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Autore: lafilledeEris    29/06/2011    4 recensioni
La consapevolezza che lui la pensasse in maniera totalmente diversa da lei su un argomento tanto importante le arrivò come una doccia fredda.
In cuor suo però capì che quello non era il luogo adatto per intavolare una discussione. Optò per il male minore, mise sulle labbra il suo sorriso migliore, fece spallucce e si voltò a guardare le cullette sistemate in ordine all' interno del nido.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Azzurro.

Può essere il colore del cielo limpido, di un bel vestito, di un pastello usato da un bambino.

Ma quand'è che un colore ti cambia la vita?

 

 

 

New York

 

 

 

Gwen dormiva beatamente col capo poggiato sul torace di Eric, mentre lui già sveglio da un po' la osservava. La carnagione bianca del viso colorata leggermente di rosso sulle guance, le lunghe ciglia nere che nascondevano i grandi occhi chiari, le labbra non molto carnose ma ben delineate.

Si mise a fissare il soffitto mentre pensavo a tutto quello che era successo in quei mesi.

 

 

... Erano in ospedale e aspettavano i risultati di alcuni esami fatti da Charlie.

-Gwen, senti ti và di uscire a prendere un caffè uno di questi giorni?- chiese titubante Eric.

Ti prego dì di sì.

Lei sollevò gli occhi dal quotidiano che stava leggendo e lo guardò.

-Si, dai perchè no. Magari ci sentiamo e ci mettiamo d' accordo ok?-

-Perfetto!- esclamò con troppa enfasi l' uomo...”

 

Quella volta si era comportato da vero idiota, aveva usato una scusa banale per poter stare da solo con lei.

 

 

...Eric era stato chiamato da Rick per aiutarlo con la cameretta del bambino, avrebbero dovuto tinteggiare i muri e sistemare i mobili.

L' uomo suonò il campanello e quando gli aprirono la porta ci rimase di stucco.

Gwen.

Non era stupito di trovarla lì, perchè sapeva che c'era bisogno del maggior aiuto possibile.

Era rimasto colpito dal fatto che anche con una vecchia salopette più grande di due taglie,una vecchia maglia scolorita e i capelli raccolti in una bandana la ragazza riuscisse ad essere davvero bella.

-Ehi, Eric!- lo richiamò Gwen, accortasi che non accennava a a varcare la soglia- dai su entra!-

-Ehm.. si scusa- tentò di far finta di nulla, sorridendole.

Circa un' ora dopo quel piccolo siparietto imbarazzante, i due si erano trovati soli nella camera del bambino.

Eric era intento a tinteggiare il colore sulle pareti, quando ad un tratto si passò il palmo della mano sulla punta del naso.

Gwen lo guardò e scoppiò a ridere. Mentre lui le lanciava uno sguardo interrogativo.

-Sei sporco di vernice- spiegò mentre si avvicinava a pulirgli il naso.

Fù un attimo. Lui la prese per i fianchi e la avvicinò a sé. Quel bacio sembrava fosse qualcosa che entrambi aspettavano da sempre. Lei gli mise le braccia intorno al collo e andò ad accarezzare la nuca. Era come essere dentro una bolla di sapone.

La loro bolla di sapone perfetta...”

 

 

 

 

 

Ogni volta che la guardava sentiva come una sensazione di leggerezza che lo pervadeva. Con lei poteva essere se stesso. Non c' erano maschere da indossare come con le altre ragazze, perchè lei non era le altre ragazze.

Lei era meglio.

 

 

...L' aveva fatta bendare,dicendole che le aveva organizzato una sorpresina.

-Vedrai non è niente di chè- le aveva detto. Ma non era vero.

Erano sul tetto dell' Hotel Standard e da lì poteva vedere tutta New York.

-Ma che ci facciamo qui?- domandò stupita Gwen.

-Beh mi serviva un posto speciale per chiedere una cosa ad una persona speciale- spiegò Eric.

-Ormai io e te stiamo uscendo da qualche settimana e sento che fra noi funziona e...-

-Qualunque cosa tu mi stia per chiedere la mia risposta è sì!- esclamò di slancio la ragazza.

