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Autore: LunaBlu89    26/06/2011    2 recensioni
Ma soprattutto non ricordo nulla, è come se fossi nato di nuovo, e il cuore è calmo, anche se sente la morte incombente. Poi arriva, e mi fa a pezzi. Apro gli occhi, e lui non c’è.
[Monologo teatrale realizzato per il progetto Mono - Protocaos]
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ultimamente, mi sveglio di soprassalto nel cuore della notte. Non ci sono immagini nella mia mente: all’improvviso mi manca l’aria, e mi tiro su annaspando. Quello è il momento migliore, perché sento l’ossigeno che investe le narici e il cervello ne viene soddisfatto, come se sniffasse. Ma soprattutto non ricordo nulla, è come se fossi nato di nuovo, e il cuore è calmo, anche se sente la morte incombente. Poi arriva, e mi fa a pezzi. Apro gli occhi, e lui non c’è.
Era una bella storia la nostra. Eravamo intensi e passionali... ci legava quello che i giapponesi chiamano “il filo rosso del destino”, quello che, se seguito, conduce alla propria anima gemella. Ci disegnò una volta, in bianco e nero, con quel filo rosso che ci congiungeva i mignoli. Eravamo felici.
Era un giorno qualunque quando... me lo portarono via. Avevamo passato una bella serata e ora passeggiavamo nel parco, mano nella mano. La sua pelle era calda. Sentivo parlottare in lontananza, ma non me ne curavo. Lui mi guardò negli occhi e sorrise, e io ricambiai... ma quando tornò a guardare davanti a sé notai che la sua espressione era diversa... spaventata.
Non feci in tempo a voltarmi che ci divisero. Non riuscimmo a divincolarci perché erano in troppi. Ci portarono l’uno davanti all’altro, ma non potevamo toccarci. Ci urlarono le cose più oscene... la più tenue fu che eravamo dei froci di merda e che non meritavamo di vivere, che eravamo contro natura e che l’amore ce lo infilavamo nel culo.
Lo picchiarono lì, davanti a me. Volevano che guardassi, come per assicurarsi che il dolore fosse abbastanza... ridevano mentre urlavo e lui si sporcava di sangue. Volevo ucciderli, ucciderli tutti, abbracciarlo e portarlo via... ma non potevo, e loro lo profanavano. Era in pericolo, ma sapevo che lui era terrorizzato per me. Ci guardammo negli occhi per tutto il tempo. Fino alla fine... guardai la mia vita andare a pezzi. Pregai che mi uccidessero presto, ma evidentemente si erano spaventati per quello che erano stati capaci di fare, e corsero via, lasciandomi lì.
Erano ragazzi come tanti, che volevano solo dare una lezione a qualcuno.
... Ragazzi come tanti. Ragazzi cresciuti da voi! Voi e le vostre idee… le idee che uccidono, le idee che disumanizzano! Non avete insegnato ai vostri figli la violenza fisica, avete insegnato la violenza dello spirito, la povertà d’animo! “Loro non sanno cos’è l’amore” ... “loro sono perversi e depravati, dovrebbero essere curati”! È la vostra perversione... è la vostra depravazione che lo ha ucciso!
Mi manca l’aria... Non lo sogno solo perché il mio dolore è un buco nero. Siedo nel letto, durante la notte, cerco di andare oltre il sangue e lo ricordo... ricordo i suoi occhi verdi. Nel silenzio, il grido del mio cuore è sempre più forte... riempie tutto, non c’è bisogno di altro.
Mi avete portato via la persona più importante della mia vita... in un luogo in cui non posso raggiungerla. Come farò ora a seguire il filo rosso?! Lo avete reciso per la vostra famiglia, per il vostro amore, per il vostro sollievo. Per la presunta superiorità dei vostri sentimenti. E allora, voglio che mi guardiate negli occhi, tutti... voglio che mi guardiate tutti e che con il vostro pugno di ferro abbiate il coraggio di dirmi che sapete, VOI, DAVVERO, cosa vuol dire AMARE!
   
 
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