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Autore: sweetevil    28/06/2011    5 recensioni
Si erano incontrati in un locale una sera, durante una festa di un amico comune ed era stato amore a prima vista.Quella stessa sera erano finiti a letto insieme e dopo un mese che stavano insieme lei era andata ad abitare nel suo appartamento.Sembrava che niente e nessuno potesse dividerli.Neanche il fatto che stavano lentamente e inconsapevolmente cambiando, o forse stavano solo crescendo. Ma si amavano e questo bastava. Erano destinati a durare nel tempo. Almeno questo era quello che tutti credevano. Compresi loro due.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Synyster Gates
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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The Beast And The Harlot





17 Aprile 2001


Le lacrime scorrevano sul suo volto, ma era come se non se ne accorgesse, gli occhi vuoti e lo sguardo vitreo di chi ha perso tutto. Ogni tanto il suo corpo riverso sul pavimento veniva scosso dai singhiozzi, ma poi tornava immobile, come se fosse privo di vita. Ed era così che si sentiva Melanie, dopo cinque giorni passati sul pavimento di camera sua, immobile a piangere. Non aveva risposto alle chiamate sul cellulare, sapeva che lui non l'avrebbe mai più cercata e degli altri non le importava, potevano benissimo andare a farsi fottere. Non aveva mosso un muscolo quando avevano cominciato a bussare insistentemente alla porta di casa sua, né quando aveva sentito il rumore del legno sfasciato a colpi di accetta. Poteva sentire qualcuno che la chiamava urlando il suo nome, ma non era la sua voce, quindi che senso aveva rispondere? Qualcun altro la spostò delicatamente, e delle mani la alzarono un poco per farla stendere su una barella. Una scossa di dolore percorse tutto il suo corpo ma era incapace di urlare. Nonostante tutto era come se non fosse lì, se non si trovasse nel suo corpo. Percepiva pochissimo di tutto quello che stava accadendo intorno a lei. Delle voci continuavano a chiamarla, riconobbe quella di Sarah, la sua migliore amica, quella con cui usciva e andava a bere per locali, la sua compagna di sbornie, ma anche la sua confidente, quella da cui si era rifugiata quando lui se ne era andato per colpa sua.

Cercò di muovere la testa per guardare la sua amica e incredibilmente ci riuscì anche se dopo un immane sforzo. Era accanto a lei, inginocchiata a terra. I capelli biondi appiccicati alle guance per colpa delle lacrime e gli occhi azzurri spalancati e arrossati che la guardavano terrorizzati. Anche se era così vicina non riusciva a sentire bene quello che cercava di dirle, era tutto così confuso e caotico. Non resisteva più, chiuse gli occhi e improvvisamente tutto sparì come per magia. Il silenzio e il buio totale della sua mente la cullavano dolcemente, mentre tutto intorno a lei il panico aveva ormai preso il sopravvento. Uno scossone la riportò alla realtà, aprì gli occhi, ma una luce accecante la costrinse a richiuderli, dopo pochi secondi o forse un'eternità, non sapeva dirlo con certezza qualcosa si mosse. Capì che era stata caricata su un'ambulanza quando il rumore delle sirene la raggiunse. Stava male e tutto quel caos che l'aveva strappata dall'oblio in cui era sprofondata la faceva solo stare peggio. Le veniva da vomitare ma muovere un'altra volta la testa le era impossibile, forse era troppo debole o forse le avevano messo un collare. Così richiuse un'altra volta gli occhi, ignorando l'uomo che la chiamava e faceva di tutto per farla stare sveglia, ritornando finalmente al nulla che le aveva tenuto compagnia fino a poco tempo prima.

La seconda volta che riaprì gli occhi si sentiva incredibilmente meglio. Era confusa e aveva un fortissimo mal di testa, ma la nausea le era passata e il suo corpo non le doleva più. Si guardò attorno e realizzò di trovarsi in un ospedale, con polsi e caviglie legati ad un letto e con dei tubi attaccati ad un braccio. Su una poltroncina in un angolo dormiva Sarah, con le gambe rannicchiate e le braccia che stringevano le ginocchia.

A quanto pare la sua situazione era peggiore di quello che pensasse, non avrebbe avuto senso tenerla lì altrimenti. Da quanto si trovava in quel letto poi non lo sapeva. Potevano essere passati mesi oppure poche ore. Istintivamente provò una forte rabbia nei confronti della sua amica. Se non fosse stato per lei molto probabilmente sarebbe morta nel suo appartamento, con tutte le foto che aveva scattato nei precedenti tre anni e mezzo sparse attorno a lei e una bottiglia di Vodka a portata di mano. Invece l'avevano salvata. Avevano alleviato la sua sofferenza fisica, non capendo che così facendo le avevano fatto solo un grandissimo dispetto. Adesso avrebbe ricominciato a soffrire, a piangere e ad ubriacarsi per tentare inutilmente di dimenticare, come aveva fatto nei giorni prima. L'avevano riportata al punto di partenza quando era solo a pochi passi dal traguardo: l'annullamento totale di sé, o la morte. Forse la seconda era la scelta migliore.

