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Autore: Yume_    23/06/2011    0 recensioni
Piccola storiella, magari solo il primo capitolo di una storia più grande, boh.
Genere: Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dopo essere stata convinta dalla mia cara e bella Dakota che starmene in casa a rimuginare sugli avvenimenti ,che avevano segnato la scorsa giornata , non sarebbe servito a niente se non a mandarmi nelle profondità più profonde dell'oblio decisi di affrettarmi nel vestire e nel truccare e dirigermi verso la stazione per prendere il prossimo autobus.

Decisi di uscire , liberarmi da tutte quelle nuvole cariche di pensieri che mi oscuravano la vista già poco funzionante a causa del sonno di cui ero particolarmente affetta quel giorno.

 

Mi ritrovai la mente offuscata da eventuali dubbi in quanto non ero certa del tutto di volermi mostrare al mondo con le occhiaie che mi avevano marcato gli occhi da tante lacrime inutilmente versate.

Comminciai a cercare una canzone decente sul cellulare mentre aspettavo ormai spazientita l'arrivo del mezzo che mi avrebbe portato verso la vittoria.

Iniziai a muovere braccia e gambe nella speranza che quell'atmosfera sonnolenta si smuovesse anche di un grammo.

Notai in lontananza il numero dell'autobus che lampeggiava come se stesse dando un segno di vita, e in un certo senso mi sentì sollevata.

Cercai il posto più isolato possibile ma mi dovetti accontentare del primo che ahime era tutt'altro che isolato ma infondo non del tutto odiabile.

Ero tutt'ora immersa nella ricerca di una canzone che potesse ben che meno rispecchiare il mio stato d'animo attuale,cercai a fondo fin quando trovai la canzone che ascoltai nel momento in cui scoprì che mia nonna era deceduta, ''My hero'' riprodotta dai Paramore.

Mentre sommersa nei ricordi più profondi che avevano come protagonista la mia carissima nonna poggiai lo sguardo su quella sagoma che guidava l'autobus, l'autista.

Mi è sembrata una faccia sconosciuta, nuova anche se memorizzare i volti delle persone che ogni giorno incontravo non era di certo il mio forte.

Continuavo a fissare i suoi occhi, visibilmente malinconici e stanchi.

Erano azzurri.

«Son belli, ma i miei son più fighi », pensai immediatamente alzando le sopraciglia come se mi dessi ragione senza nemmeno pensarci.

Mi ci ritrovavo in fondo, avevano quel non so che in cui rivedevo i miei.

In quella persona riuscivo a vedere un'anima totalmente incompleta, il che era probabilmente possibile visto il lavoro che gli toccava svolgere.

Gli autisti son anime vaganti,condannate a immergersi negli occhi di ogni passante, ad assistere alle lacrime di giovani adolescenti che soffocano nei problemi tipici di quell'età,condannate a guardare gli altri con un pizzico di invidia, a guardare  anche il suo cuore, nella solitudine, anch'esso condannato a viaggiare senza sosta guardando le gioie altrui senza poterne usufruire.

Cercai di non entrare troppo nella parte nella filosofa malinconica mentre l'autista girò lo sguardo verso di me incuriosito dal mio sguardo che scrutava ogni minimo particolare del suo viso.

«Si sente bene signorina?», mi disse con aria preoccupata.

«Eh?..ehm si certo,naturalmente,mi ero soltanto persa nel vuoto» ,risposi con aria imbarazzata nell'intento di strappare a me stessa un sorriso.

Lui mi sorrise altrettanto.

L'attimo seguente scesi dal sedile e mi avvicinai lentamente al posto guida pensando ancora al discorso che mi feci prima.

Tolsi la cuffia destra dall'orecchio,appoggiai la mia mano sulla sbarra e tirai un sospiro pensando alla solitudine nella quale condannai me stessa,mentre le parole mi uscivani fuori dalla bocca.

«Signore, lei si sente mai solo?» ,gli domandai col rossore in viso e gli occhi luccicanti.

«Si signorina, a volte si,infondo fa parte di noi.».




  «Penso anche il mio cuore lo sia infondo, un autista,di un autobus che solo in pochi rischiano di prendere» .

  
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