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Autore: Vivien L    15/06/2011    16 recensioni
Inghilterra, 1912. Bella Swan è una giovane cameriera alle prese con un compito difficile: domare il carattere dell'irruente Edward Cullen, ricco signorotto locale imprigionato da quando aveva sedici anni su una sedia a rotelle. Sono entrambi giovani, pieni di vita, desiderosi di amare e di essere amati, ma le convenzioni sociali, le gelosie, le differenze e i fantasmi interiori di Edward saranno uno scoglio impossibile da superare...o forse no?
Genere: Commedia, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio | Coppie: Bella/Edward, Bella/Emmett
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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- Questa storia fa parte della serie 'Il tempo che verrà '
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    Vieni via con me
 


#2
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Bisogna essere molto forti per amare la solitudine

(Pier Paolo Pasolini)

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Quando aveva sedici anni, Edward Cullen, primogenito di una delle più prestigiose casate nobiliari del nord Inghilterra, giovane e intrepido uomo dal carattere irruente e spigliato, venne coinvolto in una tragedia che avrebbe per sempre segnato le sorti del suo destino.

Carlisle Cullen, marito devoto e affettuoso padre di famiglia, venne arrestato dalle guardie britanniche con l'accusa di essere un sovvertivo rivoluzionario che, insieme ad altri componenti della piccola nobiltà inglese, avrebbero cercato di scatenare il caos in una già di per sé complessa situazione politica, in cui le prime lotte operaie per i diritti dei lavoratori avevano scombussolato la rigida mentalità classista dei baronetti locali.

Carlisle venne giustiziato tre settimane dopo, lasciando una moglie innamorata e un ragazzino fermamente convinto che il padre fosse l'uomo più meraviglioso della terra. Un maestro, una figura da emulare e idolatrare, come le sacre statue pagane a cui tutt'ora i credenti più fedeli s'inginocchiano segretamente, implorando eterna salvezza.

La famiglia Cullen fu letteralmente travolta dal dolore. Esme, una gentile signora dall'aspetto mite e mansueto, frappose fra lei e il resto del mondo una barriera che l'aveva gradualmente allontanata dalle persone che più amava, compresi amici, parenti e persino il suo unico figlio, che si trovò all'improvviso solo, abbandonato e in balia di sé stesso, alle prese con un'irrequieta adolescenza che, senza la presenza del padre a frenare la sua impulsività, lo aveva indotto ad assumere comportamenti a dir poco spregiudicati.

L'Edward che sorrideva alla vita, ansioso di compiere nuove esperienze non esisteva più: al suo posto c'era un ragazzino troppo cresciuto che voleva a tutti i costi mostrarsi forte e inscalfibile persino di fronte alla sofferenza che la perdita dell'amato genitore gli aveva causato. Il suo carattere irruente mutò in una radicale tempestività che lo induceva ad assumere gli atteggiamenti più spericolati e a non tirarsi mai indietro, neanche di fronte alle follie più impensabili: divenne assiduo frequentatore di bordelli e locali di dubbia fama, iniziò a sfidare a colpi di pistola chiunque intralciasse il suo cammino, partecipò a pericolosi giochi d'azzardo e, ultimo ma non meno letale, iniziò ad appassionarsi all'equitazione.

Fu proprio quest'ultimo vezzo a costargli la perdita delle gambe: in una mite giornata primaverile in cui l'aria è calda e il sole splende alto nel cielo, abbracciando con i suoi caldi raggi l'aspra campagna, Edward inscenò con alcuni suoi amici -ricchi baronetti locali dalla fama di spietati libertini- una gara a cavallo tra i folti boschi inglesi, in mezzo alle selvagge foreste del nord di cui le credenze popolari vociferano essere popolate da terribili streghe dall'animo malvagio.

Ma non furono le streghe a causare la rovina di Edward. Tra le risate spensierate dei suoi giovani amici, mentre il vento soffiava poderoso dall'oceano scuotendo le fronde degli alberi e rimandando l'odore acre e genuino della natura incontaminata, un inaspettato ostacolo si frappose fra l'apparentemente certa vittoria di Edward: un piccolo ruscello sassoso su cui l'acqua scorreva limpida e trasparente, baciata dai benevoli raggi solari e solleticata dal muschio selvatico che s'incastrava fra le pietre ramificandosi sul letto del fiumiciattolo. Le conseguenze furono a dir poco catastrofiche: la spietata natura tesse la trappola perfetta per quel giovane ragazzo dall'animo ferito e sanguinante; il destriero caracollò, pestò le zampe sulle rocce e quasi si ribaltò, atterrando su un fianco e nitrendo di sorpresa.

