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Autore: kenjina    26/06/2011    3 recensioni
La situazione peggiorò quando trovarono un tavolo da biliardo libero e pronto solo per loro e, ovviamente, finì invischiato in un due contro due in coppia con la sua manager - almeno quella era una piccola fortuna in mezzo a tanta sfiga, si disse per farsi forza. Non avrebbe saputo di che morte morire, se avesse dovuto scegliere tra il Porcospino e la Scimmia; per non parlare della nuotatrice che, grazie a Buddha, non aveva mai giocato a biliardo e non sapeva neanche da che parte iniziare.
«Ehi, guarda che hai le palle piene tu, intesi?», gli fece Hanamichi, puntandogli la stecca contro.
Rukawa sollevò gli occhi al cielo. «Scimmia, non c'era bisogno di dirmelo. Che ho le palle piene di te lo sapevo da tempo».
(Tratto dal capitolo 17)
I ragazzi selvaggi son tornati, più selvaggi di prima... Ne vedremo delle belle!
Storia revisionata nell'Agosto 2016
Genere: Commedia, Romantico, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hisashi Mitsui, Kaede Rukawa, Nobunaga Kiyota, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Wild Boys'
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Ni-hao a tutti

Capitolo 15

E tornerai a combattere.

 

 

 

Hime e Hanamichi giunsero in ospedale sul motorino di Yoehi, che gliel'aveva prestato in mancanza d'altro quando quelli erano piombati in casa sua con un'espressione che era tutto un programma. Akira, che li aveva chiamati, li aveva informati che lo avrebbero trovato al terzo piano; e infatti eccolo lì, poggiato contro il muro, accanto a una porta che recava la scritta "Risonanze Magnetiche".

«Non è un buon segno», sussurrò Hime, che stringeva forte la mano del fratello.

Hanamichi sembrava angosciato. «Dici che si tratta del ginocchio?».

La sorella non fece in tempo a rispondergli, perché Akira si accorse di loro e gli venne incontro. «Ciao ragazzi. Avete fatto in fretta».

Il rossino scrollò le spalle. «Che è successo?».

Il nuovo numero quattro del Ryonan si sedette sulle poltroncine libere, invitandoli a fare altrettanto. Pochi secondi dopo li raggiunsero anche Ryota, Ayako, Akagi e Kogure, con un po' di caffè per la nottata, anche se erano sicuri che non avrebbero chiuso occhio comunque.

«Ci ha raccontato tutto la Kobayashi, anche se molto sbrigativamente. Era sconvolta», iniziò Akira, sospirando. «Stavano passeggiando sul lungo mare quando è comparso il suo ex, un tipo poco raccomandabile a quanto ho capito. Me ne aveva parlato anche Hisashi, qualche tempo fa. Insomma, lo ha provocato finché non sono arrivati alle mani».

Hime si portò le mani alla bocca. «Come sta? È grave?».

Ryota si stravaccò sul divanetto accanto alla sua fidanzata, passandosi una mano sulla fronte. «Aveva il labbro spaccato e il naso sanguinante; un pacco di lividi, occhio nero e... e il ginocchio dolorante».

Merda.

«I medici che dicono?», domandò Hanamichi, lanciando una veloce occhiata a Kaede, giunto in quel momento - e miracolosamente in piedi senza ciondolare dal sonno, nonostante l'ora tarda. Doveva essere preoccupato anche lui quanto loro.

Fu Akira questa volta a rispondere. «Vostra madre è stata l'infermiera che lo ha accolto appena è arrivato; lo ha riconosciuto e ha cercato subito la sua cartella clinica; così hanno deciso di fargli una risonanza al ginocchio, per vedere se è compromesso... era gonfio e viola, temono che sia lesionato».

Merda. Merda!

«E lo stronzo che lo ha ridotto così dov'è?», domandò Kaede, con un tono di voce che non prometteva niente di buono. Hime rabbrividì.

«Se n'è andato dopo essersi divertito», fece Akira, poggiando il capo contro il muro alle sue spalle. «Che c'è, vuoi chiamare una spedizione punitiva?».

«Ragazzi, non diciamo idiozie», intervenne subito Ayako, annusando odore di pericolo. «Guardate Mitsui in che condizioni è! Inoltre rischiamo di perdere un giocatore per il Campionato, vogliamo farci espellere tutti?».

Le occhiate che Ryota, Hanamichi e Kaede si lanciarono fecero capire che non avevano prestato ascolto a una sillaba di ciò che la manager aveva appena detto.

«Ehi, deficienti, scordatevi di fare stronzate di alcun tipo», disse duramente Akagi, stringendo gli occhi. «Osate anche solo pensarlo e ve la vedrete con me. Sono stato chiaro?».

«Gori, non sei più il nostro Capitano», disse sarcasticamente Hanamichi, che si beccò subito un pugno in testa.

«Sono vostro amico, idiota! E sono più grande di voi, è mio compito educarvi».

«Takenori ha ragione, ragazzi», s'intromise Kogure, pacato come sempre. «Non è con le mani che si risolveranno le cose, lo abbiamo già visto in passato. L'unica cosa da fare è denunciare il fatto alla polizia e sperare che Mitsui si riprenda, in tempo o meno per il Campionato non ha importanza».

