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Autore: Wren    09/03/2006    6 recensioni
Ovvero "Destino" o "Inevitabilità". Non centra moltissimo con la storia, ma non ho saputo trovare un titolo migliore. Un episodio dell'infanzia e... (Accenni moooolto lievi a WatanukiXDoumeki)
Genere: Romantico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kimihiro Watanuki , Shizuka Dômeki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il cielo estivo di quel giorno era di un azzurro intenso e limpido

Premetto una cosa… Non ho la più pallida idea se il nonno di Doumeki sia morto o meno… l’idea che mi ha dato il manga è questa, ma visto che non è mai stato detto esplicitamente non si sa mai!

A proposito… anche voi siete convinti che il nonno doveva essere un gran signore?XD

[EDIT: LO E'! ENTRAMBE LE COSE! Ora che l'ho visto posso confermarvelo! Haruka Doumeki è morto ed era un GRAN GRAN GRAN signore!*___*]

Bah…. Come sempre questa è tutta roba delle clamp, ma forse siamo ancora in tempo per salvare questi tapini! Facciamo una colletta e compriamone i diritti!XD

 

 

 

 

 

 

 

Il cielo di quel giorno era di un azzurro intenso e limpido. Non c’era neppure uno spruzzo di nuvole bianche ad intaccare quel tempo splendido.

In quel momento però , un cielo così appariva ironico e beffardo.

Sembrava dirgli “Sei triste? Non mi interessa, il mondo va avanti!”

Anche il prato e gli alberi erano nel pieno rigoglio e qua e la spuntavano macchie colorate di fiori appena sbocciati. Insomma tutto appariva più vivo che mai.

Stando in un cimitero, la cosa appariva quanto mai irreale.

Tanto per cominciare quello non era certamente posto per lui. Prima di quei giorni d’inferno nemmeno ci aveva mai messo piede. Figuriamoci quanti bambini , in un giornata tanto bella, sceglierebbero di andare al cimitero!

Eppure c’era stato il giorno prima e anche oggi vi era tornato.

Ed eccolo lì, rannicchiato vicino a una tomba di pietra, a fissare imbronciato la natura che sembrava volerlo prendere in giro. Abbracciava le sue ginocchia saldamente , strette contro il torace, come se temesse di finire in pezzi da un momento all’altro. Kimihiro era soltanto un bambino, non capiva che quel dolore intenso al petto gli veniva dal cuore e non dal corpo. Sapeva soltanto che stava male. Male come non si era mai sentito in vita sua, tanto da far fatica a respirare.

Forse avrebbe dovuto piangere, ma l’aveva già fatto molto negli ultimi giorni e pensava di non avere più lacrime a disposizione.

Una farfallina colorata passò sopra la sua testa e il bambino pensò che se solo avesse potuto raggiungerla con una mano l’avrebbe afferrata e schiacciata. A quel pensiero qualcosa si mosse dietro una lapide e Kimihiro scorse un paio di piccoli occhi rossi fissarlo malignamente. Aveva cominciato a vedere quelle cose solo da pochi giorni e già pensava di non sopportarle più. Che avrebbe fatto se avessero continuato a perseguitarlo per tutta la vita?

Oi…”

Una voce lo distolse dai suoi cupi pensieri e nello stesso istante gli occhietti malvagi si ritirarono nuovamente nell’ombra.

Kimihiro spostò lo sguardo e vide un altro bambino in piedi sul vialetto di ghiaia che lo stava fissando. Doveva avere pressappoco la sua stessa età o poco più, aveva corti capelli neri e gli occhi erano di un particolare colore ambrato. La cosa che però colpiva più del suo aspetto erano i vestiti. Indossava un abito tradizionale, formato bambino, completamente nero. Se ne stava lì impalato, come se fissare un perfetto sconosciuto fosse la cosa più naturale del mondo.

Cosa vuoi?” gli chiese scontroso Kimihiro.

L’altro si strinse nelle spalle senza rispondere nulla.

Che atteggiamento fastidioso! pensò Kimihiro imbronciandosi.

Decise di far finta che non ci fosse e si rannicchiò ancor di più contro la lapide. Eppure per quanto ci provasse, non riusciva a darsi pace per la presenza silenziosa dell’altro bambino, il quale se ne stava ancora sul ciottolato, dando un calcetto di tanto in tanto ai sassolini.