Edward venne scaraventato a terra; l'impatto fu letale, e mise fine a quel periodo di sfrenato divertimento, che in realtà nascondeva il semplice desiderio di non accettare un lutto troppo doloroso persino per lui.




L'uomo che adesso mi trovo davanti, invece, non mostra nulla della baldanzosa arroganza che lo contraddistingueva un tempo. Il suo sorriso mite e l'espressione adombrata lo rendono ancora più affascinante del solito, e tuttavia la tristezza che si intravede nel suo sguardo -una tristezza profonda e inscalfibile, impossibile da cancellare- lo fa sembrare un animale in gabbia che lotta con tutto sé stesso per liberarsi dalle catene che lo imprigionano.

-Ben tornata, Isabella- sussurra con voce roca, regalandomi un sorriso genuino che mi affretto a ricambiare, scrollandomi di dosso quei tristi pensieri e cercando di tornare con i piedi per terra.

-Padron Edward- lo prendo in giro, improvvisando un buffo inchino di saluto e facendolo ridere. La sua risata contagia anche me, scaldandomi il cuore di un familiare senso di soddisfazione. Quella stessa soddisfazione che provo ogni volta che riesco a far tornare il sorriso su quel volto dai lineamenti perfetti. Gli occhi verdi brillano nell'incarnato pallido come la neve. Ho sempre sostenuto che Edward sia troppo magro per essere un ragazzo di quasi vent'anni, e tuttavia lui non ha mai voluto dare ascolto ai miei moniti sul fatto che si nutre troppo poco e troppo raramente. Ne ho parlato anche con la padrona, e lei ha annuito con aria assente, liquidandomi con un rigido cenno del capo e tornando alle sue letture, senza però più cercare di intavolare l'argomento.

Edward mi riporta alla realtà schiarendosi rumorosamente la gola. Scuoto il capo.

-Stavamo dicendo?- mormora, e un lampo ironico gli guizza negli occhi verdi come il mare.

Cerco di mettere ordine nel groviglio confuso che si agita nella mia mente, e un'idea improvvisa mi fa illuminare.

-Stavamo dicendo che Jeanne non mi vuole fare assaggiare le sue deliziose focaccine-

E' un comportamento ignobile, il mio, ne sono più che consapevole. Sfruttare l'amicizia che mi lega al mio giovane padrone per costringere la governante ad ammorbidirsi un po'.

Edward ride leggermente, inclinando il capo all'indietro e mostrandomi i denti bianchi e curati -Sei sempre la solita, signorina Swan- si volta verso la donna - Jeanne, fai come ti ha detto Isabella-

-Ma signore!- sbotta lei rivolgendomi un'occhiata torva. Alzo le spalle, fingendo noncuranza. Pochi minuti dopo sgranocchio la mia focaccina alle mele, ignorando i borbottii seccati di Jeanne -se lo verrà a sapere la padrona sarò rovinata! Misericordia, come farò a tenere a bada queste due piccole pesti troppo cresciute? Non hanno neanche un po' di pietà per una povera vecchia come me!- e chiacchierando allegramente con Edward.

-Come hai passato le vacanze, Isabella?- muove la sedia verso di me, e le ruote cigolano stridule sul pavimento roccioso della cucina.

-Mmm...nulla di particolarmente interessante- mento, perchè so che Edward, quando io non ci sono, trascorre la maggior parte del tempo segregato nella sua stanza a leggere libri su libri che, personalmente, reputo la soluzione migliore per chi soffre d'insonnia. Non voglio intristirlo raccontandogli di quanto mi sia divertita a scorrazzare libera nei folti campi di girasoli che abbracciano la mia modesta fattoria, mano nella mano con l'amore della mia vita, allegri e spensierati come non mai.

-Ho aiutato Renèe a fare i panni e a spazzare il pavimento, ho mangiato un sacco di latte e formaggio e ho comperato una gonna nuova- faccio un giro su me stessa, facendomi ammirare dai suoi occhi benevoli che all'improvviso diventano cupi come l'inverno.