I tre borbottarono qualcosa, ma non aggiunsero niente.

«Ora dov'è Kiyo?», domandò Hime, con voce roca. Perché aveva la netta sensazione che stesse per succedere qualcosa di veramente orribile?

«Fuori, a fumarsi il terzo pacchetto di sigarette. C'è anche Sana a farle compagnia», disse Akira.

«Le raggiungo un attimo, scusatemi».

Hime si allontanò verso il terrazzo, lasciandoli in un profondo mutismo. Sembrava morto qualcuno, data l'aria funerea sulle loro facce. Dove sarebbero andati senza Mitsui al Campionato Invernale? Mancavano solo due misere settimane... non ce l'avrebbe fatta a recuperare, a seconda del problema che aveva riscontrato.

Qualche minuto dopo chiusero il quadretto anche le nuove leve - gemelli Shimura e Araki - accompagnati dall'allenatore Anzai. Sarebbero stati dolori per Hisashi, ora che avrebbe scoperto cosa fosse successo. Il Buddha dai Capelli Bianchi ascoltò il racconto in silenzio, inespressivo, sistemandosi di tanto in tanto gli occhiali da vista sul naso. Poi, con un sorriso, disse: «È un bene che siate tutti qui, potrà solo giovargli al morale. Quindi niente visi abbattuti, ragazzi».

Come sempre le parole del Nonno avevano ottimi poteri curativi e l'aria di tensione sembrò dilatarsi un poco. Almeno finché la porta dell'ambulatorio non venne aperta.

«Mamma! Come sta?», chiese Hanamichi, alzandosi e correndo dalla donna, che teneva una cartelletta in mano.

«Non benissimo. È un ragazzo forte ma parecchio irascibile, l'ho dovuto calmare per evitare che tremasse di rabbia mentre lo medicavo e il dottore lo visitava».

«Il ginocchio?», domandò Akagi, con la mascella contratta.

«Non ne so molto, il dottore sarà più esaustivo di me, ragazzi», rispose la donna. «Sta visionando le lastre ora, tra poco sapremo il bollettino». Misato Sakuragi sorrise al figlio e poi a Kaede. «Suo padre farà un buon lavoro, tranquilli».

I presenti osservarono senza capire prima la donna poi il loro compagno di squadra, ma questo non sembrò voler dare spiegazioni. Era piuttosto chiaro che suo padre fosse il medico in questione, no?

Quando Kanbe Rukawa fece la sua comparsa si stupì un poco nel vedere tutti quei ragazzotti alti più di un metro e ottanta - con le dovute eccezioni, ovviamente - nella saletta di attesa. Cercò con lo sguardo il figlio e lo salutò con un occhiolino. «Allora, ragazzi, immagino vogliate sapere il verdetto. Non sono notizie pessime, tranquillizzatevi». Tutti si ammutolirono, in attesa che continuasse. «Il vostro amico ha avuto in passato problemi di menisco, come ben sapete; il tizio che lo ha ridotto così gli ha provocato una lesione meniscale con rima radiale, da operare con meniscectomia artroscopica».

Kaede sbuffò, mentre il resto dei ragazzi lo fissavano attoniti. «In lingua corrente?», chiese, per tutti.

Il medico ridacchiò, divertito. «In parole povere, c'è stata una violenta rotazione del femore sulla tibia, che ha prodotto una distorsione del menisco. Non è niente di incurabile, è un trauma benigno, chiamiamolo così, e i tempi di recupero non sono lunghissimi. Dobbiamo operarlo subito, per rimuovere il menisco instabile presente».

«Quanto tempo dovrà stare fermo, Kanbe-san?», domandò Hime, rientrata poco prima con le altre due ragazze.

«Come vi dicevo non sarà una riabilitazione lunghissima. Ne ho già parlato anche con lui; dovrà tenere un tutore finché non sarà io a dirgli di toglierlo e i primi due, tre giorni dovrà evitare di sforzare il ginocchio, per cui gli consiglio di usare delle stampelle. Tra controlli e fisioterapia in un mese direi che dovrebbe riprendersi del tutto».

«Un mese?», esclamò Hanamichi. «Un mese è troppo!».

«Do'aho, ha un ginocchio sfasciato».

Kanbe-san sorrise e interruppe i due prima che iniziassero a battibeccare come il loro solito. «La microfrattura che ha non è niente di grave, come vi ho detto. Se farà esattamente ciò che gli prescrivo per le prime due settimane, alla terza potrà già fare esercizi pre-atletici; e a conti fatti tornerebbe in tempo per la finale, no?».

«Nel fortuito caso in cui arriviamo in finale», borbottò Ryota, sprofondando nuovamente sulla poltrona, mentre Ayako gli stringeva forte la mano per incoraggiarlo.

«Ragazzi, che vi ho detto poco fa?», disse l'allenatore, guardandoli uno a uno. «Non abbattetevi. Hisashi non sarà in campo con voi, ma vi supporterà. E voi non dovrete deluderlo».

«Certo che non lo deluderemo!», disse Hanamichi, stringendo un pugno e sorridendo, determinato. «Vinceremo per Mitchi! Raggiungeremo la finale! Giusto?».

