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Autore: Leenadarkprincess    29/06/2011    1 recensioni
"La sua vita è semplice, è soltanto sole e radici, eppure quel canto conta qualcosa"
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il cimitero è il luogo del silenzio.
Ogni singolo rumore rimbomba sempre tra i marmi, amplificato. I morti, loro non parlano. Perciò nemmeno i vivi lo fanno. Al massimo dicono una preghiera veloce in un sussurro, spauriti di fronte a qualcosa che è loro estraneo, sbigottiti di fronte alla verità che presto, più o meno presto anche loro saranno parte di quel silenzio. I bambini si, loro trovano la forza di ridere e di scherzare anche davanti alle tombe. Il mistero della morte non può penetrarli, non più di quanto una pagliuzza possa farsi strada nel cemento.
La saggezza di non temere la morte sono in pochi a possederla. Ce l’hanno solo i saggi, che hanno ancora l’animo di un bambino. Coloro che non si piegano ad uno schema, che abbracciano l’universo con l’anima, che accettano tutto perché sono parte del tutto.
Da oltre vent’anni l’albero di ciliegio se ne sta lì tra i morti. Sui pendii verdeggianti, tra le lapidi di marmo freddo e le statue, l’albero è stato testimone della paura che provano gli uomini di fronte al loro destino. L’albero non è mai riuscito a capire quelli uomini. Anche lui è parte di quella terra nella quale affonda le sue radici, eppure mai ha provato paura. Lui esiste e basta, sotto sole, pioggia o neve. Si nutre, fa da ricovero agli animaletti che necessitano di un riparo. E osserva, nella sua calma, nella sua pacata esistenza, la follia dell’uomo.
Ormai da un paio di anni, una ragazza viene e si siede alla sua ombra. Osserva una tomba che è lì accanto, una semplice lapide biancastra, con poche parole sopra. La osserva e basta, accoccolata contro il tronco possente. Ogni tanto canticchia qualcosa tra sé. Ormai quasi nessuno va in quel cimitero, perciò quasi sempre sono soli, lei e il ciliegio.
L’albero si è abituato alla sua presenza. Ogni giorno lei viene, e anche per ore rimane addossata a lui, canticchiando. Mai nessuno aveva cantato di fronte al ciliegio. Gli alberi non provano emozioni, eppure il ciliegio sente l’azione benefica di quella musica. Una melodia colma d’anima che giunge fino a lui attraverso la sua corteccia umida e rugosa.
Un giorno qualcosa accade. Un ragazzo passeggia tra le tombe, assorto. L’albero lo conosce. Viene ogni venerdì, però soltanto quando il sole è ormai morente.  Invece questa volta è venuto in anticipo, come sempre con il suo mazzo di fiori selvatici. Passeggia tra le tombe, e pensa, e di tanto in tanto depone un fiore su una delle vecchie lapidi ormai in rovina.
Quelle lapidi, ormai nessuno le ricorda. Nessuno prega più per quei morti nascosto sotto la terra profumata d’edera, dentro le loro bare di legno. Soltanto il ragazzo regala loro un fiore, ed uno solo, e quel gesto sembra bello perfino all’albero. È un gesto di amore incondizionato, di pietà e di comprensione. L’albero pensa che anche se i morti non possono sentirlo, quel gesto è comunque molto bello.
Quando il ragazzo si  accorge della ragazza, i due si scambiano uno sguardo solitario. Poi il ragazzo si muove per completare il suo giro.
Da quel giorno in poi, il ragazzo ha cominciato ad arrivare prima, e a trattenersi fino al calare del sole. Lui e la ragazza hanno cominciato prima, incerti, a salutarsi, e piano piano sono giunti a conoscersi. Si siedono entrambi, ora, sotto quel grande albero che a loro insaputa li osserva, e parlano. Di che cosa parlino, l’albero non ha un’idea precisa. Non è mai riuscito ad imparare il linguaggio dell’uomo. Ci sono troppe cose che il semplice linguaggio non ha il potere di comunicare.
