Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler
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Autore: Cherie    21/06/2011    3 recensioni
Sebastian ha salvato Ciel dalle acque del Tamigi subito dopo lo scontro con l'angelo, e la scena successiva dell'anime ci mostra il conte disteso, mentre il demone lo porta via con sé su di una piccola barca. Ma nel frattempo cosa è successo?
E se Ciel, dopo aver ottenuto la sua vendetta, non fosse disceso immediatamente negli Inferi, ma avesse percepito dentro di sé un dovere morale del quale non aveva mai sentito il richiamo prima? Un dovere che, questa volta, non include i suoi obiettivi personali e che ritarda l'adempimento del contratto con Sebastian?
La storia è ispirata alla fiaba di Oscar Wilde "Il principe felice".
{Seconda classificata al "Fairytale Industry Contest" indetto da WindOfTheNight e LoLLy_DeAdGirL}
{Vincitrice del premio Fairytale Award!}
Genere: Malinconico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ciel Phantomhive, Sebastian Michaelis
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Il conte felice
Nda: Sono lieta di presentarvi questa storia sia perché è la prima che scrivo su Kuroshitsuji, sia perché con mia grandissima gioia si è classificata seconda al primo contest a cui io abbia mai partecipato ("Fairytale Industry Contest", di LoLLy_DeAdGirL e WindOfTheNight), rendendomi tanto fiera e vincendo anche il premio Fairytale Award per la migliore attinenza alla favola scelta ^^
(Alla fine sono riportati anche i punteggi ed il giudizio)
Fatemi sapere cosa ne pensate!











I.


Scivolando sulla liscia superficie del vetro, una goccia di pioggia tracciava una scia umida che precipitava rapidamente verso il basso, dividendo in modo evanescente il panorama al di fuori della finestra.
Stese un indice magro e pallido, e l'afferrò al volo poco prima che si andasse a confondere con le altre sul bordo del cornicione; dopodiché avvicinò lentamente il dito alle labbra, e con un rapido guizzo della lingua la fece sua.
Era fredda, ma non sapeva di niente.
-Signorino?-
Ciel Panthomhive si girò, sorpreso con lo sguardo perso ed un dito in bocca, come un bambino. Si affrettò a ricomporsi per poi chiedere, con tono stizzito: -Sì?-
-Pensavo stessimo uscendo.-
-E' così. Portami qualcosa che assomigli a un soprabito, sembra fare freddo fuori.-
-Yes, my lord.-


*


Di norma, una città abituata alle frequenti pioggie come Londra non si ferma per un piccolo acquazzone. Eppure quel pomeriggio quasi nessuno si trovava in giro per le strade: la città era avvolta da un umido manto di silenzio, punteggiato dalle luci flebili che provenivano dalle finestre delle case. Luci che promettevano accoglienza, calore, affetto.
I passi del conte, brevi e veloci, si distinguevano da quelli del maggiordomo, più lunghi e cadenzati, nell'armonioso accordo di due individui che camminano ognuno per sé, ma che sanno di andare nella stessa direzione.
-Siamo arrivati.- annunciò la voce di Sebastian.
Ciel fissò ancora per qualche istante le pozzanghere attorno alle sue scarpe eleganti prima di alzare lo sguardo. Quando lo fece, la villa dei Phantomhive, nella quale aveva abitato fino a qualche giorno prima, gli si presentò come un tetro spettacolo: senza nessuna cura, l'enorme giardino, sempre decorato in modo tale da fare invidia a quello della Regina, era una disordinata distesa di erbacce e di roveri dalla forma irregolare, bruciati dal fuoco di Pluto. Sopra di esso si stagliava l'enorme casa: nessuna luce vi era accesa, le porte ciniree erano chiuse, mentre le finestre e la muratura, arse anch'esse, avevano acquisito un colorito nero-grigiastro che ben si intonava a quello del cielo plumbeo. Istintivamente chiuse la mano sinistra a pugno, e sentì il freddo metallo dell'anello che gli penetrava nella carne.
Il ragazzino, rimasto come incantato per qualche secondo, si riscosse: -Sebastian- mormorò -voglio che tu entri lì dentro e recuperi tutto quello che ci possa servire per i prossimi giorni. Abiti, coperte, mobili...tutto ciò che non è stato ancora irrimediabilmente rovinato dal fuoco.-
Il maggiordomo alzò un sopracciglio: -Posso chiederle a che scopo, signorino?-
-No. Ho freddo, torno indietro.-
Sebastian annuì lentamente. Fece un passo in avanti, si piegò sulle ginocchia, e in un secondo aveva già abilmente saltato la cancellata. Ancora un paio di passi, e poi si fermò.
-Signorino.- chiamò, senza voltarsi.
Ciel lo guardò di sbieco, pronto ad andarsene. -Cosa vuoi?-
-Non so per quanto tempo ancora voglia restare qui, ma le ricordo che io e lei abbiamo un contratto.- chiarì Sebastian gelidamente. -E che questo è scaduto.-
Il conte strinse i denti. -Lo so benissimo.- disse, e gli voltò le spalle.

