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Autore: Lusio    29/06/2011    19 recensioni
"- Perché non vuoi capire quanto puoi essere fastidioso col tuo comportamento? Sei divertente quanto vuoi, ma non ti rendi conto di quanto puoi far male agli altri.
- Non credo di aver mai fatto nulla che potesse ferire gli altri.
- Sto parlando di me. E' me che ferisci."
A grande richiesta, il continuo della mia fanfiction precedente "Il bacio di un amico".
Genere: Malinconico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Chris Colfer, Darren Criss
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Quanto posso amarti per odiarti?'
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Mentre leggete, ascoltate la canzone “Sogno” di Gianna Nannini che mi ha molto ispirato

 

 

Sogno

 

Chris era consapevole di non reggere bene l’alcool eppure, dopo un solo bicchiere di Diet Coke, era passato anche lui alla birra. Era circondato da ragazzi che bevevano alcolici tranquillamente, senza problemi; perché non avrebbe dovuto farlo anche lui? Era adulto, responsabile, vaccinato… e con un gran bisogno di stordirsi per non pensare. Ma quante bottiglie gli sarebbero volute per non vedere più Darren, con un braccio attorno alle spalle di Mia, intento a ridere e a scherzare come suo solito?

Quanto manca alla fine del mondo?

Frasi brevi, sconnesse e senza senso, ma Darren è lì vicino, spalla contro spalla, ogni tanto una leggere testata amichevole e molte volte l’altro braccio attorno alle sue spalle.

- Ragazzi! – urlò Riker, alzandosi, cercando di sovrastare la confusione che li circondava – Allora, siamo giovani, con un tasso alcolico non indifferente nel sangue e con tanta voglia di goderci la vita; quindi facciamo quello che sappiamo fare meglio: cantiamo!

La proposta fu accolta da un unanime consenso e subito si levarono alte le voci dei ragazzi della Dalton Academy, mentre Mia teneva teneva il tempo battendo le mani e le posate sul tavolo. Anche Chris si unì a loro, più per abitudine che per piacere.

Cantarono fino a che le loro voci non divennero roche e stridule, fino a che le mani di Mia non iniziarono a perdere il ritmo e fino a che i gestori del locale non chiesero loro, gentilmente, di uscire per evitare di dare fastidio agli altri clienti.

E’, quindi, finita la serata?

Non riusciva a parlare bene, Chris, solo a blaterare frasi incomprensibili, dovuti alla bocca troppo impastata. Che rabbia non riuscire a farsi capire!

Tu non mi capisci, Darren.

- Hey, chi lo riaccompagna il nostro piccolo amico? – disse Titus, cercando di tenere Chris in piedi.

- Le prime esperienze con l’alcool sono sempre le peggiori – replicò Telly, che teneva fermo Riker, troppo brillo perché gli fosse concesso di attraversare la strada da solo – per quelli che devono riaccompagnare a casa chi si è ubriacato, voglio dire.

- Non preoccupatevi – disse Darren – Lo riaccompagno io.

- Ma figurati, Darren – disse Mia – Posso accompagnarlo io Chris.

- No, amore – ribatté Darren, baciando la ragazza – non preoccuparti; tanto devo fare anch’io la sua stessa strada.

Così si separarono, ognuno per la sua strada, per lasciarsi alle spalle quella serata e riposarsi prima di riprendere la solita routine di tutti i giorni.

- Dai, vieni Chris – disse Darren, aiutando Chris a salire in macchina.

Vedendo tremare il giovane sopranista, Darren si tolse la giacca e la avvolse attorno alle spalle di Chris, provando un irresistibile moto di tenerezza per quel ventunenne con le eterne sembianze di un bambino.

Smettila di trattarmi così. Io non sono un bambino.

Chris non riusciva a sentire nulla, se non un terribile cerchio alla testa e una sensazione come di fuoco sulla pelle. Sentiva anche l’inconfondibile odore di Darren su di lui: doveva essere la sua giacca; avrebbe voluto togliersela ma non riusciva nemmeno a muovere le braccia, si sentiva svuotato… stava malissimo e stargli vicino, sentirlo parlare, lo faceva stare peggio.

Quando la macchina si fermò, segno che erano arrivati, Chris sentì l’odore di Darren farsi più intenso, unito al suo respiro caldo e avvertì un contatto caldo che gli fece bruciare ancora di più la pelle. Lo stava aiutando a raggiungere la sua stanza; lo stava sostenendo, come aveva sempre fatto e Chris non aveva la forza di respingerlo.

Darren frugò nelle tasche di Chris, prese le chiavi e aprì la porta del suo appartamento; unita alla presenza di Darren, appena varcata la soglia, fu avvolto dal tepore tranquillo di casa sua e tanto bastò a tranquillizzarlo.

Ma lui era ancora lì, deciso a restare fino a quando Chris non fosse stato nel suo letto.

- Su, Chris – fece Darren, con fare paterno, mettendolo a sedere sul letto e posando un bicchiere d’acqua sul comodino – Mettiti a letto e domani, dopo che avrai smaltito la sbornia, ti sentirai meglio.

- Perché non la smetti!? – borbottò Chris.

- Di fare cosa? – chiese Darren.

- Di essere sempre così.

- Così come?

