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Autore: Fede_Wanderer    21/06/2011    2 recensioni
[AU] - [Alta presenza di crack, crack e... crack!] - [Baby-fic]
Istituto CLAMP. La piccola Hokuto, cinque anni, in preda alla noia, decide di vagare tra stanze e corridoi, cercando qualcuno a cui mostrare gli stravaganti vestiti donati alle proprie bambole, ed approfittandone per sbirciare i passatempi dei bambini...
«Giro, girotondo, casca il mondo, casca la Terra, e tutti giù per terra! Non è divertente, Kamui?»
«Non lo so. Sarebbe più bello se rimanessero tutti in piedi, tutti sani e salvi, anche tu e Kotori.»
«Ah.»
Genere: Comico, Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Fuuma Monou, Hokuto Sumeragi, Nataku, Seishiro Sakurazuka
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Childhood Games

«Giochiamo con le bambole, Kotori-chan?»
Hokuto Sumeragi, cinque anni, scrutava con sguardo critico una Barbie, disegnando distrattamente sul pavimento i vestiti più in da affibbiarle.
Al suo fianco c’era una bambina bionda, con due occhi spenti e un sorriso così dolce da ritrarre alla perfezione la follia.
«Bambole. Belle, bambole. Vestiti. Così belli anche i vestiti.» diceva, con aria assente, stringendo in mano due Ken che la piccola onmyouji aveva accuratamente accoppiato, rendendoli protagonisti di una tragica love story, conclusasi con la morte di uno dei due tra le braccia dell’altro.
Nel vedere che Kotori s’era  nuovamente perduta nei suoi sogni, Hokuto rimase per un po’ a giocherellare in solitudine.
Poi, saltellando scalza per la casa, decise di andare da suo fratello: forse lui avrebbe giocato con lei, perché Subaru non le diceva mai di no – non diceva mai di no a nessuno, era troppo gentile.
S’intrufolò piano nella stanzetta di Subaru. Oh, sospirò. Suo fratello stava giocando di nuovo con i suoi amici immaginari. L’ultima volta s’era inventato una ragazza che voleva diventare un’attrice famosa e bella.
Poi un nonnino con delle banane. Questa volta toccava a un cagnolino.
Hokuto conosceva un’altra bambina che parlava con un cagnolino immaginario. Yuzuriha, si chiamava, e a scuola la prendevano tutti in giro. Un giorno l’avrebbe aiutata, si disse, con convinzione.
Poi uscì dalla camera e andò a sbirciare nel salotto. C’era un amichetto di suo fratello, un bambino orfano di padre, che giocava al girotondo con un altro bambino che le pareva si chiamasse Fuuma.
«Casca il mondo, casca la Terra, e tutti giù per terra! Non è divertente, Kamui?»
«Non lo so. Sarebbe più bello se rimanessero tutti in piedi, tutti sani e salvi, anche tu e Kotori.»
«Ah.»
A dirla tutta, neppure Hokuto capiva che cosa ci trovasse Fuuma in quelle parole, e poi non le andava di fare il girotondo. Cambiò stanza un’altra volta, e pensò di andare a trovare Arashi.
Ad Arashi, però, non piacevano le bambole. A lei piacevano le spade ed i coltellini e Assassin’s Creed, perché c’erano le lame che uscivano dalle mani e per qualche motivo l’avevano sempre affascinata.
Poi pensò di andare a trovare Karen. A lei le bambole piacevano, solo che Hokuto le vestiva e Karen, invece, le svestiva. Alla fine decise. Sarebbe andata a trovare Sei-chan!
Attraversò i lunghi corridoi dell’Istituto CLAMP, pensando che somigliavano a passaggi segreti e forse l’avrebbero condotta sulla cima della Tokyo Tower e—bum.
«Oh! Scusa!»
Era andata a sbattere contro il bambino più apatico dell’intera casa. Nataku. La nonna le aveva detto che aveva perso la sorellina, una certa Kazuki, ma non era molto sicura che fosse andata così.
Nataku, in ogni caso, le passò oltre senza proferir parola; lei si diresse allora verso la stanza di Sei-chan e spalancò la porta. «Seishiro-chaaaan! Oh. Stai giocando di nuovo con i tuoi animaletti.»
Seishiro amava gli animali. Così tanto che ci giocava per ore ed ore, eppure talvolta qualcuno spariva. E non tornava più. Hokuto era sospettosa – ma era una detective, e prima o poi li avrebbe ritrovati; oh, sì.
«Sei-chan, dov’è Sorata? » gli chiese, gironzolando per la stanza – Seishiro sapeva sempre molte cose sugli altri bambini, perché il suo falco giocattolo girava per casa in continuazione.
«Tenta di convincere Arashi a giocare al dottore.»
«Aoki?»
«Fa finta di scrivere per un giornale importante.»
«Satsuki?»
«Gioca a The Sims
«Kakyou? Dorme di nuovo, vero?» mormorò, con aria afflitta.
«Credo di sì, Hokuto-chan. Mi spiace.» le rispose il bambino, sorridendole ed afferrando un anpan.
A quel punto, la bambina si rassegnò. Salutò Seishiro e tornò nella sua cameretta.
Kotori aveva appoggiato per terra i due Ken e stava giocando con le Barbie – «Barbie mamma. Barbie Saya. E questa, Barbie Tohru.» bisbigliava.
Hokuto prese in mano Ken e Kennino, ricordando la loro epica immaginaria love story.
Avrebbe fatto bene a pensare alle ultime parole di Ken – che love story era, senza ultime parole?
«Io ti amo» sarebbe stata una buona scelta. Classica, romantica…
O forse no. C’era qualcosa che mancava. O forse qualcosa di troppo. Poi capì.
«Io ti…»
Sì, così era davvero perfetto.

Sentite, non è colpa mia. E’ colpa di una mia amica che spara boiate crack, e io le traduco in fanfiction.
Fuuma che canta la canzoncina del girotondo, per esempio, l’ha inventato lei. E anche Subaru, Sorata e in parte Arashi.
Io poi ci ho ricamato su. E vabbè, è la fanfiction più scema dell’universo, ma mi sono divertita un sacco a scriverla! XD





 

   
 
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