In quel momento passò davanti alla villa una donna che trascinava un bambino per il polso.
-Guarda mamma! Non è la villa dei Phantomhive, quella?-
-Sì amore, ma guarda com'è ridotta...su, andiamo, o ti bagnerai tutto.-
-Fa un po' paura, vero mamma?-
Ciel si strinse nella giacca e fece una smorfia. Oltre al suo atteggiamento obbligatoriamente distaccato e scontroso, oltre l'occhio recante il sigillo del suo contratto che teneva sempre bendato...ora anche la sua casa, la casa dei suoi genitori, creava disagio. Incredibile come ogni singola cosa che con la quale venisse a contatto finisse, prima o poi, per marcire e risultare sgradita. C'era ancora qualcosa di puro nella sua vita? E, in fin dei conti, c'era mai davvero stato?
Posso chiederle a che scopo, signorino?
A che scopo, infatti? Perché, dopo che Sebastian lo aveva salvato dal fiume, non era andato con lui verso gli Inferi? Perché, avendo finalmente sconfitto tutti i suoi nemici, non si era abbandonato al suo destino? Perché continuava a restare ancorato a quella città, quando aveva un prezzo da pagare per i servizi che aveva richiesto?
Non lo so neanche io, Sebastian.
Sento di non aver ancora portato tutto a termine.
Ma forse è solo paura.


*


Quando riuscì a ritrovare la strada per tornare indietro, il maggiordomo era già lì ad aspettarlo.
-Bentornato, signorino.-
Ciel annuì brevemente ed entrò nel magazzino abbandonato, ristagnante d'umidità. Dopo che Sebastian l'aveva recuperato dalle fredde acque nelle quali aveva rischiato di annegare, quel luogo era sembrato ad entrambi il più plausibile e sicuro dove rifugiarsi.
Durante la sua assenza i suoi ordini erano stati eseguiti con la solita accuratezza: al centro della stanza si trovava il lungo tavolo al quale il conte era abituato ad essere servito; in un angolo vi erano il suo letto a baldacchino – nonostante fosse privo delle tende, le quali erano andate bruciate – e la sua scrivania, annerita dal fumo, con sopra poggiati gli scacchi. Sul letto, oltre a qualche camicia e ad alcune giacche, c'erano il suo mantello ed il suo bastone da passeggio.
-Sono desolato per la mancanza del cappello, ma era decisamente troppo consumato.- disse Sebastian, accompagnando una sedia dietro la scrivania.
Il giovane conte non sembrava neanche ascoltarlo mentre si guardava intorno. Istintivamente portò la mano destra sulla sinistra ed accarezzò nervosamente la pietra blu dell'anello, l'unica prova del suo rango.
E così, questo è tutto quello che si è salvato della famiglia Phantomhive.
-Ho preparato la cena, signorino, se vuole accomodarsi a tavola.-
Ciel si sedette quasi in stato d'incoscienza, assorto nei suoi pensieri. Prese una posata senza neanche guardarla e cominciò a rimestare a caso nel piatto, con lo sguardo fisso nel vuoto e un'espressione corrucciata.
La storia di intere generazioni distrutte dal fuoco...e non ne restano altro che banali suppellettili a testimoniarne l'esistenza.
Il maggiordomo si portò dietro di lui e, con un movimento rapidissimo, si chinò verso la sedia del padroncino, arrivando a sfiorargli con il viso pallido la spalla. -Qualcosa forse non va?- chiese.
Percependo il respiro del demone sul proprio collo, il ragazzo lasciò cadere il cucchiaio nel piatto con un tonfo sordo e abbassò lo sguardo. Senza guardare negli occhi il maggiordomo si pose una mano sotto il mento, e l'altra la stese verso l'esterno, indicando gli oggetti che gli erano stati forniti.
-Tutte queste cose...-
-Non le vuole più.-
Ciel alzò sorpreso gli occhi andando a incontrare le iridi rosse del maggiordomo, che lo fissava con un'espressione molto seria sul volto. Sentire espressi i suoi dubbi ad alta voce, con un tono così sicuro, lo turbò.
Non li voglio più?
-Desidera che riporti tutto indietro?-
-No!- scattò Ciel, sbattendo una mano sul tavolo.
Sebastian si ritrasse. Il conte strinse forte i pugni, irritato dall'essersi fatto cogliere prima in un momento di debolezza e poi d'ira; portò quindi il pollice destro sul sinistro, e il freddo contatto con la pietra preziosa parve calmarlo, almeno parzialmente.
Certo che voleva quegli oggetti. Così come rivoleva una casa, dei genitori, una famiglia. Eppure, adesso che aveva ottenuto la sua vendetta, quelle cose gli sembravano aver perso ogni significato. A cosa potevano in effetti servire, stipati in un magazzino abbandonato che presto avrebbe lasciato?
Desidera che riporti tutto indietro?
Si voltò nuovamente verso il suo maggiordomo, ma questa volta con un'espressione neutra sul volto. -No, non ancora.-.


*


Sebastian si chiuse con delicatezza la porta alle spalle. Rivolse per un attimo lo sguardo verso l'orizzonte nel punto in cui il sole era completamente scomparso, sistemandosi i guanti, e con uno scatto repentino si inoltrò nelle stradine buie di Londra, tenendo stretti i vestiti del conte. Corse tra le strade sporche, passò accanto ai mendicanti senza degnarli di uno sguardo, sfilò per un tratto parallelo al fiume e, infine, giunse alla casa che gli era stata descritta dal suo padrone.

-Mentre tornavo mi sono perso. Non molto lontano da qui, in una via parallela a quella del mercato dei poveri, c'è una piccola casa. Ho sentito un gemito e mi sono sporto dalla finestra. Dentro, strizzando gli occhi nella luce fioca, una donna stava cucendo un abito, ed altri ancora erano ammassati su di un tavolo...-
-Una cucitrice- commentò placidamente Sebastian.

