Salve a tutti!!! Finalmente mi sono decisa a tornare a scrivere, e lo devo a un contest a cui ho deciso di partecipare. Prometto che ora che sono tornata continuo la long che avevo iniziato a Natale e poi abbandonato per mancanza di tempo. Con l'estate conto di mandarla parecchio avanti.
Bene bene...Buona lettura, e come ho detto con questa one-shot, che spero vi piacerà, Partecipo al contest ‘Sorprendimi’ indetto da LadyEl su facebook.
ALPHA DRACONIS
La lezione di
astronomia era
iniziata ormai da quasi mezz’ora, ma nel tiepido tramonto di
inizio giugno
pochi erano gli alunni che riuscivano a rimanere attenti.
La professoressa Sinistra
stava elencando alcune delle costellazioni che avremmo studiato di
lì a poco,
quando il sole sarebbe calato del tutto mostrando i lumi notturni.
“Il nome arabo della stella Alpha
Draconis è Thuban, che vuol dire
Basilisco. Un nome senza dubbio azzeccato per una stella che si trova
nella
costellazione del Dragone. Chi sa dirmi per quale motivo è
tanto importante
nonostante la sua scarsa luminosità?”
Eccola lì, immancabile, con
la sua mano alzata. Hermione Granger, tornata ad Hogwarts dopo la
grande
battaglia dell’estate precedente, non si smentiva mai.
Notando che nessun altro
accennava a tentare una risposta, le fu concesso di rispondere.
E come sempre la sua era la
risposta corretta.
La lezione continuò per parecchio,
e spesso la mano della mezzosangue scattava in alto. Ma qualcosa
attirò la mia
attenzione. Una semplice constatazione. Rispondeva con precisione
assoluta alle
domande riguardo un’unica costellazione: quella del Dragone.
La mattina
seguente la vidi
mentre si stava recando a passo spedito verso la Sala Grande per la
colazione
quando di colpo qualcosa la fece bloccare. Sembrava che un brivido le
avesse
percorso a folle velocità tutta la spina dorsale.
Si voltò di scatto. Mi aveva
visto? No, non era possibile. Avrebbe notato solo un corridoio deserto
e poi
avrebbe proseguito il suo percorso.
Ma poi, la stavo realmente
seguendo? Io direi più che per puro caso mi sono trovato a
fare la sua stessa
strada. Non mi sarei mai abbassato a seguire una come lei.
Riprese a camminare, ma dopo
pochi passi di nuovo si voltò di scatto.
Stavolta per poco non mi
vedeva. Ero riuscito a nascondermi dietro una colonna
all’ultimo secondo.
Riflessi da giocatore di Quidditch!
La osservai di nascosto
mentre scrutava di nuovo il corridoio isolato. Poi con l’aria
di non riuscire a
togliersi di dosso la sensazione di essere seguita, la vidi proseguire
il suo cammino.
E io dietro a lei.
Lentamente, con passo felpato per non farmi scoprire.
Entrai in Sala Grande poco
dopo di lei, e andai a sedermi tra i miei compagni, mentre la Granger
si
posizionava accanto alla Weasley, l’unica
con un po’ di sale in zucca
all’interno di quella famiglia.
Le vidi confabulare. La
caposcuola con aria preoccupata, l’altra con
l’espressione di chi cerca di
tranquillizzare qualcuno e di tirargli su il morale.
Continuai ad osservarla di
nascosto per tutta la colazione, finché non la vidi alzarsi
e uscire. E decisi
di seguirla.
Non saprei dirne il motivo.
Ma negli ultimi giorni una strana smania di vederla mi aveva colpito.
La seguii lungo i corridoi
che portavano alla biblioteca.
Era un tranquillo sabato
mattina, e la maggior parte degli studenti avrebbe lasciato il castello
per
passare la giornata ad Hogsmeade. La biblioteca sarebbe stata deserta.
D’improvviso si bloccò,
dando le spalle alla grande porta di legno.
“Adesso
basta. Chiunque tu sia esci fuori!”
Rimase in piedi, davanti all’ingresso
di quel regno fatto di pergamena, pelle, carta e inchiostro, e scrutava
intanto
ogni direzione.
Non potevo farmi scoprire a
spiarla.
“Adesso parli da sola nei
corridoi deserti?”, dissi.