I ragazzi dello Shohoku annuirono, gridando insieme un "Sì" battagliero - e causando molteplici infarti alle vecchiette nei reparti vicini.

Hisashi uscì qualche minuto dopo in sedia a rotelle, accompagnato da Misato Sakuragi, e quasi si commosse nel vederli tutti lì, per lui. Lo accolsero con sorrisi calorosi, pacche sulle spalle e baci e il suo morale a terra salì lievemente in meglio. Era più che sicuro che, con loro vicino, non avrebbe fatto lo stesso errore che fece solo qualche anno prima. Kiyo gli fece un lieve sorriso di incoraggiamento e lui strizzò l'occhio che non era tumefatto. Ma quando vide l'allenatore Anzai che lo fissava avrebbe preferito finire sepolto sotto dieci metri di terra piuttosto che dovergli delle spiegazioni.

L'uomo gli si avvicinò, senza una parola. Poi scoppiò nel suo consueto "Oh oh oh" e le preoccupazioni che gli si erano accumulate addosso in quelle ore sparirono definitivamente.

«Signor Anzai, mi dispiace per non aver mantenuto la promessa», gli disse il ragazzo, chinando il capo in segno di scuse.

«Non preoccuparti di questo, Mitsui-kun. La violenza non è mai la risposta, e mi dispiace che si sia arrivati a questo punto. Ma ora l'importante è che ti riprenda e che torni più forte di prima. Intesi?».

Hisashi si sciolse in un sorriso e annuì. «Glielo prometto, signor Anzai. E questa volta non verrò meno alla mia parola».

Con l'ennesimo "Oh oh oh" nelle orecchie Hisashi venne portato in sala operatoria e, prima di sparire nel corridoio, alzò un pollice ai suoi amici. Sì, sarebbe tornato più forte di prima, lo doveva a tutti loro.

 

*

 

Hanamichi guardò il compagno di squadra con tanto d'occhi. «Ehi, Kit, come mai non dormi? Non mi dire che stai perdendo la narcolessia?».

Kaede sbuffò. «Hn... non sai neanche cosa vuol dire, Do'aho».

«Ohi, vorresti solo un terzo della mia cultura, Kit!».

«Buddha non voglia».

Il loro battibecco fu interrotto da un movimento di Hime, sdraiata per metà sulle cosce del fratello e per l'altra metà su quelle dell'amico.

«Ecco, vedi, l'hai svegliata con le tue scemenze», borbottò Hanamichi. Si sporse per osservarla in viso e notò che stava ancora dormendo. Sorrise, quando le sfiorò la guancia con un dito. «La mia Hicchan», sussurrò, orgoglioso. Kaede chiuse gli occhi, mentre con le mani sulle gambe della ragazza muoveva impercettibilmente i pollici in lievi carezze, come se fosse un movimento non voluto, dettato dalla noia; l'amico, accanto, l'aveva notato, ma forse per non svegliarla, forse perché troppo stanco non aveva osato sbraitare di togliere quelle sudice zampacce volpose dalle gambe della sua adorata sorellina, neanche con un'occhiata micidiale.

«Ma quanto ci vuole per un intervento come questo?», domandò Ryota, sulle spine come tutti.

«Calmo, è entrato solo un'ora fa», disse Akagi, che nonostante non facesse più parte della squadra, non se la sentiva di lasciarli soli; e poi quel disgraziato di Mitsui era un suo amico, rompipalle fino al midollo, ma era un amico.

«Un'ora? Mi sembra passata una vita da quando siamo qui», sussurrò Ayako, passandosi una mano tra i riccioli.

Akira, stranamente silenzioso per la preoccupazione e poggiato contro la parete bianca - non ce la faceva proprio a stare seduto in quei momenti - si voltò alla sua sinistra, quando si accorse di un camice bianco che si muoveva verso di loro. Kanbe-san comparve in quel momento, con un bel sorriso sul viso sereno - così simile eppure tanto differente da quello serio del figlio.

«Ragazzi, siete ancora qui? È tardi», disse loro, incrociando le mani dietro la schiena e osservando divertito i suoi tre figli - perché non poteva non considerare figli anche i gemelli Sakuragi.

«Come sta?», chiese di slancio Kiyo, appena tornata dall'ennesima sigaretta, ed esprimendo ad alta voce il pensiero di tutti. Aveva fatto una promessa a Buddha, però: avrebbe smesso di fumare, se Mitsui fosse uscito indenne da quella brutta faccenda. Sperava veramente che così fosse.

«Oh, il vostro amico è un ragazzotto forte, è andato tutto bene, state pure tranquilli».

I ragazzi tirarono uno sbuffo di sollievo. Ora dovevano solo sperare che si riprendesse in fretta e bene, soprattutto.

«Adesso sta riposando, potrete fargli visita domani... all'ora che volete, avete il mio permesso», aggiunse, con una strizzata d'occhi. «Andate a casa, ora. Domani avete lezione», disse, lanciando un'occhiata eloquente al figlio, che fece finta di non sentirlo.

«Grazie mille, Kanbe-san», fece Hime, abbracciandolo. «Sapere che Hisashi è nelle tue mani mi rincuora non poco. Buona notte!».

