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Autore: _eco    28/06/2011    6 recensioni
001. Count the stars:
Personaggi:baby!Elena/baby!Caroline/baby!Bonnie
"Si è svegliata!", sussurrò Elena, avvicinandosi al finestrino per vedere meglio.
Con le nocche bussò sul vetro.
"Sta bene, signora?", squittì entusiasta.
Isobel scrutò con attenzione quella figurina minuta.Era Elena. L’avrebbe riconosciuta fra mille – grazie alle foto che John le mandava periodicamente."
002. Everywhere:
Personaggi: baby!Elena/Isobel/Elena Gilbert
"Tanti auguri a te", cantò Isobel, poggiando un leggero bacio sulla guancia destra della bambina.
Poi si ritrasse. Elena si era accorta di qualcosa: si stava sfiorando incuriosita la guancia umidiccia. Poi, canti, sorrisi, regali, auguri inghiottirono le sue curiosità e il sorriso spensierato ritornò a far capolino sul viso.
003. Who cried?
Personaggi: Elena/Isobel
"Queste", mormorò Isobel, chinando il capo verso la lapide, sfiorando col naso la superficie ghiacciata,"ve le manda una bambina, pardon, una donna, - si corresse sorridendo - che non ha la mamma. Anzi, ne ha due. Ma nessuna di loro è vicina a lei, per prendersene cura, coccolarla, consigliarla. Che vigliacche queste madri, non è così?", chiese la donna, in un tono più che altro affermativo.
Incrociò le gambe sul terreno, tralasciando il fatto che i jeans le si impregnarono di terriccio infangato.

Buona lettura e...recensite in molti! =)
_Lullaby_
Genere: Comico, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Elena Gilbert, Isobel Flemming
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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001.Count the stars

La macchina procedeva a velocità sostenuta lungo la strada sconnessa che conduceva a Mistyc Falls. Accostò davanti ad una villetta curata con un giardinetto pieno di ortensie e roselline. La struttura doveva essere di un bianco candido al mattino, ma con la sola luce della luna ad illuminarla appariva di un marroncino sporco.
Le persiane erano quasi completamente abbassate, mentre alcuni lampioncini posti ai margini del vialetto di pietra illuminavano fazzoletti di terra qua e là.
Isobel scese dall’auto e rimase qualche istante a contemplare la casa dormiente della famiglia Gilbert. Ricordava ancora perfettamente la sua struttura, e quindi sperò che non fosse cambiata dall’ultima volta che ci era entrata.
Che sciocca, pensò, era ovvio che non poteva entrare.
Lei era un vampiro ormai, e i vampiri hanno bisogno di un invito, sempre.
Isobel sbuffò rassegnata e fece cadere le braccia lungo il corpo. Si voltò verso l’auto per ritornare a casa.
Possibile che fosse stata tanto stupida da progettare il suo ingresso nella casa di sua figlia?
Forse il troppo desiderio di poter vedere la bambina nata dal suo grembo le aveva fatto perdere qualche rotella per la strada. Aprì la portiera dell’auto grigio perla e si posizionò al posto di guida. Strinse fra le mani il volante e con il piede andò a pulsare sull’acceleratore.
Tutto il suo corpo sembrò bloccarsi ai comandi del cervello, rispondendo piuttosto a quelli che un altro organo dettavano.
No, sicuramente non era il cuore. I vampiri non hanno un cuore, si ripeté Isobel, annuendo vigorosamente come per convincere sé stessa.
I muscoli delle gambe non accennavano a muoversi, e Isobel finì col mollare la presa sul volante e poggiare delicatamente entrambi i piedi sul tappetino della macchina.
Distese di poco il sedile e si sistemò più comodamente che poteva. Poteva fissare dritto negli occhi la luna, che la scrutava a sua volta dall’alto. Il cielo era particolarmente stellato quella notte, e Isobel non riusciva a prendere sonno.
Così – come una bambina – cominciò a contare le stelle, una ad una.
<< Una, due, tre, quattro, cinque >>, si bloccò, con un sorriso amaro in bocca.
Allungò un braccio verso il sedile accanto, e si accorse con tristezza che era vuoto. Era completamente sola, semidistesa in un’ automobile, a contare le stelle per prendere sonno.
Se solo ci fosse stata Elena con lei, a contare le stelle.
<< Perché le voglio tanto bene? Perché ero così desiderosa di poterla incontrare? >>, si trovò a domandare alla luna.
Per la seconda volta nel giro di pochi minuti si diede della sciocca. Parlare con la luna!
Si guardò attorno: nessuno la fissava, nessuno percorreva quella strada a notte fonda. E lei era libera di conversare col cielo e con le stelle per quanto tempo avesse voluto.
<< Glielo direte voi, che le voglio bene >>, implorò alle stelle.
La voce cominciò a tremarle e i singhiozzi si fecero più forti, così insistenti da farle tremare il petto, e così devastanti da minacciare che il cuore le scoppiasse per il poco ossigeno che penetrava.
<< Voi che la vedete ogni giorno, ditemi. Ditemi di lei, ne ho bisogno >>, continuò, e la voce divenne sempre più un sussurro impercettibile.
Isobel chiuse gli occhi rossi e stremati per le lacrime e lasciò riposare il suo petto tremante.
 