Tentò di alzarsi, ma si ricordò che non poteva farlo. Era legata come un salame ad un letto d'ospedale a sbuffare pensando a quanto ingiusta fosse stata la vita nei suoi confronti.

Se l'avesse vista in quel momento avrebbe sicuramente riso di lei, non per prendersene gioco, ma perché come le diceva sempre gli ricordava una bambina capricciosa.

Pensare a lui le fece provare una forte fitta al petto e cominciò a piangere e singhiozzare, adesso ne aveva di nuovo a forza.

Sarah si svegliò sentendola disperarsi, le si avvicinò e cominciò ad accarezzarle i capelli, ma anche lei sapeva che quello non sarebbe bastato a farla calmare. Chiamò un medico che iniettò qualcosa nella flebo che aveva attaccata al braccio, mentre Melanie continuava a piangere, singhiozzare e urlare il nome di quel ragazzo che era la causa di tutto.

Dopo pochi attimi il calmante cominciò a fare effetto e Melanie smise di dimenarsi come una pazza continuando però a sussurrare quel nome, con voce sempre più flebile, finché non cadde nuovamente addormentata.

Quando si svegliò nuovamente Sarah era accanto al suo letto, le teneva la mano. Si mise ad osservarla. I capelli erano tirati su i una crocchia improvvisata e tenuti con una matita, l'aria stanca e le rughe sulla fronte dovuta all'espressione preoccupata la facevano sembrare più vecchia di almeno dieci anni.

Si conoscevano da quando Melanie era una bambina di dodici anni che tentava di rubare le caramelle nel negozio di dolciumi vicino a casa sua e Sarah la ventitreenne che lavorava come commessa nello stesso negozio e che ogni tanto la scopriva con le mani nel sacco, ma la maggior parte delle volte la lasciava fuggire con la refurtiva.

Poi era arrivato lui, proveniva da una famiglia abbastanza ricca di Huntington Beach, ma infondo ad Orange County chi non era se non ricco almeno benestante?

Si era trasferito a Los Angeles a soli sedici anni, il padre l'aveva iscritto in un conservatorio privato. Il suo sogno era quello di diventare un grande chitarrista, di venir menzionato insieme ai grandi della musica e aveva lavorato sodo per ottenere tutti i risultati che aveva avuto in quei pochi anni a LA. Si erano incontrati in un locale una sera, durante una festa di un amico comune ed era stato amore a prima vista, nel preciso istante in cui gli occhi scuri di Brian si erano persi in quelli dorati, quasi gialli di Melanie. Quella stessa sera erano finiti a letto insieme e dopo un mese che stavano insieme lei era andata ad abitare nell'appartamento che Brian senior pagava al figlio a patto che ottenesse buoni risultati con la scuola. E di buoni risultati ce ne erano stati molti. Brian aveva messo su una band con qualche amico e ogni tanto suonavano nei locali di Hollywood. Niente di serio, ma aveva fatto in modo che il suo nome non fosse così sconosciuto in città.

Sembrava che niente e nessuno potesse dividerli. Neanche il fatto che Melanie avesse trovato lavoro in uno squallido Strip Club. O che Brian avesse una scia di ragazzine sbavanti pronte a tutto dietro di lui, che lo seguivano sempre ed ovunque. Neanche il fatto che stavano lentamente e inconsapevolmente cambiando, o forse stavano solo crescendo. Ma si amavano e questo bastava. Brian e Melanie erano destinati a durare nel tempo. Almeno questo era quello che tutti credevano. Compresi loro due.

Purtroppo nessuno aveva preso in considerazione lo spirito libertino che si impossessava di Melanie dopo quattro o cinque bicchieri di jack. Non era la prima volta che tradiva Brian, ma per lei quelle scappatelle da una notte non contavano nulla, erano prive di significato. Lui era il suo grande amore, nel suo cuore c'era posto solo per lui. Ma per Brian quelle parole non avevano importanza. Quando l'aveva trovata nuda, addormentata nel letto a casa di un tipo che doveva vendergli un po' di roba era impazzito. L'aveva svegliata, strattonata e picchiata, l'aveva chiamata puttana poi schiaffeggiata di nuovo, tutto sotto gli occhi di quel ragazzo che non capiva cosa stesse succedendo a casa sua. Brian se ne era andato via furioso e lei dopo aver raccattato i suoi vestiti l'aveva seguito, per chiedergli scusa un'altra volta, per cercare di rimediare al casino che aveva fatto. Quando arrivò nella loro casa Brian non c'era già più, con la sua moto non doveva aver impiegato più di cinque minuti ad arrivare. Le stanze erano tutte sottosopra e Melanie notò che mancavano solo una cosa in tutta la casa, ma significava che lui se ne era andato. La sua chitarra non c'era più. Aveva lasciato un posto vuoto nell'angolo accanto allo stereo. Era sparito anche il piedistallo, perciò non c'erano dubbi. Se ne era andato davvero e non sarebbe tornato da lei.