-Menti- alita con voce roca, circondando con mani tremanti i braccioli della carrozzella. Abbassa il viso, malinconico -Scommetto che ti sei divertita un mondo-

La sua espressione rassegnata mi fa fremere di dispiacere. E' così tenero, così dolce che a volte avrei voglia di abbracciarlo sussurrandogli che andrà tutto bene, che io ci sarò sempre, per lui. Ma sappiamo entrambi che non è vero e che presto dovremo definitivamente separarci, anche se Edward - che ormai mi considera più come una sorella che una semplice cameriera- rifiuta anche il solo pensiero, cambiando bruscamente discorso ogni volta che qualcuno ci ricorda che i nostri giorni insieme sono quasi terminati.

Mi avvicino, posandogli una mano sulla guancia e ignorando l'occhiata torva che mi rivolge Jeanne.

-Su, Edward, non fare così- lo rimprovero dolcemente, sorridendo -Non è stato un fine settimana memorabile, davvero. Non ho fatto nulla di così divertente da essere raccontato-

-Non dirmi bugie, Bella- serra i denti, gli occhi brucianti e il viso impenetrabile. Rabbrividisco quando le sue mani si stringono alle mie -Sai che non è vero-

-Come fai ad esserne certo?-

Il suo sguardo sembra quasi volermi penetrare l'anima, scandagliandone gli anfratti più oscuri ove si nascondono le mie menzogne. Menzogne nate per proteggerlo, scaturite dall'affetto che ci lega e che mi induce a cercare di non sottoporlo a inutili sofferenze, come lo sarebbe la consapevolezza che la mia libertà sarà qualcosa che lui non potrà mai sperimentare. Edward è come una splendida aquila rinchiusa in una gabbia di cristallo. Le sue meravigliose ali vorrebbero librarsi in cielo e assaporare l'ebrezza di potersi ricongiungere con la sua vera natura, ma il peso del dolore lo costringe all'immobilità e a un'esistenza misera che lui, nonostante tutto, non merita.

-I tuoi occhi- dice, interrompendo il flusso frenetico dei miei pensieri. Le sue dita esitano sulle mie guance, accarezzandole dolcemente, e i suoi polpastrelli sembrano infiammare la mia pelle e incendiare il mio cuore -I tuoi occhi non mentono. Non lo hanno mai fatto, nemmeno per un secondo- un respiro profondo -Non con me, almeno-

Faccio per rispondere, perchè il desiderio di rassicurarlo, di lenire la sua malinconia è più forte dell'imbarazzo che provo di fronte a questa strana situazione -e neanche tanto strana, considerando che io e Edward siamo amici da più di due anni e che, soprattutto, passiamo la maggior parte del tempo insieme, perchè il mio principale compito è quello di accudirlo e di tenergli compagnia- ma una voce fredda come il ghiaccio interrompe la magia del momento, facendomi sobbalzare.

-Che succede qui?-

E' Esme, la madre di Edward. Mi sollevo di scatto, voltandomi verso di lei e avvampando quando i suoi occhi assenti perlustrano attentamente la mia gonna macchiata di fango, i miei capelli scarruffati e l'invitante focaccina che reggo fra le mani.

-Jeanne, cosa ti avevo detto?- sbotta irritata, facendo sobbalzare la povera donna, che si affretta a scusarsi, allarmata:

-Signora, io sono davvero...-

-E' stato Edward a darle il permesso di farmela assaggiare- il mio tono è umile e supplichevole, perchè so che il comportamento di Esme è l'unico modo in cui un padrone dovrebbe rivolgersi alla sua serva. Non mi sono mai illusa che tutti i nobili possano concedermi la stessa confidenza che io e Edward usiamo l'uno nei confronti dell'altro. L'atteggiamento di Mrs Cullen è più che normale; quasi scontato, oserei dire. E' quello del mio padroncino a non esserlo affatto.

Il silenzio scende su di noi. I gelidi occhi di Esme scivolano ancora una volta nei miei.

-Sei tornata, Isabella-

Improvviso un goffo inchino di saluto, raddrizzandomi subito dopo
-Buon giorno, Signora Cullen-

Sorride freddamente, voltandosi verso suo figlio -E' vero, Edward, quello che dice Jeanne? Hai dato il permesso a Isabella...-

-Non vedo perchè non dovrei farlo, mamma- la interrompe lui.

Esme esita, stringendosi nelle spalle -Forse perchè è soltanto una cameriera e, in quanto tale, non dovrebbe prendersi tutte queste libertà?-

Edward apre la bocca per replicare, e già mi figuro la risposta acida con cui rimbeccherà la sua adorata -ma non troppo- madre, ma poi ci ripensa, inclinando il capo da un lato e indirizzandomi un sorrisetto malizioso.

