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Autore: Brida    16/06/2011    0 recensioni
Storia che avevo scritto per partecipare ad un concorso :) tratta di argomento molto delicato, la crescita, vista dal punto di vista di una bambina del passato.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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7 Aprile 1684.

Un inizio. Una fine.

Piansi. Un pianto delicato, lieve quasi candido, un pianto vero. Rannicchiata in un angolo non volevo guardarlo; lui così forte e vigoroso, che colava sul letto e sui vestiti bagnati.

Ero stata avvertita dalle parole di mia madre e dalle occhiate curiose dei miei compaesani, eppure non avevo mai potuto immaginare che sarebbe successo così presto, che sarebbe successo in questo modo. Ma lui era lì che mi sbeffeggiava, spargendosi sempre di più su di me, coprendo la mia anima e la mia ombra di un rosso maledetto, del colore dell'amore, del colore del sangue. Volevo ridere. Ridere perché quello per me poteva essere solo un incubo. “Quando accadrà sarai una donna, Sara, sarai una donna”

Una donna.

 

 

Essere una donna non significava poter iniziare una nuova vita, no, o per lo meno non per me.

Essere una donna significava perdere tutto quello per cui avevo vissuto fino a quel giorno. Voleva dire sposarsi, avere figli, voleva dire avere paura e preoccuparsi per tutto, voleva dire saper piangere quando si vorrebbe urlare, saper amare quando si vorrebbe odiare. E io quel giorno sapevo una cosa sola: essere donna non era bello. Mi sentivo ancora così agile, così leggera, così libera. Perché il mio corpo mi aveva fatto questo? Perché mi aveva impedito di vivere ancora qualche anno come desideravo essere, come mi sentivo d'essere?

Perché io ero ancora solo una bambina.

Una bambina

 

 

Era ancora l'alba.

Uscì di corsa mentre il vento mi scompigliava i capelli.

Il sole ancora basso all'orizzonte definiva lievemente la mia figura che veloce si muoveva per le strade deserte del villaggio. Passavo davanti alle case dei miei amici, dei miei parenti e dei miei conoscenti, ponendomi una sola domanda, quale? Quale di quelle case sarebbe stata la mia? A chi avrei fatto da moglie? Stringevo forte a me i miei giochi, la mia bambola, il mio orsacchiotto tutto quello che mi rappresentava e da cui mi sarei dovuta separare per sempre. Il mio vestito bianco, come l'innocenza , si era ormai trasformato in un putrido straccio rosso che bagnato lasciava le sue orme per terra, macchiando ogni mio passo verso la salvezza, verso il fiume.

Chiusi gli occhi quando udii il sordo gorgoglio di quella sorgente purificatrice, di quell'unico elemento che avrebbe potuto asciugare la fonte del mio dolore. Quell'acqua della memoria a cui lasciare i miei sogni, i miei infantili desideri e le mie sciocche paure. Quel fiume dei ricordi in cui bagnare il mio piccolo corpo, così fragile ancora, ma ormai pronto a crescere.

Perché volente o nolente dovevo crescere.

Li riaprii.

L'acqua chiara attraversava un verde prato ricoperto di piante e di arbusti che incorniciavano quello speciale specchio d'acqua. Quel luogo magico dove si rifugiavano folletti e fate e dove l'uomo poteva riacquistare calma e serenità. Il mio sorriso divenne ancora più luminoso quando i raggi di quel primo sole penetrarono attraverso gli alberi toccando le sponde del fiume a cui mi stavo avvicinando. E mi immersi in quel calmo torrente, bagnai le caviglie, le mie gambe, bagnai il mio ventre e le mie vesti liberandomi di un gravoso peso. Crescere non era facile, non lo sarebbe mai stato per nessuno. Ma non si può fingere di rimanere bambini per sempre, non si può fingere che la vita sia solo un gioco.

Muori quindi palla colorata, sporca di fango e di erba, con cui giocavo con le mie coetanee, con cui trascorrevo i miei pomeriggi d'estate, con cui ridevo fino a star male. Cadi e porta lontano da me il sole e l'aria di quelle giornate che passavano così rapide al tuo fianco.

Muori quindi mia bambola di pezza, cadi nel fiume e sparisci. Porta con te i segreti che ti ho confessato, le paure che ti ho comunicato quando forte ti stringevo a me.

Muori quindi mio dolce orsacchiotto. Cadi e scivola via, mia ombra senza vita, mio amico e protettore, capace di consolarmi nelle spaventose notti di temporale.

Morite tutti segni di un'infanzia ormai finita, di un tempo che se ne va per non tornare mai più.

Acqua della memoria, fiume dei ricordi, affido a te le mie gioie di un tempo, i momenti passati e le sensazioni provate. Do a te questo corpo da bambina, quest'anima pura che non potrà mai più vivere come tale. Custodiscimi e proteggimi. Liberami dal peso dei ricordi, lasciami leggera e pronta per iniziare una nuova vita, per iniziare la mia vita.

Crescerò, cambierò, invecchierò. Ma per sempre, ogni volta che toccherò le tue acque custodi di segreti e di ricordi, mi vedrò com'ero, mi rivedrò bambina e sorriderò, animata da nuova speranza.




Allora, premetto che per molti aspetti questa storia può essere contestata.. in primis si spera che non lo si viva così l'arrivo del ciclo ^_^ e poi in alcune parti può sembrare fortemente contradditorio e esageratamente drammatico. Nonostante sia ambientato del passato, tuttavia, credo che almeno in parte possa raccogliere quel sentimento di malinconia e tristezza che tutte le donne hanno provato nel momento del loro cambiamento o che, perlomeno, io ho provato :) buona lettura!

  
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