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Autore: _Dubhe    19/06/2011    9 recensioni
Ehm, nulla di speciale, dico davvero. Uno squarcio di pochi minuti su Draco ed Hermione in cui lui è un "Lord" sposato e lei è fidanzata con un certo Davis, "pezzente" di Seattle. E se il fuoco della passione che bruciava tra di loro non si fosse ancora spento del tutto? Allora ci sarebbe da divertirsi =)
Draco/Herm; dopo la II Guerra Magica;
baci.
Genere: Erotico, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Torna da me, ti prego... torna da me
Draco/Herm

 


«Sei impazzito, Malfoy? – la ragazza si divincolò, liberando il braccio dalla sua presa – Lasciami
Lui la accontentò, sbattendosi la porta alle spalle e sigillandola con un incantesimo. Quindi le rivolse un’occhiata furente, che si spostò dal suo volto alla scollatura fin troppo scollata del vestito nero. Sbuffò, distogliendo gli occhi e cominciando a misurare la stanza con passi lunghi e pesanti. La strega lo lasciò fare, le braccia incrociate sul petto, il tacco della scarpa che batteva nervoso contro il parquet: chi si credeva di essere quell’arrogante? Come osava trascinarla lì, senza il suo consenso?
«Lasciami andare.»
Non le diede retta, anzi, non parve averla neppure sentita. «Come ti è saltato in mente di presentarti con quell’idiota? E’ un perdente… non è degno di te!» Nessuno lo è.
Hermione non riuscì a trattenersi dallo sgranare gli occhi, la bocca aperta e il petto affannoso per l’indignazione. «Come ti permetti? – lo accusò, spietata, gli occhi ridotti a due fessure e un dito puntato contro il suo petto – Davis è un uomo tremila volte migliore di te… per Godric, Malfoy! Sei così infantile!»
Senza indugi, lui le afferrò di nuovo il braccio, portando il suo volto  pochi centimetri di quello di lei. «Non sembrava dispiacerti, quando sospiravi di piacere… urlando il mio nome, mentre venivi, Granger.»
La ragazza arrossì ma non abbassò lo sguardo, continuando a fissarlo negli occhi. «Lasciami. Andare. Ora.»
Si fronteggiarono in silenzio per qualche istante, prima che il biondo decidesse di cedere: non importava, erano comunque rinchiusi nella stessa stanza, dove avrebbe dovuto scappare? Sorrise, ironico. La ragazza se ne accorse, intercettando all’istante il filo dei suoi pensieri, e sbuffò, irritata. «Ma che vuoi da me? Sono passati secoli, Malfoy, né io e neppure te meritiamo tutto questo… lasciami andare.» Concluse stancamente, buttandosi di peso sul letto, incrociando le gambe e aggiustandosi il vestito nero, prima di guardarlo: il suo sguardo era penetrante, forte, deciso, uno sguardo per il quale sarebbe stato pronto a fare follie… come quella.
«Non capisci? Vederti con quel… pezzente… mi ha fatto salire il sangue al cervello! – si afferrò il volto fra le mani, scuotendo la testa, come per scacciare un brutto pensiero – Come ti guardava, come posava la mano sul tuo fianco, come ti… baciava
«Capita, se stai insieme a qualcuno, Malfoy. Se ami qualcuno.» Entrambi, involontariamente sussultarono a quella parola, incrociando gli sguardi e, con altrettanta velocità, distogliendoli.
«Quindi vuoi dirmi che lo ami? Come amavi me, Granger?»
Lei non rispose, sposando semplicemente gli occhi color cioccolato sulla sottile linea dorata che gli circondava l’anulare. Aveva scoperto che l’amore non è assoluto, non è come te lo descrivono nelle favole, ricco di fiori e magia e principesse, non esistono i principi dal cavallo bianco e neppure il lieto fine, ma esiste la realtà, cruda e semplice.
«Dobbiamo… parlare.»
Smise di baciargli il collo, sciogliendo l’abbraccio con cui aveva intrappolato la sua vita. Si spostò dalle sue spalle, sedendosi accanto a lui, rimanendo in attesa: di solito era lei quella che, di tanto in tanto, tirava fuori questo o quel discorso, per ribadire qualche semplice regola di convivenza o per risolvere qualche incomprensione. Cosa c’era di tanto grave, stavolta, da costringerlo a rifiutare le sue attenzioni, da rifiutare di fare l’amore con lei, quando lei stessa gli si offriva così di buon grado? Qualcosa di grave, senza dubbio.
«Ricordi che dovevo andare a mangiare dai miei genitori, l’altro ieri? – lei annuì, invitandolo a continuare, sempre più confusa – Beh, mi sbagliavo riguardo al motivo per cui volevano che andassi da loro. Volevano parlarmi della mia… compagna
