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Autore: artemide88    22/06/2011    15 recensioni
Isabella Swan ha iniziato a lavorare presso la sede newyorkese di una multinazionale. il suo capo? Edward Cullen, ovviamente. non si sopportano ma lei ha bisogno di un lavoro e lui di una segretaria. e poi c'è una promessa da mantenere...buona lettura!
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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cap9 Emh, emh, rientro dalla porta di servizio.
scusate! sono in ritardo, avevo promesso aggiornamenti regolari. purtroppo è stata una settimana proprio piena. e la porssima sarà ancora così.
Almeno vi ho scritto un lungo e succulento capitolo, vedrete =)
Buona lattura.
p.s.:  commenti sono sempre ben accetti xD




CAPITOLO 9 – BERSAGLIO MANCATO?

Una partita a scacchi.

I neri da una parte aspettano compatti la prima mossa dei bianchi. Ansiosi quasi di fare il proprio gioco.

I fratelli Cullen adoravano gli scacchi. Adoravano muovere le pedine, analizzare come abili strateghi le mosse dell’avversario per poi contrattaccare per infliggere una sonora sconfitta.

Ora, lettori, immaginate il week end alla spa come un’enorme scacchiera, ai due lati i due contendenti, Edward e Alice Cullen. E i dipendenti della Guns n’ Cullen come le pedine dei nostri inflessibili generali.

Isabella Swan era la pedina perfetta, aveva la sicurezza e la determinatezza che la rendevano un osso duro, una bella sfida vederla piegata. La prescelta per questo turno era una scommessa affascinate in questo gioco perverso, perché i due fratelli Cullen avevano scommesso sulla sua resistenza come segretaria dello Squalo bianco della finanza. Da piccoli mettevano in palio piccole cose, caramelle, giochi o peluche. Ora che erano adulti la posta si era alzata, Alice voleva una villa costruita a spese di Edward, mentre quest’ultimo aveva come obbiettivo divertirsi e trovare allo stesso tempo qualcuno che fosse alla sua altezza. Spremeva i suoi dipendenti per trarre fuori il loro meglio, lasciandoli però spesso senza forze vitali.

Quello che i fratelli in questa circostanza, sottovalutavano era la forza di volontà e l’intelligenza della loro pedina, poco incline farsi manovrare. Avevano trovato di certo pane per i loro denti. E forse avevano già commesso l’errore più grande, perché la prima regola è: mai, mai sottovalutare l’avversario (o la pedina in questo caso).

“hai fatto la tua mossa, fratellino?” Alice Cullen gli si era avvicinata con noncuranza, prendendo dal buffet uno stuzzichino, mentre nell’altra mano reggeva un cocktail analcolico.

“certo.” Ridacchiò lui. “tocca a te muovere ora.” lei annuì e si guardò attorno, notando solo in quel momento l’assenza della sua pedina. Si congedò anche lei, non prima di aver fatto i complimenti al fratello per il contratto firmato con successo. Dopotutto anche lei aveva interesse perché gli affari di famiglia andassero per il verso giusto.

“ah, Alice, grazie. Era splendida.” La frase di Edward che richiamò la sua attenzione mentre si stava già allontanando, la lasciò un attimo interdetta, ma recuperò il suo sorriso malizioso quando comprese che lo Squalo sarebbe caduto presto nella sua trappola. E sorrise dolcemente anche felice per il suo fratellino, l’uomo tutto d’un pezzo a cui però brillavano gli occhi d’ammirazione di fronte alla semplice bellezza della sua segretaria. Era un sorriso felice. Era il sorriso della sorella che vuole bene al proprio fratello minore. In Alice convivevano le due anime, la giocatrice spietata e la sorella affettuosa.


***


Dopo la brillante dimostrazione di E. Cullen di chi fosse il capo, di chi detenesse il potere, ma soprattutto di come funzionassero quei rapporti interpersonali che lei non aveva mai capito né si era mia sforzata di capire, Isabella era rimasta nascosta dietro la tenda.

