nightingale Hospital”, esclusiva clinica londinese, una donna minuta, avvolta in un elegante spolverino blu, i capelli raccolti in una crocchia severa, camminava con passo spedito dirigendosi verso il “Padiglione Maternità”.

Isabel Hale si era precipitata a Londra quella mattina stessa, lasciando il piccolo paesino della Cornovaglia dove si era ritirata una volta andata in pensione, ansiosa di conoscere la nipotina nata il giorno precedente.

Arrivata a destinazione, spinse con delicatezza la pesante porta di vetro del reparto e si guardò attorno curiosa.

Le era sempre piaciuto osservare il mondo che la circondava, avida di cogliere ogni piccolo particolare; erano proprio i dettagli che secondo lei facevano la differenza.

Nell’atrio spazioso si diffondeva una melodia dolce e leggera, probabilmente la ninnananna di Brahms, dietro al bancone sedeva un’infermiera dal sorriso affettuoso e tutt’intorno c’erano donne con prorompenti pancioni e visitatori carichi di fiori profumati. L’atmosfera era serena e gioiosa.

Isabel cercò con lo sguardo un cartello che potesse indicarle la Nursery, avrebbe potuto tranquillamente chiedere aiuto a qualcuno, ma fare affidamento sugli altri, anche per piccole cose, non era certo nella sua indole.

Le era sempre piaciuto cavarsela da sola.

Finalmente, una volta intercettata l’indicazione che le serviva, si incamminò lungo un asettico e candido corridoio, piena di trepidazione e impazienza.

Per un attimo rimase senza fiato: davanti a lei si era aperto una grande spazio, sul fondo una vetrata affacciava sul nido al cui interno una lunga fila di culle faceva bella mostra di sé.

Scosse impercettibilmente il capo sfilandosi i guanti di pelle, lo sgomento iniziale lasciò ben presto il posto ad un pizzico di disappunto.

Aveva sempre odiato l’abitudine di “mettere i neonati in vetrina”, come se fossero i capi di abbigliamento di una costosa boutique.

Comunque, quello non era certo il momento per polemizzare: aveva una nipote da conoscere!

Si avvicinò al vetro, sfiorandolo appena con le dita, passando in rassegna i singoli lettini, quando una bambina attirò la sua attenzione.

Aveva due grandi occhi castani, così simili ai suoi, che attenti e curiosi la stavano osservando con interesse.

Prima ancora di controllare la targhetta con il nome, sapeva che quella doveva essere sua nipote.

Senza neanche rendersene conto aveva iniziato a sorridere, non aveva mai creduto di poter provare una felicità così piena e dirompente.

Proprio in quel momento la porta del nido si aprì e ne uscì un’infermiera nella sua divisa rosa e con un cerchietto di celluloide tra i corti capelli rossicci.

“Vuole entrare?” le chiese cordiale.

Isabel sussultò per poi rispondere flebilmente, visibilmente emozionata: “Sì. Mi piacerebbe molto.”

Le fecero indossare un camice azzurrino e la condussero alla culletta della sua nipotina, sistemandogliela tra le braccia.

Era così piccola, eppure quel suo sguardo così penetrante e magnetico la metteva in soggezione.

Le accarezzò gentilmente la testolina ricoperta da pochi capelli bruni, incantata dai lineamenti delicati del suo volto, dalle sue manine affusolate, dai suoi piedini grassocci.

“Benvenuta piccola mia, io sono la tua nonna”  sussurrò piano.

Solo in quel momento si rese conto che non aveva verificato che le sue supposizioni fossero giuste e che, per quanto ne sapeva, quella poteva tranquillamente essere la nipote del Primo Ministro.

Scostò la copertina bianca in cui era avvolta per leggere il nome scritto sul braccialetto che aveva attorno al piccolo polso.

Con una grafia chiara e pulita c’era scritto “Hermione Jean Granger”.

Un risolino divertito uscì dalle labbra della donna, che non poté fare a meno di dire, più a sé stessa che alla bimba: “E così ti hanno chiamata Hermione!”

Ripeté quel nome più e più volte, trovava appagante e soddisfacente il modo in cui doveva muovere la bocca per pronunciarlo, producendo un suono musicale e armonioso.

“Devi sapere, bambina mia, che la scelta del tuo nome ha aperto una vera e propria faida familiare tra i tuoi genitori. Sono contenta che alla fine abbiano trovato un accordo. Mia figlia, tua madre, con la sua folle passione per Shakespeare avrebbe voluto chiamarti Titania come la regina delle fate in Sogno di una Notte di Mezz’Estate, mentre a quello strampalato di tuo padre, amante della mitologia greca, piaceva Hygieia, come la dea della salute e dell’igiene! Devi davvero ritenerti fortunata se alla fine hanno scelto Hermione.”

La donna si fermò un attimo, continuando a fissare la bambina, che attenta e concentrata sembrava cogliere il significato delle sue parole.

Isabel sapeva bene che un neonato non era ancora in grado di possedere una capacità del genere, ma sua nipote sembrava speciale; inoltre aveva sempre trovato stupido trattare i bambini come dei decerebrati, motivo per cui si era sempre rivolta a loro con il massimo rispetto, trattandoli da adulti.

Riprese fiato e ricominciò a parlare, come se stesse raccontando una fiaba: “Sai, il tuo nome ha un’etimologia affascinante e molto antica, legata al colto e sofisticato mondo ellenico e poi entrambe le tue omonime erano delle bellissime principesse.

La Hermione greca era la figlia del potente re spartano Menelao e della sua bellissima moglie Elena; mentre quella shakespeariana era la regina di Sicilia, moglie del re Leonte, nel Racconto di Inverno.  