Ad Hermione, quell’appellativo non sfuggì: sapeva bene che ai genitori di Malfoy lei andasse a genio quanto una Mandragora imbizzarrita, urlante e polverosa, con tentacoli e piena di terra, ma di solito era evitata nelle conversazioni della loro famiglia, abbastanza educata da non insultarla e abbastanza spietata da ignorarla. Ma le era sempre bastato il loro Primogenito, del loro giudizio non poteva importarle di meno, la felicità non dipendeva certo da un loro colpo di bacchetta!
«Narcissa e Lucius hanno deciso di invitarci per il Ballo di Pasqua? – chiese, sorridendo, ironica – O volevano informarti che hanno intenzione di eliminarmi e gettare i miei resti fuori dalla finestra perché tu possa sposare una Purosangue?»
Il suo volto latteo sbiancò. «Non esattamente.»
Fu la volta di Hermione di restare sorpresa. «Ci ho preso? Davvero vogliono invitarci da loro. Ma è…»
«Non hai capito. – a corresse funereo lui, voltandosi finalmente a guardarla – Vogliono che sposi Astoria.»
Il gelo calò nella stanza. No, non poteva essere, non dopo tanto tempo. Quando avevano iniziato a frequentarsi, ormai più che ventenni, lui era promesso sposo di Astoria e lei si era appena lasciata con Ron. Avevano bevuto qualcosa, avevano parlato, liberi dai pesi della guerra e dalla preoccupazione di qualsiasi altra minaccia: lei, solo allora, aveva visto davvero chi fosse Draco Malfoy. Non era arrogante, non era stronzo o maniaco di attenzioni, era diversoda come se l’era sempre immaginato: garbato, educato, qualche volta non abbastanza modesto, ma nel complesso sopportabile.
Lui, a sua volta, si era reso conto di quanto poco ci fosse, nella donna che aveva davanti, della secchiona dei tempi di Hogwarts: non era acida, saccente, orgogliosa, so-tutto-io e dentona, era Granger, una ragazza normale, carina, con quel suo volto magro e i capelli domati da una coda, con qualche ciocca ribelle, a incorniciarlo. E se prima fu un bacio fugace, fulmineo, ad unirli, in seguito fu ben altro. Per lei si era opposto – per la prima volta in vita sua, da quel che riusciva a ricordare - a Lucius, riferendogli senza troppi giri di parole di non avere alcuna intenzione di sposare Astoria. Avevano affrontato gli sguardi diffidenti della sua famiglia, degli amici di lei – capeggiati da quei due zucconi di Weasley e Potter – ed erano andati avanti, almeno fino a quella sera.
«Non capisco. – ammise Hermione, soppesando le sue parole – Ti sei opposto a loro una volta, puoi farlo di nuovo. Che ci sarebbe di strano? E poi perché adesso? Così all’improvviso, senza…» La ragazza si alzò dal letto, cominciando a camminare e balbettare cose senza senso, gli occhi lucidi di rabbia ma anche di delusione: era fragile, la sua Mezzosangue, più di quanto lasciasse credere agli altri. Era sensibile, aveva bisogno di essere consolata, protetta, aveva bisogno di lui. «…gli hai risposto di no, ovviamente.»
Finalmente il suo monologo ebbe fine e i suoi occhi si puntarono sulla figura del giovane biondo seduto sul letto. Lui non si mosse, guardando il vuoto: il silenzio fu una valida risposta e cadde nella stanza con più fragore di mille Maledizioni lanciate nello stesso istante. Hermione indietreggiò, orripilata. «Non posso crederci… hai detto che l’avresti sposata…»
«Granger, ragiona! – implorò lui – Sono la mia famiglia, non posso andare contro di loro in eterno. E poi è un matrimonio di interesse, tutti i matrimoni sono sempre e solo di interesse tra i Purosangue come me…»
«…ah, e perché giustamente io sono una lurida e schifosa Mezzosangue e bla bla bla… dimenticavo di non essere alla tua altezza, Lord Malfoy, o qualsiasi altro diavolo di titolo tu abbia!»
«Non dire sciocchezze… - mormorò pacato lui, avvicinandosi a lei a braccia aperte, in un tentativo di calmarla - …non era quello che intendevo, volevo solo dire che sarebbe un matrimonio di facciata, per la società, io e te saremmo sempre qui, non cambierebbe nulla.» Non avrebbe potuto scegliere parole peggiori: Hermione divenne rossa, le braccia strette in due pugni, gli occhi urlanti di indignazione. Ops.
