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Autore: Crystal_94    15/06/2011    0 recensioni
Celine è una ragazza babbana, nata nella famiglia di maghi più famosa del mondo: i Potter. Anche se è la gemella di Lily Potter, non hanno nulla in comune se non il fatto di essere sorelle. Celine per molto tempo si allontanerà dalla sua famiglia a causa dell'essere nata senza poteri magici. Dopo quasi sei anni ritornerà a casa. Chissà cosa l'aspetta... E che c'entra Scorpius Malfoy in tutto questo?
Genere: Romantico, Sentimentale, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Lily Luna Potter, Nuovo personaggio, Scorpius Malfoy, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Ricordi che scorrono

 

Sospirai, mentre guardavo il paesaggio al di fuori del finestrino. Quel verde, che tanto ricordavo nostalgicamente, era proprio come tanti anni fa. Le vecchie case, che erano state spettatrici della mia infanzia, erano ancora lì, forse un po’ più invecchiate del solito, solo un pochino. Rivedere quei prati dove avevo corso, saltato e urlato, era come rivivere un déjà-vu.
Il mio sguardo era concentrato su certi alberi, da dove ero sicura che sarebbe sbucata fuori una bambina dai capelli castani. Rividi la scena nella mia mente. La bambina correva per i prati, facendo scappare gli uccelli. I suoi occhi erano caramellati e le sue labbra rosse come quelle di una rosa. La cosa che la faceva spiccare era il suo sorriso. Ancora oggi mi chiedevo come facevo a sorridere in quel modo, senza provare dolore alla mascella. Intorno alla bambina c’erano altri fanciulli, loro però non correvano. Si trovavano su delle scope e volavano come per magia. La bambina li inseguiva mentre loro gareggiavano e scommettevano su chi arrivasse per primo. Alla bambina non importava, visto che lei non poteva salire sulla scopa e doveva contare sulle sue gambe, infatti, non vinceva mai. Tutti arrivavano prima e lei rimanevano indietro, ma lei era felice lo stesso, perché le piaceva vedere i suoi fratelli e cugini lievitare in aria. Lo desiderava anche lei, infatti, ogni tanto il papà le faceva fare un giro e lei sprizzava felicità da tutti i pori. Non invidiava gli altri per questo, né perché loro potevano far sbocciare i fiori o far esplodere gli oggetti. Lei non era gelosa dei loro poteri, però li desiderava. Era molto umile, ma anche molto vispa e speranzosa. Non perdeva occasione di provare a far rovesciare un vaso, anche se ogni tentativo era vano. Lei non pianse quando a sua sorella e a suo cugino, che insieme a lei erano gli ultimi della famiglia, arrivò la lettere d’ammissione per Hogwarts,  nemmeno quando da Olivander la sua gemella Lily comprò la bacchetta.  Non disse niente quando tutti partirono per King Cross e lei rimaneva a casa, perché non poteva oltrepassare il binario. Lei sapeva di essere una babbana e ne andava fiera, nonostante nel suo mondo, anzi nel mondo della sua famiglia non fosse una cosa bella.
Lei invece di frequentare la scuola di magia, aveva deciso di andare a studiare in un altro paese, così che i suoi genitori fossero fieri di se. Si trasferì in Italia, iscrivendosi ad un’accademia di piccoli talenti a soli dieci anni. Così venne definitivamente  a contatto di quelli come lei. Un mondo che non era così noioso come credeva. Esistevano i cellulari, i computer, vestiti molto più belli, invece che fumare le pipe, si potevano fumare le sigarette e si diventava maggiorenne a diciotto anni. Tante differenze accolsero la sua nuova vita. Gli anni passarono e la bambina si tramutò in una ragazzina normale, com’era giusto che fosse. Per quasi sei anni si tenne ben lontana dalla sua famiglia. Preferiva spedire loro lettere con la posta manuale, soprattutto a sua sorella. Prima le inviava a sua madre, e poi lei faceva in modo che sua sorella le ricevesse. Le descriveva tutto quello che faceva, i babbani e le novità del nuovo mondo. Per tutti questi anni si era nascosta dietro queste lettere, avendo paura del mondo che si era lasciato alle spalle.

