Disclaimer: Tutti i personaggi di questa storia appartengono a J.K.Rowling. Purtroppo.
Nota della
Traduttrice:
Questa one-shot è stata scritta da attica. Vuole essere romantica
e comica nello stesso tempo e per la gran quantità di frasi idiomatiche e
espressioni tipiche mi sono presa la libertà di tradurla in maniera “libera”,
cercando di conservare il più possibile il tono e le caratteristiche
dell’originale. Originale che potete trovare su fanfiction.net.
Spero che se passerà di qua qualche fan sfegatato di Pansy Parkinson la prenda con filosofia
^^.
Nell'originale non sono presenti avvertimenti di nessun tipo e, per questo, non ne ho messi neanch'io nella "scheda di presentazione".
Tuttavia penso sia giusto sottolineare che potreste trovare i personaggi un po' OOC.
Ah... e nessun riferimento al sesto libro ;)
Buona lettura,
Kit_05
Fractions of an Arrogant Man
*******
*****
Neville Paciock era un uomo morto.
Certo, era un elefante balbuziente con un cervello incapace di fare qualunque cosa che
non fosse combinare disastri e, sicuro come l’oro, assomigliava spaventosamente
ad un topo troppo cresciuto, ma Draco Malfoy non partecipava alla cosiddetta
“solidarietà”.
Sentiva compassione, sì, ma solo perché quello stupido Griffyndor mancava di
qualsiasi cellula cerebrale e spargeva catastrofici incidenti per tutto il
castello con la sua terribile goffaggine, attirandosi sguardi addolorati, non
significava che Draco Malfoy avrebbe esitato a tirargli un pugno in faccia.
Draco Malfoy non faceva carità.
E non avrebbe dovuto farla nemmeno la sua ragazza.
“Io non capisco perché tu te la stia prendendo tanto” disse Hermione Granger,
comportandosi come se fosse una cosa da niente. Il suo viso sereno sembrava
disinvolto e rilassato, non come se Neville Paciock non le stesse –
letteralmente- sbavando dietro.
“E io non capisco perché tu non stia vomitando!” esclamò Draco, sentendo
qualcosa ribollirgli in testa. “Lui è – lui è – Paciock!” Il solo nome e
il solo concetto facevano venire a lui voglia di vomitare.
Lei gli rivolse un’occhiata con la coda degli occhi che esemplificava meglio di
un’enciclopedia quanto fosse infastidita dal suo commento sul suo compagno di
Casa. “Ascolta, lo so che è un pochino goffo –“
“Ha quasi dato alle fiamme l’intera sezione Slytherin del castello settimana
scorsa!”, sbottò Draco. “Un pochino goffo? Oh, allora suppongo che Potter
sia un pochino ributtante!”
Le sue sopracciglia erano pericolosamente arcuate, mentre lo fissava. “Io capisco
perché non ti faccia piacere –“
“Piacere? Oh no, no. Tu mi hai completamente frainteso – Io sono estasiato!”
“Vuoi startene maledettamente zitto e lasciarmi finire?” scattò. “Lo so che non sei
troppo entusiasta per questo, ma devi capire – nessuno sa di noi.”
“E questa è buona ragione per accettare un appuntamento con Paciock?” sputò fuori.
“No! Non lo è, ma tu potresti, per piacere, essere più comprensivo?”
“Cosa c’è da comprendere?” le chiese. “Quello che capisco è che c’è Paciock che
fantastica su di te in mutande –“
“Draco, ti prego!” obiettò.
“E ora vuole portarti a Hogsmeade?”
Lei lo stava fissando. “E’ una cosa del tutto innocente. Non tutti sono come te, sai.
Lui vuole solo portarmi fuori. Quando hai mai fatto qualcosa di decente come
questa?”
“Ehi! Io mi sono iscritto al tuo CREPA!” urlò.
“E’ C. R. E. P. A.!” lo corresse Hermione, puntigliosamente.
“Come hai potuto anche solo considerare la sua proposta? Come? Io – Io sono il
tuo ragazzo! Ragazzo! Pansy mi chiede di portarla a letto quattro volte
ogni settimana da quattro mesi in qua e io non l’ho mai nemmeno presa in
considerazione perchè noi siamo insieme!”
“Come se tu volessi portartela a letto!”
“Ne avevo l’opportunità!”
“Bene allora, vai – vai a prenderti l’opportunità! Ti vedrò quando Pansy darà alla
luce tre cani mutilati!”
“Dovresti sapere che sono abbastanza carino per cinque persone!”
In risposta sentì Hermione emettere uno sbuffò particolarmente rumoroso.
“E non dirmi che non ho fatto nulla di decente per te! T’ho comprato dei fiori!”
“Che mi sputano colla in faccia!” ricordò dettagliatamente lei con espressione
risentita e occhi lampeggianti.
“Non hai mai sentito la frase è il pensiero che conta?”
Emise un altro sbuffo.
“Non dirmi che gli stai per dire veramente di sì!”
Lei raddrizzò il collo, i suoi occhi si strinsero a due fessure. “E se lo facessi?”
Questo fece infuriare Draco. I suoi occhi raggrinzirono in due fessure simili alle sue.
Era più che furioso. “Tu non oserai”.
Le sue narici fremettero. “Guardami.”
“Tu non oserai, Granger” ripeté, minaccioso.
Lei sogghignò, trionfante. “Le tue minacce non mi spaventano, Malfoy. Io t’ho visto
in mutande.”
Fu un colpo all’orgoglio di Draco. “Questo è un colpo basso. Un colpo molto basso”
ringhiò. “Tu non andrai fuori con Paciock e questa è la fine della
discussione.”
“Chi sei tu? Mio papà?”
“No – il tuo ragazzo! O il tuo danneggiato stato mentale ha fatto si che anche la
tua memoria andasse a quel paese?”
“Vai al diavolo, Draco!” urlò, la faccia avvampante per la furia.
“Bene! Vuoi andare fuori con Paciock?”, esclamò, “Vai! Digli di sì! Per la fine della
serata sarai ricoperta di pustole, sarai stata avvolta dalle fiamme, attaccata
dalle rane e poi dilaniata da un gorilla selvaggio!”
“Questo non è vero!”, trillò Hermione. “ E –sì, gli dirò di sì! Gli dirò di sì
solo per farti un dispetto!”
E con una veloce, furiosa, girata sui suoi tacchi, la sua folta testa se ne andò
dall’aula vuota di Antiche Rune dove Draco l’aveva portata non appena aveva
sentito il pettegolezzo diffondersi con sempre più insistenza nella Sala Grande.
Draco fissò la porta, digrignando i denti.
Poi anche lui se ne andò. La sua mascella serrata, si diresse verso la sala comune
degli Slytherin.
Qualche minuto dopo, un ampio sorriso da sfinge gli ostruì la vista, facendogli
rivoltare lo stomaco.
Pansy Parkinson.
Pansy si strinse più vicina a Draco, non importava quanto lui tentasse di districare
il suo braccio dalla sua presa ferrea, in un modo tale da non rovinare fin da
subito la loro serata, lei continuava a tenerlo con una stretta
sorprendentemente forte, dimostrando una forza che Draco non le avrebbe mai
attribuito. A Millicent, sì, che sicuramente non era nulla né di piccolo né di
delicato e persino il cui nome faceva venire in mente un’arcigna imponenza, ma
mai a Pansy.
Perché il nome di Pansy gli ricordava un fiore sparuto, seccato dal sole e avvizzito,
che emetteva fetide esalazioni.
Forse era un po’ prevenuto.