Comunque, non voglio stare qui a tediarti con queste storie passate e non molto allegre, visto che il destino delle tue omonime non fu tra i più felici.

Furono, però, donne forti e volitive, audaci e passionali.

Per questo, bambina mia, spero che anche tu possederai il loro coraggio, la loro passione e il loro amore.

Sì, ti auguro, di poter provare, un giorno, l’amore ardente e sconvolgente che anima il cuore dei poeti e scuote gli animi della gente comune.

Sono sicura che anche tu, come le tue nobili omonime, incontrerai un bellissimo principe dai capelli rossi, leale e coraggioso, che sappia stregare il tuo cuore *.

Tuttavia, non cadere mai nel loro stesso errore, non perdere mai il senno, sii giudiziosa e prudente nelle tue scelte, non farti sopraffare dall’istinto.

In ogni modo sappi che in qualunque caso, potrai sempre contare su di me.

Vorrei avere il potere di far sì che le cose ti vadano sempre bene, purtroppo ciò non rientra nelle mie competenze: ci saranno ferite che potrò guarire e altre per cui non potrò fare nulla.”

La piccola Hermione agitò i pugnetti ed emise un gemito di incoraggiamento, quasi come se volesse far capire alla sua nonna che non doveva preoccuparsi; Isabel iniziò a cullarla e sorridendole dolcemente, sussurrò lentamente: “Desidero per te, piccina mia, cose semplici: la capacità di meravigliarti davanti ai piccoli e grandi prodigi della natura e del mondo, di emozionarti guardando un tramonto, annusando l’odore dell’erba appena tagliata, ascoltando il rumore delle onde che si infrangono sugli scogli e gustando il sapore di una torta appena sfornata.

Mi auguro che tu possa provare e comprendere la gioia che solo la lettura di un buon libro può donare. Quelle pagine misteriose ed antiche che possono aprirti la mente, portandoti in luoghi e tempi sconosciuti.

Impara a rispettare le regole e ad osservare le leggi, ma non aver paura di ribellarti ad esse per una giusta causa.

I miei desideri per te finiscono qui, cara nipote mia.

Il dono più grande che posso farti, in questo momento, è semplicemente quello di augurati la vita.”

Hermione si era addormentata, vegliata dalle parole e dalle coccole della sua nonna; Isabel la strinse forte a sé e iniziò a piangere, commossa e contenta.

 

 

Isabel guardava, dalla poltrona posta nell’angolo della stanza, sua figlia che giocava con la sua bambina appena nata e suo genero che, scherzando e ridendo, faceva migliaia di foto.

Si sentiva sinceramente serena e felice, una felicità appagante, mite e posata che la faceva sentire piena e soddisfatta.

Era grata alla vita, per averle dato nuovamente l’opportunità di vivere quella gioia violenta e totale che aveva provato solo in un’altra occasione, quando era nata Jean.

La possibilità che un pezzetto di lei sarebbe rimasto intrappolato per sempre nell’essenza stessa di sua figlia e di sua nipote, permettendole così di accompagnarle in un futuro lontano che non avrebbe mai conosciuto, sembrava dare un senso ed uno scopo alla sua esistenza.

Poteva affermare con assoluta certezza di essere completamente orgogliosa di tutto ciò, a cui lei stessa aveva contribuito.

 

 

 

 

31 agosto 2006, Tintagel, Cornovaglia

 

Isabel Hale amava la tranquillità della sua casetta sul mare, lontana dalla frenesia e dal traffico cittadino.

Quel pomeriggio di fine estate era intenta a sistemare le rose che aveva appena potato in un vaso del salotto mentre il suo pigro e goffo gatto Artù le gironzolava attorno.

Proprio in quel momento, qualcosa picchiettò sul vetro della finestra.

La donna si girò e notò, un tantino sorpresa, che un gufo grigio si era appollaiato sul suo davanzale.

Un risolino divertito uscì dalle sue labbra, da quando sua nipote Hermione aveva scoperto di essere una strega aveva iniziato a comunicare con lei in quel modo bizzarro e d’altri tempi.

Aprì la finestra e fece entrare il volatile, prendendo con delicatezza la pergamena che le stava porgendo.

La srotolò curiosa e iniziò a leggere, riconoscendo la grafia tondeggiante e ordinata di Hermione:

 

“Cara nonna,

Sono felice – felicissima - di dirti che la piccola Rose Isabel Weasley, con quasi un mese di anticipo,  è appena venuta al mondo!

Ti abbraccio e ti aspetto,

tua Hermione”

 

Le mani iniziarono a tremarle e dovette sedersi per non cadere.

Non poteva crederci che la sua bambina fosse davvero diventata mamma, ricordava ancora perfettamente il giorno della sua nascita; quanto tempo era passato!

Dopo aver respirato profondamente, si alzò dalla comoda poltrona, dirigendosi al piano di sopra: aveva dei bagagli da preparare!

Come 27 anni prima, anche stavolta si accingeva ad andare a Londra, pronta a partecipare, di nuovo, al magico miracolo della vita.

 

 

 

Note dell’autrice

Ho deciso di trattare un argomento delicato come la nascita di Hermione in modo un po’ particolare. Noi sappiamo poco e niente della sua famiglia e così, non avendo notizie su cui lavorare,  ho deciso di creare il personaggio della nonna, raccontando l’evento dal suo punto di vista.

Nella parte finale  ho voluto dare un senso di continuità alla storia, con l’accenno alla nascita di Rose.

* L’allusione al bel principe dai capelli rossi è stata fortemente voluta: Pirro, figlio di Achille, era amato follemente da Ermione.

Il suo nome deriva dal greco e indica proprio il colore biondo-rosso dei suoi capelli; l’analogia con Ron, dunque, era più che ovvia.

 

 

                                                          

 

 

 

   
 
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