-Bene- dice impassibile -Sono d'accordo con voi, madre. Isabella è solo una cameriera. E tuttavia è la mia cameriera personale, e siccome voi vi rifiutate di mangiare con me, lei è l'unica che può farmi compagnia durante i pasti. Sapete bene che non amo consumare la cena in solitudine-

Questo è un trucchetto che Edward usa spesso, soprattutto perchè sa che Esme, sotto la maschera di donna fredda e inflessibile, tiene moltissimo alla salute del suo unico figlio e farebbe qualsiasi cosa pur di vederlo sorridere. Ho sempre pensato che la signora Cullen sia una donna parecchio bizzarra. Fino a qualche mese prima mi adorava, e non faceva altro che avantaggiare la simpatia che era nata fra me e Edward. Poi, all'improvviso, il calore che mostrava nei miei confronti è come scomparso sostituendosi ad una baldanzosa ostilità che, all'inizio, mi ha a dir poco spiazzata.

Tuttavia i miei genitori mi avevano avvertita che i nobili, a volte, possono rivelarsi persone molto particolari, e di conseguenza mi sono presto rassegnata a questo drastico cambiamento.

Esme gli rivolge un'occhiata gelida, volta il capo verso di me e il suo sguardo mi fa intuire che lei e suo figlio non la pensano esattamente allo stesso modo per quanto riguarda le confidenze che io e Edward ci concediamo.

Dopodiché batte stizzosamente un piede per terra e se ne va, lasciandoci ancora una volta soli. Io e Edward ci guardiamo, sbalorditi, e una strana luce illumina il suo viso. Una luce che mi attrae ma che, al tempo stesso, mi trasmette uno strano e incomprensibile senso di inquietudine, facendomi quasi morire la voce in gola.

E poi, come ogni volta, il silenzio che è sceso su di noi viene interrotto dalle nostre risate divertite, ignorando l'espressione sconcertata della governante e lasciandoci andare ad uno dei nostri soliti momenti d'ilarità.

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"Chi amoroso osserva la notte della morte, a chi essa confida il suo profondo mistero: la menzogna del giorno, fama e onore, forza e ricchezza, come vana polvere di stelle innanzi a lui svanisce!... Fuor dal mondo, fuor dal giorno..."

-Non possiamo fare qualcos'altro, Edward?- mi lancia un'occhiata di sbieco, facendomi sorridere.

Mi passo una mano fra i capelli, contraendo la bocca in una smorfia e stirando lentamente le gambe. Sbadiglio.

-Sembri un micetto- scherza lui, intenerito. Gli faccio la linguaccia, aggiustandomi la gonna e inclinando il capo da un lato.

-Sono stufa di tutti questi libri- mi sollevo, posando le mani sui fianchi -Sono incredibilmente noiosi. Perchè dobbiamo sprecare tutto il nostro tempo con queste sciocchezze?-

-Non lo sono affatto, Bella. La conoscenza è importante, lo sai anche tu-

E' stato Edward a insegnarmi a leggere, quasi due anni prima. Ancora mi meraviglio ripensando con quanta pazienza riuscì a persuadere una quindicenne irrequieta come me a dedicare un po' del suo tempo ad attività meno concrete dello scorrazzare tra i campi di girasoli rotolandosi nell'erba fradicia di pioggia. Ero una ragazzina grezza e grossolana, allora: né Charlie né Renèe hanno mai dato la minima importanza ai libri, e sono sempre stati convinti che la cultura fosse la cosa più futile di questa terra. E' merito di Edward se oggi so cosa significhi sfogliare le pagine di un libro e nutrirsi delle emozioni che esso ti trasmette -universi paralleli e meravigliose storie d'amore, cavalieri valorosi e fragili donzelle in pericolo-, che con perseveranza e buona volontà mi ha reso una ragazza a modo dal linguaggio un po' più sofisticato delle mie coetanee.

In ogni caso, le attività intellettuali sono qualcosa che, nonostante tutto, ancora non riesco a tollerare. Nulla potrebbe mai compensare la gioia che provo nel poter correre libera tra i fazzoletti di fiori che colorano le aspre colline... neanche poter usufruire delle migliaia di tomi che la biblioteca di Villa Cullen mette a mia disposizione.

Edward lo sa, e spesso accontenta il mio desiderio di stare all'aria aperta accordandomi la sua compagnia in lunghe passeggiate sul morbido pendio della collina che delimita il palazzo, ma nonostante tutto continua a insistere sul fatto che devo ancora migliorare la mia istruzione e che non sarà soddisfatto finchè non avrò davvero assaporato il piacere di passare un intero pomeriggio concentrata sui pesanti volumi che mi costringe a leggergli ogni giorno.

