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Autore: _Ella_    16/06/2011    4 recensioni
Perché adesso non era lì a fargli compagnia come nelle notti più agitate?
Socchiuse gli occhi, Ciel Phantomhive, cercando in quel buio il colore scarlatto di due occhi ammalianti.
Continuava a sgretolarsi, il castello dei ricordi del conte, bruciato come la sua tenuta dalle fiamme di quello sguardo ingannatore.
Genere: Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ciel Phantomhive, Sebastian Michaelis
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Thoughts: rubies and sapphires.

 

*Built it up with stone so strong,
stone so strong, stone so strong.
Built it up with stone so strong,
My Fair Lady.

 

Debole, senza il suo fedele servitore, senza la sua pedina.
Che cos’è un giocatore, senza le sue carte? Solo un semplice bambino con troppa voglia di perdere il tempo, ingannarlo.
Non era forse questo che stava facendo il conte Ciel Phantomhive? Allungava solo l’attimo che precedeva la mossa decisiva.
Malleabile, senza il suo diavolo di maggiordomo, troppo, tanto che per l’ennesima volta era stato portato via senza che riuscisse a fare nulla, per colpa di quella donna che aveva ingannato la polizia, macchiandolo col nome di quel rozzo e volgare Alois Trancy.
La sua mente, già instabile poiché costruita sui vuoti della sua memoria, cominciava a sgretolarsi, diventando polvere che veniva ammucchiata in un angolo assieme ad altra sporcizia.
Senza il suo demone, Ciel Phantomhive stava perdendo se stesso.

Dove sei, Sebastian?

Gli occhi sgranati erano puntati nel buio della stanza gelida, riusciva a sentire la puzza di muffa e sporco imbrattargli il naso.
Dov’era finito il dolce aroma del the?
Continuò a scrutare il buio, trovandolo caldo ed avvolgente come un abbraccio familiare. Non uno felice, affatto, piuttosto un tocco malinconico ma non asfissiante, che riuscisse a calmarlo.
La voce di quel vile gli dava la stessa sensazione, anche solo la sua presenza.
Perché adesso non era lì a fargli compagnia come nelle notti più agitate?
Socchiuse gli occhi, Ciel Phantomhive, cercando in quel buio il colore scarlatto di due occhi ammalianti.
Continuava a sgretolarsi, il castello dei ricordi del conte, bruciato come la sua tenuta dalle fiamme di quello sguardo ingannatore.

Stupido, squallido demone.

Il castello era stato rimontato con forza, velocemente, con una struttura troppo instabile per poter durare davvero, ma per il momento Ciel sembrava non farci caso.
La nobile e bianca polvere di marmo della sua anima era stata mischiata a volgari e sporchi resti, incollati velocemente e senza cura con quello che sembrava sangue e sputo.
Claude Faustus era riuscito ad ingannarlo, piegando la sua mente e il suo volere come voleva, riuscendo a fargli odiare l’unica cosa che riteneva davvero importante.
«Sebastian, questo è un ordine: sparisci dalla mia vista!».

Ma di notte, nel buio della villa Trancy, avrebbe dato qualsiasi cosa per riaverlo al suo fianco. Col suo sorriso ironico perennemente stampato sul volto, in silenzio al suo fianco, seduto sul bordo del letto ad aspettare che si acquietasse.
Probabilmente, quella di scacciare il demone era stato l’unico rimpianto della sua vita.

---

Quanto può essere distruttiva, l’ira di un demone?
Sebastian stentava a restare lucido e questo la diceva lunga. Ma lo avrebbe riavuto, avrebbe ripreso la sua anima, il suo padrone, il suo bocchan.
Perché il suo signorino non si sarebbe lasciato prendere in giro ancora per molto, avrebbe tirato fuori quella che era la sua supremazia mentale, il suo volere, avrebbe ritrovato se stesso.
Nessuno, nemmeno uno sporco demone ingannatore, poteva credere di piegare la mente di quel tredicenne al suo volere.
La mente di un adulto, fredda, lucida e spietata, faceva invidia a quella dei demoni più oscuri.
Il cuore sporco, marcio, nero come l’inchiostro più denso, non aveva alcun rimpianto, se non quello di non essere ancora riuscito nella sua missione.
L’anima, Dio, quell’anima che tanto bramava era pura come la candida neve che copriva Londra nei mesi invernali, immacolata come solo lo spirito di un bambino poteva essere.
Ciel Phantomhive era una miscela demoniaca da cui ogni giorno Sebastian attingeva, rendendosi conto di quante sfumature avesse quel sapore sublime.
A volte, distrattamente, si diceva che non era degno di quell’anima così incredibile.

