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Autore: Angorian    18/06/2011    4 recensioni
[Jace/Clary] [Da collocarsi dopo l'ultimo capitolo de "Città di ossa"]
"Prese a singhiozzare forte, pregando che lui non la sentisse.
Perché lo amava, dolorosamente, senza via di scampo.
Ma se con una menzogna lui avrebbe potuto dimenticarla, il suo dolore sarebbe servito a qualcosa.
Jace meritava di amare ed essere amato alla luce del sole, senza vergogna o rimpianto.
E mentre sfogava le sue lacrime amare di sale e amore, Clary ripensò a quello che Hodge le aveva detto una volta.
Amare vuol dire distruggere, ed essere amati vuol dire essere distrutti.
"
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Clarissa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note: Ho appena finito di leggere “Città di ossa”, e ne sono rimasta affascinata. Per questo ho scritto di getto questo pasticcio di OS, per dare voce ai pensieri ancora inespressi di Jace e Clary, che hanno appena scoperto di essere fratelli. Questa shot probabilmente non brilla per originalità, ma è il mio modo per ricordare questa splendida coppia, con le loro insicurezze e la terribile verità che probabilmente li dividerà.  Si colloca alla fine del libro.
Spero che, se vi piace, vorrete lasciare una traccia del vostro passaggio.
In ogni caso, buona lettura.


 

Amare vuol dire distruggere



 
“L’amore non è quello
che certi poeti del cazzo
vogliono farvi credere.
L’amore ha i denti,
i denti mordono, e i morsi
non guariscono mai”.
S. King

 