Per lei ero ancora solo una
voce che proveniva da un punto indefinito alla sua destra. O meglio non
una voce, ma quella
voce. Quella voce tanto odiata per i primi sei anni di
scuola, quando non faceva altro che ripeterle che era feccia della
peggior
specie, che era un crimine l’averla fatta entrare in quella
scuola. La voce
gelida e imperscrutabile di quello che molti definivano un Principe, il
Principe delle Serpi, in contrapposizione a lei, la Regina dei Grifoni.
Soprannomi tanto ripetuti dagli altri, quanto odiati da noi.
“Malfoy.”
Un nome, una constatazione. Come
se si aspettasse che dietro quel muro non ci sarebbe potuto essere
nessun
altro.
Uscii lentamente dal mio
nascondiglio. E la osservai. Cercai di gelarla con il mio sguardo, di
farle
sentire ancora l’odio che lei sapeva provavo per lei.
Ma ogni giorno che passava
diventava sempre più difficile. Non riuscivo più
a provare per lei quella
gelida freddezza e indifferenza di un tempo. Quella voglia di
schiacciarla
sotto le suole delle mie costose scarpe.
E allora avevo iniziato ad
evitarla. Erano giorni che non facevo altro che evitarla in tutti i
modi. A
lezione, alle riunioni dei capiscuola, in corridoio. Mai negli anni
precedenti
avevo cercato così disperatamente di non incontrarla Anzi!
Spesso cercavo
apposta una scusa per passarle vicino e poterla insultare. Forse la
evitavo proprio
per non doverlo fare. Non mi divertiva più quel gioco.
“Mi stavi seguendo,
Malferrett?”
Un moto di stizza mi
pervase. Ancora quella storia. Maledetto il giorno in cui fui
trasformato in
furetto!
“Sapevi che il mondo non
gira intorno a te saputella? Si da il caso che stessi andando in
biblioteca, e
che tu in questo momento me ne stia impedendo
l’ingresso.”
Tentai di essere il solito
stronzo Malfoy, ma il tono della mia voce, purtroppo, suonò
quasi giocoso. E a
quanto pare non le sfuggì.
Mi lanciò un’occhiata
dubbiosa mentre si scansava per farmi entrare.
Aprii la porta, ma in quel
momento la Granger decise che doveva entrare prima lei. E
così, tentando di
passare insieme, ci trovammo entrambi incastrati nel vano della porta.
Agli occhi di chiunque fosse
passato in quel momento la scena poteva sembrare adatta per il prossimo
scoop
sulla Gazzetta del Profeta. Già immaginavo i titoli!
“Serpevedre e Grifondoro
appianano i loro dissapori con una insospettabile love story!”
Ma che andavo a pensare?
Love story? Io e la Granger?
Stranamente però quell’idea
non faceva nascere in me la repulsione che mi aspettavo. Era quasi
piacevole il
contatto con la sua pelle morbida.
E per colpa di quel pensiero
rimasi imbambolato in quella posizione senza far nulla.
“Malfoy, togliti dalle
scatole!”
Quasi con uno spintone mi
fece scattare in avanti. Per poco non caddi, e allora il mio orgoglio
ferito
finalmente mi fece reagire.
“Stupida mezzosangue! Come
osi?”
Ribollivo di rabbia e
frustrazione.
“Adesso ti riconosco
Malfoy!”
Mi guardò. Sorridendo? No,
di sicuro me lo ero immaginato. Un mezzo sorriso un attimo prima di
vedere solo
le sue spalle allontanarsi.
La osservai andarsi a sedere
ad un tavolo vuoto, mentre prendevo alcuni libri per la ricerca che ci
aveva
assegnato la professoressa Sinistra.
Leggevo, leggevo, e leggevo
ancora. Sempre le stesse tre righe. La presenza di quella ragazza mi
stava
mandando il cervello in stato confusionale. Perché? Erano
giorni ormai che me
lo chiedevo. Quel bastardo di Blaise mi avrebbe preso in giro dicendo
che mi
stavo innamorando. Impossibile. Un po’ di senno lo avevo
ancora!
Cercai di concentrarmi,
anche se con molta difficoltà, sull’argomento di
studio: la costellazione del
Dragone. E allora mi sovvenne un ricordo che da anni tenevo nascosto in
fondo
alla mia memoria.
Mia madre, in un raro
momento di affetto, mi teneva sulle sue ginocchia, ancora bimbo. E mi
raccontava una storia. E di quella storia il protagonista ero io. O
almeno ne
ero convinto. Era un me più grande, più forte.
