Non canto da ormai dieci anni, il mio ultimo cd risale al duemila e undici, mi manca quella sensazione, quell’adrenalina prima di salire su un palco, ma amo ancora di più quella che provo ora, a casa mia, con il mio cane e con i miei amici, con il mio lavoro. Ora posso essere veramente d’aiuto, ora posso veramente salvare delle vite, ora posso veramente dare un senso a tutto, posso veramente dire che l’amore è la cosa più forte.

La corsia è il mio posto, c’ho messo molto a capirlo, ma la medicina era la mia strada, una persona molto più saggia di me ha detto che una persona deve prendere diverse strade prima di trovare la propria, io sono stata una cantante, un’attrice, una paziente, e ora ho capito che essere medico è la mia vera vocazione.

“Dottoressa” mi chiama Linsday, la capo sala del mio reparto, io mi giro subito e le sorriso, ha il volto stirato, le rughe molto più pronunciate del giorno prima, capisco subito che ha fatto la notte, è stanca, forse troppo, sta finendo il turno.

“Dimmi Li, qualcosa non va?” chiesi prendendo le carte che mi aveva appena porto, le guardai velocemente, ma stando attenda ad ogni minimo particolare.

“Si tratta della paziente della undici, sta male, deve andare subito” appena me lo dice io corro verso la porta con il numero che aveva detto prima Linsday e la apro senza neppure bussare, c’è già lì Sofi, una delle nuove specializzande, sudata fradicia, che non sa come comportarsi.

La feci spostare e presi il suo posto: “Che cos’ha?” chiesi guardando ancora le carte.

“Una crisi respiratoria” rispose, guardai l’encefalogramma, e poi elettrocardiogramma, il battito stava diminuendo, aprì il pigiama alla paziente velocemente, una strana adrenalina mi percorse la schiena, la solita, quella che mi faceva sempre uscire vincitrice da certe situazioni. Misi una mano appena sopra il seno e incominciai a simulare il battito: respirazione bocca a bocca.

“Non sta funzionando” disse Sofi in preda al panico, ancora mi chiedevo come mai avesse deciso di diventare un medico, era troppo suggestionabile, troppo sensibile.
“Muoviti allora, fai quello che ti hanno insegnato! Te lo devo dire io?” chiesi incominciando ad arrabbiarmi, ma il massaggiò bastò, dopo qualche secondo risentì il battito accelerare, guardai il monitor con i valori e sospirai tirandomi indietro una ciocca di capelli.

Non era neppure servito il defibrillatore.
“Brava capo” mi disse Sofi, io la fulminai.

“Sofi, mostrami di avere un po’ di spina dorsale o ti farò licenziare, sai che posso farlo, vedi di darti una mossa” le dissi uscendo incazzata dalla stanza, poi andai verso il tabellone, non avevo nessuna operazione quel giorno, non programmata per lo meno, andai verso il mio studio, presi la mia cartelletta e mi apprestai ad incominciare il giro delle visite, come da programma.

Vestì il mio migliore sorriso, i pazienti dovevano sentirsi a loro agio, vedermi felice li avrebbe già fatti sentire meglio.

Ma io ero felice.

Lo ero veramente, finché qualcuno non decise di rompermi le uova nel paniere.

Ma io, sono sempre io, nonostante gli anni e nonostante la mia espressione del viso, cambiata notevolmente, più cosciente.

Sono Demetria Devonne Lovato, ho vent’otto anni, abito a Dallas e sono un chirurgo. 


 

Nota dell'Autrice:

E' un FF a cui sto lavorando da un pò e alla quale sono particolarmente legata,
spero vi piaccia e che recensiate,
vorrei avere per  continuare almeno due recensioni per questo
primo capitolo.
Grazie,
#StayStrong