 
La luce della luna filtrava gelida dalla finestra aperta, mentre una brezza tiepida gonfiava le leggere tende di lino con un soffio delicato. Piccoli granelli di polvere impalpabile turbinavano lenti in quel chiarore, mossi dalla corrente e preziosi come polvere d’argento.
Raggomitolata sul letto, Clary li guardava danzare, mentre con le dita stringeva meccanicamente le lenzuola stropicciate, necessaria ancora contro i suoi stessi pensieri, che minacciavano di assalirla, e mandarla alla deriva.
Come le labbra insicure di Jace premute contro le sue, e il sapore del succo di mela a  tormentarla.
Una lacrima le sfuggì dalle ciglia, bagnando il cuscino già umido.
Il peso delle rivelazioni minacciava di sopraffarla, mentre le implicazioni si facevano strada in lei lentamente, come il veleno del demone che l’aveva attaccata quando era ancora Clary Fray, adolescente arrabbiata con il mondo, sfortunata ragazza senza padre e con una madre rinchiusa in un mondo tutto suo, fatto di tele bianche e pennelli e maglie sporche di vernice.
Nascose il viso contro il cuscino, lasciandosi sfuggire un lamento soffocato. Un requiem per se stessa, per la perdita di quella mondana che non sapeva quanto preziosa fosse la normalità, che aveva una vita, un amico, un futuro.
Prima che la verità si facesse strada con i suoi artigli, a stroncare quelle che credeva fossero le certezze della sua vita. Una verità che si era fatta strada con occhi dorati e un sorriso malizioso, e rune a segnare la pelle come cicatrici dimenticate.
Adesso c’era solo il silenzio, e Clarissa Morgenstern ad ascoltarlo.
Un nome difficile da pronunciare, quasi quanto sentirlo davvero suo.
Aveva un padre, adesso, e un fratello, che sentiva di amare con tutta la sua anima, per quanto confusa e in subbuglio.
Un fratello che amava nel modo sbagliato.
Una lama di luce fendette le ombre della sua stanza, e il cigolio della porta la richiamarono alla realtà, e non ebbe bisogno di voltare la testa per sapere chi era. Rimase immobile, forse sperando che lui andasse via, incapace di affrontarlo.
Sentì il cuore in tumulto nel petto, un tamburo battente contro le sue orecchie.
- So che non dormi –
Jace richiuse la porta cercando di non fare rumore, e Clary si voltò a guardarlo, riempiendosi gli occhi della sua immagine nelle tenebre fioche della stanza. Attraversò il buio per raggiungerla, avvicinandosi a lei con quel passo silenzioso, da felino, che gli era ormai naturale, frutto di un addestramento severo. Quel pensiero le giunse pigro, lento: lui era un Cacciatore, e lo era sempre, anche senza le sue spade angeliche, anche in pigiama, coi capelli sconvolti da una notte inquieta.
Si accomodò sul letto accanto a lei, e con un braccio le avvolse le spalle, in un gesto protettivo che le fece male al cuore. Clary nascose il viso contro il suo petto, e ne respirò l’odore.
Un odore familiare, che sapeva unicamente di lui. Di un bacio che era ormai un ricordo polveroso sotto la cupola stellata del cielo, mentre protetti dal fragile vetro della serra si erano arresi a quel sentimento acerbo.
Jace le accarezzò i capelli, scuri nell’ombra e tra le sue dita.
- Non ne abbiamo ancora parlato. Ma dovremo farlo, prima o poi –
La sua voce era dolce, ma Clary lesse la determinazione di quel tono che ormai conosceva tanto bene.
Sentì lo stomaco chiudersi, ma sapeva che aveva ragione: prima o poi avrebbero dovuto parlarne.
Deglutì.
-Siamo fratelli. Che altro c’è da aggiungere? –
La sua voce le sembrò estranea; non avrebbe voluto imprimere tanto astio in quella frase, tagliente come una scheggia di vetro.
Lo sentì irrigidirsi a quell’affermazione, e si pentì di essere stata tanto diretta; ma a cosa poteva servire girarci intorno?
Un muro di sangue li accomunava e li separava allo stesso tempo; erano legati da un filo rosso, come non avevano mai potuto immaginare di essere.
-La prima volta che ti ho vista – disse, ad un tratto, - ho pensato che fossi matta. Ti sei esposta per salvare un tizio che neppure conoscevi, sfidando tre Cacciatori armati –
Ridacchiò, e Clary sorrise controvoglia.
- Sì, forse ero un po’ matta – Ammise.
Anche lei ricordava quella sera, ma per un motivo diverso: era stata la prima volta che Jace era rimasto ferito a causa sua. E non avrebbe mai potuto immaginare che quella sarebbe stata la prima di una lunga serie, e che un giorno, avrebbe preferito che quel sangue versato fosse il suo, purchè lui fosse al sicuro.
- Ma non lo eri – Continuò lui, serio – hai un coraggio che mi confonde. Sei così fragile, proprio come quella notte, proprio come una mondana. Ma non ti sei risparmiata, mai – Le accarezzò una guancia, e Clary si sentì vacillare alla gentilezza di quel gesto spontaneo.