Ero un cavaliere possente e
bellissimo che si sacrificava per salvare la vita di una fanciulla che
fino a
quel momento lui aveva disprezzato. Per qualche assurdo motivo il suo
cuore
all’improvviso aveva deciso di amare quella ragazza al punto
tale di dare la
propria vita per salvarla da un pericoloso nemico. Ma ovviamente poi la
storia
finiva che non moriva e i due vissero felici e contenti.
Un finale che non mi era mai
andato particolarmente a genio. Ma da quella favola che mia madre aveva
sentito
da bambina, era venuto fuori il nome che i miei genitori avevano scelto
per me.
In onore della costellazione del Dragone, infatti, il cavaliere si
chiamava
Draco.
Mia madre mi disse che
sperava che un giorno io potessi trovare una ragazza da amare, anche se
sapeva
che molto probabilmente il mio, come il suo, sarebbe stato un
matrimonio
combinato.
“Ma in fondo non è quello
che tutte le madri sperano per i propri figli? Un bel matrimonio
felice?” mi
diceva. E da bambino lo speravo anch’io.
Con il crescere avevo
abbandonato l’illusione della felice storia
d’amore, e avevo anche rinchiuso
quel ricordo in un posto dove non l’avevo più
cercato.
Non so perché mi torno
proprio in quel momento, vivida più che mai, quella scena
davanti agli occhi.
Alzai lo sguardo dal libro e
mi voltai verso l’unico altro occupante della sala. Anzi,
l’unica.
Il sole giocava sui suoi
capelli, creando degli splendidi riflessi di luce.
Che mi succede? Mi trovai a
chiedermi.
E mentre cercavo una risposta lei
se ne andò.
Passarono le
ore. Non sapevo
dove fosse andata la Granger. Ormai era primo pomeriggio e dalla
mattina non
l’avevo più vista.
E non me ne
frega assolutamente niente!
A chi vuoi darla
a bere Draco?
Ma è vero, non mi interessa quella stupida mezzosangue!
Nel profondo sai che non è così!
Nella mia testa stava avendo
luogo un terribile duello. Non sapevo più cosa mi stava
accadendo. Ogni momento
che passava ero sempre più nervoso e scontroso con chiunque
incontravo.
Mi ero chiuso nella mia sala
comune quando, poco dopo che la Granger era uscita dalla biblioteca,
ero
anch’io andato via, con l’intenzione di sapere cosa
avrebbe fatto. E non
l’avevo più ritrovata.
Stavo impazzendo. Era
l’unica spiegazione logica. Qualche strano incantesimo o
virus magico mi aveva
colpito e stavo inesorabilmente cadendo nella follia più
assurda.
Io impazzire di angoscia
perché non so dove si è andata a cacciare una
mezzosangue? Si trattava senza
dubbio di una bella trama per un assurdo romanzetto per ragazze. Il
bello e
dannato che insegue la sfigatella.
Anche se tanto sfigatella
ormai quella non era più. Crescendo dovevo ammettere che era
diventata
veramente una ragazza con un suo fascino. Alta, magra, con le curve al
punto
giusto. E quei capelli finalmente in ordine!
“Vado ad Hogsmeade!” annunciai ai
pochi che erano con me in quella sala. Una sana passeggiata
all’aria aperte non
avrebbe potuto farmi che bene.
Eccola. La vidi.
Era scesa
in paese.
Tirai un sospiro di sollievo. Ma
era troppo presto. Non sapevo ancora cosa stava per accadere.
Improvvisamente la folla per
le strade iniziò ad urlare e correre in tutte le direzioni.
Qualcosa o qualcuno
stava terrorizzando la gente che fino ad un attimo prima passeggiava
tranquillamente osservando le vetrine dei negozi.
E ovviamente, invece di
fuggire, quella stupida, odiosa Granger stava andando verso il punto
dove
sembrava che il panico fosse generato.
Bacchetta alta, correva a
cercare di sventare la minaccia, qualunque essa fosse.
Istintivamente tirai fuori
la mia di bacchetta e corsi dietro di lei. E lo vidi.
Augustus Allowed.
Mangiamorte non ancora catturato. Stava lanciando maledizioni Cruciatus
a
destra e a manca. Era completamente impazzito.
E io stavo impazzendo di
terrore quando vidi la Granger schivare per un soffio uno di quei raggi
rossi.
Non ebbi nemmeno il tempo di
rendermene conto, che già ero al suo fianco, pronto a
lanciare un Protego in
sua difesa.
“Malfoy…”
Stavolta il tono era
decisamente differente da quello che aveva usato quella stessa mattina.
