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Autore: Aurora_Boreale    20/06/2011    8 recensioni
Un temporale, un faro solitario, Hanamichi e Kaede improvvisamente insieme nel mezzo della tempesta...
“Do’aho”.
Hanamichi s’irrigidì, senza osare voltarsi. Non era possibile che ci fosse...
“Rukawa!”
Il grido pieno di sgomento gli era sfuggito subito dopo il suo scatto improvviso. Sakuragi era convinto che quella voce fosse stata solo un parto della sua mente, ma si era sbagliato. Il giovane che aveva di fronte era fin troppo solido per essere uno scherzo della sua immaginazione. A Sakuragi parve che tutta l’aria della stanza fosse venuta a mancare. Non respirava. Il cuore martellava così tanto che era sicuro che tra poco gli sarebbe schizzato fuori dal petto.
Il panico lo sommerse.
Cosa doveva fare? Cosa doveva dire? Cosa?
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Hanamichi Sakuragi, Kaede Rukawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: i personaggi non mi appartengono, ma sono di T. Inoue e la storia non è scritta a scopo di lucro.

Personaggi: una certa Scimmia Rossa e una Volpaccia malefica che hanno grandi manie di protagonismo^^.

Note: Ok, appena ho visto questa immagine (la vedete sotto al titolo), l’ispirazione m’ha colpita come un Bolide impazzito (=> chi ha letto Harry Potter mi capisce^^), al che ne ho approfittato subito!

L’idea iniziale era di scrivere una cosina veloce e corta - ahimé, sì, soprattutto corta, visto la mia allergia nell’aggiornare le long-fic, ma ovviamente non ho tenuto conto dei personaggi che, come al loro solito, hanno fatto quel che volevano.

Almeno sono riuscita a rimanere nel mio proponimento iniziale di farne una semplice one-shot (è proprio semplice-semplice, ma spero vi possa piacere lo stesso^^).

Oh, direi che la dedico a tutti coloro che seguono le mie storie, soprattutto per la pazienza che hanno nell’aspettare i miei lenti aggiornamenti: non disperate, che le continuo. Si sa che la speranza è l’ultima a morire. xD

Ah, dal momento che trovare i titoli è per me una vera impresa, mi auguro che il caro Leopardi non se la prenda per il fatto che ho preso in prestito il titolo della sua famosa poesia. Beh, per farne una shot yaoi, ma sono dettagli.

Non mi resta che augurarvi una buona lettura!^^

 

 

 

 

La quiete dopo la tempesta

 

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Hanamichi corse più forte, insultando la sua stessa stupidità.

Le gocce di pioggia si fecero più fitte e grosse, mentre un vento gelido gli sferzava la sottile maglietta di cotone bianca, che era talmente intrisa d’acqua da apparire come una lieve pellicola trasparente avviluppata alla sua pelle.

Dannazione!” imprecò, incurante degli anfibi che sprofondavano nella sabbia poiché troppo preso dal ripararsi con la felpa, tenuta come una mantella sopra la testa. L’indumento però aveva esplicato la sua funzione solo per i primi cinque minuti, poi anch’esso si era talmente bagnato da diventare quasi inutile.

Il ragazzo girò il capo verso la sua sinistra continuando a correre: il mare era mosso e di un grigio cupo, riflesso di un cielo coperto da nubi cariche di pioggia.

Per l’ennesima volta Hanamichi si maledì. Cosa diavolo gli era saltato in mente di abbandonare il Guntai in sala giochi per fare quella passeggiata sul lungomare? Eppure Yohei gliel’aveva detto che era previsto si scatenasse un temporale.

‘Perché non lo ascolto mai?’ si domandò, inferocito con se stesso.

Ma Hanamichi era conscio del perché avesse avuto bisogno di starsene solo: doveva pensare.

Ed era stato talmente tanto a rimuginare, che non s’era nemmeno accorto di avere camminato sulla spiaggia per delle ore, raggiungendo una zona quasi deserta.

