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Autore: Claa    24/06/2011    2 recensioni
Se si dovesse descrivere, la prima cosa che direbbe di sé sarebbe che è strana. “Sono una persona strana”, direbbe, credendoci.
Se dovesse descrivere lei, invece, la prima cosa che direbbe sarebbe che è bella. “E’ una persona bella”, e lo direbbe con quel sorriso di cui solo gli innamorati sono capaci.
Prima classificata al contest "Titoli per l'amore" indetto da signorino__ su EFP forum.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Come to me


Prologo

 

Se si dovesse descrivere, la prima cosa che direbbe di sé sarebbe che è strana. “Sono una persona strana”, direbbe credendoci. In fondo non sa cosa sia la stranezza, ce ne possono essere vari tipi. In lei la vede manifestarsi sotto forma di sbalzi d’umore, predisposizione all’irritabilità e cattiveria spropositata perlopiù ingiustificata. “Non sei peggiore degli altri”, le aveva detto un giorno una sua amica, e lei si era trovata d’accordo.E’ una di quelle che non amano lavare i piatti, ma che vengono costrette dalle proprie madri a farlo; che ozierebbero dalla mattina alla sera, consapevoli del razionale senso di colpa da cui verrebbero investite; che non tengono alla cura del proprio aspetto e che vengono puntualmente rimproverate per questo; che passano dal credere di valere meno di zero alla convinzione di avere dei superpoteri e tante altre stupidaggini tipiche della realtà adolescenziale. Una volta un’altra sua amica l’ha definita “incoerente” ed è stato un brutto colpo, davvero un brutto colpo. Non se l’aspettava, e soprattutto non dalla sua confidente più intima. Prima voleva sempre avere ragione e anche se fingeva di stare ad ascoltare l’opinione altrui, alla fine non ci capiva niente e rimaneva della propria idea. La buona volontà ce la metteva, però, questo bisogna riconoscerglielo. Che poi incoerente lo era un po’, l’aveva ammesso, e l’aveva fatto a testa alta. E’ sempre orgogliosa di sé quando capisce cose che inizialmente le sfuggivano. Come con la matematica: alle elementari e alle medie la odiava, poi ha iniziato a comprenderla e, di conseguenza, ad amarla. Adesso dice in giro che sarà il suo lavoro, l’astronomia, in particolare. Le dà i brividi. Le stelle, le galassie, l’universo… vuole andare a fondo e vederci chiaro. A proposito dell’universo, per lei non è che una grossa scatola; il suo desiderio è toglierle il coperchio.
Non ha mai avuto bisogno dell’amore, o almeno non le è mai sembrato. Ha avuto dei ragazzi, niente storie serie, anche se pensava che quello fosse il suo obiettivo fin dall’inizio. Le capitava pure di vantarsene. Quattro anni più tardi e qualche presa di coscienza dopo si era resa conto del contrario. O meglio: quattro anni più tardi, qualche presa di coscienza dopo e il suo avvento l’avevano illuminata. Se le chiedessero: “Cos’è per te?”, “La mia felicità e la mia sofferenza”, risponderebbe, “e la causa del mio caotico squilibrio mentale ed emotivo”, aggiungerebbe. Sta di fatto che non la cambierebbe con nulla al mondo e non scambierebbe neppure il dolore. C’est la vie, pensa, mentre il petto le fa male, mentre è china sui libri di scuola e piange. Quando piange si stringe in un abbraccio, ed è una cosa nuova. Non lo faceva prima, prima d’incontrarla. A dirla tutta nemmeno piangere rientrava nella sua routine. Ha cominciato a ritenerlo sconveniente e indecoroso durante la lettura di un fumetto che narrava la storia di due giovani fratelli, angustiati da un passato orribile e già con delle grandi responsabilità cui far fronte, che nonostante le tante difficoltà riuscivano a toccare con mano il proprio obiettivo e, per concludere in bellezza, a prenderselo, senza versare una lacrima. Ci aveva riflettuto sopra e aveva concluso che, se non avevano pianto loro, per tutto quel tempo, con tutto quel peso addosso, perché mai doveva farlo lei? E da allora i due fratelli sono diventati un esempio da seguire. Particolarmente Edward, il biondo testardo e temerario. Si rivede molto in lui, tralasciando che se lo sposerebbe volentieri un tipo del genere. I suoi occhi duri, coraggiosi e color del grano la ipnotizzano e le tornano alla mente nei periodi di sconforto, incitandola a non lascarsi andare, a non mollare.
Gli occhi di lei invece non somigliano a quelli di Edward – forse perché nessun occhio reale può avvicinarsi a quella tonalità o perché sono gli occhi di lei quelli unici, inimitabili. Sono scuri, marroni, ma brillano al pari del sole. Ancora oggi si domanda come possa esistere una contraddizione simile in natura. Solitamente è il chiaro che luccica. Eppure prendi anche me, si dice. Mi chiamo Clarissa, ovvero “chiarissima”, e risplendo meno di un sasso. Se non altro lui dimostra un briciolo di dignità.