La donna all'interno stava ancora lavorando, con il capo ciondolante dalla stanchezza; due bambini dormivano ranicchiati l'uno accanto all'altro nell'angolo della stanza più lontano dalla finestra dalla quale il maggiordomo stava sbirciando.
Sebastian colpì due volte la porta in modo secco. Dei passi all'interno, e la portà cigolò.

-Una cucitrice, già...eppure, nonostante avesse stoffa sufficiente per tutti gli abiti che aveva da cucire, i suoi bambini giocavano seminudi nella stessa stanza.-
-E' normale.- disse il maggiordomo -La stoffa le viene fornita dai committenti; quello che le danno come paga non è sufficiente a permetterle di comprarne per sé, altrimenti lavorerebbe in proprio e il suo operato sarebbe più caro.-
Il conte splancò le palpebre.
-Anche noi abbiamo fatto così, Sebastian?-
-Sì, mio signore. E' una pratica comune a tutte le famiglie nobili.-

La cucitrice aprì, e sgranò gli occhi alla vista dell'uomo alto che le si parava davanti, con le braccia chiuse sul petto che sostenevano qualcosa che alla fioca luce della luna non riusciva ad identificare. Cercò di far mente locale. Che lo conoscesse? Che lavorasse per la sposa della quale stava cucendo il vestito in vista dell'imminente matrimonio?
-Siete uno dei servitori di Lady Vivian? E' ancora presto, non avrò finito prima di domani mattina...-
-Non conosco questa Lady Vivian, signora, e non tornerò domattina.-

Ciel raddrizzò il capo e si voltò verso il maggiordomo. -Voglio che tu porti gli abiti che ci sono sul letto a quella donna, Sebastian. Non serviranno a molto, rovinati come sono, ma almeno potranno far sì che riesca a ricavarne dei panni con i quali coprire i bambini.-
Il maggiordomo chinò la testa con fare interrogativo: -Qual è il motivo di tanta gentilezza, signorino? Da quando perdete tempo a fare la carità?-

Sebastian sistemò tra le braccia della donna il cumulo di abiti. -Sono un dono del mio padrone. Le condizioni non sono di certo le migliori, ma la stoffa è buona, e potrà usarla per altri scopi.- aggiunse, con un'occhiata al giaciglio dei due bambini.
La donna arrossì.

Il conte lo fissò gelidamente: -Non sono affari tuoi, Sebastian. Fallo e basta.-
Il maggiordomo si inginocchiò e si portò una mano al petto. -Yes, my lord.-


*


Al suo ritorno, Ciel era seduto sul letto con le gambe raccolte al petto. Alzò il capo sentendo il cigolio dei vecchi cardini, ed incontrò lo sguardo di Sebastian, che annuì.
Il conte si sdraiò sul letto e lasciò che gli venissero rimboccate le coperte -Era felice?- chiese.
-Sì.- rispose il maggiordomo -ma in imbarazzo, anche.- Sistemò il cuscino e si mosse come per allontanarsi, quando avvertì una piccola mano serrargli il polso. -Aspetta.- sussurrò Ciel.
Allora il demone si sedette sul letto, e prese la mano del padroncino fra le sue.
-Sì?-
-Sei passato per le strade o per i tetti?-
Sebastian sorrise suo malgrado. -Da perfetto maggiordomo dei Phantomhive, ho pensato che attraversare le strade come le persone normali fosse la scelta più giusta.-
Ma il viso di Ciel restò serio, indifferente alla sua ironia. -Allora raccontami quello che hai visto.-
E, mentre i minuti scorrevano veloci, Sebastian raccontò dei vicoli bui, degli anziani lasciati a mendicare sul ciglio della strada, dei ragazzini sporchi che giocavano con dei sassolini; narrò dei pianti isterici dei neonati che pativano la fame, dei singhiozzi delle madri che non potevano aiutarli, delle occhiaie dei padri costretti a lavorare fino a notte fonda per portare a casa dei soldi; parlò  delle prostitute che si mostravano in cerca di un offerente che pagasse il pranzo del giorno dopo, di giovani che con un pezzo di carboncino in mano che non sapevano scrivere e si limitavano a scarabocchiare sui muri, delle fiammiferaie che venivano picchiate dai padroni perché non avevano venduto abbastanza; parlò di questo e di altro, mostrando al conte la Londra che non aveva mai conosciuto davvero, finché non percepì il respiro del suo padrone farsi più lento e profondo e la sua mano si abbandonò completamente nelle sue.






II.

Il giorno seguente passò con la placida lentezza di un momento privo di impegni incombenti. Ciel chiese di essere accompagnato in un'altra passeggiata per Londra e nel pomeriggio Sebastian si recò al mercato, in cerca degli ingredienti per preparare la cena. Un commerciante gli disse che se avesse preso un chilo di spezie avrebbe pagato tutto a metà prezzo la settimana seguente. Il maggiordomo rifiutò l'offerta.
-Non importa.- disse -Non conto di restare qui per così tanto tempo.-