Quando la pioggia l’aveva sorpreso, strappandolo bruscamente dalle sue elucubrazioni, era scattato in una corsa folle verso il vecchio faro in disuso. Sapeva che non era lontano e, con quell’acqua che scendeva a scrosci, come se le nuvole avessero deciso di liberarsene in un colpo solo, gli era parsa la soluzione più logica.

‘Volpe, è tutta colpa tua!’, urlò il giovane amareggiato, sentendosi un po’ meglio nel riversare la sua ira sulla fonte del suo recente turbamento. A quel pensiero però un’immagine comparve subito alla sua mente; un viso odiato, imperscrutabile, perfetto, bello.

Sakuragi digrignò i denti, ancora più frustrato e adirato; per quanto si sforzasse, non riusciva a toglierselo dalla testa: i suoi occhi, i suoi capelli, la sua pelle, le sue labbra. Dio, le sue labbra! Ne ricordava ancora la morbidezza, in quell’unica volta che aveva avuta l’occasione di toccarle, nonostante i sensi ottenebrati dall’alcool. E quell’ ‘Hanamichi’ roco, appena sussurrato, che gli aveva stretto il cuore in una dolce morsa.

Il suo primo bacio. Dato ad un ragazzo. Alla sua nemesi, per giunta.

Sakuragi serrò un istante gli occhi, riconoscendo il familiare groppo in gola, doloroso e soffocante, che gli si formava sempre appena rimembrava quei vaghi ricordi.

‘Un incidente, è stato un incidente. Smettila di tormentarti, Hanamichi. Smettila! È passata una settimana dalla festa ed eravamo ubriachi. Sì, completamente ubriachi. Non serve a niente continuare a ricordare. Tra l’altro sei l’unico idiota dei due che se ne ricorda; Rukawa era sbronzo e tu… tu… io… ero brillo, non sbronzo, ma pensavo ad Harukina cara. Sì, di sicuro pensavo a lei mentre baciavo Kaede, di sicuro a lei… forse… No, non è Kaede, è Kitsune! Rukawa, la Volpe malefica, la Volpaccia spocchiosa, musona, antipatica, menefreghista, adorabile, splendida, bravissima… Argh! Ti odio, Kitsune! Ti odio! Kitsune, Rukawa, Ru, Kaede, Kaede, Kaede, Kaede!’

Un fulmine improvviso, seguito dal cupo rombo del tuono, riuscì a far aumentare ulteriormente la velocità della corsa al ragazzo, tutto intento a borbottare improperi contro Volpi ignare, amici indifferenti e l’ingiustizia del mondo che si abbatteva su un povero Tensai. Quella sequela di maledizioni si concluse solo quando, con un grido trionfante, il giovane notò finalmente il vecchio faro che si ergeva solitario su una prominenza della scogliera.

Galvanizzato a quella vista, Hanamichi s’inerpicò sulla costa, stando attento a non guardare verso il basso in quanto la roccia scendeva a picco sul mare.

In quel punto era molto esposto alle raffiche di vento gelido che gli sferzavano il viso bagnato, mentre le onde si abbattevano con furia crescente sugli scogli aguzzi producendo una spuma che, con il suo candore, spiccava tra l‘oscurità delle acque. L’aria odorava di pioggia e salsedine.

Hanamichi rabbrividì di freddo e s’affrettò ad entrare nel faro: una costruzione di mattoni bianca che non era stata più curata e quindi si era deteriorata con il passare del tempo.

Almeno sono all’asciutto”, borbottò Sakuragi iniziando a salire la stretta scaletta a chiocciola che portava al terrazzino sulla cima.

Diversi minuti dopo raggiunse il pianerottolo circolare attraverso il quale, mediante cinque gradini di legno, si poteva uscire sul balcone da cui si usufruiva di una vista mozzafiato. Un’unica ampia vetrata rischiarava l’ambiente e Hanamichi si perse alla vista del cielo grigio scuro e delle gocce che picchettavano contro la finestra.

Senza pensarci troppo, lasciò cadere per terra la felpa fradicia, iniziando a strofinarsi le braccia con vigore nel vano tentativo di scaldarsi. Era bagnato dalla testa ai piedi e aveva la pelle d’oca.