«Tu… vuoi… che io sia… la tua…amante?!?!» Gettò un urlo, precipitandosi in cucina e afferrando una bottiglia di brandy da sotto il lavello, dove lo teneva per occasioni speciali: dopotutto, quella era un’occasione speciale.
«Non sarebbe la prima volta, non reagire così. Sai che non c’è nessun’altra, non potrebbe mai esserci nessun’altra oltre a te, io voglio te, io amote.»
«Oh, e che ne dicono i tuoi genitori adorati del tuo amore? O non hai il coraggio di dire a loro quello che dici ora a me? Vigliacco! CODARDO!»
Lui scosse la testa rassegnato, strappandole la bottiglia di mano: non era un bello spettacolo quando beveva, non sapeva proprio reggerlo l’alcool lei. «Certo che l’ho fatto… sono perfettamente d’accordo con me, è così che funziona, è così che è sempre andata....»
«Non. Per. Me! – boccheggiò lei, ancora più stravolta, ormai isterica, prima che si rendesse conto dell’ennesimo dettaglio, che sembrò stravolgerla ancora ulteriormente – Dovresti andare a letto con lei? Faresti l’amore con lei, Malfoy?»
Neppure stavolta le rispose: la fissò, con i suoi occhi grigi, senza abbassare lo sguardo, e annuì con un unico e brusco cenno del capo. Lei imprecò sotto voce e buttò giù un lungo sorso di brandy, pulendosi la bocca con una mano, in maniera poco elegante e del tutto non da lei. «Sarebbe soltanto per un periodo… finchè non rimane incinta. Sai, l’eredità…»
«Ah, non me lo ricordare. L’eredità dei Malfoy, la loro purissima linea di sangue e tutto ciò che si può e si deve fare per mantenerla. – storse la bocca disgustata, fissandolo – Non rifilarmi di nuovo questa storiella, te ne prego: so tutto di te, della tua famiglia e della tua futura prole… io non sarò mai degna di portare in grembo un erede dei Malfoy…»
«Non dire sciocchezze! – si spazientì lui, liquidando la frase con un cenno della mano – Certo che potremmo avere dei figli, se e quando lo vorrai…»
«Certo, adesso parliamo anche di dare alla luce dei bastardi. E come lo diremo ad Astoria? Oh, me lo immagino. – la sua risata fredda lo penetrò fino al midollo, gelandolo – Ci siederemo intorno ad un tavolo, la sera, parlando del più e del meno, magari scambiandoci anche dei piccoli pettegolezzi sulla camera da letto… e magari una sera vorrai provare anche entrambe contemporaneamente….»
«Sei ridicola.» - affermò lui con forza, con un tono che non permetteva repliche. Per lei fu soltanto la goccia che fece traboccare il vaso. Senza degnarlo di uno sguardo, si avvicinò al camino e prese una manciata di metropolvere.
«Si, Malfoy, sono ridicola. Scusami se continuo a ostacolare la tua grandezza e magnificenza con la mia ridicolaggine, quindi vai da Astoria, sposala. Di me non ne saprai nulla, mai più. Addio, Draco.»
Erano state le ultime parole che si erano detti da amanti: Draco aveva tentato di avvicinarla, parlarle, farle cambiare idea, ma a nulla erano valse le sue preghiere. Lei non lo voleva, non se doveva dividerlo con un altra. Ma per lui andare di nuovo contro il volere dei suoi genitori, ignorando il loro diretto desiderio di farlo sposare con Astoria, sarebbe stato un suicidio. Un mese dopo, aveva condotto la più giovane dei Greengrass all’altare: era stata una cerimonia sontuosa, noiosa addirittura, per lui soprattutto, dato che aveva dovuto sorridere forzatamente e annuire alle congratulazioni dei presenti. A che punto poteva arrivare l’ipocrisia?
La notte, poi, era stata anche peggio. Certe cose, almeno ai suoi tempi, si imparavano ancora a scuola: di notte non c’era aula ad Hogwarts, o corridoio, o nicchia dietro qualche armatura che non nascondesse i desideri libidinosi di qualche studente. Lui aveva perso la sua verginità a 14 anni con una ragazza di Beaubatonx: bionda, dalle curve abbondanti e con due occhi profondi e molto dolci, era riuscita a stregarlo. Ma era stato solo sesso, com’era giusto che fosse la sua prima volta. Astoria, scoprì con orrore, non aveva avuto un simile onore: come aveva fatto una Serpeverde a restare vergine in quel focolaio di mastini arrapati come quello? Probabilmente Caius l’aveva conservata illibata e immacolata fino al matrimonio. Appunto.