*


Alfiere in D7.
Ciel spostò la pedina proprio mentre lo stridio dei cardini annunciava il ritorno del maggiordomo.
-Sei tornato, Sebastian. E' terribilmente noioso giocare da solo.- commentò il conte, girando intorno alla scacchiera per poter compiere la mossa successiva.
-Mi dispiace, signorino, ma stavo provvedendo alla sua cena.-
-Non importa ora. Avvicinati.-
Sebastian si avvicinò e sedetta dalla parte opposta della scacchiera.
-Giochiamo.- disse Ciel, incrociando le mani sotto il mento.
Il demone studiò per un attimo il campo di battaglia, e poi fece saltare il cavallo nero a L in modo da mangiare l'alfiere appena mosso dal ragazzino.
Ciel non battè ciglio e fece scivolare la regina bianca lungo le caselle per togliere di mezzo un pedone, avvicinandosi pericolosamente al re dell'avversario. Il maggiordomo rispose eliminando un pedone bianco nemico con una delle torri, ma Ciel percepì il pericolo ed eseguì un arrocco*. Sebastian fece scavalcare allora l'ultimo degli alfieri bianchi dal suo cavallo per avvicinarsi al re nemico; a quel punto Ciel spinse in diagonale la regina fino alla casella dove si trovava il re nero del demone e lo mangiò.
-Ha vinto.- constatò Sebastian, appoggiandosi allo schienale della sedia.
-No.- rispose Ciel -Tu stai mirando al mio re. A me interessa solo del tuo cavallo.-
Il maggiordomo corrugò le sopracciglia e preferì non ribattere, continuando il gioco. Molte altre pedine caddero,e la stanza si oscurò poco a poco mentre il sole lentamente calava, fino a quando rimasero solo il re del conte ed il cavallo del demone.
-Sembra che ci troviamo in una situazione di stallo.- commentò Sebastian.
-Così pare.- rispose Ciel, e sollevò la testa per poter guardare negli occhi il suo avversario -Ma il cavallo ha sempre più liberta di movimento rispetto al re. Prima o poi mangerai la mia pedina.-
Il maggiordomo ricambiò lo sguardo del suo padrone senza battere ciglio. -Così deve accadere.- confermò a bassa voce.
-Così deve accadere.- ripeté Ciel in un cupo mormorio, facendo girare pensosamente l'anello intorno al proprio pollice.  -Ma non subito.-


*


Sebastian si avviò per le strade con un passo più cauto rispetto a quello della notte precedente. Tra le braccia teneva una scatola di cartone, il cui contenuto risuonava ritmicamente seguendo i passi svelti ed agili del maggiordomo. I suoi occhi rossi penetravano l'oscurità intorno, permettendogli di scegliere la giusta via anche quando si trovava completamente al buio.

Ciel prese un pedone bianco tra l'indice e il pollice e lo scrutò.
-Quanto vale uno di questi, secondo te?- chiese.
-Non so di preciso- rispose Sebastian -ma certamente è molto pregiato. Tutti i pezzi bianchi sono d'avorio, e quelli neri di diorite egiziana...e lo stesso vale per la schaccheria.-
-Capisco.-

Il demone saltò senza sforzo un recinto di legno e atterrò in un giardino incolto, dove erbacce e fiori campagnoli regnavano incontrastati. Percorse un vialetto di pietra, scorgendo di tanto in tanto dimenticati giochi infantili dall'aspetto trascurato: palloni sgonfi, corde sfilacciate, strane costruzioni realizzate grazie ai rametti degli alberi...solo il fatto di essere un tale diavolo di maggiordomo gli impedì di scivolare su delle perline impertinenti rotolate via poco prima dei gradini.

-Oggi, mentre passeggiavamo, siamo passati davanti ad un edificio. Ho guardato attraverso i cancelli, e ho visto decine di bambini e di ragazzi correre in quel sudicio prato lì intorno e divertirsi con ninnoli di poco valore, mentre donne dall'aspetto austero passavano tra di loro alzando le gonne, separando le piccole risse ed evitando che i più piccoli si strozzassero mettendo in bocca degli oggetti.-
Sebastian si portò un dito sulle labbra, come per pensare. -Probabilmente parla dell'orfanotrofio, signorino.-
-Sì.- confermò Ciel. -I loro schiamazzi mi irritavano ernomemente.-

Il maggiordomo allungò una mano affusolata verso il batacchio arruginito della porta e fece sì che risuonasse due volte sul portone di legno. I tonfi sordi riecheggiarono all'esterno dell'edificio e poi ci fu silenzio, rotto soltanto dal lieve cigolio delle catene delle altalene, mosse placidamente dal vento.
Sebastian fece un passo indietro per poter osservare la struttura nella sua completezza. Era davvero squallida.

-Se mi avesse detto che la infastidivano saremmo andati via immediatamente.-
-No.- ribatté il conte con voce ferma -volevo osservarli. Volevo capire come, pur avendo come giochi degli oggetti di fortuna, molto rovinati se non inutili, riuscivano comunque a divertirsi fra di loro.-
-E ha trovato una risposta?-

Un grande occhio verde spuntò al livello del ginocchio di Sebastian quando la porta si aprì di qualche millimetro. Spaventato dalla visione di quell'alto uomo in nero, il bambino scappò via  e richiuse la porta.
-Chris! Quante volte devo dirti di non andare ad aprire agli estranei!-
L'uscio si aprì nuovamente e stavolta furono due grandi occhi marroni a spuntare, seguiti dall'espressione stupefatta di una giovane donna alla vista di un uomo così serio e distinto.
-Possiamo fare qualcosa per lei?- chiese impaurita.