Accidenti!”, esclamò frustrato; “Non sembra avere intenzione di smettere presto”.

In effetti la pioggia cadeva fittissima, mentre il cielo si illuminava per il susseguirsi di fulmini e tuoni. Il rumore era assordante, tanto che al ragazzo sembrava di essere solo al mondo.

Troppo preso nel guardare il temporale in corso, Hanamichi non si rese conto che il tempo passava, perso nei suoi intimi pensieri, finché una voce lo riportò di botto alla realtà.

 

 

Do’aho”.

Hanamichi s’irrigidì, senza osare voltarsi. Non era possibile che ci fosse…

Rukawa!”

Il grido pieno di sgomento gli era sfuggito subito dopo il suo scatto improvviso. Sakuragi era convinto che quella voce fosse stata solo un parto della sua mente, ma si era sbagliato. Il giovane che aveva di fronte era fin troppo solido per essere uno scherzo della sua immaginazione. A Sakuragi parve che tutta l’aria della stanza fosse venuta a mancare. Non respirava. Il cuore martellava così tanto che era sicuro che tra poco gli sarebbe schizzato fuori dal petto.

Il panico lo sommerse.

Cosa doveva fare? Cosa doveva dire? Cosa?

I due giovani si fissarono per lunghi secondi senza proferire parola. Rukawa fu il primo a reagire; con movimenti lenti si tolse la ventina nera che aveva addosso mentre saliva gli ultimi due gradini della scala a chiocciola.

Hanamichi deglutì, nervoso. I suoi occhi notarono la maglietta bianca che Rukawa indossava, del tutto asciutta grazie alla ventina; non poteva dire lo stesso dei pantaloni della tuta, bagnati come i suoi jeans grigio fumo, e la condizione pietosa delle scarpe da ginnastica. La giacca impermeabile aveva però preservato i suoi capelli, fatta eccezione per alcune ciocche della frangia che si appiccicavano scomposte sulla fronte pallida.

Rukawa si spostò fino a raggiungere la parete di mattoni, si sedette per terra incrociando le gambe e coprendole con la ventina mentre appoggiava la testa e il busto al muro, infine chiuse gli occhi.

Hanamichi seguì tutti i suoi movimenti, i muscoli tesi e rigidi. Si sentiva come un animale braccato senza più vie di fuga.

Sakuragi intuì che il compagno di squadra fosse stato colto dal temporale mentre era intento a fare jogging sulla spiaggia. Ormai era a conoscenza di tutte le sue abitudini, nonostante non volesse ammettere nemmeno con se stesso il reale motivo di quell’interesse viscerale.

Senza sapere cosa fare, si sedette anche lui, portandosi le gambe al petto e circondando le ginocchia con le braccia per disperdere minor calore corporeo possibile.

Attratto come una calamita, osservò di sottecchi il viso di Kaede. La pelle appariva serica e bianca come quella di una bambola di porcellana, enfatizzata ancor di più dai capelli d’ebano. Hanamichi notò una singola goccia d’acqua percorrere la guancia del ragazzo e scendere lungo il collo arcuato fino a sparire giù per la clavicola, parzialmente coperta dalla maglietta.

Deglutì a vuoto. Kaede era davvero bello.

‘Bello e irraggiungibile’. Quel pensiero gli fece contrarre lo stomaco in una morsa dolorosa. Idee fino ad allora confuse si fusero in un’unica verità. Ineluttabile.

Mi piace. Oddio, mi piace Rukawa’. La consapevolezza lo colpì come un pugno, lasciandogli un retrogusto amaro in bocca.

Gemette, angosciato da quella scoperta, sebbene sapesse che aveva sempre cercato di rimanere nell’ignoranza, evitando ogni volta di approfondire i suoi reali sentimenti.

Rukawa lo sentì e si girò a guardarlo: il ragazzo era percorso da brividi e si abbracciava con forza mentre teneva le palpebre ermeticamente chiuse. Kaede si accigliò; quell’idiota era fradicio, se fosse rimasto così ancora a lungo, si sarebbe preso di sicuro qualcosa.

