22/06/2011
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Immobile.
Doveva stare immobile.
Stava cercando di trattenere il respiro ma ormai non riusciva più a impedire a sé stesso di respirare. Era terrorizzato e nella sua testa i pensieri si avvicendavano senza un ordine preciso, la sua mente era offuscata, non riusciva a trovare una soluzione. Si sentiva quasi annebbiato e incapace. Era contro il muro, sentiva il freddo della pietra che si trovava accanto alla sua guancia. Tentava di percepire qualunque rumore ma era difficile visto che non si concentrava.
Continuò nella sua folle corsa ed era talmente sconvolto che si ritrovò con le braccia graffiate dal muro che aveva urtato scappando. Inciampò diverse volte, ma si rialzò. Pesanti gocce di sudore gli attraversavano le tempie e la fronte contratta per lo sforzo.
Quel castello gli appariva come un labirinto, in quel momento tutti i corridoi gli sembravano identici e si chiedeva dove fosse finito Artù. L’aveva perso durante lo scontro con le guardie credendo che fosse fuggito prima di lui ma si rese conto che doveva ritrovarlo e tornò indietro. Due guardie gli si fecero davanti con le spade sguainate pronte ad attaccarlo ma Merlin con un incantesimo li atterrò e continuò a correre finché vide Artù svenuto e disarmato sul pavimento in un angolo e cercò di svegliarlo. Tutti i suoi incantesimi non avevano effetto, Artù doveva essere ferito gravemente perciò decise di metterselo sulle spalle e uscire dal castello il più velocemente possibile. Mentre lo prendeva sulle spalle gli parve di sentire un lieve sibilo che pronunciava il suo nome ma non c’era tempo, dovevano uscire. Nella corsa ripensò a come aveva trovato Artù “perché lo avevano lasciato vivo e non fatto prigioniero? Perché si erano lasciati sfuggire l’occasione di fare prigioniero un personaggio di tale importanza da cui avrebbero potuto certamente ricavare grandi vantaggi?”
Continuò ma era sfinito, gli facevano male le gambe, gli faceva male tutto, quando ad un certo punto passò davanti ad una porta che sembrò a lui familiare. Si fermò per un momento, approfittando della sosta per riprendere fiato, e si concentrò sull’immagine di quella porta: la forma, la maniglia era sicuro di averle già viste, come se si trovasse all’interno di un flashback. Si ricordò di averla sognata qualche tempo prima, pochi giorni dopo la morte di Gaius, quando ancora il dolore per la sua perdita era fortissimo. Con Gaius se ne era andata un’importante parte di lui, l’unica figura che assomigliasse di più ad una famiglia all’interno di Camelot, era stato come un padre per lui e non aveva mai rinunciato al compito di essere suo protettore. Se era quello che era, questo era merito suo. Credette quindi che quel sogno fosse un messaggio di Gaius, un modo di dirgli qualcosa anche se ancora non sapeva che cosa. Il sogno di pochi giorni prima si era interrotto nel momento in cui aveva tentato di aprire la porta e adesso aveva l’occasione di vederci chiaro in quella storia.
Posò Artù accanto alla porta, era quello il momento giusto per scoprire cosa si celava dietro quella porta…
“Ora o mai più.” Pensò Merlin e dopo essersi guardato intorno girò lentamente la maniglia.