Osservava, protetta dal velo in lino.

Le sembrava il posto più sicuro, isolata dal mondo eppure così vicino che se avesse allungato la mano lo avrebbe afferrato.

Quando il suo Martini Dry finì e iniziò a far sentire i suoi indesiderati effetti sul povero stomaco vuoto di Isabella, quest’ultima aveva raggiunto il tavolo degli stuzzichini per mangiare qualcosa, ma si sentita come se fosse ancora dietro quella tenda, con l’unica differenza di essere anche lei esposta, senza la protezione fisica del tessuto.

Si sentì esclusa da quelle persone con cui in teoria avrebbe dovuto stringere almeno cortesi rapporti, ma che la ignoravano mentre si congratulavano tra di loro per il successo del contratto firmato, a cui lei non aveva contribuito, essendo stata assunta da poche settimane. Le era capitato di sentirsi così solo al ballo di fine anno del liceo, l’unico a cui avesse partecipato su insistenza del padre, e anche lì era stato un disastro totale. Jacob, infatti, l’aveva lasciata poche ore prima...

Le uniche persone che conosceva erano Angela, dispersa chissà dove con il contabile; l’avvocato Owen, che di tanto in tanto la guardava di sfuggita mentre chiacchierava con Irina Denali (Tanya non era ancora tornata). L’ultima persona conosciuta era E. Cullen, ma meglio evitare.

E come quel disastroso ballo di fine anno, uscì dalla sala, senza che nessuno notasse la sua scomparsa.


***


L’aria di quella mattina era troppo nebulosa. O forse erano gli occhi di Isabella ad essere troppo socchiusi per vedere qualcosa.

Distesasi tra le coltri candide del letto, la sera prima, era subito piombata in un sonno agitato, popolato da rane gracidanti che balzavano fuori dallo stagno per scappare dal retino di Edward Cullen, mentre la risata sadica e assassina di quest’ultimo si spargeva nell’aria.

Eppure, nonostante gli incubi e gli occhi socchiusi, Isabella si era svegliata di buonumore., con la gradevole sensazione che qualcosa di buon sarebbe accaduto.

Si girò pigramente nel letto per guardare la sveglia.

Ah, mio caro lettore!

Isabella non era stata dotata dalla natura di un buon sesto senso.  La bella e positiva sensazione avuta nell’aprire gli occhi era stata solo una fugace illusione, se l’ora della sveglia era esatta.

Si alzò di scatto e di corsa scese dal letto, ritrovandosi le lenzuola aggrovigliate attorno alle gambe. Rischiò di cadere, ma anni di esperienza di ritardataria le furono utili, perché riuscì a fiondarsi in bagno senza rompersi l’osso del collo.

Doveva fare in fretta, la partita a scacchi dei fratelli Cullen, non poteva continuare senza la loro pedina fondamentale!

Alle otto e trenta, si presentò nel salone, tornato ad essere di nuovo una semplice sala da pranzo, giusto in tempo per afferrare una tazza di tè (questa volta se la fece piacere) e una brioche, prima che Edward Cullen invitasse tutti i suoi dipendenti a salire sui pulmini che li attendevano all’esterno.

Dopo che Isabella salì, qualcuno la salutò con poca convinzione, gli altri la ignorarono. Mentre l’avvocato Owen, le diede un caloroso, quanto inatteso, buongiorno.

Alle otto e quarantacinque minuti, precisi come un orologio svizzero, i pulmini si mossero verso la loro destinazione: il poligono di tiro, ubicato a qualche chilometro di distanza dalla spa.

L’atmosfera  durante il tragitto era rilassata, tanto che Isabella, si stupì che non partissero alcuni coretti di canzoncine idiote, stile pulmini di scolaretti. Le chiacchiere risuonavano allegre nel pulmino.

Dopo una mezzoretta, arrivarono ad una struttura isolata nel verde rigoglioso del bosco.

Una volta riuniti tutti all’interno, Edward prese la parola.