Era una settimana che cercavano di ignorarsi e, dal giorno della festa, non si erano più ritrovati da soli.

Un’immagine gli abbagliò la mente: labbra morbide, un corpo solido premuto contro il suo, un profumo mascolino mai dimenticato… Rukawa serrò la mandibola arpionando la ventina nera, poi con uno scatto rabbioso la lanciò verso il compagno di squadra.

Ehi!” esclamò Hanamichi appena l’indumento gli arrivò dritto in faccia.

Kaede non fece una piega. “Mettitela! O ti ammalerai” disse secco.

Ohi, Kitsune, ti preoccupi per me?” lo derise Sakuragi. ‘Dì di sì’, pensò allo stesso tempo, agognando ad un miracolo affinché il loro rapporto conflittuale mutasse. Ma Rukawa gli rivolse la sua espressione più dura, facendo naufragare tutte le sue speranze. “Nh, anche se sei un idiota, ci servi in squadra”.

Hanamichi guardò la ventina senza realmente vederla, l’animo ricolmo di amarezza. Perché si illudeva? Non c’era nulla, a parte il basket, che avrebbe potuto interessare Kaede.

Stritolò tra le mani la giacca impermeabile, intenzionato a rigettarla al proprietario senza servirsene, ma poi pensò che un’altra occasione di indossare qualcosa di suo non gli sarebbe più ricapitata, quindi capitolò a quell’idea. Con un fluido movimento si tolse la maglietta intrisa d‘acqua, rimanendo a petto nudo. Le braccia erano tornite da muscoli compatti, e mentre il ragazzo si infilava l’indumento asciutto, i capezzoli scuri s’inturgidirono a contatto con l’aria fredda diventando ipersensibili. Hanamichi alzò il viso in tempo per scorgere l’occhiata di Kaede sul suo busto. Arrossì. Rukawa lo stava osservando con uno sguardo così intenso da seccargli la gola per l’eccitazione. Si paralizzò, deglutendo a vuoto.

Le iridi di Kaede erano scure come il cielo in tempesta e ricolme di un desiderio a malapena trattenuto.

Hanamichi inspirò bruscamente, avvertendo il pene contrarsi nei pantaloni. Gli sfuggì un ansito quando il tessuto della ventina sfregò sui suoi capezzoli. Vide Rukawa socchiudere la bocca e una parte del suo cervello immaginò come sarebbe stata la sensazione di quelle stesse labbra sulla sua pelle umida, sui suoi capezzoli, sul suo sesso...

I due ragazzi continuarono a scrutarsi, immobili.

Hanamichi trasalì quando d’improvviso Rukawa si alzò e lo raggiunse, inginocchiandoglisi di fronte. Non parlava, ma continuava a guardarlo, come se cercasse una specie di conferma o si aspettasse una sua mossa. Ma lui non sapeva cosa fare. Avvertiva solo l’ansia salire, insieme all’eccitazione.

Kaede”, gracchiò a fatica, il cuore che martellava, il sangue che scorreva impazzito, ottenebrandogli la ragione. Kaede era troppo vicino; la sua presenza, il suo sguardo che sembrava accarezzarlo, il suo odore: tutto di lui aveva il potere di stordirlo.

Un lampo di comprensione baluginò negli occhi scuri di Rukawa. Si avvicinò ancora di più, tanto che i loro nasi quasi si sfioravano. “Te lo ricordi”, affermò con voce sicura.

Cosa?”

Lo sguardo di Kaede si fermò sulle labbra di Hanamichi, che spalancò le palpebre, comprendendo. “Eri ubriaco”, mormorò con voce spezzata, odiandosi per le sue speranze che rifiorivano come le rose a maggio.

Do’aho”, ribatté Rukawa, l’ombra di un sorriso ad aleggiargli in viso. “Sono astemio. Bevevo succo, non sake”.