***


 

<< E’…morta? >>, domandò Caroline Forbes, fissando l’amica.
Elena scosse la testa con forza e schiacciò il naso contro il finestrino dell’auto.
<< Non lo vedi? Respira! >>, rispose con aria vittoriosa.
La donna riposava profondamente, i capelli scompigliati lungo il sedile, la bocca modellata in una posizione naturale, le ciglia lunghe a fare ombra sulle gote, e qualche segno sul mento e sulle guance.
<< Pensi che stia male? >>, domandò Bonnie Bennett, avvicinandosi.
Elena sbuffò e mise le mani lungo i fianchi con aria scocciata.
<< No, sta benissimo. Ha bei capelli, le ciglia lunghe e la bocca di rosa. Non lo capite? E’ una principessa! >>, spiegò Elena, con minuziosa attenzione nell’indicare ogni particolarità che aveva elencato.
<< Io non credo proprio >>, rispose stizzita Caroline, storcendo la bocca.
<< E perché? >>, domandò sorpresa Elena.
<< Non ha i vestiti adatti >>, fece notare la bambina dai boccoli dorati, << guarda >>, e si avvicinò per schiacciare il naso sul finestrino, accanto ad Elena.
Con un dito sottile indicò i jeans consumati e la sobria t-shirt azzurra che indossava la donna.
<< Una principessa ha abiti pomposi e orlati con merletti pregiati. Ha una corona in testa e un’acconciatura regale. Ha un ciondolo prezioso e delle scarpe di cristallo >>, cinguettò.
<< Tu guardi troppi film >>, scosse la testa Bonnie.
Elena ridacchiò appena, ma poi si fece seria e staccò gli occhi dalla misteriosa donna.
<< Magari…è una principessa che è scappata dal suo regno perché era promessa in sposa ad un principe bello ma cattivo, e che soprattutto lei non ama. E, magari, a Mistyc Falls vive il suo vero amore. E lei è qui per fargli visita e vivere per sempre con lui. Quindi si è vestita come una ragazza normale, in modo da non essere scoperta. Poi ha sentito il bisogno di dormire e si è fermata qui >>, fantasticò Elena.
<< E poi sono io quella che guarda troppi film >>, bofonchiò Caroline, fissando una Bonnie che si tratteneva dal piegarsi in due dalle risate.
Scoppiarono tutte e tre a ridere – lì, a pochi passi da casa Gilbert, con gli zaini colorati sulle spalle e qualche finestrella in bocca.
Un rumore attirò la loro attenzione, come un sospiro troppo rumoroso per non essere sentito. La principessa si era svegliata e ora si stava stiracchiando, sicuramente ignara che tre bambine di cinque anni la fissavano curiose.
<< Si è svegliata! >>, sussurrò Elena, avvicinandosi al finestrino per vedere meglio.
Con le nocche bussò sul vetro.
<< Sta bene, signora? >>, squittì entusiasta.
Isobel si stropicciò gli occhi. Scrutò con attenzione quella figurina minuta dal grande sorriso e dagli occhi curiosi e rabbrividì. Quella era Elena. L’avrebbe riconosciuta fra mille – grazie alle foto che John le mandava periodicamente.
Aveva i capelli raccolti in due codine e una simpatica finestrella nel davanti della bocca. Un piccolo nasino all’insù addolciva ancora di più il viso della bambina.
Isobel annuì in risposta alla domanda, e le fece cenno di allontanarsi un po’.
Aprì lo sportello della macchina e poggiò un piede sull’asfalto grigio.
<< Elena >>, sospirò, << voi tre non dovreste essere a scuola? >>.
Isobel si maledisse per quello che aveva appena detto. Si coprì la bocca, come se fosse necessario quello per poter cancellare tutto.
<< Come fai a sapere il mio nome? >>, domandò ingenuamente la piccola Elena, indietreggiando di qualche passo.
Caroline e Bonnie fissavano prima la donna e poi Elena, ancora confuse.
<< Ho tirato ad indovinare >>, spiegò con voce poco convinta Isobel.
Elena notò che le mani della donna cominciavano a sudare e le strinse fra le sue, paffute e appiccicaticce per i troppi lecca-lecca che avevano scartato.
Isobel la fissò sorpresa e al contempo preoccupata. Quella bambina era davvero speciale, aveva quel bagliore negli occhi e quell’immensa capacità di sorridere a chiunque.
Ad un tratto qualcosa di tagliente la sfiorò all’altezza del cuore, che cominciò a palpitare nervoso. Forse la piccola Elena faceva così con tutti quelli che incontrava, forse si fidava troppo degli altri, degli sconosciuti. Cos’era quella sensazione? Preoccupazione, forse?
Per la prima volta, Isobel, si sentì davvero madre.
Il pollice paffuto di Elena continuava ad accarezzare il dorso della mano di Isobel.
<< Il tuo segreto starà al sicuro con me. Ho capito chi sei. Sei la fata madrina della principessa, non è vero? Lei è qui? E’ scappata dal suo promesso sposo per vivere con il suo vero amore, è vero? >>, e così la bambina le lanciò un’infinita raffica di domande – una più impossibile dell’altra.
<< Oh sì, lei è qui. Ma io devo controllare che nessuno la scopra. Altrimenti a cosa servirebbero le fate madrine? >>, recitò Isobel, stando al gioco della bambina.
<< Ora capisco tutto. Se sei una fata, puoi sapere il nome di tutti. Ecco perché sai il mio >>, annunciò trionfante Elena.
Poi si voltò nella direzione di due bambine, in disparte, strette l’un l’altra.
<< Loro sono Caroline e Bonnie >>, disse, indicando prima una bambina dai lunghi capelli biondi e poi un’altra con un paio di penetranti occhi verdi, << ma immagino che tu conoscessi già i loro nomi >>.
Isobel annuì sorridendo. Quanta immaginazione in un corpicino così piccolo.
La donna perse le sue iridi azzurre in quelle scure della figlia, con un dito si trovò a sfiorarle i lineamenti delicati, la fossetta rosea, il nasino all’insù, le guanciotte rosse per il caldo.
Poi le scompigliò le codine e le fece il solletico lungo la vita, facendola ridere di gusto.
Era un incantesimo, una magia celestiale, che ebbe fine dopo pochi secondi. Isobel doveva essere diventata parecchio triste, perché la piccola Elena storse il viso e la fissò incuriosita e preoccupata.
<< Cosa ti succede? >>, le domandò.
Isobel la prese per la vita e l’attirò sulle sue ginocchia. Fissò le due bambine sul ciglio della strada e sorrise loro, così da invitarle ad avvicinarsi.
Tre paia d’occhi – che più diversi tra loro non ne esistevano – la fissavano impazienti.
<< Sapete, avevo una bambina, un tempo. Ora avrà all’incirca la vostra età. Non la vedo da quando è nata >>, raccontò, << l’hanno rapita proprio la notte in cui nacque. Ebbi solo la possibilità di vedere un’ultima volta i suoi occhi e di accarezzarle il viso. Poi scomparve >>.
Le bambine si portarono le mani alla bocca, soffocando un oh sorpreso e dispiaciuto.
<< Come si chiama? >>, chiese Bonnie.
Elena, avrebbe voluto rispondere Isobel, fissando negli occhi la figlia che stringeva sulle ginocchia.
<< Elizabeth >>, rispose invece.
Elena annuì, e chiuse gli occhi, immaginando una bambina della sua stessa età vagare da sola per le vie deserte di una città lontana.
<< Tornerà. Tornerà presto, ne sono sicura >>, la rassicurò, scendendo dalle sue ginocchia per depositarsi sulla strada.
E’ già tornata,rispose mentalmente Isobel.
<< E’ ora di andare >>, aggiunse Caroline, << ci aspettano al parco giochi. Oggi è venerdì >>.
Già, era venerdì, il giorno dei giochi alla scuola materna di Mistyc Falls.
Elena poggiò le mani sulle gambe della donna e si allungò per stamparle un bacio al gusto di fragola sulla guancia.
<< Arrivederci…>>, poi si accorse di non conoscere nemmeno il nome di quella donna.
<< …Isobel >>, continuò lei con un sorriso.
<< Isobel >>, ripeté Elena, scandendo ogni sillaba come in una parola magica.
E tutte e tre le bambine si allontanarono, sotto lo sguardo vigile di Isobel, che le fissò sin quando una curva non nascose l’ultima codina di Elena, gli ultimi boccoli voluminosi di Caroline e gli ultimi ciuffi scuri di Bonnie.
Isobel regalò uno sguardo al cielo: le stelle erano scomparse.
Sorrise.
<< Avremo altre notti per contare le stelle >>.
 