-Bella?- Edward mi richiama alla realtà. Lo guardo, perdendomi nei suoi occhi verdi, e lui sorride mestamente, sfiorandomi la mano con la sua -Sempre nel mondo delle meraviglie, vero?-

-Mi perdoni, signor Cullen- lo prendo in giro con voce pomposa, esibendomi in un goffo inchino -Le prometto che non succederà più-

La sua risata è quanto di più dolce e melodioso possa esistere. Si allunga verso di me, facendo una smorfia quando si accorge che quasi non riesce a raggiungermi e afferrandomi per la vita. Lancio un urletto di sorpresa e lui sghignazza compiaciuto, costringendomi a sedere sulle sue gambe. Le sue labbra sembrano quasi sfiorarmi i capelli, ma probabilmente è tutto frutto della mia immaginazione.

-Vieni qua- dice, posando le mani sulla mia pancia e imprigionandomi nella sua stretta -Ho una cosa per te- il suo fiato si infrange sul mio collo, facendomi fremere d'aspettativa.

-Cosa?- sussurro impaziente, e lo sento sorridere dietro di me. Prima che le nostre dita si intreccino, la mia pelle avverte qualcosa di freddo sferzarmi la gola. Abbasso lo sguardo, e i miei occhi si sgranano a dismisura quando vedo una delicata collanina in argento sfiorarmi lo scollo della camicia, da cui pende un meraviglioso ciondolo a forma di cuore con ai margini una levetta dorata.

-Lì potrai metterci una foto di noi due- esita -Se mai ne faremo una-

-Edward...-

-Credevi che mi fossi dimenticato che ieri era il tuo compleanno?- mi bacia i capelli, facendomi arrossire. Solo quando siamo soli possiamo permetterci gesti così intimi, perchè so che nessuno capirebbe ciò che davvero lega me ed Edward e, soprattutto, che tra di noi non c'è alcuna malizia...credo.

Le sue mani mi comprimono la pancia. Il suo calore è piacevole, naturale, spontaneo, e il mio corpo lo registra come qualcosa di estremamente rilassante. Sospiro, poggiando il capo sull'incavo del suo collo. Mi stringe a sé con più forza -Ti ho pensato tanto, in questi due giorni- sospira, e il suo alito caldo mi sferza le narici -Ho pensato che...-

-Edward!- una voce gelida ci fa sobbalzare. Mi sollevo di scatto, allontanandomi da lui e appoggiandomi alla cornice dell'ampia finestra che si affaccia sul giardino della villa. Ho quasi paura di incontrare i suoi occhi: l'imbarazzo per ciò che è appena accaduto sarebbe troppo da sopportare persino per me. Le mie guance sono sicuramente rosse come un pomodoro maturo, il respiro accelerato, il cuore impazzito e l'espressione istupidita.

-Edward!- ripete Esme, spalancando la porta e irrompendo nella stanza. Sento il suo sguardo penetrarmi la schiena, ma faccio finta di nulla -Tanya è qui- il suo tono si addolcisce -E' più di mezz'ora che ti aspetta. Muoviti a scendere- un respiro profondo -Bella!- abbaia burbera, senza neanche darmi il tempo di voltarmi -Vieni ad aiutare Jeanne a servire il thè. Ora!- dopodichè se ne va, lasciandoci immersi in uno sgradevole silenzio. Mi volto verso di lui, accorgendomi subito che i suoi occhi sono diventati freddi come il ghiaccio. Impassibili, imperturbabili, privi di qualsivoglia emozione.

-Andiamo, Edward- sorrido mestamente -La tua fidanzata ci aspetta-

 

 

 

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L'ho letto una sola volta, e inoltre questo capitolo è l'ennesimo frutto dell'insonnia. Quindi probabilmente farà abbastanza pena, ma è il meglio che sono riuscita a fare. Grazie a chi ha commentato lo scorso aggiornamento: sono contenta che la storia vi piaccia. In ogni caso, facendo una stima approssimativa, mi sono resa conto che probabilmente la fiction avrà meno di cinque capitoli. Non ne sono ancora certa...per ora mi limito a scrivere ciò che il mio povero cervello stressato partorisce :D. Non so quando aggiornerò...l'ispirazione va e viene, in questo periodo. Un bacio, Elisa. 

   
 
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