“Ehi…” lo chiamò ad un certo punto senza alzare lo sguardo dalla ghiaia.

“Non mi chiamo Ehi!” rispose brusco Kimihiro.

Cosa ci fai qui?” gli domandò l’altro ignorando la sua protesta.

“Non sono fatti tuoi!” e questo per il bambino chiudeva la conversazione.

L’altro non parve scoraggiato né particolarmente colpito dall’atteggiamento ostile di Kimihiro e dopo aver giocherellato un altro poco col piede si diresse verso dove se ne stava seduto lui e si accomodò lì accanto.

Non disse niente e non fece niente. Rimase lì seduto vicino a lui, con l’aria svogliata e incurante a fissare niente. Così per Kimihiro era ancora più difficile ignorarlo.

“Ieri hanno messo qui la mia mamma e il mio papà…” alla fine il bambino aveva ceduto, rispondendo alla domanda di prima.

L’altro aveva alzato lo sguardo verso di lui e Kimihiro si aspettava chissà quale espressione di pietà o compassione, identica alle mille altre che aveva visto in quei giorni tra le persone che lo circondavano. Si sbagliava.

Il bambino aveva detto solo un “ah” velatamente dispiaciuto ed era tornato a fissare il vuoto.

“Là in fondo…” disse poi indicando la direzione dalla quale era arrivato “hanno messo mio nonno proprio ora.

Kimihiro sgranò gli occhi non riuscendo a contenere un’espressione afflitta. Senza quasi rendersene conto cominciò a piangere. Era strano perché fino a poco prima credeva di aver esaurito le lacrime. Il bambino lo guardò interdetto, come se non si aspettasse una reazione del genere.

“Scemo…” disse poi voltandosi dall’altra parte.

“Che cosa???” si infuriò Kimihiro con le lacrime che gli scendevano ancora sulle guance.

“Non c’è mica bisogno di piangere…” continuò l’altro sempre voltandogli le spalle.

Kimihiro si asciugò con veemenza gli occhi.

E chi sta piangendo! Lo scemo sei tu!” gli gridò poi addosso.

Quello si tappò le orecchie con le mani lamentandosi di quanto lui fosse rumoroso.

Andarono avanti con quel teatrino per diversi minuti, finché il bambino non si girò di scatto verso Kimihiro guardandolo con tale serietà da indurlo a smettere di inveire.

“Ho fame… hai qualcosa da mangiare?” gli chiese con una naturalezza disarmante.

Avrebbe voluto rispondergli sgarbatamente di no, dandogli magari dello scemo perché si metteva a fare domande sceme e fuori luogo, però il suo stomaco lo tradì mettendosi a brontolare rumorosamente. Arrossì per l’imbarazzo e recuperò un voluminoso fagotto da dietro la schiena. Sciolse i nodi sotto lo sguardo attento dell’altro bambino, rivelando una bella scatola da bento dipinta a colori vivaci. Una volta aperto il coperchio comparve una portata di almeno dodici onigiri.

Il bambino si allungò sulla scatola, ne afferrò uno senza aspettare di ricevere il permesso e lo addentò. Kimihiro finse di ignorarlo e si mise a mangiare a sua volta.

“Giri sempre con uno spuntino così?” gli domandò l’altro mentre masticava.

“…non mi piace mangiare nella casa nuova… allora vengo qui.” rispose lui fissando l’onigiri addentato che aveva in mano.

Il bambino commento con un “mh” prima di infilarsi in bocca quello che restava della sua porzione.

“Sono buoni…” disse quasi incidentalmente mentre si allungava per prenderne un altro.

“Mi ha insegnato il mio papà a cucinare” rispose Kimihiro, arrossendo orgoglioso per il complimento.

“Il nonno diceva che se qualcuno ci insegna qualcosa, anche quando è lontano, è sempre con noi mentre facciamo quello che ci aveva insegnato…” disse il bambino finendo il secondo onigiri e passando immediatamente al terzo.

A Kimihiro quelle parole fecero piacere e inconsciamente sfiorò con le dita il coperchio della scatola del bento appartenuta a suo padre.

“Tuo nonno ti ha insegnato qualcosa?” domandò poi all’altro.