“il gruppo di ricerca e sviluppo, oggi presenterà i nuovi prodotti della Guns n’ Cullen, che immetteremo sul mercato a partire dal prossimo settembre.” Quando il breve applauso si disperse nell’aria, il consumato oratore Edward Cullen, riprese, facendo loro segno di seguirlo oltre l’ingresso. “ e quel luogo migliore di un poligono?”
chiese infine retoricamente, indicando le postazioni di tiro. Alcuni bersagli di carta, con figure umane armate erano già state posizionate sullo sfondo. 

Il capo ingegnere incominciò ad illustrare le caratteristiche delle nuove armi, decantate come nuove, sotto molti punti di vista. Precisione, silenziosità, potenza.

Edward, sorridendo sadico e tranquillo, teneva ancora sotto esame le rane del suo stagno. C’era chi era attento e chi invece sbadigliava, andato a letto troppo tardi e con troppo alcol in circolo.

Notò con piacere che Isabella era attenta a non perdersi nessuna parola, ma il sopracciglio inarcato indicava tutta la sua perplessità.

La ragazza, infatti, non trovava nel nuovo prodotto tutta sta novità. Forse solo qualche miglioria tecnica. Forse.

Il capo ingegnere, un omino grassoccio e sudaticcio, fece scivolare di poco la pistola tra le mani. Tutti i dipendenti, già terrorizzati dal suo agitare in aria l’arma, fecero un passo indietro, sempre più spaventati. Isabella rimase al suo posto. Come aveva supposto, la pistola non era carica.

“oh, non preoccupatevi. Non ho messo i proiettili.” Rise l’omino. “anche perché non so come si faccia!” il faccione si fece rosso rosso per la risata. Poi porse l’arma a un ragazzo, poco più che trentenne, che la prese con somma deferenza. Forse nemmeno lui si fidava del suo diretto superiore ed era pronto ad attendersi di tutto. Con estrema calma la caricò, porse a tutti delle cuffie protettive e sparò alcuni colpi contro le sagome sullo sfondo.


Anche se non capivano quello che stava succedendo, data la distanza del bersaglio, i dipendenti della Guns n’ Cullen applaudirono, certi che così la tortura sarebbe finita prima e prima sarebbero tornati a rilassarsi alle terme della spa, per poi rimettersi in viaggio verso la Grande Mela.

Il signor Cullen, infatti, li congedò e in fretta uscirono tutti, tranne Isabella, decisa a fare due chiacchiere con il capo ingegnere.

“secondo me lei è un teorico. Non sa fare nulla di pratico, tanto che ha bisogno di un assistente per sparare due colpi e impressionare il suo uditorio. Questa pistola avrà successo, è vero, ma non perché sia una novità. Ma perché è una pistola e come tale verrà usata.” L’omino ora era rosso per la rabbia, quella ragazzina impertinente stava distruggendo mesi del suo prezioso lavoro.

“si sa” riprese Isabella, senza peli sulla lingua “le armi esisteranno finchè esisterà l’uomo e con esso la guerra. Avrei preferito veder un’arma che sparasse fiori dal gambo avvelenato. Questa si che sarebbe stata una novità assoluta. E ora con permesso...” si volse, ma alle sue spalle c’era Edward Cullen in persona che la fissava con uno sguardo impenetrabile.

“Roger, vada pure. Signorina Swan, noi due dobbiamo parlare.” il capo ingegnere prese la pistola per riporla nella valigetta, ma lo squalo lo fermò, che la lasciasse lì. Quindi si defilò in fretta, prevedendo burrasca.

Edward prese l’arma e con serafica calma la caricò. Prese la mira e sparò in rapida successione sei colpi su una sagoma nuova, che poi fece scorrere fino a lui. Intanto parlò.