Hanamichi sbatté più volte le palpebre mentre la comprensione di quell’ammissione raggiungeva il suo cervello. Questo voleva dire che anche Kaede si ricordava ciò che era successo tra loro, che lo aveva baciato di sua volontà. Si chiese perché glielo stesse dicendo solo in quel momento, dopo un’intera settimana d’indifferenza. Poi ammise che egli stesso aveva fatto di tutto per non ritrovarsi da solo con lui, in modo che non potessero chiarirsi. Il suo era stato un meccanismo di autodifesa subconscio; stupido forse, ma dettato dalle sue paure.

Sobbalzò, appena avvertì le labbra di Kaede percorrere la linea della sua mandibola, la lingua che guizzava a tratti per leccargli il lembo di pelle sensibile posto sotto l‘orecchio.

Gemette, sollevando le braccia per poterle poggiare sulle spalle dell‘altro. Desiderava che Kaede non smettesse, non smettesse mai.

Le sue mani erano intirizzite dal freddo, mille brividi gli scorrevano lungo la spina dorsale, ma Hanamichi non avrebbe saputo dire se erano dati dal gelo o dal suo desiderio bruciante.

Hana”, bisbigliò roco Rukawa, allontanandosi un po’ per poterlo guardare in viso.

Mh?”

Dimmi che lo vuoi. Lo devo sapere”.

Hanamichi lo osservò. Kaede sembrava padrone di sé, come lo era sempre stato, ma a quella ridotta distanza finalmente Sakuragi si rese conto che le iridi del ragazzo erano velate da un filo d’incertezza. Kaede aveva forse paura che non lo desiderasse? Le reazioni del suo corpo, il suo totale abbandono, non erano sufficienti?

Affondò le mani tra le ciocche umide e folte, incatenando lo sguardo di Kaede al suo. “Baka!” soffiò sdegnoso, ma con un tono che vibrava di eccitazione, le guance arrossate: “Ti voglio. Forse ti ho sempre voluto”.

Fu allora che Hanamichi vide per la prima volta Kaede sorridere. Un sorriso vero, che coinvolse anche gli occhi facendoli risplendere.

Rispose al sorriso, poi il suo viso si colmò di aspettativa e il compagno parve accorgersene perché si piegò con lentezza su di lui, avvicinando le proprie labbra alle sue. Il primo tocco fu lieve, un soffice sfregamento, poi la lingua di Kaede vezzeggiò il profilo delle sue labbra prima di affondarci in mezzo con decisione. Hanamichi ansimò, accogliendolo e rispondendo all’assalto con altrettanta irruenza, mentre Rukawa faceva aderire i loro toraci e con una mano gli spingeva indietro la testa per avere piena libertà nel bacio. Le dita di Kaede si insinuarono sotto la ventina per toccargli la schiena ampia, sospingendolo al contempo verso di lui. Hanamichi rabbrividì e gemette avvertendo, nonostante la maglietta, i capezzoli turgidi di Rukawa sfiorare i suoi. Kaede lo addossò di più contro il muro continuando a baciarlo con foga, ansimando quando la sua erezione si scontrò con quella del compagno.

Sakuragi rilasciò un mugugno sconvolto, poi morse il labbro inferiore di Kaede cercando di condurre il loro gioco di lingue nella bocca dell’altro.

Era sempre stato così tra loro: una lotta continua per il predominio, e il mutare dei loro sentimenti non avrebbe fatto venire meno questa eterna sfida.

Sforzando tutti i muscoli del corpo e facendo perno sulla solidità del muro, Hanamichi riuscì a sbilanciare Kaede all’indietro, il quale si ritrovò sdraiato sul pavimento, le gambe divaricate con le ginocchia in alto, ma le piante delle scarpe ben aderenti al suolo.

Sakuragi ridacchiò senza apparente motivo, l’eccitazione che gli infiammava ogni terminazione nervosa. Incuneandosi tra le gambe di Kaede, gli si sdraiò sopra, riprendendo a baciarlo, una mano affondata tra i suoi capelli mentre l’altra accarezzava un fianco coperto dalla tuta.

Le mani di Rukawa si ancorarono ai suoi glutei, seguendo più e più volte la loro rotondità.