Ma era assolutamente vero e specchiava abbastanza bene la sua personalità – lei era
un fiore sparuto. E non era neanche certo di quale profumo usasse, ma era sicuro
che avrebbe dovuto fare un falò con i suoi vestiti dopo quella sera, sicuro come
l’oro quel fetore inacidito non se ne sarebbe mai andato via.
Draco storse il suo naso, girò il volto e s’impose di starsene zitto.
Oh Dio, quell’odore era terribile. Persino una puzzola si sarebbe ribaltata
e ci avrebbe lasciato le penne.
Se avesse saputo che tortura avrebbe dovuto sopportare, non avrebbe esitato un
istante a portarsi dietro una maschera per l’ossigeno.
“Draco? Cosa c’è?”
“Niente. Il tuo profumo è assolutamente delizioso.”
Era la bugia più difficile che avesse mai dovuto dire a voce alta.
Lei gli sorrise radiosamente, rivelando i suoi piccoli denti bianchi. Poi sbatté,
civettuola, le palpebre. “Fantastico. Ho fatto qualche sforzo solo per te,
stasera.”
Senza scherzare. Lo spray per capelli che aveva in testa gli stava facendo partire
tutte le sue allergie.
Si strofinò il naso, cercando di controllare il sarcasmo che gli stava
prepotentemente ribollendo nelle vene. “L’ho notato. Grazie Pans.” Per stargli
scavando una precoce fossa, ecco per cosa.
Non sapeva se fosse realmente riuscito a mascherare il suo feroce sarcasmo con il
serico strascichio della sua voce, ma, in ogni caso, lei non sembrò notar nulla
di strano, mentre continuava a soffocare la circolazione sanguigna del suo arto.
Lui si guardò attorno, il suo braccio ormai aveva perso vita per la sua stretta
possessiva. Almeno non sentiva più i crampi. Scrutò con attenzione nella foschia
nebbiosa dei lampioni e nelle strade innevate, cercando di individuare una
familiare testa cespugliosa. Irrigidì la mascella quando non riuscì a trovare
quella massa di capelli così distintiva.
Aveva cercato di fermarla, urlandole dietro, pieno di risentimento, che era
imperdonabilmente stupida e pazza ad essere così vendicativa nei suoi confronti,
e che non c’erano ragioni perché cercasse di andare così presto al Creatore per
la tortura e le menomazioni che avrebbe subito per la presenza dello sfortunato
monumento ambulante dell’idiozia, ma lei si era limitata a fissarlo come se lui
fosse la più grossa spina nel suo fianco.
Poi gli aveva sbattuto la porta in faccia.
E così lui s’era abbandonato ad ispirazioni eccentriche. Aveva tentato di non far
trapelare il suo stato d'animo per non far fuggire Pansy, il suo appuntamento per la
serata, ma avrebbe voluto già spezzarla in due più di una volta da quando aveva
incominciato a parlare su come avrebbero chiamato i loro bambini e su dove
avrebbero comprato il loro maniero estivo. Aveva visto passare davanti agli
occhi come sarebbe stata tutta la sua vita se Paciock fosse riuscito ad
ammazzare la Granger, quella sera. Un pensiero, questo, che gli fece salire
dell’aspro acido in gola. Cosa abbastanza divertente, questa. Perché avrebbe
voluto inculcare qualcosa di acido e aspro nella sua gola.
L’eventualità di avere figli da faccia-di-Carlino gli faceva venire voglia di
suicidarsi.
E Draco era uno che amava la sua vita. Qualcosa di nuovo, allora.
Continuò a guardarsi intorno, traendo un certo piacere dai pizzicori della
gelida aria invernale, che si facevano strada per il suo corpo attraverso gli
abiti costosi che indossava e nonostante il mantello che avrebbe dovuto
proteggerlo dalle temperature frigide di quel periodo dell’anno. Era una notte
così bella. Si sentì nauseato quando si rese conto che stava passando quella
notte stupenda con qualcuno che… beh, che non era stupendo per nulla.
Draco aveva nostalgia.
Odiava il fatto che sentiva nostalgia solo quando era lontano dalla Granger.
Il suo sguardo contemplativo si incrinò in una smorfia cagnesca.
Merlino, dov’era quel cartellone pubblicitario ambulante di comportamenti
contorti?
Si autocommiserò quando pensò che i suoi comportamenti contorti erano di gran lunga
meglio della presa ferrea di Pansy e del suo profumo alla puzzola. Anche se
Draco non avesse sentito già nostalgia, avrebbe scommesso qualsiasi cosa al
mondo che si stava per sentir male.
Oltrepassarono una gioielleria che Draco conosceva abbastanza bene e Pansy lo
trascinò verso la vetrina, pigolando in una maniera ben poco attraente su una
certa collana di diamanti esposta. I faretti luminosi la facevano brillare e
luccicare come fosse una delicata e pura scaglia di ghiaccio, che accecava con i
suoi riflessi nei tenui colori dell’iride, mentre riposava sontuosamente su un
cuscino di velluto cremisi. Draco roteò i suoi occhi e si convinse che stava per
morire di una morte molto lenta, quando la sua accompagnatrice incominciò ad
elencare tutti gli eventi in cui avrebbe indossato quella collana, alcuni tanto
impensabili quanto sorseggiare un tè pomeridiano con la Regina. Ma erano le sue
fantasie e lui non sentì nessun bisogno di correggerla.
Perché, in quel momento, nella sua fantasia lui era molto, molto lontano da
Pansy, dal suo rancido odore e stava sbattendo la faccia di Paciock nella neve.
Forse, però, la sua fantasia non era così impensabile quanto il suo desiderio di
guadagnare i favori della Regina e affascinarla abbastanza da essere invitata
per un tè.
Mentre aspettava che finisse, i suoi pensieri iniziarono ad indirizzarsi verso la sua
ragazza. Anche Hermione era così, sì, anche se molto meno piagnucolante e
irritante. Per meglio dire, forse non lo era per niente, ma sapeva essere
piuttosto fanatica, ad esempio, con i suoi libri. Non era mai impazzita per i
diamanti, però, cosa che lo colpiva sempre come bizzarra, ma che non lo
sorprendeva mai. Era sempre stata una ragazza molto poco convenzionale.
A volte pensava persino che l’amava per questo.
Il cipiglio di Draco s’accentuò e lui sentì l’impazienza iniziare a frustrarlo
ancora.
‘Smetti di pensare a lei’ si rimproverò Draco amaramente, cercando di incrociare le braccia, prima di
ricordarsi che Pansy ne stava strangolando uno. ‘Inoltre, la prossima volta
che la vedrai, avrà tutti i capelli bruciati, la sua pelle sarà ricoperta da
bolle, e si porterà appresso un po’ di arti rotti e distorti, oltre che al
traumatico ricordo di un selvaggio gorilla che avrà tentato di dilaniarla.’
Avrebbe voluto ridere, facendo una smorfia all’immagine.
Ma l’unica cosa che sentiva era un soffocante sentimento di rabbia e furia.
Iniziò a camminare, trascinandosi dietro la ragazza. “Andiamo, Pansy.”
I suoi occhi si spalancarono. Sembrava speranzosa. “Me ne comprerai una appena ci
sposeremo, vero?”
‘No, maledettamente no!” avrebbe voluto gridare Draco. Il pensiero di sposarsi con lei faceva sussultare
e tremare violentemente tutto il suo corpo. Sarebbe stato un uomo da compatire.
Avrebbe perfino potuto decidere di cambiar sesso, piuttosto.
Non che l’avrebbe fatto sul serio. Era solo una possibilità.
Camminarono, con Draco che se ne stava zitto e cercava di respirare ancora con
la bocca, nonostante sentisse sempre qualcosa di terribile e orribile ogni volta
che deglutiva.
