Come sotto le
stelle ~
prompt: #067: night
will never stay
La lama scalfisce con cura angoli e dettagli, smussa quelli sbagliati, delinea i contorni di una figura sempre più realistica; e forse è solo una sua impressione, ma c’è tanta più luce, oggi, sul vecchio tavolo dove il campanaro di Notre Dame lavora alle sue creazioni. O forse è soltanto perché non è più solo, lassù.
Sorride timidamente, il volto deforme chino sull’oggetto. Non ha bisogno di guardarla per sapere che è lì da molti minuti, che lo ha osservato in silenzio fino ad ora, e che con piccoli passi silenziosi si sta avvicinando – c’è tutto il resto a parlargli di lei, non le immagini, non i suoni: c’è il profumo della sua aura e c’è l’aria stessa che, ogni volta che la gitana muove un passo, vibra vergognosa.
Esmeralda scivola leggera al suo fianco e osserva la bambola che prende forma nelle sue mani: è ben definita, adesso, e i colori che il campanaro stende sulle superfici lisce la rendono quasi viva. E tace, Esmeralda, forse perché quella vista l’ha sorpresa – o forse è lui che [anche se è passato del tempo, anche se sa che lei si sposerà tra due giorni] continua a smarrirsi, a perdere contatto con la realtà ogni volta che le è accanto, proprio come la prima notte sotto le stelle.
Il lavoro è finito. L’uomo che ha scoperto di essere un uomo alza lo sguardo e mostra alla zingara quel piccolo specchio di lei, la bambolina che la ritrae nell’atto di danzare nella piazza di Parigi, con tutti i suoi colori e i suoi odori e le sue magie.
Gli splendidi occhi di smeraldo vi indugiano meravigliati, prima di salire a cercare quelli impacciati e scombinati di Quasimodo.
Non gli dice nulla, così è lui a rompere il silenzio, con lo stesso sorriso timido che gli ha suscitato la sua apparizione.
«Ne avevo fatta un’altra, prima... Ma Frollo l’ha distrutta. Vorrei che questa la tenessi tu.»
Esmeralda resta immobile. Per un lungo istante, Quasimodo ha il terrore che rifiuterà – o che non le piaccia. Ma poi lei ricambia il suo sorriso; e non è la bambola che decide di stringere tra le sue dita gentili, ma le mani grandi e diverse di lui, portandosele vicine al cuore.
Accetta il suo piccolo dono posandogli in cambio, all’angolo della bocca, un soffio d’estate che la gente chiama bacio e che vale un mondo in più.
«Ti voglio bene, Quasimodo.»
C’è tanta più luce, oggi, nel posto in cui vive il campanaro di Notre Dame; e anche se non è quella riflessa dai passi degli amanti laggiù sul fiume, è qualcosa di molto più caldo del buio.
[ 440 parole ]
Nota: Ho sempre desiderato scrivere
su Quasimodo ed Esmeralda. In realtà, dopo aver finalmente letto il
romanzo, mi sarebbe piaciuto cimentarmi con i personaggi originali; allora perché
ho scritto invece sul film della Disney? Beh, per almeno tre buone ragioni. Perché
questo Quasimodo s’innamora di questa Esmeralda in modo ancor
più tenero rispetto al sentimento del suo corrispondente firmato Victor
Hugo. Perché volevo scrivere fluff, non angst,
e il film – forse togliendo un po’ all’opera, ma in certi momenti
preferisco così – trasmette naturalmente molta più dolcezza
che dolore. E, cosa non meno importante, perché questo è il mio
classico Disney preferito da sempre, che ha segnato tutta la mia vita, in un
senso che non sto qui a raccontarvi perché non voglio certo annoiarvi.
Ho sempre pensato che Quasi abbia realizzato una seconda
bambolina di Esmeralda, dopo che Frollo ha bruciato la prima, e che magari
abbia deciso di regalarla alla zingara in occasione del suo matrimonio con Febo. Perché – non m’interessa cosa ne
dica il cosiddetto sequel – l’amore di Quasimodo per Esmeralda
è semplicemente incomparabile; il fatto che lei ami un altro non
può cambiare i suoi sentimenti, e del resto il messaggio della storia –
in qualunque versione essa ci venga presentata – vuole essere proprio
quello: la forza di un sentimento vero.
[Ti voglio bene
in francese si traduce con je t’aime.]