mi dibatto in notti sterili
Isabel dove sei, maledetta pioggia
se lo vuoi usami, sprecami
anche se il mio cuore sanguina
Isabel vivo per te
logico dei fatti.
Era
sempre stato stupito dalla vivacità frizzante della
rossa, dal suo modo disinvolto di muoversi e parlare, dalla sua follia
alternata ad un’incredibile e apatica intelligenza.
Aveva sempre osservato con indifferenza o disgusto le effusioni fastidiose che si scambiava con Owen: Noah le riteneva tanto rivoltanti da non poterne sopportare la vista o il ricordo.
Non
era geloso, oh no! Noah si considerava una persona
seria, ma quando non riusciva ad analizzarne con precisione la
follia,
quella luce
che pervadeva lo sguardo di Izzy quando si posava su Owen, si sentiva
come un
nodo allo stomaco, un groppo in gola,
un macigno sul petto che gli bloccava il
respiro.
Izzy
riusciva a ritrovarsi sempre addosso a Owen, in un modo
o nell’altro: a volte si aggrappava al collo del
ragazzone
con le gambe, altre
volte lo usava come albero su cui appendersi, talvolta lo utilizzava
come sacco
da boxe e sfogava le sue travolgenti ilarità su di lui.
Noah
riteneva, seguendo la sua razionalità, di dover essere
ben felice di non essere lui stesso oggetto delle particolari
attenzioni
della
pazza; probabilmente sarebbe finito sottoterra già da un
pezzo.
Il
cuore, tuttavia, era come stritolato in una morsa di
sdegno e tristezza: la piccola Izzy scherzava con lui, certo, e gli
aveva
anche
affibbiato soprannomi abbastanza inusuali da far storcere il naso al
sarcastico
Noah, il quale però aveva sopportato ben volentieri
l’uso di questi
insopportabili nomignoli pur di far felice la ragazza, ma quando la
osservava
stare con Owen poteva
sentire chiaramente il suo cuore sanguinare.
Noah
sapeva anche di poter offrirle di più, tuttavia aveva
l’abitudine di serrare le proprie emozioni, blindarle,
nasconderle e renderle
impermeabili da qualunque stimolo esterno; tutt’altra cosa
rispetto alla
sfacciata esuberanza di Izzy.
Spesso
sognava di cercarla: erano soli in una foresta
d’acqua, un feroce acquazzone estivo che lo rendeva cieco e
sordo;
allora Noah
gridava a squarciagola il nome di Izzy, avanzava lentamente, cercando
di vedere
al di là della tempesta
per scorgere i capelli ribelli di Izzy, ma a vuoto.
la città qui sfreccia e strepita
dove sei,che ci fai sotto questo inverno?
Spesso
Noah si chiedeva che cosa ci facesse un'esplosione di
energia come Izzy in quell’inverno di sarcasmo e disinteresse
in cui lui era
immerso; la sua risata era un faro luminoso nella pallida nebbia, una
voragine
sconfinata di forza vivace,
un nucleo pulsante di squilibrata contentezza che
poteva esplodere o implodere a suo piacimento, o forse
addirittura
trasformarsi
in un sentimento ancora più folle e insensato.
Izzy non conosceva raziocinio, ma Genialoide ne aveva a sufficienza per entrambe.
Noah
aveva un’avversione inspiegabile nei confronti
dell’alter-ego di Izzy: era capace di attrarlo e al contempo
respingerlo
con potenza
inaudita.
Non
era raro, infatti, che il comportamento noncurante e
spocchioso della ragazza lo lasciasse indispettito,
o addirittura senza fiato.
Genialoide
era fredda come la sua stessa logica; faceva
parte anche lei del grigio inverno di Noah, quindi il ragazzo
non si sentiva
minacciato da lei.
Bastava solo che non aprisse la bocca.
m'insegnerai i sogni tuoi
mi regalerai la diversità che brucia in te
mi rinascerai, mi contagerai di libertà
Isabel.
Era
Izzy a sconvolgerlo con la sua sola presenza: lei
portava una ventata d’estate per poi scomparire di nuovo,
misteriosa e lontana;
lei gli dava il tempo di gustare le delizie della sua
libertà per poi lasciarlo
insoddisfatto.
Era
lei sola a tenere la chiave del suo cuore; solo lei avrebbe
potuto aprire la porta dei suoi sentimenti e condividere
il suo ardore con Noah
per pochi attimi, permettendo che gli incendiasse il cuore senza
lasciare
cenere al proprio passaggio.
Talvolta
sembrava che Izzy si sentisse soffocare dalla
normalità, dall’autocontrollo, dal sarcasmo di
Noah: allora
esorcizzava quella
calma piatta con un’ondata di sentimento così
travolgente da far perdere al
ragazzo il suo annoiato
equilibrio, lo costringeva a considerare i limiti che
lui si guardava così accuratamente dal superare.
Izzy scappava sempre dalla stessa gabbia; Noah aveva preferito chiamarla ‘casa’.
Salve, gente! *evita prontamente un pomodoro e... una sedia?* Ehi! Quella può fare male u.u.
Okay, lo ammetto, meriterei una sedia di ferro battuto in testa
(magari divento anch'io una specie di Genialoide *-*) ma... la tentazione di postare questo orrore era troppo forte xD.
Temo di aver stravolto i caratteri quindi se notate un qualsiasi (anche piccolo) OOC segnalatelo,
così potrò ritirarmi nel mio angolo buio a deprimermi per il resto dell'eternità e appendere (finalmente) la penna al chiodo (?!).
Le parti a destra in corsivo sono alcune strofe della canzone dei Pooh "Isabel", di cui tra l'altro vi consiglio
caldamente l'ascolto, che mi ha fatto da colonna sonora mentre scrivevo questo orror... ehm, questa shot u.u.
Perciò se volete rileggerla con la canzone di sottofondo, fate pure :D (Noah: guarda che la gente non è così masochista... una sola lettura di questa roba basta e avanza per una vita)(Me: ç__ç cattivo!).
Insomma, fatemi sapere che cosa ne pensate! Ah, volevo aggiungere una cosa; per la "gabbia" mi sono ispirata alla visione di Pirandello della follia, ovvero la liberazione da ogni convenzione e quindi la libertà da quella rigida gabbia che ognuno di noi porta su di sé, ovvero l'autocontrollo e la personalità.
Ringrazio tutti coloro che hanno letto/recensito 'Fiato' e coloro che leggeranno/recensiranno questo affare
(se lo farà qualcuno, ovviamente xD).
Un bacio, Luna95.