L'uomo le passò una mano tra i capelli e li salutò tutti con un bel sorriso. L'unica che rimase in ospedale fu Kiyo, che aveva deciso di attendere il risveglio del ragazzo prima di andarsene, anche a costo di rimanere lì tutta la notte. Non poteva lasciarlo senza averci parlato un poco, dopo quello che era successo. Ovviamente a farle compagnia rimasero anche Sana e Akira, la prima per solidarietà alla nuotatrice, il secondo perché quello in un letto di ospedale era il suo migliore amico ed era tremendamente preoccupato per lui.

Ryota si avvicinò a Rukawa, nascondendo uno sbadiglio con una mano, mentre l'altra era ben stretta a quella di Ayako. «Mi spieghi da chi cavolo hai preso il tuo brutto carattere? Tuo padre mi sembra il tuo esatto opposto».

«Forse è stato adottato», ipotizzò Araki, che si beccò un'occhiataccia fulminante dal diretto interessato.

«Il tuo cervello è stato adottato, Puffo!», rispose Hanamichi, incredibilmente in difesa del suo miglior nemico. Conosceva bene, come la sorella, il perché di quel suo modo di comportarsi e in cuor suo gli faceva male sapere che il pensiero di Rukawa sarebbe inevitabilmente volato alla madre. Meglio troncare la discussione al principio per evitare situazioni spiacevoli.

Hime si avvicinò all'amico e lo prese sotto braccio. «Dormi da noi, ok? Casa tua è troppo lontana da qui ed è tardi».

Lui la guardò di sottecchi. «È un ordine?».

«Sì, direi di sì», ridacchiò lei. Salutarono i Gemelli Siamesi e l'idiota di turno, Araki, che finalmente si levò dalle palle, come precisò Hanamichi.

«Quel tizio è inquietante», commentò Ayako, suscitando l'accordo degli altri quattro.

«È un pallone gonfiato, peggio di Kiyota», fu la risposta del suo ragazzo, che si beccò un calcione da Hime. «Beh, non mi dirai di no?!».

La rossa sbuffò. «Sì, Nobu è egocentrico, ma quell'Araki lo è ancora di più! È arrogante, e a me i tipi arroganti non piacciono».

«E poi ti guarda troppo, questo mi basta per tenere alla larga quei suoi brutti capelli blu!», sbraitò possessivo Hanamichi, appendendosi al collo della sorella, che gemette in quella morsa di abbraccio.

«Do'aho, le stacchi la testa, così».

«Ne ha mai avuta una?», domandò a se stesso, ma a voce alta, Akagi. L'occhiata di sufficienza che Hime gli regalò lo fece sorridere. Adorava punzecchiare i fratelli Sakuragi, era il suo passatempo preferito. Li conosceva da nemmeno un anno, eppure era come se fossero cresciuti insieme; semplicemente li adorava. Ma non lo avrebbe detto nemmeno sotto le più atroci torture cinesi.

Il gruppetto si salutò dieci minuti dopo e Kaede, un po' per forza, un po' per propria volontà, seguì i gemelli verso casa loro, ancora vuota. La madre aveva il turno di notte, infatti.

«Beh, Kit, la tua cuccia la conosci. Notte», biascicò Hanamichi, buttandosi sul divano e addormentandosi immediatamente. Quando iniziò a russare Hime fu costretta a soffocare una risata con le mani, mentre Kaede scuoteva il capo.

«Io qui non dormo, con questo qui che canta».

La ragazza gli tirò un buffetto contro il braccio. «Vuoi farmi credere che il narcolettico per eccellenza non riesce a prendere sonno? Ma se ti addormenti anche in piedi!».

«Hn. È irritante».

Hime roteò gli occhi. «D'accordo, dormirai in camera di Hanamichi», disse, sconfitta. «Ci ucciderà entrambi, appena lo scoprirà».

Il ragazzo gemette. Già se lo immaginava l'Idiota sbraitare baggianate per tutta la casa, come: dovrò disinfestare la stanza, ora! Mamma, portami il ddt anti-volpini, presto! È un'emergenza!

«Dormici tu in camera di tuo fratello, io vado nella tua».

«Scordatelo. Tu, da solo, in camera mia non entri».

E questa novità? «Hn?!».

Hime arrossì. «Ede, sono una donna, ormai!».

«Ancora con la storia che siamo cresciuti?», le domandò, passandosi una mano tra la frangia nera. «Non mi metto ad annusare il tuo intimo, demente». Sarebbe scoppiato a ridere se non fosse stato troppo stanco e troppo Kaede, nel vederla diventare violacea.

«Non... non è per quello, baka!», rispose sbuffando. «Ok, basta, ho sonno e il mio letto è grande per entrambi. Discorso chiuso!». Gli voltò le spalle, ma non si mosse, nel sentire l'amico dietro di lei soffiarle nell'orecchio.

«Hn... non siamo troppo cresciuti?», le chiese, con una punta di sarcasmo nella voce. Hime perse un battito, e forse anche più di uno.