- Così! – quasi urlò Chris; non riusciva a frenare la lingua e le lacrime, ma ogni parola lo faceva sentire più libero e più leggero. Non si fermò.

Basta adesso.

- Perché non vuoi capire quanto puoi essere fastidioso col tuo comportamento? Sei divertente quanto vuoi, ma non ti rendi conto di quanto puoi far male agli altri.

- Non credo di aver mai fatto nulla che potesse ferire gli altri.

Perché non vuoi capire, pezzo di idiota?

- Sto parlando di me. E’ me che ferisci.

- Io non ti ho mai ferito – Darren rimase fermo davanti a lui – Sei ubriaco.

- Sì, lo so, ma quello che dico è vero e lo penso.

Finalmente.

- Ti diverti tanto a giocare con me, a trattarmi come un bambino e non ti accorgi nemmeno che sono cresciuto, non ti preoccupi del fatto che anch’io provo dei sentimenti… che… che…

Ormai, dalle sua labbra non uscivano più parole, ma singulti e le lacrime lo facevano soffocare.

- Ti prego Chris, calmati – disse Darren, tentando di farlo stendere, per paura che svenisse sul pavimento.

- No! – si ribellò Chris – Non voglio calmarmi, perché se mi calmo, tu te ne andrai e mi lascerai di nuovo solo. Ed io non voglio… non voglio.

Se non aveva avuto la forza di togliersi la giacca di Darren, riuscì a trovare, in un solo istante, la forza bastante per afferrarlo, scuoterlo, tenerlo stretto a sé, abbracciarlo o picchiarlo. E Darren non fece nulla, si aggrappò semplicemente alle spalle di Chris.

Non voglio... non voglio più… recitare.

Reprimendo i singulti e i singhiozzi che gli scuotevano il petto, Chris premette la bocca contro quella di Darren, desideroso di avvertire il suo sapore vero, dietro quello apparente dell’alcool, afferrandolo con le labbra e con i denti. Lo trascinò su di sé, facendo aderire ogni centimetro del suo corpo a quello del ragazzo che tanto lo faceva soffrire; e iniziò a far scivolare le sue labbra umide sulle guance e sul collo di lui, tenendo gli occhi chiusi, timoroso di vedere un qualunque segno di rifiuto.

Vedendo Darren immobile, stretto a lui come un naufrago allo scoglio, Chris gli prese le mani e lo guidò, con violenza ed insistenza sul suo corpo, dal petto ai fianchi, dal ventre al sesso; le lacrime che continuavano a scendere, i singhiozzi che, piano piano, diventavano gemiti. Nascondeva il volto nell’incavo della sua spalla e ritornava a lambirgli le guance.

- Io ti amo…

Ti amo.

E finalmente, le mani di Darren iniziarono a muoversi: accarezzò i suoi capelli morbidi e percorse le linee morbide del suo corpo, portando via gli indumenti che lo ricoprivano. Quando Chris si trovò nudo, accanto a lui, gli asciugò le lacrime e, con un bacio, gli fece aprire gli occhi. E il più giovane lo vide, davanti a sé, con quel suo solito, maledetto sorriso sul volto.

- Ti prego, non piangere – sussurrò – Lo sai che sono felice solo se anche gli altri lo sono.

- Io sono felice.

Adesso… Qui… Con te.

Come quelli di Chris, anche gli abiti di Darren scivolarono sul pavimento.

Mentre Chris rimaneva aggrappato a Darren, afferrandogli il volto, ogni tanto, per rubargli un bacio, il secondo iniziò a tracciare tante linee invisibili sul bianco corpo del primo, seguendo la lunga corsa delle vene bluastre sulle braccia, poggiando le labbra sull’incavo del gomito e seguendo lo scorrere del sangue con le labbra, fino al petto, dove batteva il cuore.

Chris riuscì a sentirlo dentro, come avrebbe sempre voluto sentirlo; non erano più lacrime di rabbia e di frustrazione, ma di gioia, quelle che bagnavano il suo volto e quello di Darren, la cui voce ormai roca mormorava solo: “Chris… Chris… Chris…”

Ogni spinta, ogni volta in cui pronunciavano l’uno il nome dell’altro, era un colpo al cuore che curava il dolore di Chris.

E quando, alla fine, toccarono con mano la felicità più grande, si abbandonarono sul letto, stretti in un abbraccio indissolubile.

Poi Chris… si svegliò.

Sdraiato sul letto, con i vestiti, senza le scarpe e con ancora la giaccia di Darren addosso; e un fortissimo mal di testa.

Si sollevò a sedere sul letto, tenendosi una mano sulla tempia, e allora vide un biglietto sul comodino, vicino al bicchiere ancora pieno d’acqua; la grafia era di Darren.

 

Vacci piano con l’alcool la prossima volta. Sei più pesante di quanto sembri!

Quando ti svegli, chiamami e fammi sapere come ti senti.

Non preoccuparti per la giacca.

 

Darren

 

P.S. Ti voglio bene.

 

- Almeno, nei miei sogni, sei sempre con me – disse Chris, rimettendo il biglietto sul comodino.

E si lasciò ricadere sul letto, stretto nella sua giacca, rituffandosi nel suo odore e riaddormentandosi.

Darren.

 

 

Nota dell’autore:

Vi prego non uccidetemi, ma non credo che potrei fare un finale migliore di questo.

  
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