Il bambino smise di mangiare e lo fissò in silenzio.

“Beh?” insistette Kimihiro.

“Una cosa un po’ inutile…” iniziò reticente l’altro. La sua espressione non era mutata, ma dal tono di voce si capiva perfettamente che fosse in imbarazzo.

Kimihiro continuò a fissarlo insistentemente finché quello non cedette.

“…arco…”

Cosa?”

“Mi ha insegnato a tirare con l’arco…” e con questo attaccò il quarto onigiri.

E a te piace?” gli chiese Kimihiro.

“Sì… ma non serve a niente…” borbottò l’altro a bocca piena.

“La mia mamma diceva che non esiste nulla di inutile… chi lo sa… magari un giorno ti servirà tirare con l’arco, no?” insistette Kimihiro.

Il bambino lo guardò ancora, con un pezzetto di onigiri metà dentro e metà fuori dalla bocca.

Se lo dici tu…” e riprese a mangiare. Questa volta la sua voce pareva più distesa.

Il silenzio tornò tra loro e senza più proferir parola finirono gli onigiri rimasti. Kimihiro stava avvolgendo nuovamente la scatola nel panno quando da qualche parte dietro di loro si alzò una voce in lontananza.

Shizuka! Shizuka, dove sei finito?”

“Questa è la mia mamma…ciao!” e detto questo il bambino si alzò e si diresse lungo il sentiero di ghiaia.

Kimihiro sentì un panico improvviso annodargli la gola e si alzò di scatto anche lui.

“A… aspetta!”lo richiamò indietro.

Il bambino si voltò, ma a quel punto Kimihiro si rese conto di non sapere cosa volesse dirgli.

“Io… ehm…”

Forse voleva semplicemente ringraziarlo di avergli fatto compagnia, dirgli che non parlava così tanto da più di una settimana, ma le parole sembravano così difficili da tirar fuori. Alla fine tale fu la confusione che disse una cosa che nemmeno pensava.

“Te ne vai via senza ringraziare e salutare?!”

E l’aveva detto persino con tono arrabbiato.

Il bambino fece un mezzo sorriso, solo un incresparsi appena accennato delle labbra, e lo salutò con un piccolo gesto della mano.

La prossima volta portati dietro dei takoyaki!” gli disse prima di correre via verso la voce che ancora lo stava chiamando.

Kimihiro rimase talmente spiazzato da non avere la forza di arrabbiarsi.

 

***

 

Watanuki Kimihiro uscì di casa più tardi del solito quella domenica. Aveva appositamente chiesto a Yuuko di concedergli libera quella giornata più di un mese prima e ancora adesso aveva gli incubi su quanto lavoro la donna gli avrebbe chiesto come pagamento di quel “favore”.

Con un’alzata di spalle accantonò il funesto pensiero della sua datrice di lavoro e si avviò lungo la strada, stringendo in mano un grande sacchetto di carta dal quale spuntavano dei fiori.

Perché tutte le strade che faccio devono passare per forza da qui? pensò accigliandosi alla vista del tempio nel quale abitava Doumeki.

“Bah… starà sicuramente dormendo ancora…” borbottò passando davanti all’ingresso con asso spedito.

Oi!”

Per un attimo il cemento parve sgretolarsi sotto i suoi piedi.

“Il mio nome non è Oi!!!” sfuriò Watanuki voltandosi di scatto verso il ragazzo che avrebbe dovuto star dormendo ancora.

Doumeki, scopa di saggina alla mano, lo fissava con la solita inespressività che lo irritava tanto.

“Dove vai?” gli chiese ignorando come al solito le sue proteste.

“Ma non ascolti mai chi ti parla???

“Sei in giro per Yuuko?”

Il noncurante arciere indicò il grande sacchetto che Watanuki portava. Lui strinse la presa sul sacchetto e scosse la testa.

“No, vado al cimitero!” rispose ancora scocciato dall’atteggiamento dell’altro, ma soprattutto chiedendosi perché ancora seguitasse a rispondere all’altro ragazzo.

Doumeki alzò lo sguardo leggermente verso l’alto, come se stesse pensando a chissà che e poi tornò a guardare Watanuki.

“Aspetta” gli disse soltanto prima di sparire nel cortile del tempio.