Fu un’esperienza terribile, condizionata dall’inesperienza di lei e dalla voglia praticamente inesistente di lui di stare con quella donna in particolare. Dov’era la sua Granger? Perché non stava condividendo la sua prima notte di nozze con la donna di cui era innamorato? Lui non meritava quella vita, nemmeno Astoria, senza contare che neppure per i suoi figli avrebbe desiderato una vita come quella, con la pressante presenza di due genitori che non si amavano. Ma, per fortuna, Astoria non rimase incinta, quella notte, e non ci furono più particolari occasioni di stare insieme tanto intimamente da correre il rischio di diventare genitori.
Nel frattempo aveva saputo, non senza un certo rammarico, di come la Granger fosse andata avanti con la sua vita. Si era messa con un certo Davis, un Mezzosangue americano, di Seattle. Alcuni avevano addirittura vociferato riguardo ad un loro fidanzamento… non ci aveva creduto, non aveva voluto crederci. Ma poi li aveva visti, aveva visto lei. Il modo in cui lo guardava, il modo in cui lo presentava cortese agli altri, e quel sorriso, che ogni tanto rivolgeva nella sua  direzione, che per lei significava più di mille parole. Ma non c’era la scintilla, nemmeno un po’: quell’ardore, quella passione che aveva caratterizzato la loro storia, la loro relazione. A quanto sembrava, quell’apparenza, per lei, era sufficiente.
«No… - rispose alla fine lei, guardando ovunque tranne che nella sua direzione - …sei contento?»
«Non finchè non sento uscire quelle parole dalle tue labbra. – soffiò lui, vicino al suo orecchio – Dille.»
La ragazza trattenne il fiato, al sentirlo così vicino, ma si arrese. «No, Malfoy, non amo lui come amavo te, ora sei soddisfatto?»
Gli occhi bramosi del biondo indugiarono sulla sua scollatura. «Nemmeno un po’… da anni.»
Con un ringhio le si gettò addosso, finendo con lo schiacciarla sotto il suo petto, intrappolata fra la sua eccitazione e le candide coperte del baldacchino. Avrebbe voluto dolcezza, avrebbe voluto lentezza, avrebbe voluto recuperare tutto quello che c’era stato fra di loro, ma non ne fu capace. Sentì soltanto l’urgenza dell’eccitazione e l’incapacità di trattenersi. La sentì protestare, quindi le tappò la bocca con un bacio, mentre la sua mano si insinuava sotto il tubino, trovando l’unica cosa di cui sapeva lei non avrebbe potuto privarlo, ora come ora.
Sposando con la mano le mutandine – le percepì di pizzo, con un moto di irritazione, al pensiero che erano state indossate per qualcuno che non fosse lui – e, forse con troppa foga, la penetrò, prima con una e poi con due dita. All’intrusione, la testa della ragazza scattò all’indietro, la bocca aperta nell’estasi e gli occhi serrati, mettendo il bella mostra il collo candido e il seno: Malfoy sogghignò. Infilò le dita ancora e ancora, aumentando il ritmo ad ogni bacio rovente che le depositava sul sollo, sulla spalla, sul seno. Avrebbe voluto stringere la nudità del suo corpo fra le dita, assaporare il suo sudore febbricitante con la lingua, avrebbe voluto tutto di lei, anche se, per adesso, nemmeno quello sarebbe stato sufficiente.
Quando sentì il suo respiro farsi più corto e i gemiti più intensi, scese con la bocca sulle sue labbra, intrappolandole, impedendole di donare all’aria le ultime note del suo orgasmo, che raggiunse con uno spasimo, mentre le mani – inizialmente strette convulsamente alla coperta, avevano afferrato i lembi della camicia del biondo. No, non poteva farlo, come diamine le era saltato il mente? Lui era Malfoy, Draco Malfoy, un uomo sposato, un uomo che le aveva spezzato il cuore e le aveva proposto di abbandonare qualsiasi sua regola morale, qualsiasi inibizione o perbenismo, come poteva concedersi di nuovo a lui?
Invece lo sapeva, purtroppo. Lo sapeva fin troppo bene perché le sue mani lo cercavano, perché il suo corpo reagiva cosi alle sue dita e perché – per Merlino, si! – le sue labbra non lo respingevano. Lei l’aveva lasciato, si, ma non perché non avrebbe mai accettato di essere la sua amante, no. Lei l’aveva lasciato perché, nell’esatto attimo in cui si era resa conto di quello che le stava proponendo, si era anche resa conto che lei, per lui, l’avrebbe accettato. Hermione Granger, la ragazza con i suoi principi e i suoi valori, avrebbe accettato di vivere come una concubina con Draco Malfoy. Ed era inorridita davanti alla consapevolezza di quello che era diventata, di quello che era stata capace di diventare al suo fianco: debole, innamorata, totalmente persa per e in lui. Era scappata, aveva sentito il bisogno immediato di scappare, senza voltarsi indietro, lasciandosi alle spalle lui e quello che le aveva fatto.