Aveva dimenticato quante fosse grande il Ghirigoro, e anche l’odore di muffa della farmacia a Diagon Alley, non ricordava più le specie di gufi dell’emporio degli animali e nemmeno si era presa la briga di sapere se le nimbus avevano continuato ad evolversi. Si era completamente distaccata dal mondo che non aveva mai sentito suo, ma che si rendeva conto che, infondo, un granello di esso risiedeva ancora dentro di lei. Ma dopotutto era stata una scelta sua e ne andava fiera.
La sua famiglia le mancava tanto, ma doveva pur sempre pensare a se stessa, ed era quello che aveva fatto fin a d’ora, finché non l’era caduto il classico mattoncino sulla testa, che l’aveva fatta riflettere. Sua madre le aveva inviato una lettera dove le diceva che dietro a quelle lettere c’era solo un’estrania. Come le aveva promesso, aveva rispettato la sua scelta di allontanarsi da loro, ma adesso non poteva più andare avanti. Le aveva chiaramente detto che lei e la sua famiglia avevano bisogno di lei, ed era convinto che anche lei aveva bisogno di loro. Aveva ragione. Era questa l’amara realtà. Non c’è cosa più brutta della consapevolezza di una cosa che sai che ti farà male.
Quella bambina ero io e in quel momento ero in viaggio. Come promesso, stavo tornando dalla mia famiglia. Non avevo risposto a mia madre, presi un aereo e mi recai in Inghilterra carica di tutto quello che avevo appreso nel mio mondo. Anche se dubitavo di poter insegnare qualcosa a qualcuno.
A distrarmi dai miei pensieri, fu il tassista: << signorina, siamo arrivati >>, mi comunicò, facendomi annuire. Aprii lo sportello, osservando ancora una volta il panorama, non mi poté che comparire un ampio sorriso sul volto. Ero tornata.
<< Signorina? >>, mi chiamò il tassista, porgendomi i bagagli.
<< Sì? >>, gli risposi prendendo i due trolley.
<< Posso farle una domanda? >>, mi chiese, assumendo un’espressione incuriosita.
<< Certo >>, risposi cordialmente.
<< Come fa a continuare di qui in poi? >>, domandò in maniera spudorata, << qui >>, lanciò un’occhiata al luogo circostante, << siamo in aperta campagna >>.
<< Oh >>, avrei dovuto immaginare una domanda del genere, << possiedo una villetta, qui vicino >>, m’inventai.
<< Se vuole l’accompagno fino lì >>, mi propose.
<< No >>, risposi prontamente, liquidandolo: << abito proprio qui a due passi >>.
<< Capisco >>, mugugnò deluso. A mio parere voleva far scorrere ancora di più il tassametro.
<< Le auguro una buona giornata >>, gli porsi i soldi. Non vedevo l’ora di togliermelo dai piedi. Mi sembrava troppo curioso.
<< Grazie >>, rispose afferrando i soldi, << a lei >>, ricambiò, salendo in macchina e partendo.
Io sospirai e mi misi in cammino. La Tana non era molto lontana da lì. Solo qualche minuto di strada, già riuscivo a intravedere la collina oltre la quale si trovava. I ricordi continuavano ad affluire come se niente fosse.
Sicuramente sarebbe stata una grande sorpresa. Erano anni che non mi facevo viva, ed ero anche convinta del fatto che fossero un po’ seccati per questo. Ma comunque, non m’importava. Infondo, stavo andando lì per “rimediare”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ciao, sono tornata. Stavolta il personaggio della protagonista si è un po’ evoluto. Ora riuscirete a comprenderla un po’ meglio. Sì, lo so, può sembrare sfigata. Non possiede nessun potere ed è stata lontana dalla sua famiglia per anni. Povera figlia. Comunque, per fortuna sta ritornando, e vedremo come sarà il suo ritorno. Nel frattempo accontentatevi del primo capito.
Kiss kiss Crystal.

  
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