“Oh, Draco” fece le fusa lei, sospirando trasognata e appoggiando la testa contro la
sua spalla. Cosa questa che provocò un brusco movimento del capo di Draco per
paura di rintuzzare ancora le sue allergie. “Ad essere onesta, mi stavo
chiedendo quanto ci avresti messo a capire che io sono quella fatta per te.”
Gli servì tutto il suo autocontrollo per non strozzarla.
“Adesso Pansy”, riuscì infine a sputare fuori, cercando di liberare nuovamente
il suo braccio. “Non facciamoci portare troppo avanti.”
Lei strinse il suo braccio ancora più forte. “No, maledettamente no”, sorrise
seducentemente, dando eco ai pensieri di lui.
Poi lo accarezzò in un posto che fece fuoriuscire gli occhi di Draco dalle orbite,
sembrava che qualcuno avesse trasfigurato i suoi bulbi oculari in piattini da
tè.
Spinse velocemente via la sua mano, orrificato. Si sentì rabbrividire di nuovo quando
lei riprese a fare le fusa contro di lui.
Invece che sembrare incredibilmente sexy, come sapeva che sarebbe dovuto essere,
sembrava che dovesse andare in bagno per qualcosa di terribile.
Voltando di lato il suo sguardo, notò la libreria in cui lui e la Granger
s’incontravano spesso in segreto quando erano entrambi a Hogsmeade.
“Oh guarda, la libreria!” disse in maniera idiota, la sua mente che rimbalzava tra
pensieri ambivalenti. Se solo la Granger avesse potuto vederlo in quel momento.
Pansy lo stava palpando ed era certo che la Granger si sarebbe scagliata su di
lei come una furia per strapparle le ciglia finte e i capelli laccati. Il
pensiero lo divertì, ma poi sentì una certa amarezza al rendersi conto che non
c’era la minima possibilità che lei vedesse le carezze licenziose di Pansy.
Lei, probabilmente, stava, invece, dando la caccia allo stupido rospo di Paciock,
Trevor, visto com’era sempre così insopportabilmente gentile e nobile. Ugh, solo
l’aver pensato a lui, a quella sottospecie di Gryffindor, gli faceva venire
voglia di rimettere.
“La libreria?” sbottò Pansy, disgustata, arricciando il naso. “Perché mai bisogna
menzionarla?”
Sorprendentemente Draco si ritrovò d’accordo. S’era dimenticato quanto piccolo
era il suo cervello per poter apprezzare un po’ di vera letteratura. D’altronde
la quantità di spray che aveva usato poteva facilmente trarre in inganno.
“Quella Sanguesporco sarà lì dentro, sicuro” continuò, una traccia di repulsione
echeggiava nella sua voce. “A farsi una sega con i suoi libri.” Poi rise. Non
era veramente una risata. Il riso di una ragazza avrebbe dovuto essere dolce e
delicato, o magari forte, musicale e gioioso. Ma la risata di Pansy era crudele
e fredda, ricolma di cattivi sottintesi. Quasi sorda. Era più uno schiamazzo. E
Draco odiava gli schiamazzi di Pansy.
Si tese di fianco a lei, sentiva le briglie che tenevano a bada il suo carattere
allentarsi sempre di più. Il nomignolo che aveva usato per ribattezzare la sua
ragazza era stato come una doccia ghiacciata ed estremamente dolorosa su di lui.
Strinse i pugni e digrignò i denti.
E Hermione Granger non avrebbe mai fatto… quello che Pansy aveva detto che
faceva lì dentro. Pansy era tipa da farlo – mai la Granger. Dopotutto la Granger
aveva lui… perché ne avrebbe avuto bisogno?
Poi lei iniziò a ridacchiare. Qualcosa a cui Draco s’era abituato, viste le sue
frequentazioni Slytherin. Loro erano nati dal grembo materno ridacchiando e
lanciando sguardi accigliati, dopotutto. O almeno era questo che raccontavano le
leggende.
“Oh, ho sentito il pettegolezzo più interessante e orrificante oggi in Sala Grande”,
rise. “Quell’idiota di Paciock s’è fatto avanti con la Granger! Puoi crederci?
Il castoro e la bestia!” Rise così forte che si piegò in due. Draco avrebbe
voluto tapparsi le orecchie, quel terribile suono graffiava i suoi timpani come
lo stridere delle unghie su una lavagna.
La sua rabbia crebbe, gli sembrava che si stesse realmente irradiando sotto forma di
vampate bollenti dal suo cranio. “Pensa ai figli!” continuò a ridere Pansy,
mentre Draco continuava ad aver voglia di sbatterle un pugno in faccia. E chi se
ne importava di quante volte s’era ripetuto che una donna non si tocca neanche
con un dito.
Ma Pansy non era da considerarsi necessariamente donna, no? Un’orrida creatura del
più profondo degli inferi piuttosto che una donna.
Paciock era più donna di lei.
Passarono davanti agli immacolati vetri di un elegante ristorante, ben
conosciuto dal giovane Malfoy. Un’insegna dall’appropriato nome, Il bacio di
Afrodite, illuminava la notte invernale con i suoi caratteri dorati e lo
slanciato stile corsivo. Un aroma paradisiaco di vaniglia e cibo raffinato,
preparato con cura unicamente per chi avesse portafogli senza fondo, avvolgeva
l’aria. Candele svolazzanti erano sospese a mezz’aria e, insieme a ghirlande di
fresche rose e pareti di pallido oro, rendevano l’atmosfera estremamente
romantica. Lanciando un’occhiata all’interno, Draco vide l’usuale ambiente.
Nessun tavolo rimasto vuoto, coppie dagli occhi sognanti, bicchieri per lo
champagne di cristallo riempiti con ottimo vino spumeggiante d’annata, una
virtuosa banda che suonava al centro del salone, la Granger, Aubrey Mills
all’ingresso, il menù in caratteri dorati –
Gli occhi di Draco si spalancarono.
Granger!
Il suo cuore mancò un battito e il suo stomaco si ribaltò. I suoi occhi si strinsero
per l’irritazione e la gelosia, mentre vedeva la sua ragazza sorridere e ridere
con il suo “appuntamento”, Neville Paciock, vestito per l’occasione nei suoi
abiti migliori. Lei non sembrava aver sofferto di alcuna catastrofe fisica. Per
niente. Niente pustole sulla pelle, niente occhi neri, né ossa rotte. Al
contrario lei era… come mai l’aveva vista prima.
I suoi capelli non erano più il caotico cespuglio a cui lui s’era, con il passare del
tempo, affezionato, ma erano acconciati in morbidi e lucenti boccoli che
contornavano il suo viso, radioso in mezzo alla luce delle candele e alle pareti
dorate adornate dai bianchi boccioli di rose. Indossava un vestito simile a un
kimono cremisi, dall’alto collo ricamato con fili aurei, e la parte superiore
delle sue braccia era scoperta. I suoi occhi luccicavano e sembrava godere della
compagnia dell’elefante così grandemente che Draco sentì il suo stomaco
stringersi in più nodi.
Le sue labbra rosa, distese in un sorriso, scintillavano delicatamente, mentre
sorseggiava con educazione dal suo bicchiere. Era così affascinante, così bella,
così elegante…
Draco sentì un grido di frustrazione salirgli in gola, ma tentò di sopprimerlo
ricordandosi che aveva ancora a fianco Pansy.
Era così maledettamente adorabile, ed era ad un appuntamento con Neville Paciock! Si
rendeva conto che lo stava tradendo?