-Ma non sai cosa stavo per chiederti- precisò Eric.

-Beh, allora lo faccio io al posto tuo. Vuoi diventare il mio ragazzo?- domandò sorridendo.

-Adoro la tua perspicacia- sussurrò il moro sulle labbra di Gwen...”

 

 

 

 

Eric venne distratto dai suoi pensieri dal telefono che squillava insistemente sul suo comodino.

-Deckler!- esclamò, anzi no urlò, l interlocutore dall' altra parte del telefono.

-Parker! Che cavolo vuoi? Io stavo dormendo sino a poco fa!- abbaiò Eric in risposta.

-Eric qui la situazione è seria. A Charlie le si sono rotte le acque, sbrigati ad avvisare Gwen. Ci vediamo in ospedale- chiuse la telefonata senza nemmeno dargli il tempo di rispondere.

-Gwen, svegliati, su! Si sono rotte le acque a Charlie- disse mentre le dava piccole pacche sulle spalla sinistra per farl svegliare

- Mmhh... dille di aspettare ancora cinque minuti- farfugliò la ragazza.

-Credo tu non abbia capito, tua sorella stà per partorire Gwen!- esclamò il ragazzo. Se la situazione lo avesse permesso sarebbe scoppiato a ridere.

-Si, si- disse agitando la mano come per scacciare un moscerino- mia sorella sta per partorire.-

Alle sue stesse parole scattò in piedi come colpita da una scossa elettrica.

-Deckler pezzo di idiota perchè non mi hai svegliato?- ringhiò mentre cercava i suoi vestiti , Eric cercò di parlare ma venne interrotto dalla banshee che aveva davanti- senti facciamo così. Io ora corro in ospedale e poi ti chiamo ok?- spiegò sbrigativa.

Non gli diede il tempo di risponderle che si chiuse la porta alle spalle.

Perchè ogni volta ci passo sempre io? Si domandò dubbioso il ragazzo.

 

 

 

 

 

Ospedale St. George

 

 

Il dottor Malon è richiesto in sala operatoria..” gracchiò l' altoparlante, mentre le porte scorrevoli si aprivano all' arrivo di Eric.

Si guardò intorno ma non vide nessuno, si avvicinò al banco accettazioni, occupato da un' infermiera corpulenta che si destreggiava fra varie scartoffie.

-Salve, mi scusi avrei bisogno di un informazione- Eric cercò di attirare l' attenzione delle donna.

-Si, mi dica- rispose cortese, guardandolo da sopra gli occhiali poggiati sul naso.

-Vorrei sapere qual'è la stanza di Charlotte Hudson- domandò il ragazzo.

La donna rimase in silenzio qualche minuto mentre cercava il numero delle stanza nel computer.

-Stanza numero 524 piano terzo- disse alla fine.

Eric ringraziò e si diresse verso l' ascensore.

Dopo qualche minuto in cui si era quasi perso nei meandri dell' ospedale finalmente trovò Gwen che aspettava fuori dalla camere di Charlie.

-Ehi- salutò dandole un bacio a fior di labbra- che dicono?- domandò.

-Dicono che manca ancora un po' perchè il bambino nasca. E' ancora in travaglio- spiegò la ragazza, mentre si accaniva contro l' unghia del suo indice destro.

-Ehi calmati, su! Vedrai che andrà tutto bene- la tranquillizzò , stringendola al suo petto.

La ragazza sospirò pesantemente.

-Ti và di andare a far un giro?- propose Eric, per farla rilassare.

Ad un tratto si resero conto di essere capitati nello stesso andito in cui si trovava il nido.

Davanti a loro c' erano otto fagottini piccolissimi che dormivano tranquillamente.

Gwen era come rapita da quella scena.

Immaginava come sarebbe potuto essere suo nipote e fù elettrizzata dall' idea che da lì a qualche ora avrebbe visto suo nipote.

Non vedeva l' ora di poterlo prendere in braccio e coccolarlo.

Con tutti quei pensieri felici, le preoccupazioni che prima l' assillavano svanirono.

-Che belli che sono- sussurrò poggiando la mano sul vetro.

