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Autore: Panda_chan    15/06/2011    2 recensioni
“Se vi interessa per qualche motivo ritornare alla Foglia, potremmo chiedere a Pein di concedere a voi e a me-”
“Non sarà necessario, Kisame. Ti ringrazio per la premura, ma hai ragione. Adesso dobbiamo andare.”
Il Nukenin della Nebbia annuisce con un cenno del capo, sapendo da tempo ormai che con Itachi le chiacchiere inutili non servono; e senza un’altra parola, lo precede alla volta del tragitto verso i confini del Villaggio.
Itachi tentenna, titubante; sa bene che il prossimo incontro con suo fratello potrebbe non vantare la serenità di questo momento.
Ma infine si decide. Sasuke deve farcela da solo, se l’è ripromesso già dalla notte del massacro, anche se gli è costato tutta la sua forza di volontà.
Genere: Generale, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Itachi, Sasuke Uchiha
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima dell'inizio
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Cresci

 […]
Quando i bambini fanno oh, dammi la mano
Perché mi lasci solo
Sai che da soli non si può
Senza qualcuno nessuno può diventare un uomo
[…]
(Povia,
Quando i bambini fanno oh)

 
I piedini vengono a contatto col pavimento freddo all’improvviso, anche se il bambino è preparato e solo un piccolo brivido attraversa per un attimo il suo visetto.
Ancora estremamente assonnato, incespica fino alla porta del bagno, dove si allunga sul lavandino cercando di riuscire a vedersi allo specchio, vista la sua statura ancora infantile.
Si sciacqua con l’acqua fredda cercando di svegliarsi un po’, poi ritorna nella cameretta e si veste in fretta.
Per ultimi infila i sandaletti, indisponendosi con il primo che, dispettoso, non vuole saperne di entrare, almeno finché lui non si accorge che sta cercando di indossarlo a rovescio.
Borbottando risentito per la tracotanza della calzatura antipatica che ha osato trovarsi nelle sue mani quando non era il suo turno, termina di abbigliarsi e si passa velocemente le manine tra i capelli della sua zazzera sparuta, a mo’ di pettine.
Il ragazzo che lo osserva dalla finestra, non visto, sorride tra sé.
Quante volte la loro madre ha cercato di dare una piega diversa ai capelli di Sasuke, fallendo miseramente visto che sembrano animati da una volontà propria.
Quante volte ha rinunciato, anche lei, rassegnandosi con finta disapprovazione a permettere al suo secondogenito di ‘pettinarsi’ così.
Tornando alla realtà, il giovane vede suo fratello dirigersi in cucina, così si sposta veloce, silenzioso, invisibile alla finestra di quella stanza.
Come se ci fosse bisogno di tutte quelle cautele, poi, visto che il suo otouto al momento è estremamente impegnato e non potrebbe mai accorgersi di lui.
Un passante potrebbe, però, ed è per questo che Itachi non abbassa mai la guardia.
Anche perché non dovrebbe essere lì, lui ha abbandonato Konoha.
Decide di non pensare al fastidioso dettaglio – lui è lì per Sasuke, Sasuke, e da solo questo basta – e di tornare a concentrarsi sulle azioni del bimbo, che alla veneranda età di otto anni non ancora compiuti è costretto ad essere autosufficiente.
Diligentemente sale su una sedia per aprire la credenza

 “Itachi, me la prendi la tazza?”
“Un giorno dovrai imparare a prenderla da solo, Sasuke”
“Ma io non ci arrivo!”
“Su, tieni”

e afferra la tazza azzurra, la sua, leggermente sbreccata da un lato – sicuramente gli è caduta una delle innumerevoli volte in cui ha dovuto eseguire l’operazione.
Scende pian piano dalla sedia, attento a non capitombolare, poi poggia la tazza sul tavolino basso, avvicinandosi al frigo per prendere il latte.
Ne versa una moderata quantità nel recipiente – Sasuke non ha mai tanta fame, al mattino, no, mangia come un uccellino – e ripone il cartone, osservando con biasimo le gocce moleste sfuggite al suo controllo.
Afferra poi il pacco di cereali, accorgendosi irritato che è ancora chiuso, e

 “Aniki, mi apri i cereali?”
“Possibile che tu ti rivolga sempre a me, otouto?”
“Ho chiesto al papà, ma ha detto che devo imparare ad arrangiarmi…”
“E non pensi che dovresti dargli ascolto?”
“…”
“Avanti, dammi qua”

allora prende le forbici nel cassetto.
Con estrema concentrazione – Itachi lo osserva con vaga apprensione, a quel punto, sa che Sasuke può essere tanto preciso in alcune cose quanto maldestro in altre – taglia il bordo del sacchetto, gettandolo poi diligentemente nel bidoncino della spazzatura.
Versa una piccola parte del contenuto del pacco nella tazza di latte, poi si siede a mangiare, lentamente, con scarso appetito.
Fuori, Itachi sospira. Un po’ per sollievo, perché il fratellino continua a mangiare, nonostante tutto, a vivere, un po’ per cercare di sciogliere quel masso che gli pesa sul diaframma e che proprio non se ne vuole andare.
Dentro la casa, Sasuke termina la colazione, e porta tazza e cucchiaino nel secchiaio.
Il masso nel petto di Itachi si appesantisce quando lo vede aprire controvoglia l’acqua, facendola scorrere per lavare

 
“Signorino, non pensi di essere abbastanza grande da lavare la tua tazza, ormai?”
“Ma io non ho tempo, mamma!”
“E mi sa che io non avrò tempo di comprarti i pomodori, oggi.”
“Uffi, va bene!”