Hanamichi gli si premette addosso, bevendo i suoi stessi gemiti e quelli di Kaede. Poteva avvertire il calore bruciante che emanava Rukawa anche attraverso lo strato dei vestiti. Mosse i fianchi, strusciando la sua erezione contro quella di Kaede, altrettanto dura. Era guidato solo dall’istinto e dal bisogno.

Kaede gli strinse le natiche, spingendoglisi contro con altrettanta urgenza. “Hana”, boccheggiò, arcuando per quanto gli era possibile la propria schiena per aderire meglio al corpo dell’altro.

DiomioKaede”ansimò Hanamichi, gli occhi serrati, ormai dimentico di ogni cosa, intrappolato solo in un mondo di sensazioni.

Di più”, singhiozzò Kaede, quasi al culmine. Hanamichi lo accontentò, sfregandosi con maggiore impeto, tanto che il suo pene costretto nei jeans gli faceva quasi male, ma non si sarebbe potuto fermare nemmeno se avesse voluto. Socchiuse le palpebre per non perdersi l’immagine di Rukawa mentre veniva. Il ragazzo annunciò il suo climax con un basso gemito e Hanamichi adorò il viso di Kaede stravolto dal piacere: mai gli era apparso più bello.

Quella visione decretò la sua fine: mosse convulsamente i fianchi un paio di volte e poi gridò il nome del compagno al momento dell’orgasmo, che lo lasciò tremante e senza fiato.

Rimasero così, fermi e ansimanti per diversi minuti, ad inspirare i loro odori mischiati, uniti a quelli di pioggia e salsedine. Hanamichi affondò il viso nel petto di Kaede, rosso di vergogna. Solo in quel momento si rese conto delle sue azioni. Com’erano potuti passare da un semplice bacio a… a quello?

Non osava spostarsi, né sapeva cosa dire.

Sentiva il respiro di Rukawa tornare pian piano regolare; arrossì ancora di più quando constatò che le dita del compagno erano ancora sul suo sedere.

‘Che la terra mi inghiotta in questo preciso momento!’, pensò con affanno. Mai si era sentito tanto in imbarazzo. Solo allora capì quanto fosse forte il suo desiderio nei confronti dell’altro ragazzo. Era attrazione pura, quasi animalesca, e questo lo rendeva ancora più confuso. E incerto.

“Do’aho?”

La voce di Rukawa gli giunse come un soffio caldo all’orecchio ed ebbe il potere di spandergli un brivido lungo la schiena. Sakuragi arpionò la maglietta bianca di Kaede con entrambe le mani, affossando di più la testa nel suo petto.

‘Io di qui non mi muovo!’, decretò fra sé, cocciuto.

Rukawa allora, stufo di quell’immobilità e deciso a farlo spostare, strinse la presa sui glutei dell‘amante, il quale alzò la testa di scatto guardandolo con un viso tanto rosso quanto i suoi capelli.

Baka Kitsune! Cosa diavolo pensi di fare?”

Kaede non fece troppo caso a quella reazione isterica. Anche se non era espressivo quanto Hanamichi, lui stesso si sentiva in imbarazzo.

Fazzoletti. Nella tasca della ventina” disse solo.

Sakuragi lo fissò con occhi vacui, poi, come al rallentatore, Rukawa lo vide spostare lo sguardo dal suo volto al suo inguine, coperto dai pantaloni della tuta. Per fortuna erano così bagnati che la macchia di sperma avrebbe potuto essere scambiata per pioggia, ma entrambi sapevano che non era così.

Kaede notò Hanamichi spalancare le palpebre e, se possibile, diventare ancora più rosso appena la comprensione si fece largo in lui. Con un urlo disumano scattò a sedere, strisciando all’indietro finché la sua schiena non incontrò la solidità del muro. Kaede continuò ad osservalo mentre si rimetteva anch’egli seduto; Hanamichi però eludeva il suo sguardo, ostinato.

Rukawa non sapeva bene come comportarsi; diavolo, lui era una frana nell’esprimersi a parole, ma si rendeva conto che non potevano evitare di parlarne. Dovevano chiarirsi.