Sapeva che se gliel’avesse detto, lei gli avrebbe tenuto un’intera conferenza sui
cavilli. Poteva già sentirla: “Nessuno sa di noi, Draco… Devi capire… Non
preoccuparti, non mi piace in quel senso… Siamo solo amici…” Tutta spazzatura
che Draco odiava. E chi se ne importava se lei era stata indubbiamente sincera
nel dirgli tutto dall’inizio e nell’averlo incontrato quella sera con intenzioni
pulite e innocenti, lui era comunque arrabbiato con lei.
Perché – lei lo stava tradendo! Segreta relazione o no, era ben consapevole che
il tradimento è tradimento, non importano le circostanze.
Sentì Pansy trattenere il fiato, di fianco a sé. “E’ quella Sanguesporco?” Avrebbe
potuto giurare di aver avvertito una punta di gelosia nella sua voce e, di
sicuro, quella sottospecie di espressione che aveva in viso voleva essere
intimidatoria. “E’ ripugnante, come al solito. Guarda, s’è appiattita quel
cespuglio morto di capelli che ha in testa… vorrà dire che è veramente disperata
per finire pure con Paciock!” Ghignò maleficamente. “Dracuccio mio, magari il
piccolo Paciock finalmente raggiungerà la sua virilità stasera!”
Questo diede il colpo decisivo al precario controllo che il ragazzo aveva ancora sui
suoi nervi. La sua testa scattò di lato, gli occhi lampeggiava per la furia.
“Paciock, innanzi tutto, non ha una virilità” disse tra i denti. Gliel’avrebbe
tagliata e gliel’avrebbe fatta mangiare ben prima che si avvicinasse alla sua
Granger!
Poi artigliò la mano di Pansy e se la trascinò dietro.
“Oh – Draco! Dove stiamo andando?”
“Andiamo a cenare.”
Pansy s’illuminò. “Oh bene. Perfetto allora.”
Entrarono attraverso le porte di vetro, avvertendo istantaneamente il piacevole
tepore dell’aria calda e il profumo accogliente di vaniglia, di esotici e dolci
gigli, e dei più paradisiaci alimenti che potessero essere trovati nel mondo
magico. Le labbra di Pansy s’incurvarono diabolicamente, e, mentre Draco
s’avventava sul cameriere addetto all’ingresso, s’attaccò al suo fianco,
sembravano due gemelli siamesi.
L’uomo di mezz’età al banco sollevò lo sguardo per incontrare quello del ragazzo con
un’espressione metà compiaciuta e metà shockata.
“Signor Malfoy”, lo accolse calorosamente, con un sorriso a trentadue denti. I
suoi occhi scintillavano e il suo naso fremeva al profumo dei galeoni che quel
nome portava con sé. “Non sapevo che avesse fatto una prenotazione da noi per
stasera.”
“Non l’ho fatta”, strascicò Draco, stoccandogli un’occhiata decisa. “Ma la mia cara
accompagnatrice ed io ardevamo dal desiderio di una superba cena nel vostro
ristorante. Niente ha l’atmosfera e la cucina superba di questo posto.” Poi
aggiunse alla sviolinata il suo sorriso più brillante e accattivante.
L’uomo impallidì per un secondo, il suo sorriso si gelò un istante, ma poi incominciò a
luccicare di nuovo. Guardò velocemente la lista con le prenotazioni. “Certo,
certo… siamo pieni stasera, ma sono certo, senza alcun dubbio, che troveremo
subito un tavolo per il nostro miglior cliente.”
“Splendido.”
“Si figuri. Il nostro personale sistemerà tutto in un baleno.” Il suo ampio sorriso
traballò nervosamente mentre Draco annuiva. Poi si diresse verso i camerieri e
le camerieri alle sue spalle e diede loro degli ordini con un basso mormorio.
Uno dei suoi occhi, mentre compiva quell’operazione, rimase fisso su Draco, come
a essere sicuro che non se ne andasse da un momento all’altro. Anche gli occhi
del resto del personale si spalancarono notevolmente alla vista dell’elegante
Malfoy.
Draco sogghignò trionfante.
Pansy gli si fece più vicina, lodandolo. “Oh, Draco. Il tuo potere sugli altri è
così sexy.” Sembrava stesse facendo delle fusa.
Nel mentre, Draco stava fissando la coppia seduta al centro della stanza.
Non era passato un minuto. Il personale era riuscito a far sloggiare una coppia e
Aubrey era tornato con il più sollevato dei sorrisi. “Se volete seguirmi, Signor
Malfoy”, disse loro.
Il cuore di Draco quasi si fermò quando si rese improvvisamente conto che il tavolo
che era stato liberato era giusto accanto a quello dei due Gryffindor. I suoi
occhi dardeggiarono per le intenzioni tortuose che gli si erano affacciate alla
mente, mentre sentiva Pansy sospirare per la bellezza del posto.
Passarono appena dietro la Granger, Draco quasi allungò una mano per
accarezzarle i delicati boccoli che scintillavano luminosi alla luce delle
candele e profumavano del suo famigliare aroma di cannella e ciliegie. Paciock
non li notò, era troppo preso da lei, che stava determinatamente propugnando un
discorso sulla necessità di liberare gli elfi domestici. Nulla avrebbe reso più
felice il giovane rampollo di casa Malfoy che afferrare uno dei piatti lì vicino
e frantumarlo sulla testa di quella sottospecie di damerino.
“Ecco a voi, Signor Malfoy” disse Aubrey, tirando cerimoniosamente indietro la sua
sedia, mentre un altro cameriere faceva lo stesso con quella di Pansy. “I menù
sono qui”, indicò, “e un cameriere sarà qui non appena sarete pronti. Grazie
ancora per aver scelto Il Bacio di Afrodite per cenare stasera. È il più
onorabile dei privilegi.” E con questo se ne andò, lasciando Draco e Pansy da
soli.
Pansy si stava letteralmente divorando con gli occhi tutto quello che avevano intorno.
Aveva già ingordamente puntato a un bracciale di diamanti e ametista di una
delle donne dall’altra parte del salone.
Draco era seduto sullo stesso lato di Paciock, aveva così una perfetta visuale della
Granger e del suo appassionato discorso a favore del suo C.R.E.P.A., condito con
gesti e quant’altro. Vederla così radiosa e accesa d’entusiasmo gli fece vibrare
lo stomaco, come per la nota agre di una corda. Una vibrazione molto lunga.
Piena di desiderio e gelosia, di amarezza e voglia e sofferenza. Fu solo allora
che si rese conto del suo errore. Era colpa sua non averla mai portata fuori ad
un appuntamento. Non che avesse potuto, visto come le persone abbiano la
maledetta tendenza a parlare con quelle loro bocche enormi e visto come il loro
segreto avrebbe consumato l’intera scuola come il più selvaggio degli incendi,
ma avrebbe potuto comunque arrangiare qualche cosa di speciale in un’aula
deserta. E metter su qualche incantesimo per farla sembrare come se fossero a un
vero appuntamento. Era colpa sua se aveva accettato la proposta di Paciock per
una notte di mondanità e romanticismo. Draco non le aveva mai dato una normale
rosa che non le sputasse qualcosa in faccia, mai detto che era bellissima, mai
fatta sentire speciale lasciando che si vestisse bene per portarla fuori.
E ora lei stava facendo tutto da sé. Senza di lui. Con Paciock. S’era lisciata i
capelli e aveva indossato qualcosa di così perfetto che lui avrebbe voluto solo
rimanere a bocca aperta e fissarla, per sempre. C’era persino una rosa giusto di
fianco al suo piatto e lui sapeva che doveva avergliela data, maledizione, quel
suo cosiddetto “ragazzo da appuntamento”. Merlino, quanto avrebbe voluto
riavvolgere il tempo e finalmente prendere il coraggio a due mani e
chiederglielo lui d’uscire, così che ora non l’avrebbe dovuta vedere con un
altro uomo – innocente o no. Non c’era ragione al mondo per cui avrebbe dovuto
condividerla con il resto di quella banda di perdenti che frequentava Hogwarts.