E' stato in quel momento che aveva capito che era inutile vivere senza di lui. Aveva preso la scatola dove teneva tutte le loro foto e le aveva sparpagliate attorno a lei, la fedele bottiglia di vodka in una mano e qualche decina di compresse di antidepressivi giù nella gola. Poi si era sdraiata, il corpo tumefatto e dolorante a causa delle botte che lui gli aveva dato. Non si sarebbe stupita di avere anche qualche osso rotto. Quella volta ci era andato giù pesante, e lei dopotutto se le era meritate.


-Mel, sei sveglia? Tesoro come ti senti? Mi hai fatto prendere una paura!- la voce di Sarah la strappò dai suoi pensieri. Aveva ricominciato a piangere e non se ne era nemmeno accorta.

Guardò la sua amica. Si rendeva conto di quanto il suo gesto l'avesse fatta soffrire. E le dispiaceva. La rabbia che aveva provato prima nei suoi confronti aveva lasciato posto ad un fortissimo senso di colpa e disperazione.

-Mel? Ti prego rispondimi. Sono io Sarah. Ti prego piccola, rispondimi-

Melanie vedendo la sua amica in lacrime a causa sua realizzò quanto sarebbe stato egoista il gesto che stava per compiere. Parlarono per un po', niente di serio, l'ultima cosa di cui Mel aveva bisogno era parlare di Brian, finché non entrò un dottore che la visitò le slegò mani e piedi a patto che stesse tranquilla e le raccontò cosa era successo al suo corpo in quei giorni di oblio. Era caduta in una profonda depressione aggravata da un potenzialmente mortale cocktail di antidepressivi e alcool. L'avevano salvata praticamente quando ormai il suo corpo si stava arrendendo, aveva una spalla lussata e qualche costola incrinata, come se non bastasse si era disidratata troppo. Il medico le disse che però si sarebbe sicuramente ripresa, che la depressione le sarebbe passata, che era strano che una donna nella sua condizione si fosse ridotta in quel modo.

-Quale condizione scusi?- Mel non capiva cosa intendesse quell'uomo che la guardava sorridendo

-Ah, ma allora lei non lo sa ancora! Adesso si spiega tutto! Lei è incinta, un mese più o meno, dovremmo fare delle analisi più accurate. Adesso si rilassi, non le fa bene agitarsi troppo. E' ancora molto debole-

Dopo che il dottore se ne era andato sulla piccola stanzetta d'ospedale era caduto uno strano silenzio, colmo di disperazione. Mel non riusciva a credere a quello che aveva appena scoperto. Lei aspettava un bambino? Da almeno un mese? Non aveva dubbi su chi fosse il padre. Quella di pochi giorni prima era la prima scappatella dopo almeno tre o quattro mesi di fedeltà. Ma adesso con quale coraggio sarebbe andata da lui, ammesso che fosse riuscito a trovarlo per dirgli che stavano per diventare genitori? No, non poteva.

-Non ti lascerò affrontare tutto questo da sola. Io per te ci sarò sempre- Sarah aveva capito tutto senza che lei le dicesse nulla. Si, quella era a soluzione migliore. Non voleva uccidere il figlio del ragazzo che amava più della sua stessa vita, e crescerlo da sola sarebbe stata incredibilmente dura.


Qualche giorno dopo uscì finalmente da quell'ospedale e si trasferì immediatamente dalla sua amica. Non voleva tornare in quella casa, non sapeva se poi sarebbe stata in grado di uscire o se sarebbe un'altra volta caduta nella disperazione più totale.


Sarah si prendeva cura di lei in tutto. Melanie ormai parlava molto poco e mangiava solo per il bambino che stava crescendo dentro di lei. La psicologa che la seguiva diceva che era normale, almeno in quel primo periodo, ma comunque di non trascurare nulla di quello che faceva o diceva.

Erano passati pochi giorni, forse una settimana o due, quando Melanie si svegliò in preda a dolori lancinanti al ventre e in una pozza di sangue. Capì immediatamente cosa le era successo, iniziò a gridare pronunciando di tanto in tanto quel nome che la faceva soffrire così tanto.


I medici confermarono la sua ipotesi, aborto spontaneo. Si vergognava così tanto di se stessa, di aver gettato anche quello che lui inconsapevolmente le aveva lasciato. Ma più che altro si vergognava di provare un certo senso di sollievo, non si sentiva affatto pronta a fare la madre.