“Eh? Aspettare cosa?!” chiese il ragazzo senza ottenere risposta.

Con uno sbuffo incrociò le braccia al petto e decise, al colmo della sua magnanimità, di concedergli cinque minuti prima di andarsene via. Ne bastarono due.

Doumeki si affettò verso di lui con la sua solita disarmante flemma stampata in volto.

“Vengo con te” gli annunciò.

COSA???”

Volarono insulti. Volarono improperi e proteste. Alla fine si concluse tutto come al solito.

“Che cosa mai ci troverai di interessante a venire al cimitero!” borbottò Watanuki al ragazzo che camminava accanto a lui.

“Al cimitero ci saranno molti spiriti…” gli disse fissandolo negli occhi.

Watanuki avrebbe finito con l’arrossire pensando che Doumeki si preoccupava per lui, quando quest’ultimo aggiunse “…e non mi perdonerei mai per essermi perso lo show di Watanuki che fa l’idiota!”

Watanuki esplose letteralmente di rabbia gridandogli contro con tale ferocia da non sentire il resto della frase.

“… e comunque ci sarei dovuto andare domani…”

E fu così che, una lista di epiteti poco lusinghieri più tardi, raggiunsero il cimitero.

Appena Watanuki entrò nel campo di tombe le ombre fremettero lasciando intravedere le forme contorte degli spiriti che si protendevano impercettibilmente verso di lui. Poi Doumeki si affiancò a lui e gli spiriti si ritrassero.

Seppur non voluto , il sentimento di gratitudine nei confronti dell’esorcista fecero scemare via da Watanuki le ostilità di poco prima.

Si avviò lungo uno dei vialetti fino a raggiungere la tomba dei propri genitori. Quando si avvicinò alla lapide fu grato a Doumeki per il riguardo che mostrava nei suoi riguardi decidendo di restare un poco in disparte. In fondo il ragazzo viveva in un tempio, sapeva per forza come comportarsi in certi casi.

Tirò fuori con cura dal sacchetto un grande mazzo di fiori e lo sistemò in un semplice vaso bianco. Frugando sul fondo del sacchetto recuperò anche due bastoncini di incenso che accese e appoggiò sulla pietra della tomba.

Chiuse gli occhi e recitò una preghiera in silenzio.

Quando si rialzò e si voltò per controllare cosa stesse facendo Doumeki lo vide osservare attentamente un punto lontano lungo il vialetto.

Accorgendosi che Watanuki aveva finito e percependo la domanda implicita dietro a quello sguardo curioso indicò qualcosa in lontananza.

“Mio nonno è sepolto laggiù” spiegò.

Una forte sensazione di dejà-vu si impadronì di Watanuki, ma non gli diede particolare attenzione.

 “Vai pure se vuoi” gli disse sedendosi sul prato accanto alla tomba.

Mh… dopo” rispose l’altro avvicinandosi e sedendosi a sua volta accanto al ragazzo.

Rimasero in silenzio per un po’ di tempo senza fare nulla, finché Doumeki non si spostò un poco in avanti, curvando le spalle.

“Alla fine tirare con l’arco mi è stato utile…” disse piano.

A Watanuki si scordò di respirare per qualche secondo prima di assentire con un cenno del capo, senza guardare l’altro. Rivolse invece la propria attenzione al sacchetto che appariva ancora evidentemente pieno.

Sotto lo sguardo incuriosito di Doumeki tirò fuori un grande involto di panno, contenente senz’altro la scatola del bento.

“Cos’hai portato?” gli domandò Doumeki allungando il collo verso il probabilmente suo prossimo pasto.

Watanuki aprì la scatola e ne offrì il contenuto all’altro ragazzo evitando accuratamente di guardarlo negli occhi. Doumeki fece un mezzo sorriso, solo un incresparsi appena accennato delle labbra.

Takoyaki

 

 

Fine! ^____________^

Come al solito, NON VUOL DIRE NULLA MA MI SEMBRAVA UN’IDEA CARINA!!!!!XD

E ho deciso. E’ finito il tempo della reticenza mentale! Nella prossima questi due si daranno una mossa!!! XD

Ho un piccolo Mokona nero da mantenere… si ciba soltanto di commenti, per cui vi prego aiutatemi a sfamarlo e commentate!^________________^

  
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