Lei era sua. Anche se non lo sapeva nessun altro a parte loro. Ma lo sapeva
anche lei... vero?
Pansy aveva già artigliato il suo menù e si stava leccando, letteralmente, le labbra a
ogni piatto. “Come sembra tutto delizioso, qui!” esclamò, affamata. Sembrava un
leone pronto a scattare su una zebra ferita. La luce che aveva in volto sembrava
maniaca.
“L’oca sembra fantastica… così l’agnello… non so proprio cosa posso prendere…”
strascicò.
Draco, al contrario, non si sentiva così affamato. Solo guardarla lo riempiva di
sensazioni totalmente differenti. Poi sentì Paciock dirle qualcosa, lusingarla.
Lei arrossì e gli occhi di Draco si strinsero in due pericolose fessure. L’ira
ribolliva nella sue vene.
Pansy alzò gli occhi. “Draco? Cosa ordini?” La sua voce cadde a un mormorio indistinto
quando seguì il suo sguardo irritato. Emise un soffio disgustato dal suo naso.
“Mio Dio. Questi camerieri sono dei completi idioti. Come possiamo mangiare con
quei due lì, di fianco a noi? Mi hanno quasi andar via l’appetito.”
Quasi.
Ma non veramente, visto che aveva comunque ordinato metà menù.
“Mio caro Draco, non potresti cercare di ignorarli? Lo so che la Sanguesporco è una
gran distrazione, è così insopportabile dovunque vada, ma sarebbe sbagliato
lasciare che ci guasti questa meravigliosa serata!”
“Hai ragione,” rispose Draco, il tono un po’ forzato, girandosi verso di lei. “Non so
nemmeno cosa stiano facendo qui. Magari potrei convincere la direzione a
cambiare la loro politica sul permettere che i sangue-lurido contamino questo
posto.” Anche a dirlo suonava sbagliato, come se avesse dovuto letteralmente
tirarselo fuori dalle labbra. Non aveva detto o pensato nulla di così cattivo su
di lei da tanto, tanto tempo.
“E’ terribile, come un gatto infestato dalle pulci” concordò Pansy.
Draco non disse nulla, tornò soltanto a guardarla.
Quando arrivò il cameriere, Pansy ordinò tre o quattro piatti del menù, mentre Draco
chiese la specialità della casa, la bouillabaisse. Non voleva niente di pesante
quella sera. Continuò a rimirarla, aspettando che lo notasse. Come poteva non
averlo ancora visto? Erano lì da quindici minuti e tutto quello che aveva fatto
era ridere, parlare e ridere ancora. Draco odiava assolutamente che si
stesse divertendo così tanto.
Così, divenuto impaziente, si schiarì la gola. “Peccato che lascino entrare degli
esseri così luridi in un così bel posto per purosangue, non concordi, Pans?”
parlò ad alta voce, facendo girare diverse persone dai tavoli vicini.
Granger stava bevendo il suo sidro quando lui aveva parlato. I suoi occhi si
aprirono di colpo al suono della sua voce, perdendo la loro irrefrenabile
allegria. Finalmente lo trovarono e un gran fiotto di liquido finì, dalla sua
bocca, sul volto di Paciock. Draco non riuscì a trattenersi dal ridere, quando
vide come gliene fosse fuoriuscito un po’ anche dal naso.
La cosa successiva che vide fu che lei aveva sbattuto il suo bicchiere sul tavolo,
tossendo e sputacchiando, la sua faccia sempre più rossa. Si sbatté un pugno sul
petto, cercando di respirare di nuovo.
Paciock aveva velocemente afferrato il suo tovagliolo e si stava pulendo il
volto.
Era pallido, ma quando un paio di coppie vicine si agitarono, guardandoli, s’accorse
che avevano attirato l’attenzione di almeno metà salone divenne rapidamente di
un poco lusinghiero color rosa.
“Hermione?” chiese nervosamente. “Hermione? Tutto a posto?”
Lei mosse una mano a indicare che era tutto okay, sebbene stesse ancora cercando di
riprendersi dal suo attacco di tosse.
Un cameriere turbato e ansioso apparve di fianco a lei. “Signorina? Signorina,
tutto bene? C’è qualcosa che non va?”
Finalmente lei si riuscì a riprendere. La sua faccia era bollente e cremisi.
“No, no” rispose, prendendo un profondo respiro e guardando imbarazzata intorno
a sé. “Non c’è nulla che non va. Sto bene.”
Il cameriere annuì riluttante prima di andarsene.
Lei guardò Neville, le sue ciglia abbassate per la colpa e l’umiliazione. “Oh,
Neville. Mi dispiace tantissimo, t’ho inondato il viso con il sidro – oh, è
terribile –“
“E’ tutto a posto”, le sorrise, mostrando i suoi grandi denti.
Lei si girò a guardare Malfoy. Il suo sguardo immediatamente si trasformò in
un’occhiataccia che prometteva sofferenza e dolore. Era furiosa.
Il ghignò di Draco s’allargò.
Per un po’ le cose procedettero in maniera forzata e goffa, esattamente come Draco
s’era, abilmente, prodigato che andassero. Paciock balbettava e incespicava
sulle sue parole. Aveva rovesciato sul tavolo uno dei suoi bicchieri e ora era
letteralmente pietrificato per l’imbarazzo di essersi perennemente umiliato
davanti alla Granger e con l’eterna cicatrice della traumatica esperienza di
essere stato il primo a strozzarsi con la sola aria al suo primo appuntamento.
Era patetico, veramente.
Ma Draco si stava divertendo immensamente.
Sorrise quando la Granger gli lanciò un’occhiataccia e poté quasi sentire che lo
apostrofava come un deficiente, uno stupido, un piccolo sgradevole bastardo, un
irrecuperabile imbecille, un insopportabile sadico e così avanti con tutti quei
nomignoli con cui non aveva mancato di chiamarlo negli anni passati. Oh sì, e
“malfuretto rimbalzante”, da sempre un must. Anche ora che lui e Hermione si
erano dati a… cose birichine. Cose birichine che potevano persino far
arrossire Draco Malfoy a dispetto di se stesso.
Tuttavia, mentre gli scambi tra loro due non andavano oltre a occhiatacce
fulminanti, le cose iniziarono a migliorare nuovamente. In sprezzo al fatto che
Draco aveva intenzionalmente tentato di minacciare e intimidire Paciock fino a
fargli mandare all’aria il suo appuntamento, il Griffyndor aveva bevuto
bicchieri su bicchieri d’acqua e ora sembrava completamente ricomposto e
nuovamente saldo nei suoi propositi. Non tremolava più come un piccolo
vermiciattolo. Riusciva di nuovo a formulare frasi complete e a farla ridere
ancora.
A Draco questo non piaceva. E così decise di rovinare la loro serata ancor di più,
esattamente come vederla ad un appuntamento con la Catastrofe Balbuziente
Gryffindor aveva rovinato la sua. Sogghignando e ignorando Pansy, che stava
parlando di sua madre e di tutti gli adorabili gingilli che le aveva comprato in
Francia, sgusciò nuovamente nella loro conversazione.
“Qual è il problema, Paciock? Problemi in paradiso con Colin Canon? È per questo che
hai disperatamente implorato la Granger perché ti portasse fuori, stasera? O è
solo una storia di lussuria e gelosia che state mettendo in piedi tu e quel
piccolo topastro?”
