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Autore: y3llowsoul    23/06/2011    6 recensioni
Le quattro mura grigie, il vuoto della stanza, l'umidità, il freddo – tutto gli faceva, in modo inquietante, pensare a un carcere. Il fatto che non sapesse che cosa intendevano di fare di lui non migliorava il suo stato e non sapeva neanche che cosa dovesse pensare del fatto che per quanto sembrasse non lo sapevano neanche loro. Sembrava che l'avessero semplicemente spostato lì finché il problema non si fosse risolto da solo. Per esempio tramite Charlie se si fosse deciso a lavorare di nuovo per loro. Oppure se avessero concluso i loro affari. Oppure se Charlie si fosse suicidato.
Charlie collabora a una missione segreta. Don cerca di venire a sapere qualcosa della faccenda, ma quando finalmente ci riesce, non è una ragione per rallegrarsene, e per la famiglia Eppes cominciano periodi brutti.
Genere: Malinconico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Charlie Eppes, Don Eppes, Un po' tutti
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: Numb3rs e i suoi personaggi non appartengono a me. Purtroppo. E neanche i pezzi di canzoni che introducono ciascun capitolo.
Timeline: circa fra la seconda e la terza stagione [se vi interessa: la storia comincia il 4 ottobre 2006]
Grazie a Alchimista! Perché senza di te non sarei riuscita a scrivere una storia che un italiano normale potrebbe capire :)


Nontiscordardimé


1. L’inizio della fine

Wherever you go, whatever you do,
I will be right here waiting for you.
Whatever it takes or how my heart breaks,
I will be right here waiting for you.
(Richard Marx, Right Here Waiting)


Lo sguardo di Don cercò l’orologio appeso al muro – e non era la prima volta quella sera – prima di voltarsi quasi automaticamente verso il cellulare sul tavolino del soggiorno, posto accanto al telefono di casa. Erano le nove di sera – no, le nove e quattro – e per la prima volta dopo tanto tempo aveva finito di lavorare presto. Tuttavia, non aveva avuto voglia di andare in un bar con i colleghi. Era stanco ed esausto; quella settimana l’ufficio aveva chiesto pesantemente il suo contributo e i suoi pensieri tesi non lo avevano per niente aiutato.
Aveva guardato prima una partita in tv e poi un vecchio film. Ma non era stato attento: del film non aveva ascoltato una battuta, della partita non sapeva nemmeno il risultato.
Di nuovo il suo sguardo scivolò sull’orologio. La lancetta dei secondi aveva compiuto un po’ più di mezzo giro da quando aveva guardato l’ultima volta, ma il telefono era rimasto in silenzio. Don pensò di riaccendere la tv per riempire l’attesa, ma non sarebbe potuto passare più di qualche secondo che il telefono avrebbe nuovamente squillato.

Sarebbe potuto andare da Charlie, ma comunque suo padre non era a casa. Dove era andato poi? A giocare a golf? No, era già tardi in fin dei conti… Al suo incontro settimanale con i senza tetto? No, quello lo faceva giovedì, oggi era mercoledì… che… Esatto, ecco che stava facendo! Era uscito con Millie!
Un altro sguardo verso l’orologio. Le nove, sette minuti e tre secondi.
Avrebbe potuto passare una bella serata con Robin, rifletté. Ma no, lei aveva una conferenza stasera, di nuovo. Era una vera maniaca del lavoro. Non c’era da sorprendersi che lei e Don stessero tanto bene insieme. Sì, era davvero una donna bravissima. E sembrava che stesse funzionando tra di loro, anche per più di qualche mese. Sì, Don poteva essere davvero felice di averla...
Le nove, undici minuti e quarantuno secondi.
«Sei in ritardo, Chucky» mormorò.
Il suo sguardo fissò i due apparecchi telefonici a lungo. Forse avrebbe fatto meglio a chiamarlo e chiedergli cosa diavolo stesse…?
«Non renderti ridicolo» si rimproverò. E smettila di parlare con te stesso, aggiunse nella sua testa. Aveva cose migliori da fare che complessarsi creando una personalità multipla. O almeno avrebbe avuto cose migliori da fare se Charlie si fosse finalmente degnato di chiamare. In ogni caso lui non avrebbe interpretato il ruolo del fratello paranoico del tipo “visto-che-papà-non-si-preoccupa-lo-faccio-io”, soprattutto perché… Accidenti, lo aveva dimenticato: soprattutto perché non aveva un numero con il quale contattare Charlie.
Don levò un altro sguardo all’orologio (le nove, quattordici minuti e tredici secondi), poi allungò la mano verso il telefono, incerto se chiamare o meno, ma si arrestò repentinamente. La chiamata di Charlie era in ritardo di quattordici minuti – ma cos’erano quattordici minuti? Conosceva suo fratello; se Charlie era immerso in un problema matematico era possibile un ritardo di mezz’ora o più. No, non c’era motivo di preoccuparsi.
Eppure, nelle scorse settimane, Charlie avesse chiamato sempre a quell’ora… E inoltre Don non aveva idea di dove si trovasse...
No. Non c’era nessun motivo per preoccuparsi. Era tutto in ordine.