Quando, nel bel mezzo del labirinto, il suo bocchan era ritornato, ordinando gli di mettere fine a quello spettacolino e sbrigarsi a divorargli l’anima, Sebastian Michaelis aveva sorriso, divertito dal fatto che nonostante fosse la preda, quel ragazzino aveva plasmato la situazione tanto da farlo sembrare come un favore che gli faceva, piuttosto che la conclusione del loro patto.

Tipico del bocchan.

Era suo, doveva solo prenderselo.

---

Il rumore delle porcellane era qualcosa che scatenava la sua malinconia più di ogni altra.
Il rituale gesto di inebriarsi dell’essenza del the e berne scatenò la sensazione di sentire il liquido bollente scendere nella sua gola.
Stupide abitudini umane.
Il maggiordomo si chinò per abbottonargli la camicia, incrociando il suo sguardo come da cento anni a quella parte.
Rubino e zaffiro, la ricchezza che splendeva in soli due sguardi.
E, proprio come due pietre preziose, avrebbero brillato per l’eternità.

Si fissava allo specchio, il piccolo Conte, una mano posata sul ventre coperto dalla leggera camicia bianca, impreziosita dal nastrino scuro.
Fissò i propri occhi, ora blu ora rossi, soffermandosi sul sigillo che splendeva nel suo occhio destro.
Girò appena la testa, quando Sebastian entrò silenziosamente nella sua stanza.
«Non riesce a dormire, bocchan
«Cosa provi, Sebastian?» l’uomo si avvicinò appena, un passo dietro di lui «Cosa provi nel guardarmi e ricordarti che alla fine non hai avuto la mia anima?» Ciel incrociò il suo sguardo dallo specchio, aspettando una risposta
«Frustrante, bocchan» dichiarò, facendo comparire una smorfia sul volto dell’altro «Ma ho sempre temuto di non esserne degno»
«Non ti stanca continuare ad essere il mio maggiordomo?»
«Le sue richieste riescono a piegarmi ed usarmi come mai nessuno ha fatto, bocchan. È solo il meglio che un demone potesse chiedere per la sua infinita esistenza».

Due volte era stato ad un passo dal prendersi quell’anima, due.
Se non era riuscito ad averla, era inevitabile e scontato che non ne fosse degno.
Ciel Phantomhive era scampato alla morte molte, troppe volte per poter essere contate.
Duro come il diamante, affascinante come lo zaffiro, tuttavia delicato perché se lo si lasciava cadere si sarebbe rotto in mille pezzi.
Ma Sebastian non avrebbe mai permesso che ciò accadesse. Sarebbe sempre stato lì a sorreggerlo, a disinnescare le trappole che c’erano sul suo percorso.
Come una fedele pedina che esegue per far fare scacco matto al re.

Stone so strong will last so long,
last so long, last so long.
Stone so strong will last so long,
My Fair Lady.*

 

 


 

 

*Costruiscilo con pietra robusta,
pietra robusta, pietra robusta.
Costruiscilo con pietra robusta,
Mia cara Signora.

La pietra robusta durerà molto a lungo,
molto a lungo, molto a lungo.
La pietra robusta durerà molto a lungo,
Mia cara Signora.*

Beh, che dire... è la prima volta che mi avventuro con una fanfiction di Kuroshitsuji e diciamo che un po' mi spaventa °A°
Insomma, non è ancora il mio campo, ecco *annuisce*
Allora, che dire.
La canzoncina l'ho usata poiché - oltre a trovarla adatta per il contesto della oneshot - è cantata più e più volte nell'anime (e devo dire che mi fa paura ;A;).
La fic poi è ambientata nelle ultime puntate della seconda serie e va ovviamente oltre...
Oddio non so che caspita dire, avevo un botto di cose in mente e naturalmente adesso sono andate via °A°
Quindi... niente, spero sia piaciuta, spero di aver reso al meglio i due personaggi!
Ovviamente accetto anche - e sopratuttto - critiche negative e costruttive, che magari mi aiutino a rendere al meglio u____u

 See ya!

   
 
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