Neville sbiancò. Poi la sua faccia si tinse di un violento color rosso cremisi
che assomigliava incredibilmente a quello delle sirene della polizia. Pansy
ridacchiò. Hermione lo guardò in cagnesco.
Appena Neville fu sul punto di balbettare qualcosa in risposta, anche le sue orecchie
erano in fiamme, la Granger lo prevenne, con una voce spiccatamente glaciale.
“Lascialo in pace, imbecille”, scattò.
Eccoci al dunque. Uno dei suoi nomignoli.
Una delle sue bionde sopracciglia si arcuò vertiginosamente sulla sua fronte,
scomparendo sotto la sua frangia. “Oooh”, ammiccò, “siamo un po’ sulla
difensiva, eh? O ci sono problemi nel tuo paradiso? Potter e Weasley
hanno deciso che avevano bisogno di un po’ di tempo da soli stasera? È così?”
La voce di lei suonò strozzata. “Non parlerei di preferenze sessuali ora come ora,
se fossi in te, Malfoy”, lo avvertì, il tono basso. “Perché scommetto che
corrompendo Tiger e Goyle con qualche tartina alla noce americana che amano
tanto canterebbero come usignoli sulle cosacce che tu hai fatto loro.”
Draco sbiancò. La mascella di Pansy cedette. Neville sorrise.
La Parkinson giunse in sua difesa. “Ascolta bene, Sanguesporco”, sibilò. “Stai
rovinando questa bellissima atmosfera con la tua presenza spregevole, quindi
perché non te ne vai e ti godi la cena sulle strade in mezzo ai luridi ratti
come sempre?”
“Eccone un’altra su cui ci sarebbe da parlare, ragazzina” sibilò di rimando.
“Malfoy t’ha portato fuori stasera solo perché è stato fermo per sei mesi. Sei
la sua cosiddetta ragazza. E questo è tutto quello che sempre sarai.”
Pansy boccheggiò, presa alla sprovvista. “Ritira quello che hai detto!” esclamò. “O
altrimenti ti farò ingoiare quella parrucca che hai in testa!”
“Parrucca?” ripeté incredula. “E’ più genuina di quei peli di genitali di maiale che ti
incolli sulle palpebre come ciglia!”
Pansy era orrificata. Il suo volte si deformò per la rabbia e i suoi pugni si chiusero
ai lati del suo piatto. “Granger, quando metterò le mie mani sul tuo collo
grassoccio…”
“Grassoccio? Sei tu che hai ordinato l’intero menù! Dovresti essere accusata di
furto, tu!” sputò Hermione con ira. “Sei tu la ragione per cui la
terra è soccossa alla fame mondiale! Perché tu stai mangiando tutto!”
Pansy emise uno strillo frustrato. “Tu, astiosa Sanguesporco!”
“Sgualdrina obesa!”
“Vacca ritardata!”
“Faccia di Carlino!”
“Castoro cespuglioso!”
“Liza Minelli!”
Pansy era confusa. “Liza Minelli? Cosa diavolo –“
“Hermione, credo sia meglio se ce ne andiamo”, s’intromise Neville, guardandosi
attorno alle persone che li stavano osservando sospettosamente.
“No” rispose con fermezza, scoccando sia a Draco che al suo accompagnatore delle
occhiatacce sdegnose e raddrizzando il suo collo. “Dobbiamo ancora ordinare il
dessert. Non possiamo lasciare che questi due avvoltoi ce lo rovinino.”
Pansy sibilò verso Hermione.
La Granger ordinò uno squisito gelato alla frutta mentre Paciock una fetta di una
paradisiaca torta al cioccolato fondente. Anche Pansy e Draco avevano finito la
loro cena e stavano per ordinare il dolce. Stavolta, tuttavia, decisero di
ignorarsi. La tensione correva forte nell’aria come elettricità statica, ma,
spalle tirate e morsi meccanici, non pronunciarono una parola gli uni agli
altri.
Giusto allora Pansy emise un suono strascicato che voleva, molto chiaramente,
richiamare l’attenzione di Draco. Lui staccò lo sguardo dalla sua risentita
ragazza e la guardò, mentre si leccava via la glassa dalle labbra con un
movimento molto lento. Gli sorrise in modo seducente e iniziò a parlargli con
voce languida.
“Oh Draco, magari potremmo tornare a Hogwarts, ora” gli disse con un luccichio
lascivo negli occhi. “Ho alcuni progetti per noi.”
“Ad esempio?” indagò Draco, stando al gioco visto che sentiva gli occhi della
Granger su di loro.
“Oh, sono troppo sconvenienti per dirli a voce alta, te lo assicuro”, ridacchiò. “Ma
ti posso far vedere un’anteprima se lo desideri così tanto.”
Le pupille di Draco si allargarono improvvisamente quando sentì qualcosa avanzare
su una sua gamba e accarezzargli gentilmente una coscia. La sua mente registrò
l’immagine di Pansy affamata di lui. Deglutì con fatica, sentendo il suo dessert
ritornare su dal suo stomaco. Tentò di allontanare il suo piede, ma poi si
ricordò che avevano un’osservatrice. Avvertiva la sua crescente irritazione.
Lo sguardo di Draco tornò su di lei. Ammiccò spudoratamente, provocandola. I suoi
occhi scuri e caldi si strinsero in maniera significativa, e lui si gustò la
gelosia che le faceva lampeggiare gli occhi come piccole scintille da un fuoco
ardente. Poi la Granger, storcendo il naso, allungò lentamente la sua mano sul
tavolo fino ad appoggiarla su quella di Neville, ridendo a qualcosa che lui le
aveva appena detto. Il sogghigno di Draco cadette in uno sguardo torvo.
Pansy continuò ad accarezzarlo, ma Draco, resosi conto che Hermione non aveva più
intenzione di rivolger loro la sua attenzione, spinse via il suo piede. Quel
gioco a cui stavano giocando stava incominciando a diventare stancante.
Pansy lo guardò perplessa. Poi un sorriso sbarazzino si fece largo sulle sue rosse
labbra. “Posso intrattenerti molto meglio con altre parti del mio corpo se
questo non ti piace” disse, passandosi la lingua sulle labbra.
Vedendola leccarsi le labbra e osservando Paciock e la Granger lanciati in una
profonda, incantevole, conversazione con le loro mani ancora una sull’altra,
Draco si sentì male. Voleva andarsene. In quel momento. Sopportare un
appuntamento con Pansy, sentirla mangiare – maledizione, vederla
mangiare, sperimentare il suo tocco gratuito in posti molto intimi, essere
costretto a sentire il suo cicaleccio continuo su diamanti e sui suoi nuovi
gingilli, quasi morire a causa del suo terribile profumo, soffocare per la
quantità mostruosa di spray nei suoi capelli, tanta che poteva facilmente creare
dell’elettricità (sfortunatamente non abbastanza da ucciderla, per sua grande
sfortuna), trattenere la sua rabbia mentre lei insultava la Granger con
qualsiasi nomignolo le veniva in mente, sentirla strangolare il suo braccio fino
ad essere convinto di non averlo più attaccato al corpo… voleva andarsene a
casa.
Ma non senza portare la Granger con sé.
Si sentiva infuriato, in quel momento.
“Oh Hermione”, Draco sentì dire l’altro Gryffindor. “Hai del gelato sul labbro. Su
quello inferiore. No, a destra. Un po’ di più – aspetta, sei andata troppo
oltre. Lascia che te lo tolga io –“ si chinò su di lei, allungando una mano per
sfregare il suo pollice sul suo labbro attraente, e Draco sentì tutto il suo
corpo balzare in aria. Rovesciò indietro la sua sedia e si catapultò su di loro
senza nemmeno renderseno conto, tutto quello che sapeva era – che era livido.