Eric l' abbracciò da dietro e le diede un bacio fra i capelli.

-Sai pensavo una cosa- riflettè a voce alta il ragazzo- non credo di volere figli prima dei trentanni.-

Gwen si girò lentamente e lo guardò interrogativa.

-Beh, sì- continuò lui- non sono pronto perchè un figlio comporta tante responsabilità. E' un impegno che non sono sicuro di voler prendere ora.-

Gwen in quel momento non seppe cosa rispondere di preciso, non riuscì a dire nulla. In quel momento sentiva come una distanza fra loro due.

La consapevolezza che lui la pensasse in maniera totalmente diversa da lei su un argomento tanto importante le arrivò come una doccia fredda.

In cuor suo però capì che quello non era il luogo adatto per intavolare una discussione. Optò per il male minore, mise sulle labbra il suo sorriso migliore, fece spallucce e si voltò a guardare le cullette sistemate in ordine all' interno del nido.

Non riusciva a capacitarsi che lui volesse aspettare ancora parecchio prima di avere un figlio. Il suo cuore, invece, si scioglieva alla vista di quelle manine e di quei piedini così paffuti e teneri.

Chissà come sarebbe stato poter stringere a sé il proprio bambino, dopo che per nove mesi lo si è avuto dentro...

 

 

15 ore dopo.

 

 

Gwen era poggiata alla spalla di Eric, mentre aspettavano di avere notizie di Charlie.

Venne svegliata da un' infermiera che la chiamava. Con lei si svegliò anche lui.

-Scusi, signorina Hudson?- domandò la donna,Gwen fece un cenno positivo con la testa- suo cognato mi ha chiesto di avvisarla che sua sorella stà per partorire. Sarà il medico, poi a dirvi quando potrete vedere la madre e il bambino.-

Gwen fece per rispondere, quando un urlo la fece tremare.

Sua sorella.

Sentì qualche frammento di frase.

-Parker io ti odio!- riuscì a sentire, seguito da epiteti poco gentili e minacce poco velate. Sentì distintamente un “ Te lo taglio” al chè dopo pochi secondi vide la porta della sala parto aprirsi e uscirne un Rick sconvolto, bianco come un lenzuolo e tremante come una foglia che guardava i due ragazzi con occhi sgranati.

-Giuro che non lo faccio più- sussurò mentre si sedeva – mai più!

Eric fece per ridere ma venne fermato da una gomitata sulle costole da parte della sua ragazza.

-Rick- si avvicinò Gwen, sedendogli accanto- tranquillo ok?- cercò di rassicurarlo- è solo il dolore fisico che stà vivendo che la fa parlare così.-

-Ha detto che me lo taglia- sussurrò spaventato, degluttendo a vuoto.

-Ah, amico mio- asserì Eric- stavolta l' hai fatta davvero grossa- fece per continuare quando Gwen lo fulminò con un' occhiata truce che gli fece abbassare lo sguardo.

-Dai su, piuttosto pensa che stai per avere un bel maschietto e dovete ancora scegliere il nome- gli disse sorridendo la ragazza.

Dopo che Rick si fumò due pacchetti di sigarette, Gwen rischiò di consumare tutto il pavimento della corsia, Eric fissava insistemente la porta della sala, finalmente uscì l' ostretica che aveva seguito Charlie nel parto.

Guardò i due ragazzi con un sorriso a trentadue denti e fece per parlare ma venne interrotto da Gwen che le fece cenno con la mano di aspettare, mentre si affacciava dalla grande finestra che dava sul cortile dell' ospedale.

-Rick non so se ti interessa ma è nato tuo figlio- gridò la ragazza. A queste parole l' uomo lasciò cadere la sigaretta che stava per accendere e si precipitò all' interno dell edificio.

Arrivò in pochi minuti col fiatone e dovette sedersi.

-Scusa, ma perchè sembra che tu stia per avere un infarto?- domandò perplesso Eric.

-Sono salito correndo, ho fatto più presto che potevo- disse col fiato mozzato.