«Scemo, potresti essere mio fratello». Corrugò la fronte rendendosi conto delle contraddizioni di quella sua frase, ma non ci fece troppo caso. Kaede l'aveva già superata, salendo le scale verso la sua stanza e facendo come se fosse in casa sua. Quello, insieme alla palestra e alla sua abitazione, era l'unico posto in cui si muoveva con disinvoltura, in cui era se stesso. Si costrinse a voltare lo sguardo quando lo vide togliersi la felpa e i jeans, per rimanere in canottiera e boxer, ma ringraziò il cielo che s'infilò subito sotto le coperte, ciondolante dal sonno. Hime prese un bel respiro prima di cambiarsi velocemente e mettersi in pigiama - un completino grigio e azzurro con un panda tenerissimo stampato sulla maglia, che lei adorava. Il momento più difficile fu raggiungerlo; era vero che avessero dormito insieme tantissime volte, ma a causa delle strane idee che Ayako le aveva messo in testa ora era come se fosse la prima volta. Neanche con Nobunaga aveva osato tanto! Se lo avesse scoperto avrebbe dato di matto - e infatti Hime si appuntò mentalmente di cancellare qualsiasi prova in proposito, come per esempio calmare immediatamente Hanamichi una volta che lo avrebbe scoperto. Era più che sicura che se lo sarebbe fatto scappare nei momenti meno opportuni; e allora sarebbero stati problemi per tutti.

Hime rabbrividì nello sfiorare la pelle pallida dell'amico, che se ne accorse.

«Ehi», le disse, avvicinandola e abbracciandola, per riscaldarla. Lei si rilassò poco dopo. Cosa poteva esserci di sbagliato, nonostante tutto, nel trovarsi bene tra le braccia del suo migliore amico? Aveva passato notti intere a dormire tra lui e il fratello e non conosceva altro posto migliore di quello. Si sentiva in pace con il mondo, non poteva essere sbagliato.

«Buona notte, Ede», gli sussurrò, baciandogli la punta del naso.

Le accarezzò la pelle della schiena con un pollice. «Hn... notte, scema».

 

*

 

Hanamichi si stiracchiò senza ritegno, allungando braccia e gambe e rischiando di capottare il tavolino a pochi centimetri dal divano su cui aveva dormito. Aveva così tanto sonno, la notte prima, che neanche aveva avuto la forza di arrivare in camera sua. Guardò distrattamente l'orologio appeso alla parete e, appena realizzò che ore fossero, scattò subito in piedi e si precipitò nella stanza della sorella, spalancando la porta e sbraitando di essere in ritardo.

Era talmente rincoglionito dal sonno e terrorizzato all'idea di avere Yoshikai alle prime tre ore che inizialmente non si accorse dello spettacolo che gli si presentò davanti. Quando tornò in corridoio corrugò la fronte, perplesso, e si fermò. Perché diamine aveva l'immagine della sua Hicchan avvinghiata alla Volpe?

Spalancò gli occhi, iniettati di sangue, e tornò velocemente nella stanza, osservando meglio. Hime era in piedi, accanto alla scrivania, sistemandosi i capelli, con indosso un paio di jeans che non le aveva mai visto - e che le stavano tre volte; mentre Rukawa era più addormentato che mai, seduto sul letto, e con la maglietta al contrario. C'era qualcosa che non quadrava in quella scena, ma non riuscì a capire cosa.

Uscì dalla stanza borbottando e prenotando subito il bagno, e Hime sospirò di sollievo. La sveglia del fratello era stata quantomeno traumatica, ma niente poteva superare lo stupore che aveva provato nel ritrovarsi sdraiata sull'amico, le gambe tra le sue, e con un insolito sorriso sulle labbra. Aveva impiegato meno di una frazione di secondo per rendersi conto della pericolosità di quella posizione, dopo l'urlo di Hanamichi sul loro presunto ritardo; aveva scosso come un lenzuolo Kaede - che grazie a Buddha si era svegliato subito, per una volta - gli aveva lanciato una maglietta e lei aveva preso la prima cosa che le capitò a tiro, cioè i jeans giganti del cestista. Fortuna che il fratello era ancora troppo addormentato per rendersi conto del vero stato di cose, altrimenti la fine del mondo sarebbe giunta quel giorno - e lei era ancora troppo giovane per morire.

Fissò l'amico sul riflesso dello specchio, più che mai ciondolante, e sorrise. Era così tenero con quel faccino addormentato - beh, perennemente addormentato. «Scusami per il risveglio traumatico», gli disse, ridacchiando.

«Tutti i risvegli sono traumatici», biascicò quello, sbadigliando e ributtandosi nel letto, come se non avesse chiuso occhio per l'intera notte.

La lotta per il possesso del bagno iniziò dieci minuti dopo, quando Hime aveva bussato più volte contro la porta e Hanamichi aveva dichiarato di essere ancora sotto la doccia. «Ma che diavolo stai facendo, ancora? Sei peggio di una donna!».

«Lui è una donna», precisò Kaede, vacillante ma in piedi, che si poggiò contro la porta del bagno. «Sono le otto e un quarto, io rinuncerei».

Hime incrociò le braccia. Odiava saltare la scuola per il ritardo - anzi, odiava saltare la scuola, punto e basta. Poi un'idea le venne in mente, fulminandola. «Hisashi! Possiamo andare a vedere come sta!».

Nell'udire quelle parole Hanamichi aprì di slancio la porta, con il risultato di ritrovarsi addosso una Volpe di sua conoscenza, che lo mandò lungo e disteso per terra.