-No. Ma sono sicuro che, nonostante si divertano anche così, qualche gioco nuovo non gli dispiacerebbe di certo.- Ciel posò il pedone sulla propria casella, e tenendo lo sguardo fisso sulla scacchiera cominciò a rimettere a posto ogni singolo pezzo. Quando ebbe finito, la spinse verso il maggiordomo e disse: -Sebastian, porta questa scacchiera con tutti i suoi pezzi all'orfanotrofio. Assicurati che la ricevano e che la vendano, in modo da ottenere dei soldi per migliorare le loro condizioni.-
Sebastian si alzò lentamente dalla sedia, con lo sguardo fisso in quello tenace del conte.
-Ancora una volta le chiedo il perché di questa azione, signorino.-

-Questa è per voi.- disse Sebastian porgendo la scatola alla ragazza, che la prese con fare impacciato per poi gettare un'occhiata veloce all'interno, cercando di non farsi notare. -Dentro vi troverete la scacchiera completa del mio padrone, realizzata in avorio e diorite egiziana su espressa richiesta della sua famiglia. E' un pezzo unico: vendendola, dovreste ricavarne una discreta somma.-
Lei aprì la bocca senza riuscire a parlare dalla sorpresa.
-Anne, chi è?- chiese una voce maschile dall'interno.

-E ancora una volta, io ti ripeto che non ti riguarda.-
-Sembra riguardarmi invece, dato che queste piccole opere di carità la distolgono dall'adempimento del nostro contratto.- replicò il demone con freddezza.
Ciel si strappò la benda nera dall'occhio destro e il sigillo su di esso brillò come una tacita ammonizione. -Ubbidiscimi, Sebastian!- gridò imperiosamente.
Senza dire una parola, il demone si voltò e pose con attenzione la scacchiera dentro ad una scatola di cartone, per renderne più facile il trasporto.

-Chi era, Anne?- chiese l'uomo affacciandosi alla porta con pipa in mano, appena in tempo per vedere la sagoma di Sebastian scomparire nel buio.
-Un...un signore.- balbettò la giovane donna. Poi, riscuotendosi, disse: -E' venuto per farci una donazione...guarda!-
Lui diede un colpo d'occhio al contenuto e fece un verso d'apprezzamento. -Bene, bene...ti ha detto chi è o per chi lavora? Così almeno sapremo chi ringraziare.-
Lei scosse la testa, imbarazzata.
-Meglio così.- concluse l'uomo, aspirando dalla pipa  -Mi chiedo solo come abbia fatto a scavalcare quattro metri di recinzione senza che gli venissimo ad aprire il cancello esterno.-


*


Sebastian rientrò nel magazzino il più silenziosamente possibile, attento a non svegliare il suo padroncino. Ma appena mosse qualche passo nella stanza si accorse che il conte non stava dormendo: il suo respiro era decisamente troppo irregolare.
-Sebastian?- chiamò Ciel.
-Sono qui.- rispose lui. Per un momento pensò di tornare all'esterno, ancora turbato dalla condotta del ragazzino, ma poi si avvicinò al letto, spinto dalla forza dell'abitudine a rispondere al richiamo della sua voce in qualsiasi situazione. Scostò un poco le coperte per poterle rimboccare meglio, e si accorse che il conte si era sdraiato dentro al letto senza cambiarsi.
-Signorino, cosa fa a letto con ancora tutti i vestiti addosso?-
Ciel strinse una mano a pugno sulla federa del cuscino, e la pietra preziosa dell'anello mandò un bagliore bluastro. -Non ho altro da mettermi.- mormorò.
Il maggiordomo lo fissò, e vide un ragazzino minuto che ricambiava il suo sguardo con un'espressione tenace, stringendo il cuscino; con i vestiti del giorno prima tutti sgualciti addosso sembrava poco più di un bambino. Così tanta forza d'animo in un corpo così fragile, così tanta impulsività e deteminazione celate dietro la facciata impassibile di un nobile conte!
La sensazione di rabbia e di tormento causate dall'attesa che ancora l'aspettava prima di poterne divorare l'anima scomparvero lentamente, mano a mano che indagava i tratti del viso del suo padrone e vi ritrovava le caratteristiche che lo avevano reso un'anima così speciale e preziosa da conquistare. L'irritazione crescente che fino a poco prima aveva provato, sentendosi quasi raggirato, venne poco a poco sostituita da un sentimento che, se non fosse stato un demone, avrebbe chiamato compassione.
-Così non può andare.- disse, e abbassando le palpebre cominciò a sbottonarsi la giacca nera. Se la tolse  con un movimento fluido e passò ai bottoni della camicia, più piccoli e difficoltosi, ma non abbastanza per le sue agili dita da demone.
Ciel sgranò gli occhi: -Cosa stai facendo?- chiese stupito.
-Faccio in modo che il mio signorino non prenda freddo, e che i suoi ultimi abiti rimanenti non si sgualciscano.- rispose semplicemente il maggiordomo. Rimasto totalmente a torso nudo, posò la camicia sul bordo del letto. Dopodiché costrinse il conte a sedersi su una sponda di esso, ed iniziò a slacciare le cinghie strette intorno ai polpacci
Nonostante il conte cercasse di protestare divincolandosi, il maggiordomo non demorse, e stringendolo per un braccio gli tolse l'anello con un solo gesto, attento poi a posarlo con attenzione per non rischiare di rovinare la pietra preziosa.
-Sebastian! Non fare lo sciocco, lasciami andare!-
-Neanche a parlarne.- ribatté. -Piuttosto, dov'è finita la sua vestaglia di ieri sera? Ero convinto che fossimo riusciti a salvare qualcosa dal cumulo di abiti destinati alla cucitrice.-
Ciel abbassò gli occhi e un lieve rossore si diffuse sulle sue guance mentre le mani del maggiordomo volavano sui bottoni della camicia ricamata che il giovane indossava.
-L'ho data via.- spiegò in un sussurro. -Mentre tornavamo ho sentito un ragazzo lamentarsi, perché non aveva abbastanza soldi da comprare  inchiostro e fogli per terminare la commedia commissionatagli...sono tornato lì mentre eri al mercato.-
Il demone annuì in silenzio, e prese la propria camicia dal bordo del letto. Aiutò il ragazzino ad infilarci prima un braccio, poi l'altro, e ricominciò pazientemente ad abbottonarla.
Ciel teneva lo sguardo ancorato alle mani maggiordomo senza mai lasciare che scivolassero al di fuori del suo compo visivo, come se il ripertersi continuo dei suoi gesti fosse una sorta di rito ipnotico che gli fornisse tranquillità, attraverso la rotazione elegante dei polsi e l'intersecarsi delle dita del demone.
-Sebastian?-
-Sì?-
Il conte tese le mani, avvolte da maniche troppo lunghe per lui, e dolcemente posò i palmi sul petto scoperto del maggiordomo. -Sarò qui, dopo che avrai inghiottito la mia anima?-
Sebastian afferrò con delicatezza i polsi del suo padroncino -Non solo, signorino. Sarà ovunque.- fece scorrere le sue piccole mani su tutto il proprio addome -Sarà in ogni parte di me, non appena lo vorrà.-
Ciel ritrasse le mani e le portò a sé in segno di difesa. Poi stese la camicia del maggiordomo fino alle proprie ginocchia magre e si rintanò sotto le coperte, in posizione fetale.
-Non appena lo vorrò.- sussurrò in modo appena percettibile. -Sei arrabbiato, Sebastian?-
-No.- rispose il maggiordomo, e la sua voce risuonò più grave del solito mentre una strana ombra calava sul suo sguardo.
-E allora resta qui di fianco a me anche stanotte.- disse il conte in tono perentorio.
La fermezza che si percepiva in esso venne però smorzata dallo scivolare della  piccola mano pallida fuori dalle coperte, alla ricerca di un contatto.
Intuendo il desiderio del suo padrone, Sebastian la prese. -Yes, my lord.-






