Lo ricordo come se fosse ieri: l’uscio che si apriva, la puzza di birra e alcool che si portava dietro, le sue risate,…
Già … quelle grosse, grasse risate … sento ancora il loro eco nella testa …
I suoi passi, quei rumori di vetri e piatti che si rompevano al piano di sotto …
Dopo i primi tempi i vicini non chiamavano neanche più la polizia … semplicemente li ignoravano…
Quanto potevo avere? Cinque anni al massimo … non di più …
Sentivo le urla di mia madre … il suo pianto … e io, come un codardo, fingevo non esistesse … la lasciavo da sola ad urlare …
Mi ricordo che mi sedevo in un angolo della stanza, e mi cullavo …
Mi ripetevo che non era possibile … quello non poteva essere mio padre …
Poi, i rumori e le urla svanivano … restavano solo le lacrime … e allora avevo ancora più paura …
Sentivo i passi che salivano le scale … si avvicinavano alla mia porta … ricordo che cigolava … ancora oggi sobbalzo ogni volta che una porta cigola …
Pregavo che smettesse …
Ogni giorno della mia vita speravo smettesse … che tornasse in sé …
La mattina andava a lavoro, come se non fosse successo niente …
Mia madre piangeva ancora …
Io le andavo vicino e le dicevo che sarebbe andato tutto bene, che lui sarebbe tornato l’uomo buono di cui mi aveva sempre parlato e che io non avevo mai conosciuto …
«Vaffanculo, stronzo! Questo è colpa tua …» mi diceva tra i singhiozzi …
Avevo sette anni quando se ne andò … non provò neanche a portarmi con sé … semplicemente una mattina mi svegliai e lei non c’era … era scappata …
Avevo solo undici anni quando decisi che doveva finire …
La trovai per caso, in cantina: una calibro 38.
Non sapevo neanche come si impugnava, ma decisi che quella sera sarebbe finito tutto …
Quando entrò in camera mia, quella sera, gliela puntai contro.
Scoppiò a ridere. Mi disse che non ne avrei mai avuto il coraggio.
Era vero, non ne avevo il coraggio … ma fu la disperazione a spingermi …
I vicini sentirono lo sparo e chiamarono l’ambulanza e la polizia.
Mi trovarono là, seduto in un angolo, con l’arma ancora in mano …
Sopravvisse … lo avevo colpito solo ad una spalla …
A quei tempi avevo una mira orribile … avevo puntato al cuore …
Da quel momento passai da una casa-famiglia all’altra.
Decisi di fare il poliziotto perché … neanche io so ancora bene il perché … forse per mandare in prigione quelli come mio padre … forse per salvare donne come mia madre … forse era solo nel mio destino …
Non sapevo lavorare in coppia: non mi sapevo fidare della gente …
Mi mandarono sottocopertura. Era perfetto per me: non ti devi fidare, rischi la vita tutti i giorni e non devi impugnare una calibro 38…
Ero il migliore. O almeno così credevano gli altri. Almeno così credeva Hetty …
Fu sottocopertura che conobbi la squadra di Callen dell’NCIS.
Fu sottocopertura che Hetty mi prese in squadra.
Ora sono un aggancio dell’NCIS con la polizia.
Almeno questo è quello che Hetty dice a tutti.
A quanto pare, io sono il quarto membro della squadra.
Sono il partner di Kansy …
Kansy …
Kansy probabilmente è la cosa più bella che mi sia mai capitata …
Posso sopportare tutto: il comportamento di Sam; il non aver totale fiducia nella squadra di Callen; le battute, spesso acide, di Kansy,…
Ormai posso sopportare tutto …
Mi scuso per la confusione presente nella storia, ma non sempre i pensieri sono coerenti, e anche quelli di Deeks non sono da meno.
Spero apprezziate lo sforzo, e un commentino non dispiace mai.