Poteva toccarle la mano. Poteva portarle delle rose. Poteva farla ridere. Poteva
portarla fuori per un appuntametno. Ma non poteva toccarle le labbra. Le
sue labbra erano di Draco così come ogni altra parte del suo corpo – non
avrebbe permesso a nessun altro uomo di contaminare un essere così paradisiaco.
Neville gelò quando Draco comparve davanti al loro tavolo con l’aspetto di una
donna che ha appena iniziato il suo ciclo e ne soffra particolarmente. Hermione
lo guardò con gli occhi spalancati. Mai si sarebbe aspettata quella sua mossa.
“Bene bene, allora”, stava friggendo, sentiva praticamente ogni singolo neurone nel
cervello pronto ad esplodere. Lo prese per il colletto, Neville sembrava
confuso, shockato e anche abbastanza spaventato. “Sei così desideroso di
toccarla, Paciock? Andiamo a parlarne fuori.”
Hermione, sbalordita, rimase a bocca aperta.
“Mi hai sentito”, ringhiò Draco. Tirò il suo colletto, facendolo quasi alzare dalla
sedia. “Andiamo a parlarne fuori.”
Pansy si alzò, penosamente sconcertata come tutti gli altri. “Draco? Nel nome di
Merlino, cosa credi di star facendo?”
“Sto per castrare questo imbecille, cosa credevi?” urlò di rimando.
L’intero salone cadde nel silenzio, guardando i due ragazzi con un misto di
irritazione e fascino. Anche i ricchi non riescono a resistere ai drammi
pubblici. Specialmente se possono involgere una bella rissa!
Draco sembrava troppo andato per accorgersene.
“Oh, per piacere Draco!” singhiozzò Pansy. Si avvicinò al suo fianco e si aggrappò a
un suo braccio, guardandosi attorno con occhi pieni di lacrime. “Lascialo solo.
Andiamocene.”
“Io me ne andrò quando lui lascerà in pace la mia ragazza!”
Il silenzio rimbombò, frastornante per l’incredibile potere della sorpresa.
“Ragazza?” farfugliò Pansy. Poi sorrise radiosamente. “Ragazza? Io? Oh
amore! Stai cercando di proteggere me!” Le sue guance arrossirono per la
gioia.
“Non tu, oca!” scattò Hermione, alzandosi in piedi. “Tu non sei la sua ragazza!”
Gli occhi di Pansy si scurirono. Incorciò le braccia sul petto. “E allora chi
è? Tu?” ringhiò.
“Sì!” esclamò Hermione.
La mascella di Pansy si staccò dal resto della sua faccia. “Cosa?” urlò.
“Mi hai sentito – Io sono la sua ragazza! Quindi smettila di toccarlo, okay?”
gridò, il suo volto sfavillante di rabbia. “Perché lui appartiene a
me, mi hai sentito, sgualdrina?”
“Bugiarda!” strillò. “Il mio Draco non guarderebbe mai due volte una cosa
spregevole come te! Sei una Sanguesporco!”
“Ragazza?” s’intromise Neville, sembrava un fantasma. “Hermione – tu sei –“
“Tutto vero, lei è la mia ragazza, quindi vattene a casa prima che ti lanci qualche
maledizione, tanto non otterrai nulla stanotte, alce ritardato!” confermò Draco.
“Io sono quello che otterrà qualcosa stanotte!”
“Lo speri!” disse Hermione.
“Dopo tutto quello che ho sopportato?” rispose Draco, spostando la sua
attenzione su di lei. “Sentirti intrattenere conversazioni sul tuo maledetto
CREPA con esseri schifosi –“
“E’ C. R. E. P. A.!” urlò. “E dopo quello che tu hai sopportato? Tu hai
sopportato? Cosa dovrei dire io? Io me ne sono dovuta stare
seduta e vedere Pansy che ti palpeggiava con il suo piede! Io me ne sono
dovuta stare seduta e vedere i suoi accenni di attività sessuali su di te! Non
dirmi che tu ti aspetti qualcosa da me stanotte dopo quello che tu
hai sopportato!”
“Come puoi essere tu la sua ragazza?” chiesero contemporaneamente
Neville e Pansy, orripilati.
“Perchè lo amo, ecco perchè!” gridò.
Draco gelò.
Neville gelò.
Pansy gelò.
Chiunque altro presente in quel ristorante gelò.
Poi gelò anche Hermione, rendendosi conto delle sue parole.
“Tu-tu mi ami?” chiese Draco piuttosto incredulo.
Lei emise un sospiro tremolante. Non sembrava per nulla sopraffatta dalla direzione
presa dagli eventi. “Sì”, gli disse con calma, guardandolo negli occhi. “Ti amo,
sciocco ignorante.”
“E tu?” proruppe Pansy accusante, puntando un dito contro di lui. “Tu la
ami?”
Tutti gli occhi si fissarono su di lui.
Draco sentì il suo cuore rimbombargli come un tamburo intorno a selvagge ed esotiche
fiamme nelle orecchie, sempre più veloce.
“Io la amo.”
Silenzio.
Neville sembrava sul punto di vomitare. “Oh Dio. Credo ci sia bisogno di
un’altra fetta di torta al cioccolato.”
Un forte e acuto stridio fece saltare tutti dalla proprie sedie e coprirsi le
orecchie. Era Pansy, in lacrime.
“Come-come puoi amarla?” singhiozzò. “Portartela a letto è un conto,
Draco, ma noi dobbiamo sposarci –“
“Sposarvi?” chiese Hermione, la sua voce si alzò di qualche ottava. Fissò
rigidamente Draco. “Sposarvi? Draco cosa diavolo sta dicendo?”
“Non chiamarlo ‘Draco’!” ululò Pansy. “Io sono la sola che può –“
“Ma taci!” la interruppe bruscamente Hermione.
Draco ignorò i singhiozzi tortura-timpani di Pansy. “Nulla, sta parlando del nulla”,
Draco assicurò Hermione, le cui palpebre si stavano contraendo per lo
scetticismo. “Sta impazzendo con questa idea che siamo fatti l’uno per l’altra e
che dobbiamo sposarci – tutto molto falso e rivoltante –“
“Giuro, Draco Malfoy, se stai andando in giro a metterle l’idea in testa che tu
la sposerai, io vado a prendere quella tua scopa e te –“
“Non lo sto facendo!” si sfogò Draco, frustrato. “Non voglio sposarla, chiaro? Io
non la amo!”
Pansy scoppio in una nuova serie di singhiozzi. “Non è quello che mi hai detto ieri
sera!”
“Ieri sera?” gridò Hermione, “Cosa significa ieri sera?”
“Non c’è nessun ieri sera!”
“Sei un bugiardo, Draco Malfoy!” continuò a uggiolare Pansy.
Hermione incrociò le braccia e lo fissò.
“Granger – come puoi credere a tutto quello che ti dice?” le chiese,
sentendo una sensazione di impotenza sommergerlo. “Non hai fiducia in me?”
“Non lo so. Voglio dire, t’avevo detto che sarei andata a un piccolo innocente
appuntamento. Non sarebbe accaduto nulla. Volevo solo uscire una sera. Neville è
un mio amico. Tu sei il mio ragazzo. Tu lo sai. E poi tu vieni qui
con lei”, sembrava stesse sputando del veleno. “Mossa stupida.
Quindi non parlarmi di fiduca, Draco.”