 



Angolo autrice: Bene, bene. Eccoci arrivati alla fine di questa shot. Che ne dite di ascoltare un po' di ciò che voglio dire a riguardo?
Partiamo dal presupposto che non ho idea da dove mi sia venuta fuori questa..cosa.
Ho pensato di scrivere una shot per la mia raccolta, One step from heaven. Dato che non avevo ancora scritto su Isobel, mi sono detta: perchè non provarci?
Bene, ci ho provato, ma ne è uscito qualcosa di totalmente inaspettato. Ho persino coinvolto babyCaroline e  babyBonnie.
Che immenso pasticcio! O.o
Però, sapete, alla fine me la sono proprio immaginata una babyElena con le codine, tutta uno sprizzo di energia saltellante con le mani paffute e appiccicaticce. E me la sono proprio vista una babyCaroline "esperta" di affari principeschi. E che dire della babyBonnie? Io e lei abbiamo già fatto conoscenza in One step from heaven, e la trovo davver dolcissima.
Forse Isobel è più dolce rispetto alla realtà, più umana. Ma io l'ho sempre vista così...dura, misteriosa ma con un animo buono, proprio in profondità.
Spero nelle vostre recensioni..e siate clementi: non so cosa abbia bevuto ieri per far venire fuori una pazzia del genere.
Alla prossima pazzia =)
_Lullaby_
  
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