«Oddio, che visione», disse con le guance rosse la Sakuragi.

«E levati dalle palle, Kit!», sbraitò il fratello, scostando l'amico di malo modo, ritrovandosi due istanti dopo a pestarsi tra il lavandino e il water. Con lividi sul viso e sulle braccia, ma con l'espressione più soddisfatta del mondo, i due si rialzarono, guardandosi in cagnesco. Cosa c'era di meglio per iniziare la mattina se non una bella rissa con il proprio peggior amico?

«Buon giorno anche a te, Do'aho», fece Rukawa, massaggiandosi una spalla indolenzita. Due secondi più tardi chiuse la porta del bagno sul naso dei due gemelli, attoniti. Hime, più che altro - come notò Hanamichi - stava fulminando con lo sguardo l'immaginaria figura di Kaede, dietro quella porta, avvolta dalle fiamme dell'Inferno.

«Maledetto Orso Surgelato che non sei altro, esci fuori di qui!», sbraitò la ragazza con la grazia di un bisonte, bussando ripetutamente contro il legno bianco. «Questo è il ringraziamento per l'ospitalità che ti ho dato? Mi hai quasi buttata giù dal letto, stanot–!». Si morsicò le labbra quando si rese conto di aver parlato un po' troppo. Il fratello, con le orecchie diventate immediatamente due antenne paraboliche, si voltò lentamente verso di lei, che iniziò a grattarsi furiosamente il naso, alla disperata ricerca di una frase che avrebbe dovuto salvarle la faccia.

«Gran bel colpo», sentì dire dall'amico.

«Hana, luce dei miei occhi...», iniziò Hime, alzando i palmi delle mani in segno di difesa. «In realtà, volevo dire che Ede si è svegliato nel mezzo della notte... e per rompermi le scatole è entrato in camera e... e mi ha svegliata. Mi sono spaventata e...».

«Hicchan», disse con voce roca il fratello, quasi senza voce e con lo sguardo perso di chi non poteva credere alle proprie orecchie. «Hai dormito con la Volpe?».

«Tecnicamente è successo altre volte», puntualizzò lei, con un improbabile tono saccente.

«Hai dormito con la Volpe», ripeté come un automa Hanamichi. «Con la Volpe».

Ahia, quando il rosso scatta sono cavoli amari per tutti, diceva sempre e saggiamente Yoehi. Ma Hanamichi non si sarebbe arrabbiato con la sua dolce sorellina, vero? Hime, guardando il fratello, non ne fu poi tanto sicura.

Il rossino iniziò a contare con le dita. «Hai dormito con la Volpe. Stai con una Scimmia. Hai un Porcospino che non manca occasione di flirtare con te. E c'è un Puffo che ti muore dietro». Prese un bel respiro, prima di continuare. «Dimmi, Hicchan, che cosa vuol dire?», le chiese, con i lacrimoni agli occhi.

«Che sono circondata di animali, forse?», azzardò la ragazza, con un sorrisino incerto.

Lui crollò in ginocchio, così come tutte le sue speranze. «Hicchan! Ho accettato la Nobu-Scimmia, ma ti prego: Rukawa no! Tutto, ma non Rukawa!», sbraitò, disperato. Kaede aprì la porta del bagno, con un sopracciglio inarcato dalla perplessità.

«Ehi, Do'aho, che problemi hai?».

«Che problemi ho?!», esclamò quello come una furia, balzando in piedi e puntandogli un dito contro il petto. «Gli stessi problemi di quando ho scoperto che Haruko ti moriva dietro, ecco cosa ho!».

«Hanamichi», fece Hime, rossa in viso. «Non è successo assolutamente niente. Niente, capito? Per chi mi hai presa, si può sapere? E tu!», aggiunse, rivolta all'amico. «Dì qualcosa, accidenti a te! Dammi una mano a farlo ragionare!».

Kaede si strinse nelle spalle. «Ha il cervello troppo piccolo, non faccio miracoli».

«Checcosahaidetto?!».

«Ragazzi, buon giorno! Come mai siete ancora a casa?», domandò la voce della signora Sakuragi, appena rientrata dal suo turno in ospedale.

«Perché tuo figlio si è impossessato del bagno e non ne voleva più uscire», rispose Hime, guardando in cagnesco il gemello, già pronto a lagnarsi che non era assolutamente vero.

«Oh, Kaede, ci sei anche tu!», esclamò la donna, allegra. Non sembrava neanche che avesse lavorato nove ore, tutta la notte.

«Ehi, mamma, come sta Mitchi?», domandò il figlio, lasciando perdere la disputa con il compagno di squadra. Almeno per il momento.

«Benone, direi. Si è addormentato tardi, Akira, Sana e la vostra nuova amica gli hanno fatto compagnia finché non sono crollati tutti», spiegò loro. «Potete andare a trovarlo dopo la scuola, no?».

«Sempre che riusciamo ad arrivarci, a scuola», biascicò Hime, schiarendosi la voce.

Misato Sakuragi strinse le labbra, indispettita. «Ragazzi, le lezioni sono importanti, non potete saltarle», li rimproverò, guardandoli attentamente tutti e tre. Poi scoppiò a ridere, agitando una mano. «Ma siete in ritardo e il basket e il vostro amico sono anche più importante della scuola, per voi, no? Andate, dite che vi do il permesso di fargli visita anche se non è ora. Su, che aspettate? Vi voglio fuori di casa tra quindici minuti, chiaro?».