Se dovesse descrivere lei, invece, la prima cosa che direbbe sarebbe che è bella. “E’ una persona bella”, e lo direbbe con quel sorriso di cui solo gli innamorati sono capaci. Una di quelle che ti lasciano a bocca aperta, continuerebbe. Che all’inizio non sembrano migliori delle altre, ma che poi spiegano le loro ali e semplicemente volano via, in alto. Proprio come gli angeli. Per Clarissa Sofia è un angelo, che si è sposato giovane ma che ha aspettato i trent’anni per avere dei figli. Ora ne ha due, un maschio e una femmina.
Sofia di mestiere fa la professoressa, ma è molto più di questo. Non solo è bella, è anche buona, e ne si ha la dimostrazione quando si preoccupa perfino oltre il dovuto per i suoi alunni, quando le chiedi una gomma e lei te la dà pure se è l’ultima, quando ti guarda e non c’è ombra di pregiudizio neppure a cercarla col metaldetector, quando insiste – sa essere curiosa fino allo stremo – e ci rimane male se le dai dell’impicciona. Ama mangiare, ridere, insegnare ed essere d’aiuto. E’ una mamma apprensiva, è stata lei a definirsi così, e si vede: ogni sua piccola premura ne è la prova. Spesso ha il coraggio di definirsi anche “balenottera” e “bacucca”, ma questo è un discorso a parte. Queste sono le cose su cui Clarissa avrebbe qualcosa da ridire, per cui sarebbe disposta a litigare. Vorrebbe che riuscisse a vedersi con i suoi occhi.
E’ una napoletana doc, adora cucinare e tutto quel che riguarda l’arte culinaria e urla senza alcun motivo, seppur sappia sussurrare da dio. “Deve smetterla di gridare. Sul serio”, le ha ribadito un pomeriggio Clarissa, che ci prova a proteggerla dai mali del mondo, anche se con scarsi risultati. “Una ha perso la voce, sa?”, si è perfino giocata il jolly, che si è rivelato superfluo. “Lo so, hai ragione, ma è normale per noi.” Sottinteso: noi del sud. Tuttavia non le piace la gente di giù, né quella di su. Non sembra molto convinta nemmeno del centro, ma essendo “ci si deve accontentare” la sua filosofia, evidentemente l’ha fatto. E qui Clarissa ha avuto da contestare, non è stata zitta. “No, perché?”, era stata la sua reazione. “Perché non sempre le cose vanno come vorremmo.” “Non è detto.” “No, infatti.” Fine delle trasmissioni. Non le va a genio che una donna come lei si accontenti. Che senso ha vivere accontentandosi? Chiunque dovrebbe mirare al massimo e combattere, impegnarsi per riuscire. “Non bisogna accontentarsi, ma sapersi accontentare. E’ ben diverso”, ha precisato alla mamma quello stesso pomeriggio, rimuginandoci sopra. In fondo tutto sta nel fatto che Clarissa vorrebbe il meglio per lei, sempre, e allora si arrabbia venendo a sapere che Sofia non pretende lo stesso.
Viaggia con frequenza, soprattutto d’estate, e va con la sua famiglia a Parigi, Madrid. Sebbene sia laureata prima di tutto in inglese, ha il C1 in spagnolo, che è la lingua che più si avvicina al suo essere “terrona” – altro suo commento –  e che di conseguenza preferisce. Si porta dietro una borsa scura degna di Mary Poppins per la roba che contiene. Sofia ne aveva tirato fuori un portagioie made in India – utilizzato per caramelle –, delle penne, dei pacchetti di fazzoletti, un panno umido… Il panno umido era stata la parte migliore.
Possiede delle mani delicate, attente, pratiche, delle unghie eleganti su cui si diverte a pennellare svariati generi di smalti. Quando questi si tolgono, ci applica quello trasparente con i brillantini perché non si rovinino. Indossa un orologio esageratamente grande su cui butta l’occhio con ossessione in caso di noia o ansia e, di tanto in tanto, un foulard marca Chanel rosa, di cui non ricorda la provenienza. E’ assai brava nel fingere e nel ricorrere ad allusioni, ci sguazza dentro come fossero il suo habitat. Non lo è altrettanto nel parcheggiare.
Sofia è una quarantenne qualunque, che conduce una vita ordinaria, ma per Clarissa è meravigliosa, sotto qualsiasi punto di vista. Non vede difetti, e ha provato a scovarli più e più volte. Crede sia una di quelle persone che appaiono per quel che sono. Magari sbaglia, non può dirlo, non la conosce abbastanza, non come vorrebbe. E poi, da quando l’ha trovata, il sostantivo “difetto” ha perso di colpo significato. Insomma, è soggettivo, non ha nulla di scientifico. Ma c’è un’idea che al contrario è nitida, che ha assunto una tale concretezza da divenire esatta. Le persone meravigliose non dovrebbero essere costrette a portare sulle spalle fardelli quali l’amore altrui.



Note dell'autrice:
Il titolo è tratto dalla canzone "Come to me" di Shio Yee, scelta per partecipare al contest. La fanfiction si svolge in cinque capitoli in tutto, comprensivi di prologo ed epilogo.
Non ci sarebbe altro da dire, se non ci tenessi a specificare che questa storia mi sta davvero molto a cuore. Il fatto che si sia classificata prima mi ha riempito di gioia (è stata una grande soddisfazione).
Si tratta forse del mio scritto migliore, quindi spero riesca facile apprezzarlo.
Bene, concludo qui. Alla prossima! :)


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