Dopo quello spiacevole episodio non parlò più con nessuno, aveva perso la fiducia negli esseri umani. L'unica eccezione era Sarah. Non che con lei parlasse molto, una parola ogni tanto, a volte dopo giorni, infondo lei la trattava come sua figlia e quello era il minimo che potesse fare per lei, per dimostrarle un po' di gratitudine.


Ormai si era arresa, la sua amica non sarebbe tornata mai più la ragazza sorridente e un po' pazza di una volta. Persino la psicologa non sapeva più cosa fare con lei. Una volta aveva detto che forse l'unica soluzione sarebbe stata farla parlare con Brian, per risolvere i problemi che avevano. Ma Mel si era rifiutata anche solo di starla a sentire. Era scappata dal suo studio in lacrime ed era tornata a casa di Sarah, che ormai era diventata anche casa sua.



Ormai erano passati ben quattro anni, ma Mel non era cambiata. Sempre la stessa ragazza che evitava la gente e non parlava con nessuno. Aveva trovato lavoro come commessa in un piccolo supermercato a pochi passi da casa, frequentato solo da anziani che vivevano nella zona, visto che non era molto fornito e la maggior parte delle persone preferiva andare a fare la spesa da qualche altra parte. Tutti la credevano muta e con qualche problema, non potevano certo immaginare cosa fosse successo a quella ragazza di ventiquattro anni che stava tutto il giorno seduta dietro alla cassa.


A casa passava il tempo davanti alla tv, le piaceva la musica, si divertiva a guardare i video musicali di band a lei sconosciute o quelli dei suoi idoli, che passavano un po' più di rado, ma che avevano il potere di tirarle su il morale per tutta la giornata.

Mai si sarebbe aspettata di rivederlo lì, davanti ai suoi occhi, con i capelli più lunghi di quanto ricordava, ma lo stesso sguardo profondo che la faceva sognare e provare brividi in tutto il corpo.


Lui era riuscito a sfondare. Ce l'aveva fatta per davvero.


Si mise seduta davanti allo schermo per poterlo osservare meglio e alzò il volume così da cogliere ogni parola cantata dall'altro ragazzo, quello con gli occhi chiari e i capelli corti.


Quella canzone parlava di loro. Ne era certa.


Seize the day or die regretting the time you lost
It's empty and cold without you here, too many people to ache over
Trials in life, questions of us existing here
Don't wanna die alone without you here
Please tell me what we have is real


Poteva sentire tutto il dolore che aveva provato lui a causa sua. L'aveva ferito, la sua fuga non era stata che un tentativo di soffrire meno. Lui la voleva ancora, almeno quando aveva scritto quella canzone.


I found you here, now please just stay for a while
I can move on with you around
I hand you my mortal life, but will it be forever?
I'll do anything for a smile, holding you 'til our time is done
We both know the day will come, but I don't want to leave you



O almeno questo era quello che credeva lei, quello che la sua mente stanca e provata le suggeriva. Non sapeva se erano giuste le sue supposizioni oppure la speranza di tornare da lui era ancora così forte da farle credere ciò che non esisteva.


Silence, you lost me, no chance for one more day
Silence, you lost me, no chance for one more day
I stand here alone
Falling away from you, no chance to get back home



Dopo quelle parole però i dubbi che si erano insediati nella sua mente erano scomparsi del tutto. Lei l'aveva perso e non aveva possibilità di cambiare le cose. Anche perché lui non voleva che cambiassero. Si ne era andato e non sarebbe mai più tornato a casa.


Quello era il segnale che aspettava. Inconsciamente Brian l'aveva aiutata. Le aveva fatto capire che era ora di rifarsi una sua vita. Andò in bagno, si mise un filo di trucco davanti allo specchio, si legò i capelli e uscì, sorridendo a chi le passava accanto e rispondendo a chi la salutava. Andò alla boutique all'angolo della strada, quella in cui lavorava Sarah, aveva deciso che era anche l'ora di rifarsi il guardaroba. E poi voleva fare una sorpresa alla sua amica. Entrò con passo deciso sotto il suo sguardo stupito e la salutò con due baci sulla guancia e un grandissimo sorriso sulla bocca, come se non si vedessero da anni. E infondo era così. Melanie era tornata.

Premetto che è la prima ff che scrivo sugli Avenged Sevenfold e spero sinceramente che vi piaccia. 

Beast and the Harlot mi ha dato l'ispirazione per  questa storia, anche se poi ho riportato Seize The Day.. Mi sembrava più adatta, ecco tutto xD

Spero di ricevere qualche commento per capire se è un'oscenità oppure no, insomma fatemi sapere cosa ne pensate!

  
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