La ragazza non canta più così spesso. Soltanto quando aspetta che lui arrivi, e di tanto in tanto quando lui se ne va in anticipo. L’albero avverte qualcosa, ma non sa bene che cosa sia. Sente che desidera quello che gli è stato negato. La sua vita è semplice, è soltanto sole e radici, eppure quel canto conta qualcosa. Potrebbe anche vivere senza quel canto, ma non sarebbe più la stessa cosa.
Più passa il tempo, più il canto si fa raro. Ora l’albero è costretto ad ascoltare soltanto la voce della ragazza quando parla, e si chiede che cosa si dicano lei ed il ragazzo che porta i fiori. Il languore che prova quando li vede lontani passeggiare per le tombe è qualcosa di inaspettato e di spiacevole. C’era stato un tempo, quando lei si sedeva sotto i suoi rami e cantava, in cui l’albero aveva percepito tutto quello che lei provava. Ora però quasi si pente di non poter essere un uomo. Quelle emozioni che lei gli aveva raccontato con il canto, non le aveva mai provate prima.
Vorrebbe provarle di nuovo.
Mentre il ragazzo dona i fiori alla tombe abbandonate, e parla con la ragazza che un tempo cantava per lui, l’albero si chiede perché le emozioni che provano gli umani siano così belli.
È arrivato ormai l’inverno quando la ragazza un bel giorno non si presenta. La neve ha coperto il suolo e le tombe, avvolgendo i morti in una coperta di silenzio luccicante. L’albero aspetta che lei arrivi per offrirle riparo sotto i suoi rami, ma quel giorno il cimitero resta deserto. Nemmeno il ragazzo, che aveva cominciato a venire ogni giorno, si fa vedere.
L’albero aspetta e non è sereno. Per tre giorni aspetta e non succede niente.
Il quarto giorno, una processione si avvicina a lui. È piccola e modesta, come processione. Vestiti di nero, gli uomini a lutto sembrano lividi della terra che accoglie i morti. Quattro uomini avanzano in testa, portando sulle spalle una piccola cassa bianca. L’albero osserva gli uomini seppellirla accanto alla tomba bianca dove la ragazza era solita sedersi. Quando la terra si richiude sopra alla cassa, l’albero capisce che è finita.
La processione si allontana in silenzio. Il silenzio che ora regnerà per sempre, senza nessun canto ad allietarlo. Non ci sarà più nessuno a cantare per i morti.
Un’altra piccola lapide bianca sta ora ai piedi dell’albero.
Il giorno dopo, quando il sole di nuovo sta scomparendo all’orizzonte, arriva il ragazzo. Pallido come la neve, porta in mano una rosa rossa, e la depone ai piedi della piccola lapide. Si siede dove si sedevano sempre assieme, lui e lei, e posa la testa contro il tronco freddo e umido. Rimane in silenzio, a piangere.
Anche se è inverno, un piccolo fiore è sbocciato su uno dei rami dell’albero. Uno soltanto, che esso lascia cadere sulla piccola tomba. Non aveva mai portato fiori su una tomba, prima. Lo ha preparato con tanta fatica, apposta per lei, che gli ha regalato qualcosa di più del canto.
Ora che l’albero può sentire, per la prima volta sente che potrebbe piangere. Ora, per la prima volta, pensa che sia crudele il destino. Per la prima volta ha perso qualcosa, e ne ha sofferto.
Lui e il ragazzo condividono quel silenzio assoluto, e assieme piangono per la ragazza che giace sotto quella stessa terra. Anche se le lacrime sono inutili, anche se l’albero non ne può versare, piangono e basta sotto quel cielo plumbeo d’inverno.
Due fiori, uno rosso e uno bianco, stanno sulla tomba candida tra la neve. Il vento dell’inverno ne scuote i petali, destinandoli ad avvizzire, mentre un pianto silenzioso li accompagna nel loro declino.
  
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