Solo
Era chiuso da mesi –ormai- e sentiva l’incombente peso del tempo, il gravare dello scorrere dei secondi, delle ore, dei giorni e della solitudine.
Era chiuso lì dentro con suo padre, era come essere solo, ma non lo era.
Un paradosso privo di una soluzione logica, era così; solo ma non del tutto.
Gli allenamenti pesavano, la solitudine anche e la consapevolezza di non essere solo maggiormente e poi c’era il bianco, opprimente e stressante, che d’un tratto divenne nebbia che avvolgeva Vegeta, perché quella stanza aveva materializzato la sua paura più grande: vederlo sparire nel nulla e restare solo, ancora, senza un padre.