-Sei un genio- constatò Gwen atona- prendere l' ascensore no?-

-Scusate- intervenne l' infermiera a porre fine a quegli sproloqui- volete sapere o no come sta il neonato?-

-Si, si ci scusi. Possiamo vederlo?- domandò Rick con un sorriso che andava da un orecchio all altro.

-Prego seguitemi- fece cenno di entrare.

Rick aveva il luccichio agli occhi, Gwen ormai era una valle di lacrime. Il meno turbato era Eric.

-Dov'è il mio bambino?- domandò, mettendoci un po' troppa enfasi, al punto di urlare quasi.

-Sshh- bisbigliò Charlie- vieni qua ma fai piano.-

-Posso prederlo? Come lo chiamiamo?- Rick sembrava non voler smettere di parlare.

-Rick per favore, ora calmati. Vuoi prenderlo?- gli propose la moglie. Lui fece cenno di sì col capo.

-Ma che bello il mio giovanotto- disse una volta preso in braccio.

-Ehm... Rick a proposito di questo. C'è qualcosa che devi sapere- Gwen ed Eric che in quel momento si stavano avvicinando al neonato si bloccarono.

- Beh, a quanto pare gli esami hanno sbagliato per quanto riguarda...-

-Il sesso!- urlò Gwen, mettendosi subito una mano davanti alla bocca.

Rick la guardò in tralice.

-Ecco appunto. Il nostro bambino...- cercò di continuare Charlie.

-Io inizio a farti i miei migliori auguri Rick, avrai parecchio da combattere fra qualche anno- la interruppe Eric.

-Oh insomma! Mi fate parlare? - sbottò Charlie- insomma Rick. Non è un maschio ma una femmina- terminò finalmente.

-Scusate – chiese perplesso Rick rivolgendosi alla coppia- ma come facevate voi a saperlo?-

-Beh mettiamola così genio- spiegò Gwen calcando sull' ultima parola- con la tua sbadataggine hai spostato la copertina, quindi abbiamo potuto notare dei dettagli. Che però a quanto pare a te sono come dire? Sfuggiti- lo sbeffeggiò la cognata.

Un tonfo sordo.

-Chiamate un medico per favore!- urlò Charlie esasperata.

 

 

 

Qualche giorno dopo...

 

Casa di Gwen.

 

Da qualche giorno Gwen si sentiva poco bene. Aveva questo senso di malessere che la pervadeva.

In quel periodo era veramente stressata. Fra il lavoro, la casa, i mille impegni aveva avuto un calo incredibile.

Era sempre stanca affaticata e poi sentiva un senso di nausea , sia quando mangiava sia quando non mangiava.

Poi c'era quel piccolo dettaglio...

No” si disse “ non può essere” scosse la testa e fece per alzarsi da divano visto che da lì a poco sarebbe arrivata Charlie con la bambina quando all' improvviso il buio l' avvolse.

 

 

 

Charlie era davanti alla porta di Gwen e bussava da circa cinque minuti.

Provò persino a chiamarla al telefono. Nessuna risposta.

Poi le venne in mente che aveva una copia della chiave in borsa e si affrettò a cercarla.

Imprecò mentalemte contro quella borsa enorme, in cui ogni volta non trovava mai nulla. Maledizione!

Quando finalmente riuscì a trovare la chiave entrò, fece per chiamare la sorella quando il sangue le si gelò nelle vene.

-Gwen- chiamò, schiaffeggiandola- Gwen, ti prego rispondi- sussurrò, quasi con le lacrime agli occhi dallo spavento.

Prese il telefono fra le mani tremanti e digitò il 911.

-Mia sorella è svenuta. L' indirizzo è 786 di River Street.-

 

 

Gwen era stesa sulla barella e aveva appena ripreso i sensi. Charlie parlava col medico che le illustrava la situazione di sua sorella.

-Beh, signora Parker sua sorella è stata fortunata- spiegò il dottore- nonostante sia sana come un pesce in questo periodo è stata sottoposta ad uno stress troppo forte per le sue condizioni.-

Charlie ascoltò ciò che l' uomo le diceva ma non riuscì a capire a cosa si riferisse in particolare.

