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Autore: jewelish    14/06/2011    0 recensioni
La barchetta che li stava cullando nelle acque del fossato del Palazzo Imperiale si muoveva lentamente, per far godere loro meglio la meravigliosa vista di quelli che da lontano sembravano essere maestosi batuffoli rosa.
Questa storia ha parteciapto all'iniziativa "Autori per il Giappone", promossa da Lara Manni.
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ff

 

Il giorno dei ciliegi in fiore

 

 

 

11 Marzo 2011

Tokyo 

10:50

 

Isaku sentiva che quella sarebbe stata una bella giornata.

 

Guardandosi attorno, i ciliegi che quell’anno avevano deciso di fiorire prima del solito, sembravano creare una nuvola protettiva su di lei e Kiro che, spinti da un cielo limpidissimo, avevano deciso che quella mattina sarebbe stata quella giusta per andare ad osservare la fioritura degli alberi nel Parco Chidorigafuchi.

La barchetta che li stava cullando nelle acque del fossato del Palazzo Imperiale si muoveva lentamente, per far godere loro meglio la meravigliosa vista di quelli che da lontano sembravano essere maestosi batuffoli rosa.

 

“Non sarebbe fantastico se tutto fosse sempre così tranquillo?”, domandò Kiro all’improvviso, svegliandola dal torpore che l’aveva avvolta, mentre se ne stava accoccolata tra le sue braccia.

“Immagino di sì, anche se comunque noi non abbiamo una vita chissà quanto movimentata”, rispose Isaku sorridendo pigramente. “Siamo giapponesi”, aggiunse poi, con aria fintamente pensosa. “E’ nostro dovere essere tranquilli e sorridenti.”

 

Un petalo rosa svolazzò pigro fino a loro, andandosi a poggiare proprio sul capo di Kiro, creando un nettissimo contrasto con i suoi capelli nerissimi. Isaku stese un braccio per prenderlo e poi lo osservò attentamente, facendolo rigirare tra le sue mani. “Adoro la primavera”, mormorò piano. “E adoro questo posto...non sembra nemmeno di vivere in città.”

“ E’ vero ma... tu non sapresti vivere lontano da Tokyo.”

“Questo non significa che ogni tanto non vorrei prendere una pausa. Ultimamente la mia vita è troppo frenetica. Casa, università, studio. Non trovo nemmeno un po’ di tempo da passare con te.”

“Beh, adesso siamo qui no? Abbiamo una giornata intera.”

Isaku storse le labbra in una smorfia sarcastica. “Urliamo al miracolo... seriamente Kiro, perché non andiamo un weekend nella tua casa al mare?”

“A Fukushima?”, rispose lui, un po’ incredulo. “Ma se non hai mai voluto metterci piede dall’ultima volta in cui ci siamo stati!”

“Per il terremoto!”

“Tu sei l’unica giapponese terrorizzata a morte dai terremoti.”, la prese in giro, facendola indispettire e spostarsi bruscamente. La barca fece un movimento strano e l’uomo che stava remando la guardò male.

“Se siamo a Tokyo non ho paura. Ma a Fukushima c’è il mare e si può formare uno tsunami e...e non ridere!”, borbottò ad alta voce, portandosi i capelli su una spalla.

“Sei un’indiscutibile fifona.”

 

Isaku non rispose, ma alzò la testa. Ancora una volta, i ciliegi in fiore ebbero un potere calmante su di lei, tanto che sorrise istintivamente, senza un reale motivo.

Un leggero venticello cominciò a soffiare e dispettoso, scuoteva i rami fino a far cadere numerosi petali. “Sembra una magia”, sussurrò estasiata quasi, alla vista di quella pioggia rosata che però non bagnava né infastidiva.

E’ la natura”, rispose Kiro da dietro le sue spalle. “E’ meglio della magia.”  

 

 

11 Marzo 2011

Tokyo

14:46

 

 

Anche questa è la natura?