La testa di Draco girava. Sentiva la nausea. Non sapeva che cosa stesse succedendo.
Anche la Granger si stava rivoltando contro di lui. Questo non doveva succedere.
Per nulla.
“Granger –“
“Sai una cosa? Me ne vado” gli disse con astio, prendendo la borsa dalla sedia.
“Passa una bella serata. Magari tu e Pansy riuscirete a mettere su dei piccoli
diavoletti insieme!”. Si voltò e velocemente girò attorno al tavolo. “Oh, e
grazie Neville!” aggiunse “Mi sono divertita, davvero. Mi dispiace per quello
che è successo.”
Ma Draco non aveva ancora finito. Le corse dietro e le afferrò un braccio. Hermione
tentò di svicolare via, ma la sua stretta era ferrea.
“Lasciami andare”, gli ordinò.
“Vuoi sapere perché l’ho chiesto a Pansy?” gli sussurrò senza fiato, i suoi occhi
argento erano pieni di rabbia. “Perché ero geloso, ecco il maledetto perché!”
“Non serviva uno scienziato nucleare per capirlo!” gli rispose Hermione. “Ma se
volevi che dicessi no a Neville, bastava che me lo chiedessi in maniera gentile!
Credi che mi sia piaciuto vestirmi bene e andare in un bel ristorante con
qualcuno che non era te? Credi che mi sia piaciuto ricevere delle rose
quando tutto quello a cui pensavo eri tu e i tuoi fiori andati a male? Credi mi
sia piaciuto lasciarti dietro mentre me ne andavo a gironzolare con
Neville Paciock?”
Draco era sconcertato. La sua bocca era asciutta e lui si sentiva come se avesse
appena tentato di ingoiare la sua stessa lingua.
Sopraffazione e shock e forse anche paura per la sua stessa vita. Non s’era reso
conto che qualcosa potesse essere così semplice. Chiedere genitlmente. Se le
avesse chiesto gentilmente di non uscire con Paciock quella sera, in primo
luogo, tutto quello sarebbe potuto essere così carinamente evitato? Era davvero
così semplice? Solo che nulla nella sua vita era mai stato così facile, o
semplice del tutto, per il resto.
Tranne, ovviamente, quando si trattava di amarla.
Ma persino per quello ci erano voluti sei mesi interi per rendersi uso all’idea e
cercare di sopprimere la sua fiera volontà di diniego.
“Ma se non lo volevi… allora perché sei andata?” le chiese con tranquillità. La sua
rabbia era presto svanita e aveva lasciato solo un leggero torpore nel suo
cervello. Si sentiva trasognato e confuso. “Voglio dire, se stavi aspettando che
io –“
“Non lo so”, sospirò Hermione, e Draco notò piccole lacrime nei suoi occhi. “Ero
stanca di dover mentire e poi sgattaiolare fuori per incontrarti nella libreria
d’antiquariato, o in biblioteca, o in un ripostiglio per le scope. Ero stanca di
tutto questo. Ma qui – qui c’era qualcosa che era semplice. Non dovevo mentire.
Tutti potevano saperlo. Non avrei dovuto sentirmi in colpa quando avrei visto
Harry o Ron. Per una volta, niente segreti… e mi piaceva. Era esilarante.”
Sospirò, rivolgendogli un piccolo sorriso triste che Draco avrebbe voluto solo
baciare via, per quello che stava facendo al suo cuore.
Draco si guardò i piedi. Poi rialzò lo sguardo, cercando di mandar via la secchezza
nella sua gola. “Io…io non lo sapevo. Mi dispiace… Hermione.”
Hermione sorrise ancora. Si strofinò gli occhi. “Oh, è tutto a posto.”
Ma non lo era. Non era tutto a posto, per nulla. Draco si sentiva disgustoso,
miserabile, sciagurato e spregevole per quello che le aveva fatto passare. Non
era stato facile neanche per lui… ma lui era stato così preso da sé e dai suoi
tentativi di nascondere a tutti gli altri i suoi sentimenti per lei che non
s’era fermato a pensare cosa questo volesse dire per lei.
Persino peggio… s’era vergognato. Vergognato di essere con lei anche se nessun
altro lo sapeva. Suo padre l’averebbe ammazzato. E così i suoi compagni di
casa. Aveva temuto il giorno in cui tutti avrebbero scoperto il suo tradimento e
la sua romantica storia con Hermione Granger, mangialibri Gryffindor, come una
furiosa sfida. Ma ora si stava ancor più vergognando per essersi veramente
preoccupato di quello che gli altri avrebbero pensato.
“Andiamocene”, gli sussurrò, guardandosi nervosamente attorno. “Credo che
abbiamo già offerto abbastanza spettacolo per stasera.”
Draco annuì, guardandola solennemente. “Sicuro.”
Si diressero verso le porte con le persone che ancora li guardavano a bocca aperta,
alcuni si stavano strofinando gli occhi. Draco notò che Hermione si era
allontanata da lui di nuovo, come erano diventati così abituati a fare quando
erano in pubblico. Raggiunse la sua mano, la strinse e avvicinò
la ragazza a sé. Sentì il
suo sorriso allargarsi contro il suo petto.
Si fermarono al banco della reception, dove Aubrey Mills si stava asciugando gli
occhi con un panno bianco. Draco tirò fuori i suoi soldi e glieli porse. “Per il
compagno della signorina e per la mia”, disse.
“Oh no”, disse Aubrey, tirando su con il naso. “Offre la casa.”
Draco gli rivolse un piccolo sorriso, infilando i soldi nella tasca della camicia di
Aubrey. Prima che potesse protestare, lui e Hermione erano già usciti dal
ristorante, mano nella mano.
Lei lo abbracciò teneramente una volta fuori, nella fredda atmosfera invernale. Lui le
cinse, deciso, un braccio leggermente tremante, cercando di riscaldarla e
sentendo il suo cuore riprendere vita al suo profumo e alla sua vicinanza, come
sempre. Capì che non c’era niente di meglio al mondo che essere con lei. E
niente di peggio che essere senza di lei.
“Così suppongo che il nostro segreto sia stato scoperto” le disse Draco, il suo
respiro si condensò in un vapore perlaceo quando fuoriuscì dalle sue labbra.
“Basta nascondersi.”
“Già”, sospirò Hermione. “Basta nascondersi.”
La mano di Draco strinse più forte la sua, il calore della pelle della ragazza gli
sembrava come qualcosa di sacro.
Poi si fermò. “Aspetta”, disse allo sguardo perplesso di Hermione.
“Cosa c’è? Hai dimenticato qualcosa?” gli chiese.
“Esatto. Vieni” le rispose, strattonandola.
Ritornarono al ristorante, la vita al suo interno era animata da bassi e
concitati mormorii. Aubrey li guardò con gli occhi spalancati, mentre un altro
cameriere stava tentando di consolare Pansy. Paciock aveva immediatamente
ordinato un’altra fetta di torta.
L’intero salone si quietò al loro ingresso.
Draco la portò fino al centro della stanza. Hermione era confusa, sentiva che la mano,
stretta in quella di lui, stava iniziando a sudarle.
“Draco?” sussurrò. “Cosa sta succedendo? Il tuo tavolo è laggiù.”
“Lo so.”
Quando furono esattamente nel mezzo, avvertendo gli occhi di tutti su di loro, Draco
posò gentilmente le sue mani sulla sua vita. Lei lo guardò, perplessa.
“Draco, cosa –“
Lui si chinò su di lei e la baciò, ben consapevole che nessuno in quella stanza si
stava perdendo un secondo, le cinse la vita con le braccia e la avvicinò di più
a sé.
Il gemito di Pansy scosse la terra.
Fine.