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Autore: L i a r    13/06/2011    2 recensioni
La prima volta che l’aveva vista lì, con lo zaino enorme sulle spalle e i capelli raccolti dall’elastico, aveva pensato fosse in viaggio [...]
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Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Frank Iero, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Per il contest "12 mesi di Fedeltà"
Tema: La femme


Borderline.




La prima volta che l’aveva vista lì, con lo zaino enorme sulle spalle e i capelli raccolti dall’elastico, aveva pensato fosse in viaggio e rallentò istintivamente per frenare più facilmente in caso gli avesse fatto qualche segno per chiedere indicazioni o un passaggio, magari.
Quando le passò davanti, però, lei continuò a fissare l’altro lato della strada senza dar segno di averlo visto; lui allora pigiò il piede sull’acceleratore e accese una sigaretta, realizzando distrattamente che stava sicuramente per piovere.
 
Frank osservò gli altri membri dei My Chemical Romance mentre accendeva l’amplificatore: Gerard che sistemava il microfono per non dover cantare tutto il tempo in punta di piedi, Ray che cercava di farsi passare la tracolla della chitarra senza farla impigliare nei capelli, Mikey che fissava il soffitto con aria assorta e Bob che cercava corrucciato lo sgabello della batteria, apparentemente disperso.
Quanto amava la sua band, pensò vagamente orgoglioso con un sorriso spontaneo stampato in faccia.
“Okay” mormorò Gerard, annuendo; nel momento in cui le bacchette di Bob colpirono la batteria un fragore li colse tutti di sorpresa seguito dallo scroscio che si abbatté sul tetto in lamiera, rimbombando in modo inquietante. Il secondo chitarrista pensò che chiunque stesse ancora lì fuori con quel tempaccio si sarebbe beccato perlomeno una polmonite.
 
La seconda volta c’era Gerard al volante e Mikey che dormiva sul sedile posteriore; tenevano la musica a basso volume e i finestrini aperti, cercando un po’ d’aria contro l’afa della macchina.
Lei stava fissando attentamente il lampione sotto cui stava diritta, tenendo un libro aperto poggiato su una gamba. Frank si contorse sul sedile cercando di capire s’era la stessa di tre giorni prima, distraendosi poi nel sentire allargarsi una macchia nei pantaloni.
“Ew, Frank” borbottò Gerard contrariato, dicendo addio al suo caffè; il chitarrista rise e tamponò coi fazzoletti la macchia marrone prima che raggiungesse dimensioni catastrofiche “OPS.”
 
Era trascorsa una settimana e non era più passato per quella strada. Ray aveva preso l’influenza e non avevano provato per un po’; quando si riunirono lo fecero per suonare in un locare di periferia che si trovava proprio accanto alla loro sala prove.
Per tutto il rettilineo che portava dal centro della città ai sobborghi tenne d’occhio i lati della strada (e andava così piano per non rischiare un incidente che ci impiegò un quarto d’ora più del solito) ma non c’era proprio nessuno.
Sbuffò perché non conosceva nemmeno il suo nome e già si dispiaceva per non averla intravista sul ciglio di una strada sperduta in mezzo al verde. Una cosa molto matura, davvero.
 
Poi erano sul palco a fissare un gruppo di ragazzini che ondeggiavano al ritmo della loro musica, mentre altri li guardavano con diffidenza o non li consideravano affatto. Poi c’era una in mezzo al piccolo pubblico di quel pub discutibile che stringeva un bicchiere di carta con una mano e una sigaretta con l’altra.
La seguì con lo sguardo, osservandola per bene, il jeans che le fasciava le gambe, la t-shirt nera appena un po’ più stretta sui fianchi, la bocca socchiusa quasi fosse in procinto di dire qualcosa.
Poi strisciò via tra il pubblico leggera senza sfiorare nessuno e lui voleva sapere il suo nome ad ogni costo.
 
La quarta volta s’era fatto coraggio – per modo di dire – e appena la scorse da lontano trattenne un sussulto, accostò a pochi metri da lei e scese con la scusa di fumare una sigaretta.
Lo guardava divertita, portandosi una ciocca ribelle dietro l’orecchio, mordicchiandosi una pellicina del pollice.
“Hai una sigaretta anche per me?” Frank le allungò il pacchetto senza dire nulla.
Mentre lei si appoggiava alla macchina e prendeva un accendino il chitarrista la osservò: non era una bellezza statuaria – non una di quelle che si vedono sulle riviste – aveva le labbra carnose, gli occhi allungati e il naso diritto. Un accenno di lucidalabbra, una maglietta poco scollata, un jeans largo, un paio di converse. Normalissima.
Quando alzò gli occhi per fissarlo – neri – pensò che la trovava bellissima.
“Credo che non ci incontreremo più.”
“Sei in vacanza, vero?”
Lei scosse la testa “Sono di qui. Parto.”
“Per dove?”
Lei sorrise – una fila di denti bianchi e perfetti – e scosse la testa. “Grazie” disse, gettando la sigaretta a terra e spegnendola col piede.
Cominciò a camminare, trascinandosi dietro un trolley a cui lui non aveva fatto caso: Frank rimase a guardarla cercando qualcosa da dire. Non conosceva nemmeno il suo nome.
“Hai bisogno di un passaggio?”
Lei si voltò a fissarlo, senza smettere di camminare, e lui rimase lì immobile finché la silhouette dell’altra non sparì all’orizzonte.
  
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