la tazza, strofinandola con metodica lentezza sotto il getto saponato, per poi fare lo stesso con il cucchiaio.
Riordina poi il tavolo dove ha mangiato, con cura, poi torna in atrio – Itachi lo segue, sempre, di finestra in finestra, non lo perde di vista, senza farsi scorgere – e afferra uno zainetto e la giacca leggera, ché alla mattina è fresco, anche se l’estate è alle porte, e 

 
“Sasuke, la giacca, se esci…!”
“Ma non è freddo, fuori…”
“Otouto, ascolta la mamma…”
“Ti ci metti anche tu?”

 
se la sistema ben bene prima di uscire e chiudere diligentemente la porta.
L’Accademia dovrebbe essersi conclusa da circa una settimana, ormai, e come dalle previsioni di Itachi il bambino non si dirige verso la strada che porta verso il centro di Konoha, ma imbocca il sentiero che conduce nel boschetto dietro casa, e il maggiore dei fratelli sa benissimo dove si sta dirigendo.
Gli concede qualche decina di metri di vantaggio, e avanza saltando silenziosamente sui rami degli alberi che costeggiano il viottolo, così da rimanere invisibile; anche se, constata con un sorriso amaro, mai una volta Sasuke lo ha udito avvicinarsi, se lui non voleva farsi avvertire.
D’altronde, è solo un bambino.
Un bambino che adesso cammina veloce, a passo concitato, per arrivare più in fretta possibile alla meta; ed infatti, dopo qualche minuto, si arresta esattamente dove Itachi ha immaginato poco prima: la radura dove lui stesso era solito allenarsi quando ancora viveva lì e la sua famiglia era in vita, e dove il fratellino amava seguirlo, per bearsi della presenza dell’aniki che adorava tanto.
Sasuke estrae dallo zainetto qualche kunai e la custodia degli shuriken. Sceglie un esemplare di ciascuna arma e ripone il resto sulle radici di un albero poco lontano, iniziando poi a lanciarli

 
“Come sei bravo, Itachi!”

 
mirando ai vari bersagli appesi lì intorno.
È migliorato, considera Itachi, i suoi colpi hanno acquisito sicurezza e ulteriore precisione, infatti quasi sempre le armi colpiscono il centro dei bersagli.
Tuttavia, non può fare a meno di registrare qualche piccolo difetto nella postura, qualche lievissima manchevolezza nei movimenti, minime imprecisioni che

 “Così va bene?”
“Quasi, cerca solo di non sbilanciarti troppo mentre lanci. Alza la testa, così…”
“Vado?”
“Non essere impaziente. Assicurati di trovarti al meglio delle tue possibilità, e muoviti solo dopo.”
“Sì!”
“Impugna bene il kunai. Non deve scivolarti. Perfetto, adesso vai.”
“…Ok!”


lui correggerebbe, con molta pazienza e un sorriso bonario, se le circostanze fossero diverse.
Si siede su un ramo robusto a distanza di sicurezza, Itachi, con la sensazione che le sue gambe non lo reggano più; appoggia il viso sulla corteccia ruvida, rimanendo dalla sua posizione protetta ad osservare il piccolo aspirante ninja.
Si lascia andare ai ricordi, che fino a quel momento l’hanno assalito in flash confusi come pugnalate lancinanti, mentre il sole, placido, si alza nel cielo terso.

“Mi dispiace richiamarvi al presente, Itachi, ma dobbiamo andare. Non è prudente fermarsi troppo qui, soprattutto se non è per una missione assegnataci dal capo. Più rimaniamo, poi, più aumentano le possibilità, seppur remote, che qualcuno ci veda.”
Come sempre, il discorso di Kisame è di una logica inoppugnabile.
Ad Itachi non dispiace il suo compagno: certo, detesta le circostanze che l’hanno indotto a cercare un posto nell’Akatsuki e quindi, transitivamente, detesta il fatto di conoscere Kisame; disapprova che lo spadaccino sia un assassino e non se ne penta, ma dopotutto chi è lui per giudicare, quando i suoi concittadini lo vedono come un crudele massacratore?
Però, a Kisame dispiace dover interrompere quel momento di riposo; gli dispiace allontanarlo da lì, anche se non sa che il bambino affaccendato sotto di loro è il suo fratellino, nè, essendo arrivato in quel momento, è a conoscenza del fatto che lui ha passato la mattinata a seguirlo febbrilmente.
Ma, Itachi ne è certo, Kisame ha una sua umanità.
“Se vi interessa per qualche motivo ritornare alla Foglia, potremmo chiedere a Pein di concedere a voi e a me-”
“Non sarà necessario, Kisame. Ti ringrazio per la premura, ma hai ragione. Adesso dobbiamo andare.”
Il Nukenin della Nebbia annuisce con un cenno del capo, sapendo da tempo ormai che con Itachi le chiacchiere inutili non servono; e senza un’altra parola, lo precede alla volta del tragitto verso i confini del Villaggio.
Itachi tentenna, titubante; sa bene che il prossimo incontro con suo fratello potrebbe non vantare la serenità di questo momento.
Ma infine si decide. Sasuke deve farcela da solo, se l’è ripromesso già dalla notte del massacro, anche se gli è costato tutta la sua forza di volontà.
Lancia un ultimo sguardo al bimbo, ancora completamente assorbito dal suo allenamento.
Cresci, Sasuke. Diventa un uomo. Chissà, forse un giorno, in un altro mondo, potrò ancora guidarti tenendoti per mano.

***

Ehm…  Ehr… Allegria! ^^’
Si, sono molto positiva ultimamente, si nota, immagino.
Spero che in ogni caso il racconto vi sia piaciuto.
Grazie ad eventuali recensori  =)
Panda

  
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