III.

Durante il pranzo del giorno seguente, Ciel espresse il suo disappunto riguardo ai piatti che gli venivano serviti. -Ero abituato ai nomi altisonanti che mi proponevi alla villa.- aggiunse.
-Sono spiacente, ma lì potevo usufruire di una cucina e dii strumenti adatti, mentre qui...-
-Non importa.- tagliò corto il conte.
Ciel terminò il pranzo senza proferire parola, apparentemente concentrato sulle vivande. Mentre rimuoveva i piatti sporchi dal tavolo, Sebastian annunciò: -Sto per uscire, signorino. Devo comprare le candele, o rimarremo al buio questa sera.-
-Non ce ne sarà bisogno...non rimarremo qui un'altra notte.-
Il maggiordomo si bloccò di colpo con le posate a mezz'aria, le labbra socchiuse che tradivano la sorpresa. Si ricompose davanti allo sguardo serio di Ciel.
E così, alla fine, il cavallo mangia il re.


*


Alle prime luci rossastre del tramonto, Ciel Phantomhive si alzò in piedi.
-E' ora.- disse.
Sebastian gli tese il soprabito e aspettò che il conte infilasse una manica per volta prima di cominciare ad allacciare i grandi bottoni blu sul davanti. Ciel prese il suo bastone da passeggio e ci si appoggiò con entrambe le mani, il mento alto e fiero.
Il maggiordomo si rialzò e lo osservò a lungo. -E' per questo che non abbiamo donato anche queste cose? Voleva fare la sua ultima passeggiata in grande stile?-
-Non dire sciocchezze!- sbottò Ciel, e oltrepassò l'uscio a grandi falcate, ma non prima che il demone riuscisse a scorgere un angolo delle sue labbra incurvarsi verso l'alto, un esile indizio di vanità. Vestito così elegantemente e con l'anello dei Phantomhive che gli scintillava al dito, il conte sembrava aver improvvisamente acquisito nuova forza. Si portò una mano al colletto per proteggersi dal freddo mentre con l'altra si sosteneva pigramente al bastone da passeggio.
-Allora, Sebastian? Vogliamo andare?-
Il demone annuì e lo seguì all'esterno, chiudendosi poi la porta alle spalle.
Ciel cominciò a camminare lungo l'argine del fiume, senza voltarsi neanche una volta indietro per controllare di essere seguito. Gli ultimi raggi del sole delineavano la sua figura minuta per poi confondersi tra i capelli corvini, assumendo un tono bluastro. Le sue falcate erano piccole ma decise, mentre si dirigeva incontro al suo destino con lo sguardo fiero di chi non solo non lo teme, ma lo sfida.
Sebastian camminava qualche passo dietro il conte, seguendo la sua figura eretta senza sapere davvero dove si stesse dirigendo. Fu il primo a vedere la bambina avvicinarsi, a passi incerti ma con lo sguardo speranzoso.
-Signore?-  chiamò lei tirando Ciel per una manica. -Signore, lo vuole un fiammifero? Che ne dice di un bel pacchetto di fiammiferi? Brillano, e le torneranno sicuramente utili...-
Il conte strattonò via il braccio dalla presa della bambina e fece per allontanarsi, come era sua abitudine, ma poi rimase immobile, con lo sguardo ancora sulla strada davanti a sé. Incoraggiata da quel comportamento contraddittorio, lei continuò a proporre la sua merce al ragazzino: -Sono molto buoni, a poco prezzo, e il signore ne può avere quanti pacchetti ne vuole! Brillano, guardi come brillano!- disse tutta eccitata, sfregandone uno per dare origine a una piccola fiammella bluastra.
Ciel si girò e fece un passo in avanti verso la bambina, venendone nuovamente assalito: lei gli iniziò a tirare la giacca insistentemente, ansiosa di convincerlo all'acquisto.
-Ottima qualità, ottima qualità per il signore!- gli occhi le scintillavano dallo sforzo, mentre tendeva verso di lui la fiammella che si stava rapidamente estinguendo. -Sfregandoli una sola volta brilleranno, brilleranno per tutta la notte scura!-
Il conte le prese il fiammifero dalle mani con delicatezza e ci soffiò sopra per spegnerlo. Rimase a guardare le volute di fumo che si rincorrevano pigramente nell'aria, pensieroso, e poi sospirò. Si piegò su di un ginocchio per trovarsi poco al di sotto degli occhi della fiammiferaia.
-Vuoi vedere qualcosa che brilla?- chiese dolcemente.
Unì le mani ed esitò un attimo, ma poi si sfilò agevolmente l'anello e lo tenne stretto tra indice e pollice della mano destra per mostrarlo alla bambina, i cui grandi occhi si spalancarono.
-Brilla davvero molto, signore!-
L'ombra di un sorriso incurvò per un attimo le labbra del conte. -Ti piace?-
La bambina parve volersi trattenere per un attimo, poi disse tutto d'un fiato. -E' bellissimo, signore!-
-E allora è tuo.- concluse Ciel tendendoglielo. Lei però si ritirò di scatto.
-Oh, no, signore, non posso! Brilla così tanto...deve valere molti, anzi moltissimi fiammiferi!-
Il conte si rialzò in posizione eretta e le tese ancora una mano aperta, con l'anello sul palmo. -Non desidero comprare fiammiferi.- disse, avvicinandosi a lei cautamente -Ma voglio comunque che tu abbia quest'anello. Né gioielli né fiammiferi servono dove sto andando.-
La bambina fece qualche passo avanti e con mano tremante prese l'anello, osservando incantata lo scintillio della pietra blu incastonata in esso. -E' mio? Davvero?- Sussurrò flebilmente -Brilla così tanto...- disse quasi a se stessa.
-Certo. Portalo a casa, e chissà che non ti aiuti ad evitare quei brutti lividi.-
Portandosi colpevolmente una mano sulla guancia, la bambina arrossì e parve pronta a rispondere, quando Sebastian decise di intervenire nella conversazione.
-Il mio signorino ora ha degli impegni che lo attendono. Faresti meglio a tornare a casa adesso, non è prudente che una bambina come te giri da sola quando cala la notte.- e, prendendo il conte per un braccio, lo trascinò via.
-Lasciami andare!- si lamentò irosamente il ragazzino dopo pochi passi, e la stretta sul suo avambraccio si allentò. L'usuale prontezza con la quale Sebastian ubbidì fece sì che uno sguardo colpevole serpeggiasse per un attimo negli occhi del conte.