 

Isaku se lo chiedeva incessantemente mentre, rannicchiata sotto il tavolo della casa di Kiro, sentiva la terra tremare e vari oggetti sugli scaffali, cadere e frantumarsi a terra.

Appena era iniziato, Kiro aveva capito che quella volta non sarebbe stata una scossa rapida e lieve, tanto che l’aveva afferrata e spinta a terra senza troppe cerimonie.

Il ragazzo le stringeva la mano in modo spasmodico e nei suoi occhi vedeva la paura lasciare spazio a qualcosa di più profondo. Sicuramente anche lei doveva avere un’espressione terrorizzata in viso.

“Kiro non dovrebbe essere già finito?”, domandò debolmente, riuscendo appena a trattenere le lacrime.

“Tranquilla”, le rispose, ma si vedeva che nemmeno lui credeva alle sue parole. “Adesso passa. E’ solo un po’ più forte del solito...”

Non aveva nemmeno finito di parlare: qualcosa di particolarmente grosso aveva colpito il tavolo, tanto che da sotto riuscivano a vedere l’ammaccatura.

“Sta crollando il soffitto?”, esclamò Isaku terrorizzata, senza preoccuparsi quella volta di trattenerle quelle gocce che premevano per uscire dai suoi occhi. Senza pensarci due volte, Kiro la tirò verso di lui e la strinse, tenendo sempre d’occhio la finestra che aveva davanti, dove un palo della luce continuava a ondeggiare.

“Non agitarti, ti ricordi che mi hai detto stamattina?”

Isaku scosse la testa, troppo impaurita anche per parlare.

“Siamo giapponesi. E’ nostro dovere essere tranquilli e sorridenti.”

“Mia nonna era italiana infatti”, fu la debole risposta, ma poi entrambi si immobilizzarono.

 

Tutto si era bloccato.

 

La terra aveva smesso di tremare.

Kiro e Isaku si guardarono negli occhi. “E’ tutto finito?”, domandò lei dubbiosa.

Il ragazzo le fece segno di aspettare e lentamente uscì da sotto il tavolo. Si alzò in piedi, per controllare se effettivamente il terremoto fosse finito. “Puoi venire”, mormorò ad Isaku, un po’ scosso alla vista del caos che regnava in casa sua.

 

Appena aperta la porta dell’appartamento, Isaku vide gli altri abitanti del palazzo correre giù per le scale, tutti quanti terrorizzati a morte. Lei e Kiro li imitarono, ma quando furono fuori, si ritrovarono davanti ad uno scenario drammatico.

 

Le strade erano occupate da migliaia di persone, tutte impaurite e terrorizzate.

Alcuni gridavano, altri erano feriti.

Sui muri di case e palazzi si erano aperte tantissime crepe.

Qualcuno urlava che a Fukushima uno tsunami aveva travolto qualsiasi cosa e Isaku, nonostante si sentisse incapace di formulare qualsiasi pensiero di senso compiuto, si ricordò che lei lo aveva sempre detto che a Fukushima poteva esserci un maremoto.

 

Improvvisamente sentì due braccia avvolgerla in una stretta spasmodica.

Era Kiro che, forse anche più stravolto di quanto lo fosse lei, aveva poggiato il viso nell’incavo del suo collo per dare sfogo alle sue lacrime.

 

 

In tutto quel caos di urla e strepiti e paura, con Kiro che la stringeva come se non dovesse lasciarla andare mai più, Isaku riuscì a dare una risposta alla domanda che si era posta durante il sisma.

 

Quella non era la natura, no.

Quello era l’inferno.

 

 

 

 

Questa storia ha partecipato all’iniziativa promossa da Lara Manni  Autori per il Giappone.

L’ho scritta veramente in cinque minuti, appena saputo di questa meravigliosa occasione per aiutare il popolo Giapponese. Quindi forse non sarà il massimo, ma forse è stata utile a qualcuno.

Grazie per esservi soffermati a leggere.

Alla prossima...

 

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