-Le consigliamo di fare esami più approfonditi viste le sue condizioni in stato interessante- concluse.

Charlie lo guardò perplessa.

-Mi scusi – gli disse – ci deve esse un errore. Mia sorella non è incinta, o meglio credo che non lo sia. Me lo avrebbe detto.-

Il medico fece spallucce.

-Resta il fatto che sua sorella è incinta di tre settimane-detto questo lasciò Charlie.

 

La ragazza si diresse verso la sorella, le sì parò davanti e la scrutò con sguardo severo e indagatore.

-Non c'è niente che devi dirmi?- domandò atona la bionda.

-Charlie- le sorrise la mora- perchè hai quella faccia? Scusa se ti ho fatto preoccupare ma...-

-Ma cosa? Se non ti fossi sentita male per quanto ancora me lo avresti tenuto nascosto? Sono tua sorella, tu sei stata la prima a sapere di me- sbottò.

Gwen continuava a non capire.

-Oh andiamo! Non fare la finta tonta, sei incinta!- sbraitò Charlie.

-No adesso questa me la spieghi. Dai se fossi incinta lo saprei. Insomma, sino a prova contraria il corpo è il mio e...-

-Non raccontare balle, ti prego! Sei incinta e non mi dici nulla?- esplose di rabbia la bionda.

-Ma ti rendi conto delle fesserie che stai dicendo? Secondo te non ti avrei detto nulla se lo avessi saputo? Hai idea della cavolata colossale che stai dicendo?-

Charlie a quel punto non seppe più che dire.

In effetti non riusciva a trovare un motivo valido per cui la sorella le avrebbe dovuto tenere nascosta una cosa simile.

Semplicemente si avvicinò alla sorella, le prese il viso fra le mani e le sussurrò:

-Ho deciso che voglio crederti. Voglio crederti prechè sei mia sorella,perchè ti voglio bene e perchè ho deciso che sarai la madrina di Maggie.-

Gwen a quella parole strinse a sé la sorella in uno di quegli abbracci stritolatori.

-Grazie! Grazie Grazie!- gracchiò con voce stridula.

-Piano! Piano! Piano!- la reguardì la sorella- tu ora devi farela cosa più importante. Non provare a cambiare discorso.-

Ecco, ora arrivava il bello.

 

 

 

 

Casa Parker

 

 

 

-Rick! Rick! Porca miseria, vuoi svegliarti?- ringhiò Charlie.

-Dai Charlie, ti prego lasciami dormire- mugolò l' uomo, dandole le spalle

-Svegliati, su! È importante- asserì la bionda.

Rick sbuffò e si girò nuovamente verso la moglie.

-Giuro che se è un pettegolezzo è la volta buona che chiedo il divorzio!- disse serio.

- Ehi! Io non faccio gossip, io ci tengo solo a tenerti al corrente di ciò che sento dalle mie amiche- precisò seria- insomma, vuoi saperla o no questa notizia?-

Rick, alzò gli occhi al cielo.

-Basta che dopo posso tornare a dormire- disse sbrigativo.

-Eh va bene. Insomma il succo è che fra nove mesi diventerai zio- spiegò Charlie.

-Credo di aver capito male- sussurrò l uomo- ti prego ripeti.-

-Insomma, Gwen è incinta. Ecco, l ' ho detto!- escalmò nervosamente la donna.

-Oh, beh sarà contento Eric...- iniziò Rick, quando notò che Charlie aveva un' espressione strana in viso, quasi cupa- perchè lo sa, vero?-

-Ecco, vedi è che...- fece per continuare ma Rick la interruppe.

-Ti prego dimmi che non è come penso- la supplicò .

-Dipende da cosa pensi- cercò di sdrammatizzare Charlie.

-Charlotte, dimmi che c'è una spiegazione a questo- disse Rick.

-Non chiamarmi così- calcò su ogni singola parola- e tranquillo. C'è una spiegazione. Gwen oggi si è sentita male prima che arrivassi io. L' ho trovata svenuta e così ho chiamato l' ambulanza. I paramedici le hanno fatto alcuni accertementi da cui è risultato che è incinta. Credevo che avesse voluto nascondermelo, ma poi mi ha detto che non ne era a conoscenza nemmeno lei.-

Rick la scrutava rimanendo in silenzio con un' espressione corrucciata in viso.