-Degli impegni che mi attendono, eh?- mormorò in tono imbarazzato, riprendendo a camminare. Qualche passo dietro di lui, la voce del maggiordomo rispose pacatamente, senza dare segno d'offesa per il comportamento irascibile del ragazzino: -Mi sembrava la cosa più sensata da dire per evitare di nominare anime e contratti, di fronte a una bambina di quell'età.-
-Già. Hai sempre pronta la frase giusta al momento giusto, vero?- chiese Ciel, oltrepassando senza sforzo un cumulo di stracci addossato ad un muro.
-Come maggiordomo dei Phantomhive, che farei se non sapessi nemmeno cavar d'impaccio il mio padrone in queste situazioni?-
Il conte aprì la bocca per rispondere che ormai non ce n'era più bisogno, ma sì arrestò vedendo che il suo maggiordomo si era fermato pochi passi dietro di lui, accanto ad una piccola imbarcazione dal colore scuro ormeggiata accanto a loro.
-E' ora.- disse semplicemente Sebastian.
Ciel annuì e rivolse lo sguardo verso il basso, incapace di andare oltre.
La sua usuale lucidità veniva rapidamente sostituita da continue e pressanti pulsazioni nei polsi, nel petto, nella testa. In quell'istante, ogni parte del suo corpo rispondeva all'istinto di conservazione che sembrava diffondersi grazie alla sua stessa circolazione, urlandogli di scappare, di salvarsi, di sottrarsi a quell'ultima incombenza per aver un futuro, proprio come aveva detto Aberlain.
Il demone saltò agilmente dentro la barca e prese un remo con una mano, mentre tendeva l'altra al suo padrone.
-Signorino?-
Ciel strinse forte i pugni e ruotò su se stesso, dando le spalle a Sebastian. Stranamente, la cosa che percepiva di più in quel momento era la mancanza dell'anello al quale era abituato intorno pollice sinistro: il cerchietto freddo al quale era solito fare ricorso per ricordare la sua famiglia, per dimostrare il suo potere o anche solo per calmarsi non c'era più.
Non c'è più.
Esattamente come i miei nemici.
Esattamente come la mia famiglia.
Non c'è più nulla, ormai. Nulla per cui serva ancora che io rimanga qui.
Alzò il volto e qualcosa che prima non aveva notato colpì la sua attenzione. Si rigirò verso il demone e disse: -Arrivo subito.- prima di cominciare a camminare nella direzione opposta.
Il cumulo di stracci che poco prima aveva sorpassato non era davvero quello che poteva sembrare a prima vista. In basso spuntavano due ginocchia nodose sporche di terra, e appena lo videro camminare verso di loro due mani dai polsi fragili gli tesero una scodella come una preghiera, con la disperazione di un uomo abituato ad essere respinto. Il volto contornato di panni stracciati lo guardava supplicante, con due occhi infossati neri come la notte e inghiottiti dagli zigomi prominenti.
Senza pensarci due volte, Ciel si tolse  velocemente la giacca e la pose sulle spalle del vecchio, che sgranò gli occhi farfugliando parole incomprensibili.
-La tenga, la prego.- lo rassicurò il ragazzino. Poi, come in seguito ad un pensiero improvviso, gli mise in mano anche il proprio bastone da passeggio. -Tenga anche questo.- aggiunse.
Il vecchio balbettò qualcosa e si alzò sulle gambe tremanti, facendo pressione sul dono appena ricevuto. Gli rivolse un'ultima occhiata atterrita e poi cominciò a zoppicare via rapidamente, come timoroso che la generosa offerta sarebbe stata ritirata se non si fosse sbrigato ad accettarla.
Ciel lo guardò allontanarsi mente si appoggiava ritmicamente al bastone che gli aveva appena dato, e percepì finalmente qualcosa di nuovo rispetto all'angoscia pressante degli ultimi giorni: il peso che aveva al livello del petto sembrava finalmente essere scomparso. Ritornò davanti al demone e questa volta gli afferrò saldamente la mano, salendo a bordo dell'imbarcazione.
-Se non presto sufficiente attenzione, di questo passo si venderà anche l'anima.- scherzò cupamente Sebastian, seguendo con lo sguardo l'andatura claudicante del vecchio.
-Quella è unicamente di tua proprietà.- affermò Ciel seriamente. Di colpo fu colto da un brivido, e si strinse nella giacca leggera che gli era rimasta. -Ho freddo, andiamo.-
Sebastian, in piedi a poppa, cominciò a remare con movimenti lenti e costanti, assecondando la corrente del Tamigi. Il conte si distese sul fondo della barca con il capo rivolto a prua, e chiuse gli occhi.
-Non mi sarei mai aspettatato che desse via anche l'anello, signorino.-  confessò improvvisamente il maggiordomo.
Ciel sollevò le palpebre e incrociò il suo sguardo inclinando lievemente il mento verso il petto. -Non significava più nulla, ormai.- disse -Tutta la mia famiglia è andata distrutta, e fra poco anche io...- la voce parve mancargli prima di terminare la frase, e Sebastian annuì.
Il conte si ridistese completamente e portò le mani incrociate sul petto come per una muta condanna.
-E poi quella fiammiferaia era così puerile.- aggiunse, cercando di mantenere un tono distaccato -Continuava a ripeter quella parola, “brilla”, come se non esistesse nient'altro di più importante. Mi ha fatto pena per il comportamento, talmente era infantile.-
-Capisco, signorino.- concluse il demone.
Il vento continuava a soffiare, ma protetto dalle pareti di legno della barca, il ragazzino non sentiva più il freddo.
-Sono già spuntate le stelle.- commentò Ciel a bassa voce. -Guarda, Sebastian, quella è Venere.- una piccola pausa interruppe il suo discorso. -Rema più velocemente, o credo proprio che il mio prossimo ordine sarà di cambiare tragitto e dirigerci in quella direzione.-
-Yes, my lord.- rispose Sebastian, e e guardando fisso davanti a sé spinse il remo più in profondità per dare maggior vigore all'andatura della piccola imbarcazione.
Lo sguardo del conte scivolò nuovamente dalla figura in nero del maggiordomo a quella del pianeta. Primo fra tutti scintillava alto nel cielo, come un re, fiducioso nel prossimo accompagnamento del suo sfavillante corteo in occasione del ballo che avrebbe avuto luogo nella volta celeste. Ciel non riusciva a staccarne gli occhi, e mormorò:
-Brilla, vero?-