Chiuse gli occhi, sospirando frustrato. Fu allora che sentì il pacchetto di fazzoletti planare sulle sue gambe incrociate. Alzò il viso e vide Hanamichi dargli la schiena, tutto rannicchiato su se stesso. Non poté evitare di arrossire un po’ all’idea che si stesse sommariamente ripulendo. Quell’immagine mentale gli provocò un fremito all’inguine e una lieve accelerazione del respiro; si morse l’interno della guancia, cercando di non divagare con il pensiero su fantasie pericolose per il suo autocontrollo. Poi, dando anch’egli la schiena al compagno, si affrettò a ripulirsi.

I minuti successivi furono i più imbarazzanti della loro vita: nessuno dei due osava dire qualcosa. Se ne stavano in silenzio, le schiene addossate alla parete, pochi metri a dividerli.

Hanamichi si schiarì la gola, strusciando gli anfibi per terra, nervoso e sempre più agitato. Se Rukawa non avesse parlato, era sicuro che sarebbe scoppiato finendo per urlare tutto ciò che gli passava per la testa. Solo il timore lo teneva tranquillo; dopotutto essere stato scaricato da ben cinquanta ragazze aveva leso la sua sicurezza, nonostante cercasse di apparire sempre spavaldo.

Sta smettendo di piovere” disse d’improvviso Rukawa.

Sakuragi guardò fuori dalla finestra, scoprendo che il compagno aveva ragione. Le nuvole si stavano diradando e il cielo schiarendo, tingendosi prima di un grigio chiaro per poi ammantarsi di diverse sfumature di azzurro e arancio. Il tramonto era vicino.

Quella quiete, dopo il rimbombo continuo dei tuoni, era quasi assordante.

Perché mi hai ignorato, questa settimana?”

Hanamichi sbarrò gli occhi, annichilito; la frase gli era uscita in automatico, senza che riflettesse. ‘Oddio, no! Non l’ho detto ad alta voce, vero?’

Non si azzardò a guardare Kaede, nonostante avvertisse i suoi occhi su di sé, brucianti più del fuoco.

Credevo…” iniziò Rukawa, poi si bloccò, come se fosse a corto di parole.

Finalmente Hanamichi girò il viso per osservarlo. Rukawa sembrava teso e insicuro quanto lui.

Cosa?” lo incoraggiò, pieno di aspettativa. Voleva sapere cosa passasse per la testa di Kaede; la sua espressione era sempre così illeggibile.

Rukawa lo guardò dritto negli occhi. “Tu eri ubriaco”, disse secco, rimarcando quel ‘tu’ in tono quasi accusatorio. Hanamichi non poté evitare di arrossire. A ben pensarci, quando si erano baciati alla festa, Kaede aveva fatto il suo nome, mentre lui non aveva detto nulla. Mettendosi per la prima volta nei panni dell’altro, intuì che Kaede doveva aver supposto che lui avesse dimenticato tutto, o peggio, avesse creduto di baciare qualcun altro.

Non ero così ubriaco” ammise mesto.

Vide Rukawa scrollare le spalle e rilasciare uno sbuffo. Cos’altro si aspettava che dicesse?

Baka Kitsune! Io volevo baciarti!” esclamò esasperato, abbassando gli occhi sulle proprie gambe. Si sentiva così confuso ed impacciato. “Sì, volevo baciarti alla festa, così come lo desideravo poco fa”, aggiunse in un sussurro. “Mi piaci. Tanto. Tantissimo”.

‘Che qualcuno mi fermi!’, pensò Hanamichi nel panico. Perché diavolo gli stava confessando tutto? Era impazzito? Stava offrendo alla Kitsune il suo patetico cuore innamorato su un piatto d’argento. Senza alcuna garanzia che Kaede lo ricambiasse. Insomma, quello che era accaduto poco fa era indice solo di un certo desiderio sessuale, ma poteva forse sperare in altro?

Sakuragi rialzò il viso, il corpo irrigidito dall’ansia. Sobbalzò per la sorpresa: Kaede, senza farsi sentire, gli si era inginocchiato di fronte e lo guardava con occhi luminosi e un sorriso appena accennato.