Hanamichi si accostò all'orecchio della sorella. «La mamma è impazzita, Hicchan».

Lei, d'altro canto scosse il capo. «No, è sempre stata così».

«Si capiscono molte cose», concluse Kaede, che all'occhiataccia risentita dei gemelli rispose con una scrollata di spalle.

 

*

 

Quando giunsero in ospedale videro che l'idea di saltare le lezioni per andare a trovare il loro amico non fosse stata solo loro. Senza contare Sendoh, Sana e Kiyo, rimasti in ospedale tutta la notte - e visibilmente stanchi e spossati - c'erano già anche Ryota e Ayako, intenti a parlare con un medico che non aveva intenzione di lasciarli entrare nella stanza dell'amico, così come Kogure e Akagi, che tentavano inutilmente di farlo ragionare. Due secondi dopo giunsero anche i fratelli Shimura.

«Non crede che se ci vedesse tutti sarebbe un buon modo per migliorargli il suo pessimo umore?», stava dicendo gentilmente Ayako, che tentava in tutti i modi di salvare gli sforzi scorbutici del fidanzato.

Il medico scosse il capo. «Mi dispiace, ma questo non è orario di visita, come vi stavo dicendo. A mezzogiorno potrete fargli visita per un'ora».

Ma fu grazie ad Hanamichi il Salvatore che le cose migliorarono - o meglio, dipende dai punti di vista. «Ehi, quattr'occhi! Non tu, Kogure, lui! Sono il figlio dell'importante dottoressa Sakuragi, facci passare!».

«Che io sappia la signora Sakuragi è una semplice infermiera», obiettò quello. Ma Hanamichi non ascoltò altro, sorpassando quel tappo che gli arrivava sotto il mento solo mettendosi in punta di piedi. «Ehi, dove andate? Non potete entrare, vi ho detto! Il nostro paziente non è solo in camera!».

Con un grido di battaglia i bisonti dello Shohoku fecero la loro comparsa nella stanza dell'amico che, vedendoli tutti lì - e avendo sentito il gran baccano che avevano fatto - non poté risparmiarsi una risata.

«Mitchi!», esclamarono in coro i gemelli, abbracciandolo.

«Ehi, dementi, fate piano!», li rimbeccò Akagi, prendendoli per le orecchie e trascinandoli via.

«Come stai, Mitsui?», chiese Ryota, dandogli il cinque per salutarlo. Non si sarebbe mai immaginato di ritrovarlo all'ospedale.

«Sono stato meglio, Tappo», rispose quello, in un sospiro.

«È un relitto da rottamare, altro che», fece Sendoh, che nonostante la stanchezza e la situazione delicata non aveva perso il sorriso e la sua voglia di scherzare.

Hisashi lo fulminò con lo sguardo. «È anche colpa tua, demente. Non mi hai fatto chiudere occhio, stanotte».

«Oh oh, hai capito i due fidanzatini?», esclamò Hanamichi, mentre Akira rideva e l'altro s'inalberava.

«Allora avevo ragione, figliolo», fece una voce anziana alle spalle dei visitatori. C'era una vecchietta sdraiata sull'altro letto presente nella stanza, con gli occhiali da lettura sul naso e un libro sulle mani; li osservava con occhioni piccoli e vispi e un'aria malandrina. «Voi due siete fidanzati!».

Il silenzio calò tra i presenti, per poi venire interrotto dalle risate sguaiate di tutti - con le dovute eccezioni. «Io l'ho sempre detto che prima o poi sarebbe accaduto», borbottò Hisashi, contrariato.

«Beh dai, siamo una bella coppia, no?», esclamò Akira. «Kiyoko, mi dispiace, ma io e Hisashi siamo fatti l'uno per l'altro, rassegnati».

La nuotatrice fece una smorfia divertita, agitando una mano. «Tienitelo pure, meglio saperlo ora».

«Ehi!», esclamò offeso Mitsui, mentre lei nascondeva un sorriso. Poi si rivolse alla signora, che continuava ad osservarli con un sorriso bonario. «Abe-san, la vede questa qui? Per quanto sia antipatica e asociale, preferisco esemplari come lei, non so se mi spiego».

La vecchietta annuì, poco convinta. «Non devi vergognartene, figliolo. Vedere due bei ragazzotti insieme è sempre un piacere per i miei occhi!».

«Oddio, una vecchia pervertita!», esclamò Hanamichi, fortunatamente a voce bassa; Hime, per zittirlo, gli tirò una gomitata in mezzo alle costole, tentando in tutti i modi di non scoppiare a ridere.

«E non avete sentito che razza di discorsi ha fatto con questo idiota», aggiunse Hisashi, indicando Akira.

«Del tipo?», domandarono i gemelli Sakuragi, interessati.

«No, ragazzi, per favore! Sono già abbastanza sconvolta di mio, non peggiorate la situazione!», esclamò Sana, tappandosi le orecchie, mentre Akira l'abbracciava, divertito.