«Ti prego… torna da me… - mormorò, in preda agli spasimi del piacere - …torna da me…»
A lui bastò scostare di poco le labbra, allontanandosi quei pochi centimetri necessari per guardarla negli occhi: era sempre stata la loro frase, quella. Quando lei andava in missione, da brava e diligente Auror, lui gliela sussurrava all’orecchio; lei, prima che lui si allontanasse per andare dai suoi o a qualche galante cena di “Purosangue-club-exclusive”, gliela mormorava a fior di labbra. Era una frase significativa, per loro due, quella che si dicevano nelle occasioni in cui temevano di non rivedersi più, lei per via della sporadica tirannia di Lucius e Narcissa, lui per la pericolosità del lavoro di lei. Prima di quell’istante, era certo che non l’avrebbe più udita.
Anche lei, probabilmente, capì di aver detto qualcosa di grave. La consapevolezza negli occhi grigi di lui, il trasporto di quelle iridi, le diedero per un attimo la concretezza di quello che stava succedendo. E, di nuovo, si spaventò, rendendosi conto che non le importava affatto, né della festa nell’altra sala, né di Davis, solo Draco aveva consistenza in quel momento. Lo baciò con passione, trasporto, assaporando con le mani ogni frammento del suo corpo, ogni centimetro che…
Fu un attimo, lui quasi non se ne rese conto, ma lei si bloccò di colpo, facendo pressione contro il suo petto e riuscendo a svincolarsi dalla sua presa, sedendosi affannata sul letto, una mano premuta contro il cuore. Lui rimase così, steso, l’eccitazione che premeva evidente dentro i pantaloni mezzi sbottonati. «Granger, che ti prende? – domandò, scioccamente, incapace di comprendere – Che ho fatto?»
Lo sguardo di lei si posò sulla fede che lui portava al dito e che, per sbaglio, lei aveva sfiorato. Lui non era suo, non più. Il mago intercettò la traiettoria del suo sguardo e si diede dello stupido per non averci pensato prima. Si sfilò la fede, mettendosela in tasca, tornando a guardarla. «Non significa nulla per me, Mezzosangue. Non è lei che voglio, non è lei che amo.»
«…ma è a lei che appartieni. – lui aprì la bocca per controbattere, ma lei non gliene diede il tempo – Ufficialmente è a lei che appartieni, Draco.»
«Ti prego, sei ingiusta. Non riesco a vivere senza di te, non ce la faccio in quella casa di squilibrati! Astoria è una bambina, è così piccola e innocente che dopo la notte di nozze non ho più posato la mia mano su di lei. Non è capace di essere una donna, figuriamoci una moglie…»
«Dovrebbe consolarmi – domandò scettica la strega – non è così?»
Continuò, ignorando il suo silenzio. «Sai perché me ne sono andata, quella volta? Non era perché fossi inorridita alla tua proposta – o meglio, in parte è cosi – ma me ne sono andata perché mi rendevo conto che, per te, sarei stata disposta a scendere anche a quel compromesso, ad essere tua solo in una stanza da letto e sopportare la vista di te con un’altra in ogni aspetto della tua esistenza. Sai cosa ha comportato la consapevolezza di questo, Malfoy? Riesci a capirlo?»
Si, conoscendola, lo capiva. «Ti sei resa conto di quanto mi ami e di quanto lontano saresti stata disposta ad arrivare per me e, data la tua morale, ti ha spaventato vedere cosa fossi diventata.» Perché era stato tanto stupido da non arrivarci già allora? Si alzò dal letto, chiudendosi il pantalone ed asciugando le lacrime che le erano scese dagli occhi con il pollice, quindi prese il suo volto fra le mani e se lo avvicinò al petto, stringendola forte. «So che cosa ti ho chiesto di fare, e mi dispiace, ma all’epoca pensavo fosse l’unica soluzione, adesso non più. Lascerò Astoria, potrà tornare tutto come prima…»
«Non faro… - lo rimproverò lei, scostandosi di scatto, gli occhi bassi – Te ne prego, non farlo, non lo sopporterei. Io… devo andare.»
Avrebbe voluto fermarla, dirle qualcosa, ma non ne ebbe né il tempo né il coraggio. Udì soltanto la voce di lei che, prima di chiudere la porta, gli mormorava poche sillabe. «Sabato, nell’albergo della nostra prima volta. Se tu ci sarai, sarò lì ad aspettarti.»