“il mercato delle armi è saturo, Isabella. anche una sola miglioria può essere una novità. Non ci saranno mai sviluppi o novità simili alla polvere da sparo e alle prime pistole.” Staccò il bersaglio di carta, dove al centro del cuore c’era un grosso foro, provocato dai sei proiettili, e mentre lo osservava disse. “è una buona pistola, spara bene, fa il suo dovere. È precisa e maneggevole. Ora” si volse per la prima volta verso Isabella. “provi lei.” Le porse la pistola di nuovo carica.

“come signore?”

“provi lei, Isabella.” ordinò glaciale.

“non so sparare...” disse lei timidamente.

“la prossima volta non giudichi Roger allora. Su, ora prenda la mira e prema il grilletto.”

Isabella, non del tutto convinta, prese la pistola è mirò alla nuova sagoma integra. Sparò, una, due, tre volte, fino a svuotare il caricatore, con gli occhi chiusi, sicura di avere i suoi occhi beffardi puntati addosso.

La sagoma, non presentava nemmeno una imperfezione.

“come puoi pretendere di arrivare da qualche parte, se non miri a nulla e tieni gli occhi chiusi? È così anche nel lavoro, Isabella. hai detto di essere stata scelta per il settore sviluppo, ma come puoi arrivarci, se non ti impegni con tutta te stessa. Sei fortunata che non ti cacci via per la tua impertinenza con Roger.”

Edward aveva solo mostrato freddezza, mascherando tutta la sua delusione, la sua rabbia. Aveva davvero sbagliato così tanto nel giudicare Isabella una ragazza combattiva, con le palle? Si volse verso l’uscita.

“prendi la mira, colpisci e ferisci al cuore, solo così potrai farti largo nella vita.” questa era da sempre la sua massima. Fin da quando era fanciullo e Alice gli rubava le caramelle. “ma non colpirai mai il cuore, se non sarai spietata.” Uscì, lasciando solo Isabella, con una pistola in mano e una confezione di proiettili.

La ragazza, si rivolse alla sagoma in carta, la guardò e poi la spinse oltre la distanza a cui l’aveva posta Edward. Come lui, però, prese il caricatore e vi spinse all’interno sei proiettili. Che voleva il suo capo da lei? Sospirando in attesa di una risposta che non prevedesse una psicoanalisi approfondita da parte di uno specialista, prese le cuffie e se le rimise.

Prese la mira e sparò, una, due, tre volte, fino a svuotare il caricatore. Gli occhi ben aperti, le mani ben strette alla pistola, salda sulle gambe leggermente divaricate. Sul volto nessuna emozione, nella testa nessun pensiero, solo la sicurezza di chi spara da sempre.

Fece tornare indietro il foglio e contò sei fori. Un bel sorriso spuntava nella pancia del povero uomo armato.

“perfetta.” Sussurrò congratulandosi con se stessa. Ripose la pistola nella valigetta, sicura di doverla portare al suo capo, pena una severa e immeritata sgridata...che colpa ne aveva lei se lui dimenticava in giro il prototipo di quello che sarebbe stato il loro prodotto di punta?

“eh, già.” Pensò uscendo alla luce del sole. “non colpisco al cuore, ma ti rendo lo stomaco un sorridente colabrodo.” Salì veloce sul pulmino che aspettava solo lei, la valigetta in una mano e sagoma ben piegata nella tasca posteriore dei suoi pantaloni.





p. s. dell'autrice: che ne pensate?
precisazioni: Edward non voleva mettere in imbarazzo Bella (tanto è vero che manda via anche il capo ingegnere) ma voleva una sua dimostrazione di carattere. "non sai sparare, bene, ma almeno provaci in modo decente, senza chiudere gli occhi." questo è più o meno quello che pensa Edward. ah, pensa anche che se non sei capace di fare una cosa, non puoi criticare gli altri per non saperla fare. questa cosa sa molto di coerenza.....
dite che come comportamento è comprensibile? o quanto meno in linea con il personaggio?
perchè Bella sbaglia volontariamente i colpi, chiudendo gli occhi? questo lo scoprirete solo vivendo! =)
alla prossima!
   
 
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