-Chissà cosa dirà Eric quando lo scoprirà- disse più a se stesso che alla moglie.

-E' questo il punto. Deve essere Gwen a dirglielo. Noi non dobbiamo immischiarci- spiegò seria la donna.

 

 

 

 

Casa Deckler

 

 

 

 

-Sai adesso che c'è Maggie credo sia tutto diverso- sospirò sognante Rick, mentre sorseggiava una birra fredda disteso sul divano.

Eric lo scrutava in silenzio, come se cercasse qualcosa. Un segno tangibile del cambiamento avvenuto nell amico.

Per lui era già parecchio strano vederlo con un anello all anulare sinistro, ora doveva persino farci l' abitudine a sentirlo parlare di pappe e pannolini. Aveva smesso di ascoltarlo alle parole “ Sai Maggie..”, non perchè avesse qualcosa contro quella bambina anzi la adorava. Il problema era Rick: sembrava rammolito. Per carità, era una cosa normale, l' emozione del primo figlio ti cambia è ovvio.

La domanda più difficile che si poneva Eric era “ Ma io che padre sarò?”.

La sua vera paura era quella di avere qualcuno che dipendesse totalmente da lui. Era come una sorta di tabù che si era imposto.

-Ma mi stai ascoltando?- esclamò Rick, guardando in sottecchi l' amico.

-Si, si- rispose sbrigativo il moro.

-Mh, e allora dimmi che cosa ti ho appena chiesto- sibilò l'amico.

Porca miseria.

Rick si battè una mano sulla fronte.

-Lo sapevo! Deckler ti ho appena chiesto se vuoi essere il padrino di mia figlia- disse scandendo le parole, quasi come se dubitasse delle capacità comprensive dell amico.

Eric sbarrò gli occhi.

-M-ma ne sei sicuro?- balbettò l interessato.

-Ehi, ci conosciamo da una vita e nonostante tu abbia dimostrato di essere una testa calda delle volte, mi fido di te e so che la mia bambina sarebbe in buone mani- spiegò semplicemente.

Eric rimase impietrito. Gli faceva strano che qualcuno, se pur si trattasse del suo migliore amico, si fidasse di lui così ciecamente.

-Accetto, mi farebbe piacere- sorrise verso l amico.

-Grazie amico- Rick lo abbracciò di slancio ed Eric per la prima volta non seppe opporsi.

Sì, qualcosa stava davvero cambiando.

-Quando la battezzate?- domandò l uomo liberandosi dall abbraccio.

-Fra un mese e mezzo. La battezziamo nella stessa chiesa in cui sono stato battezzato io- rispose mentre trafficava col telefono- devo farti vedere una cosa- esclamò poco dopo con un sorriso da ebete sulle labbra. Dopo pochi secondi gli mostrò una foto della piccola mentre dormiva beatemente.

Eric non potè fare a meno di sorridere.

-Sai, credo che questo allenamento- Rick mimò le virgolette- potrebbe tornarti utile per quando toccherà a te- disse sorridengli il biondo.

-Ah, allora sappi che dovrai aspettare ancora un bel po'. L' ho persino detto a Gwen : non voglio figli prima dei trentanni- proferì serio Eric.

-Mi sembra un po' tardi per lamentersi sai?- disse iniziando a ridere Rick.

L altro lo guardò interrogativo.

A Rick gli si gelò il sangue nelle vene.

Forse aveva fatto un danno. Maledetta linguaccia!

-Rick di che parli?-domandò curioso Eric- non credi che se Gwen fose stata incinta lo avrei saputo, sai com'è certe cose si fanno in due...-

Rick agitò le mani come per impedirgli di terminare la frase.

-Senti, ho sbagliato. Ho la lingua troppo lunga, devi parlare con Gwen. Sono sicuro che lei ti saprà spiegare tutto- concluse Rick, senza riuscire a guardalo in faccia.

Istintivamente Eric prese il telefono e digitò il numero della ragazza.