Rimasero a fargli compagnia finché un medico, un'ora e mezza dopo, disse loro che Hisashi doveva fare una visita post-operatoria. Hisashi li ringraziò tutti per essere passati a trovarlo, ma chiese cinque minuti di permesso all'uomo per parlare di un'ultima, importante questione. Il medico, fortunatamente non aveva da ribattere.

«Ehi, Shimura».

I gemelli si voltarono, ma Hisashi ne indicò solo uno. Kimi si avvicinò al letto, ficcandosi le mani in tasca, mentre gli altri lasciavano la stanza. La vecchietta del letto accanto, intanto, osservava i due con tanto d'occhi. «Allora, è lui il tuo fidanzato, figliolo?».

«Quante volte dovrò ripeterglielo, Abe-san?! Mi piacciono le donne, don-ne! E questo qui non mi sembra una donna», sbottò Hisashi, mentre Kimi tratteneva a stento le risate.

La signora scrollò le spalle, tornando a leggere, e lasciandosi scivolare addosso lo sguardo inceneritore del cestista.

«Mi volevi dire qualcosa, senpai?».

Hisashi annuì, sistemandosi sul letto, nonostante la gamba ferma e dolorante. Non si sarebbe fatto venire anche mal di schiena, solo perché quel Rukawa Senior gli aveva detto di non muoversi! «Pare proprio che non giocherò le prime partite», disse con amarezza. «Ti ho osservato molto, da quando ti ho visto in campo, Shimura».

Kimi piegò il capo, incuriosito. «Onorato, senpai. Non è che ti sei innamorato veramente di me?», domandò, a voce più alta, in modo che anche la vecchia riuscisse a sentire. E infatti eccola lì, le orecchie tese e lo sguardo sbarrato.

«Ma che cazzo, sei idiota o cosa?!», sbraitò Hisashi, tirandogli la prima cosa che aveva a tiro, mentre Kimi si lasciava andare a una risata divertita e scansava un bicchiere di plastica.

«Scusami, senpai, dovevo dirlo».

«Sì, certo, tanto devi starci tu in camera con questa strega», borbottò l'infortunato, lanciando un'occhiataccia alla signora del letto accanto. «Comunque, non interrompere un tuo senpai quando parla!».

Kimi sollevò le braccia al cielo, con un'espressione innocente in viso. Ah, maledetti Shimura e tutti i gemelli che conosceva!

«Dicevo», sbottò, guardando fuori dalla finestra, «ti ho osservato e ho notato soprattutto come lavori dietro la linea dei tre. Sei bravo». Kimi rimase in silenzio, attendendo che continuasse. «Visto che non potrò giocare per un po' la squadra ha bisogno di qualcuno come me, e non parlo per puro egocentrismo. È un dato di fatto».

L'altro avrebbe volentieri obbiettato che quello era esattamente un  perfetto esempio di egocentrismo, ma evitò. Si limitò solo a sorridere.

«Quindi, se tu sei d'accordo, appena uscirò di qui ci alleneremo insieme. O meglio, io allenerò te, dato che non potrò fare un maledetto passo senza una stampella per una settimana», aggiunse. Poi tornò a guardarlo, puntandogli un dito contro. «Hai la mia stessa naturalezza di andare a canestro dai 6 metri e 25, devi solo affinare la tecnica. Non come Jin, non diventerai un robot. Ti sto affidando il mio posto per qualche partita, vedi di non deludermi».

«È un onore, davvero, senpai. Non ti deluderò, promesso», poi, con un tono più rilassato, chiese: «Ma non hai paura che possa soffiarti il titolo di miglior tiratore da tre punti?».

«Non diciamo cazzate, ora. Sei ben lungi dal riuscirci!», esclamò l'altro, piegando le labbra in un sorrisino sarcastico. «È solo che non ci sarò sempre per lo Shohoku, e anche se l'anno prossimo mi avrete ancora tra le palle per via della sicura bocciatura, tra due no, non ci sarò. Voglio che qualcuno continui a lavorare sodo grazie a me, in questa squadra».

Kimi annuì. «Capisco, senpai. Grazie per aver pensato a me, davvero. Alle medie eri il mio mentore, anche se non lo sapevi», aggiunse, ridacchiando.

«Sapevo benissimo di essere un esempio da imitare, Shimura!», replicò l'altro, con un ghigno. «E vedrai, tornerò ad esserlo, te lo posso assicurare».

 

 

Continua...

 

 

* * *

 

Capitolo abbastanza lungo e corposo, spero sia stato di vostro gradimento! Le cose non vanno benissimo per lo Shohoku, a quanto pare, e vi avverto già che ci saranno altri problemi in futuro... sì, decisamente questo secondo capitolo di Wild Boys è quanto più di melodrammatico potessi scrivere. XD

Un grazie a chi continua a seguirmi in tutti i modi e ai nuovi "fans", siete la mia gioia, davvero. J

A presto!

Un abbraccio,

Marta.

 

PS: vi ricordo il mio account di Facebook che utilizzerò per gli aggiornamenti e le novità di EFP, chiunque voglia aggiungermi è liberissimo di farlo. (: E anche il gruppo per ricevere notizie, spoiler e anteprime! Lo potete trovare qui. Se volete passare il tempo tra un aggiornamento e l'altro con intermezzi spoilerosi siete i benvenuti! :)

   
 
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