*Arrocco: è l'unica mossa degli scacchi che permetta di muovere due pezzi contemporaneamente; consiste nello scambio di posto tra il re ed una delle torri.






Valutazione:

PUNTEGGIO: 50,63/55
PREMIO SPECIALE: Fairytale Award (Miglior attinenza alla favola scelta)
Correttezza grammaticale: 8,75/10
Stile e lessico: 9,13/10
Originalità: 8,50/10
Caratterizzazione psicologica e fisica dei personaggi: 4,50/5
Utilizzo della favola scelta: 10/10
Integrazione della parola a sorpresa: 9.50/10
Apprezzamento personale:
WindOfTheNight 2,5/2,5
LoLLy_DeAdGirL 2,5/2,5

La tua storia è molto commuovente e ben fatta. Nonostante la lunghezza sia abbastanza notevole la lettura è leggera, per nulla faticosa, qualità non da poco in uno scrittore. Il modo in cui ha allacciato la favola del “Principe felice” e Kuroshitsuji è sublime, sembra quasi che l’una sia stata scritta per l’altra, e l’inserimento della fiammiferaia dona un tocco delicatissimo alla narrazione. Ci è molto piaciuta la reiterazione della parola brilla, ripetuta ossessivamente dalla bambina, che subito faceva venire in mente la fiammella del fiammifero prima e il brillio dell’anello poi, dandoti un voto alto per l’inserimento della parola. Abbiamo notato diversi errori di battitura, ma può capitare che quelli sfuggano. Una piccola nota: evita di mettere più punti esclamativi per enfatizzare l’affermazione, è poco professionale e un punto solo basta.




Ps. Ovviamente, prima di postarla qui su EFP, ho tolto il doppio punto esclamativo e ho cercato di rimediare agli errori di battitura :) Se ne trovate ancora...mea culpa, sarà che non ci vedo xD

   
 
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