Era
stupore allo stato puro.
“Guarda, guarda chi si vede.
Il traditore. E accanto a lui la mezzosangue amica di Potteirno. Due in
un
colpo solo!”
Augustus, con gli occhi
iniettati di follia, stava per lanciare una maledizione senza perdono.
Senza pensarci due volte,
guidato da non so nemmeno cosa, mi misi davanti alla ragazza, facendole
da
scudo mentre quello urlava:
“Avada Kedavra!”
Ma due voci si erano
sovrapposte.
Per un attimo temetti di
essere morto. Ma poi mi resi conto di essere ancora in piedi, ad
osservare il corpo di
Augustus che si accasciava a
terra, privo di vita. E dietro di lui Aberforth
Silente.
“Salve ragazzi!” Ci disse
sorridendo, come se ciò che era appena accaduto fosse stata
una semplice
esercitazione da tutti i giorni.
“Avreste dovuto avvertirmi!”
In infermeria la Granger
stava urlando contro Silente bis, dando parecchio filo da torcere a
Madama
Chips.
A quanto pareva erano
parecchie settimane che l’Ordine della Fenice seguiva le
tracce di Allowed, e
le ricerche avevano condotto infine ad Hogsmeade.
Mentre attendevo che il mio
controllo di routine del caso non tolsi mai gli occhi di dosso alla
Grifondoro.
Il rossore che le
imporporava le guance, il luccichio di rabbia negli occhi, i capelli
che
ondeggiavano mentre gesticolava. Tutto contribuiva a rendere Hermione
Granger bellissima.
Ma che stavo pensando?
Non ebbi modo di proseguire i miei
ragionamenti perché Madama Chips mi fu addosso e
tirò la tenda. Così persi di
vista la ragazza.
Era ormai calata
la sera, e
sulla torre di astronomia osservavo il cielo stellato, quando sentii la
porta
che conduceva su quel terrazzo aprirsi.
“Oh, pensavo non ci fosse
nessuno.”
La Granger era lì, ferma,
imbambolata. Mi osservava. La osservavo. Sguardi che si legarono in
modo
indissolubile. Qualcosa in quel momento era scattato. Un lucchetto
forse. E mi
impedirono di distogliere il mio sguardo dal suo. E probabilmente lo
impedirono
anche a lei.
La vidi avvicinarsi.
Sicuramente io non l’avrei mai fatto.
Quando fu a pochi centimetri
da me sussurrò solo una sola parola, ma in quel momento non
ne servivano altre.
“Grazie.”
Quel sussurro diede il via
ad una serie di eventi rapidissimi che sul momento non seppi spiegare.
“So già che me ne pentirò
amaramente”, disse e mi baciò. Un bacio casto,
solo labbra poggiate su labbra.
Ma rimase in quella posizione per un momento di troppo.
Inizialmente rimasi
pietrificato. Ma quel contatto caldo fece sciogliere qualcosa.
La strinsi a me, come da
giorni volevo fare nonostante mi costringessi a negarlo. La strinsi con
un
bisogno che nemmeno immaginavo albergasse in me. E risposi al bacio.
Forse era la cosa più
stupida che avessi mai fatto. Forse, come aveva detto lei, me ne sarei
pentito.
Ma in quel momento era ciò che volevo. E quando un Malfoy
vuole una cosa non si
può rispondergli di no, è risaputo.
Fu un bacio lungo, dolce, di
quelli che non credevo di essere capace di dare. O di ricevere? Non
sapevo
neanche più quello.
Ci separammo lentamente, e
ci guardammo negli occhi. Entrambi timorosi di quello che avrebbe detto
l’altro.
“Adesso cosa succede?”
chiesi, più a me stesso che a lei.
Ma mi rispose con un sorriso
che avrebbe fatto impallidire la luna.
“Sorprendimi.”
E poi, stupendomi di me
stesso, e stupendo lei, le cinsi le spalle, la abbracciai, e la tenni
così, con
la sua testa sulla mia spalla. A guardare le stelle.
Un dubbio si insinuò nella
mia testa. Alla lezione di astronomia aveva risposto correttamente solo
alle
domande sulla costellazione del Dragone. In latino Draco. Mi chiesi se
lei la
conosceva tanto bene perché segretamente anche lei provava
qualcosa per me. Ma
aveva già risposto a quella domanda prima ancora che
comparisse nella mia
mente.
E in quel momento, alta nel
cielo, c’era Alpha Draconis.