***

«Draco… stavo dicendo al Ministro che Astoria è davvero una donna adorabile, lei e Narcissa vanno molto d’accordo. – la risata adamantina di suo padre riempì la stanza, coinvolgendo i maghi che lo stavano ascoltando – Anche se, lo ammetto, un erede è ancora qualcosa che ci manca… stavo proprio pensando che…»
Le chiacchiere di suo padre non potevano interessarlo di meno. Mentre sua moglie gli si avvicinava, prendendogli la mano, lui stava guardando l’altro angolo della sala, dove la Mezzosangue, stretta nell’abbraccio del suo Davis stava ricambiando il suo sguardo, gli occhi ancora un po’ lucidi. Stranamente, non provò gelosia, solo compiacimento: Hermione era di nuovo soltanto sua, nemmeno quel damerino di Seattle poteva farci nulla.
«Andiamo, Draco?» Annuì, lasciandosi trascinare da Astoria fino alla stanza dove erano depositati tutti i cappotti. Anche Hermione se ne stava andando.
Uscendo, fece in modo di passarle accanto, mormorando al suo orecchio. «Torna da me…»
Nessuno si accorse di quella frase, nessuno si accorse di nulla, neppure del sorriso che sfuggì a Hermione. Si, sarebbe tornata da lui, proprio come lui sarebbe tornato da lei. Anche Draco, nella sua stanza al Manor, prima di addormentarsi da solo, sorrise.

 


Spazio autrice ù.u

Non chiedetemi da dove spunta questa cosa perché… non lo so xD

Diciamo che è solo una shot che, per svago, ho deciso di mettere nero su bianco. Mi piace com’è venuta su, non lo nego, e spero piaccia anche a voi.
E so anche se dovrei continuare a scrivere la mia long – e giuro che lo sto facendo – ma avevo bisogno di catapultarmi altrove per un po’. Dove? Qui ù.u

Grazie a chiunque abbia letto, a chi sta leggendo e a chi leggerà.

Baci, K
   
 
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