Don gemette. Ma chi voleva prendere in giro?
Sapeva che Charlie si occupava solo di numeri. Sapeva che suo fratello non aveva incarichi al di fuori del suo ufficio. Sapeva che si faceva di tutto per proteggere i civili, soprattutto in caso di una missione segreta. Eppure si preoccupava.
Probabilmente non ce n’era alcun motivo, era inutilmente, esagerato. Però sapeva che non sarebbe stato in grado di dormire in pace finché non avesse saputo che suo fratello si trovava al sicuro, a casa sua. E alla fine una notte calma gli avrebbe anche fatto piacere.
Intanto, suo fratello lavorava da ventotto giorni per un qualche gruppo investigativo come consulente matematico ad un progetto che doveva durare circa un mese. Ecco tutto quello che Don sapeva: non aveva idea di ciò che esattamente suo fratello dovesse fare o di che cosa trattasse il progetto, non aveva idea di dove si trovasse e sì, non sapeva nemmeno per chi lavorasse. Non sapeva niente e probabilmente non avrebbe mai saputo nulla di più preciso.

Non che non c’avesse provato. All’inizio di quell’incarico era stato una tortura non sapere nulla. Di solito conosceva almeno il luogo o l’agenzia per cui Charlie lavorava, oppure non ne sapeva niente perché suo fratello poteva fare tutti i calcoli a casa sua. Questa volta, invece, era scomparso per un mese e Don non aveva idea quanto pericolosa fosse questa missione.
Almeno Charlie gli assicurava ogni volta che stava benissimo, che Don non doveva preoccuparsi. Telefonavano spesso, anche se le conversazioni di solito erano molto brevi. Chiamava più o meno verso sera, ma in generale sapeva sempre quando avrebbe chiamato la volta successiva e manteneva sempre la parola. Era vero che non poteva raccontare a Don della sua missione, ma sapeva che quell’impotenza e il fatto di non poter saper niente non erano facili da sopportare per il suo fratello maggiore e cercava di facilitare la situazione con chiamate regolari.
Don sorrise al pensiero di qualche frammento delle telefonate di suo fratello. “Sì, posso immaginare che tu sia snervato, ma sai perfettamente che non posso dirti niente, Don… No, Don, davvero non posso, e adesso smettila di chiedermi queste cose… Non preoccupatevi. Sto bene qui, davvero… Oggi ho fatto degli ottimi progressi e piano piano mi sto abituando a tutte le cose che ci sono qui… Dovrei tornare per il fine settimana. Ho già detto a papà di comprare le bistecche di filetto: non hai idea di quanto mi manchino stando qui. Sto seriamente pensando di far vedere loro un’equazione che mostra come l’efficienza di tutti i collaboratori aumenta proporzionalmente al il numero di bistecche mangiate…”
Dell’equazione delle bistecche gli aveva parlato l’altro ieri, nella loro ultima conversazione. Charlie era di buon umore; la missione stava per finire e tutto sembrava andare liscio.
Forse sta già tornando a casa? venne in mente a Don improvvisamente. Forse è per questo che non chiama?
Però sapeva che non aveva alcun senso. Charlie gliel’avrebbe detto. E se suo fratello era convinto che avrebbe finito il suo lavoro per il fine settimana, allora l’avrebbe finito per il fine settimana, non prima, almeno non così tanto.
E quindi qual era la ragione per cui Charlie era in ritardo?
Rilassati, tentò di dirsi Don. Te lo dirà fra poco.
Forse avevano fatto un progresso inaspettato e per questo Charlie non poteva o non voleva andarsene. Oppure era stato disturbato da qualcuno che voleva parlargli. Oppure stava telefonando ad Amita o ad Alan o a Larry e non voleva terminare la chiamata bruscamente. C’era sicuramente una spiegazione del tutto ragionevole. Charlie avrebbe chiamato prima o poi. Gli avrebbe dato tempo fino alle dieci. Non sapeva che cosa avrebbe fatto poi, ma aveva bisogno di quella scadenza. In fondo, Charlie avrebbe chiamato entro quell’ora sicuramente. Un’ora di ritardo era il massimo.
Del fatto che si sbagliasse di molto in quella valutazione, che l’attesa per sapere qualcosa di nuovo su suo fratello sarebbe durata molto più a lungo e che fino a quel momento sarebbe stato come attraversare l’Inferno – no, di queste cose Don, in quel momento, non aveva ancora alcun’idea.



  
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