Sei il solito Do‘aho ” disse piano, le iridi risplendenti d’ironia.

Baka Kitsune!” inveì Hanamichi, punto sul vivo; poi deglutì, quando le dita di Kaede sfiorarono la sua guancia, calda ed arrossata. Pochi istanti dopo, le dita furono sostituite dalle labbra di Rukawa.

Sakuragi trattenne il fiato, senza osare muoversi. Era possibile che bastasse la vicinanza di Kaede per mandargli in pappa il cervello? Non riusciva a pensare a nulla e si sentiva leggero, come se fluttuasse nell’aria.

Anche tu mi piaci, Hanamichi”, fu il mormorio roco di Kaede, bisbigliatogli all’orecchio come se fosse un segreto.

Il cuore di Sakuragi saltò un battito, poi prese a martellare con furia. Si lasciò avvolgere dalle braccia di Kaede, così come dal suo profumo, intenso e mascolino.

I due ragazzi rimasero abbracciati per alcuni minuti, in silenzio, perché non c’era più bisogno delle parole.

Fu Kaede a sciogliere l’abbraccio; si alzò in piedi e offrì una mano al compagno per far sì che facesse altrettanto. Hanamichi l’accettò con un sorriso felice sulle labbra. Senza dire nulla, Kaede uscì sul terrazzino del faro, sicuro che l’altro lo avrebbe seguito.

Da lassù la vista era meravigliosa. Il sole appariva come una sfera di un bianco accecante, circondato da un cielo sfumato di tutte le tonalità di arancio e rosso. La luminosità dell’astro in tramonto si rifletteva sulle acque calme di un mare dorato. Il silenzio era rotto solo dallo sciabordio delle onde e dal richiamo dei gabbiani.

Kaede inspirò l’aria fresca della sera.

È stupendo”, mormorò Hanamichi ponendosi al fianco di Rukawa, lo sguardo fisso sull‘orizzonte.

Kaede annuì appena, anche lui ammaliato dallo spettacolo che la natura stava offrendo loro; poi avvertì la mano di Sakuragi accanto alla sua. Le dita ambrate sfiorarono le sue nocche più volte, senza osare fare di più. Kaede intimamente sorrise, lanciando una fuggevole occhiata al ragazzo accanto a lui: era di nuovo rosso d’imbarazzo. Senza dire nulla, ruotò la propria mano in modo da poter intrecciare le sue dita con quelle del compagno.

A seguito di quel gesto, il viso di Hanamichi si colmò di gioia e Kaede, guardandolo, lo trovò bello come lo spettacolo che stavano ammirando.

Stringendo la presa tra i loro palmi tanto da percepirne il calore, in cuor suo Rukawa sperò di poter vedere con Hanamichi altri mille tramonti.

 

Fine

 

 

 

 

Nota: So bene che in Giappone i ragazzi minorenni non possono bere, ma in questo caso, sebbene non l’abbia specificato nella storia, si tratta di una festa organizzata in casa, dove penso sia più facile per i giovani ‘dribblare’ le rigide norme giapponesi. ^^

Spero che la fic vi sia piaciuta, anche se so che non era nulla di che, ma ero in piena fase ‘romantica’ (che a volte non guasta) e avevo voglia di scrivere qualcosa di poco impegnativo e ‘leggero‘. Mi auguro che, nonostante ciò, sia stata una lettura almeno gradevole.

Ah, un’ultima cosa: ho aperto da poco una mia pagina (come autrice) su facebook: Aurora Boreale

Chiunque volesse chiedermi l’amicizia, è il benvenuto. Vi pregherei solo un accorgimento, quello cioè di specificare il nick che siete soliti adoperare su efp (se diverso da quello di fb), onde non creare confusione alla sottoscritta nel riconoscervi^^”.

Un ringraziamento particolare a tutti quelli che leggono, commentano e a coloro che mi hanno messo tra i loro autori preferiti: grazie davvero!

Baci

aury

   
 
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