Come se accarezzarla fosse stata la cosa più naturale del mondo.
Fece scivolare la mano sul suo mento, e con le dita la costrinse a guardarlo.
- E’ questo che mi ha fatto innamorare di te. Il modo in cui sei entrata in un covo di vampiri per salvare quel topo – disse, e si fece sfuggire un sorriso diverito, - e di come, poi, mi hai cercato, anche se questo ti ha portato tra le braccia di Valentine –
Clary cercò di abbassare lo sguardo, ma lui non glielo permise. Gli occhi d’ambra erano quasi privi di colore nel buio, grigi come in un film in bianco e nero; terribilmente belli e angosciati mentre lottava con parole che sembravano costargli un grande sforzo.
- Per questo – riprese, la voce roca -  non potrò mai vederti come una sorella. Troverei più strano avere accanto Isabelle che non te. E’ solo sangue, Clary, e conta poco –
Chinò il viso e le sfiorò le labbra, più dolcemente della prima volta. Sembrava che la sua lingua fosse fatta per incontrare quella di Clary, che il suo odore fosse fatto per incantarla, per farle dimenticare il mondo.
Tuffò la mano nei suoi capelli rossi, per avvicinarla, per approfondire quel bacio che aveva il sapore della disperazione.
Ma lei si scostò, una sgradevole sensazione a stringerle la gola.
- Conterà per Jocelyn, quando si sveglierà. Conterà per tutti gli altri – Mormorò.
Lo sguardo di Jace si infiammò di ribellione.
- Che provino a separarci! –
La maschera di odio incendiò i suoi occhi di una luce ferina, combattiva.
Dolorosamente, Clary si separò dal suo abbraccio.  Una parte di lei si ribellava a quanto stava per fare, e sapeva che Jace avrebbe reso tutto più difficile.
- E – aggiunse, come se lui non avesse parlato – conta per me
Una successione di emozioni si mescolarono nel suo viso: sorpresa, dolore, rabbia.
Un sorriso impietoso si fece strada sulle sue labbra.
- Ma guarda, Clarissa Fray, pudica anima che non sopporta di vivere nel peccato! –
Si alzò dal letto, i muscoli delle braccia tesi come corde di violino.
- Hai sentito cos’ho detto fin’ora? Ti amo. Non sarai mai mia sorella, Fray, e se pensi che si possa trasformare l’amore in affetto sei un’illusa –
Clary ricacciò le lacrime che minacciavano di soffocarla, stordita dal repentino cambiamento di lui. Si alzò dal letto, tremante.
- Dobbiamo provarci, Jace, dobbiamo! Per nostra madre, per i nonni… -
Ma lui non la ascoltava.
- Quella donna non è mia madre! E dovrei rinunciare a te per dei morti? Dio, Clary, non posso credere che ti importi così tanto dell’opinione altrui! –
La sua voce cresceva d’intensità, e Clary si chiese se Isabelle e Alec si fossero svegliati.
- E’ sbagliato, Jace, e se c’è una cosa comune a tutte le religioni del mondo, è che l’amore tra due fratelli è proibito! –
Una risata secca e senza allegria sgorgò dalla gola del ragazzo.
- Se amarti è un peccato, bene, che l’Inferno si spalanchi ai miei piedi! Ma, guarda un po’, non succede niente
Clary strinse i pugni, ferita. Come poteva convincerlo di qualcosa che faceva soffrire anche lei?
- Ma io non voglio, non voglio! –
Lo urlò, infischiandosene se Izzy o Alec potessero sentire. La veemenza con cui tirò fuori quel rifiuto fecero indietreggiare Jace.
Pallido nell’ombra, la fissava con occhi colmi di dolore, e Clary venne colta dal desiderio di stringerlo a sé. Ma rimase immobile, incapace di compiere un solo passo.
- Quindi non mi ami –
Lo mormorò, e non c’era traccia di un interrogativo nel suo tono.
Clary si morse le labbra, e un vuoto spaventoso si aprì nel suo petto, immenso come la menzogna che aveva già preso forma sulla sua lingua.
- No –
Per un attimo, Clary credette che Jace l’avrebbe colpita, ma lui non si mosse.
- Beh, direi che questo cambia tutto –
I suoi occhi dardeggiarono, per poi spegnersi in qualcosa di più doloroso dell’ira: delusione.
Con un ultimo sguardo  tornò sui suoi passi, verso la porta, muovendosi lentamente. Forse sperava che Clary lo fermasse, pregandolo di perdonarla, e Clary capì che era esattamente quello che desiderava fare. Ma ancora una volta qualcosa le impedì di muoversi, e quando Jace si fu chiuso la porta alle spalle, Clary si lasciò cadere sul pavimento.
Prese a singhiozzare forte,  pregando che lui non la sentisse.
Perché lo amava, dolorosamente, senza via di scampo. Ma se con una menzogna lui avrebbe potuto dimenticarla, il suo dolore sarebbe servito a qualcosa.
Jace meritava di amare ed essere amato alla luce del sole, senza vergogna o rimpianto.
E mentre sfogava le sue lacrime amare di sale e amore, Clary ripensò a quello che Hodge le aveva detto una volta.
Amare vuol dire distruggere, ed essere amati vuol dire essere distrutti.
 
   
 
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