-Pronto- rispose dopo qualche squillo.

L uomo respirò a fondo, cercando tutto l' autocontrollo che possedeva.

-Gwen dobbiamo parlare- proferì atono.

Silenzio dall ' altra parte.

-Fra mezzora da me- sussurò a mezzavoce la donna.

 

Rick si era davvero cacciato in un grosso guaio. Stavolta Charlie gliene avrebbe dette di tutti i colori.

Nella migliore delle ipotesi.

Le mandò un messaggio “ Tesoro ho combinato un casino. Ti amo.”

 

 

 

Casa di Gwen

 

 

 

Un bussare frenetico spaventò Gwen, mentre era sovrapensiero.

Quando aprì la porta fù come se si fosse materializzato il suo peggiore incubo.

Eric era davanti alla porta, scuro in volto come non lo aveva mai visto che stringeva i pugni, tenendoli lungo i fianchi.

-Entrà- gli sussurrò, tenendo lo sguardo basso.

In quel momento Gwen non riusciva a guardalo in faccia, non sarebbe riuscita ad abbracciarlo come faceva sempre quando si vedevano oppure a dargli un semplice bacio.

Aveva davvero paura, nonostante sapesse che lui non le avrebbe mai fatto del male.

-Ti prego dimmi che Rick si sbagliava o che scherzava- lo sentì dire in tono serio, non gli era mai capitato di udire un tono così serio da lui.

Era come se davanti a lei ci fosse un altro uomo.

Sospirò pesantemente mentre si sedeva sul divano.

-Credevo che il paramedico avesse sbagliato- sussurrò, torturando un lembo del leggero vestito che indossava- poi sono andata in ospedale a fare delle analisi ed è risultato che sono incinta di quasi quattro settimane.-

Lo aveva detto tutto d' un fiato, come se dirlo nel modo più veloce possibile, in qualche modo avesse potuto influenzare la reazione dell uomo.

Eric, dal canto suo, fissava fuori dalla finestra impassibile.

In realtà dentro di sé si agitavano sentimenti confusi e sconclusionati.

Sentiva che un testa gli rimbombambava solo una frase.

Sono incinta.

Due parole che possono cambiarti la vita.

-Ti prego dì qualcosa- disse a mezzavoce Gwen, che gli si era silenziosamente avvicinata.

Lui non l' ascoltò, finchè lei non gli prese il polso in malo modo per farlo girare verso di sé.

-Insomma, vuoi parlare?- quasi gli urlò in faccia, infrangendo la promessa fatta a se stessa di contenersi.

-Vuoi davvero che ti dica ciò che penso?- parlò finalmente- penso che siamo stati degli stupidi a non prestare attenzione, che non possiamo avere un figlio adesso...-

-Non vuoi- lo corresse lei, guadandolo dritto negli occhi- non vuoi perchè sei infantile, immaturo, irresponsabile. Pensi solo a divertirti e questo bambino per te sarebbe un impedimento, il risultato di un' avventura andata male. Ecco cosa sarebbe- sputò tutto ciò pensava, senza mezzi termini.

-Ragioniamo- suggerì Eric- possiamo trovare una soluzione a …-

-Ti prego dimmi che per problema non ti riferisci al mio bambino e per soluzione non parli dell aborto- ringhiò Gwen.

-Non dirmi che tu vuoi questo bambino- esclamò stupito l' uomo.

-A differenza tua, io voglio prendermi le mie responsabilità- urlò, ormai in lacrime la donna- perchè io amo questo bambino, nonostante ora sia solo un fagiolino. Lo amerò anche da sola per entrambi se sarà necessario.-

A queste parole Eric rimase di stucco.

-Cosa vorresti dire che è finita?- chiese.

-Sai cosa? Si, si, si! Si perchè non voglio stare con un uomo che non vuole prendersi le sue responsabilità, si perchè non voglio stare con qualcuno che non ama mio figlio, si perchè non voglio stare con te che credi che tutto si risolva facilmentese si fà a modo tuo .-

Non riusciva a guardarlo negli occhi. In altre occasioni si sarebbe lasciata cullare in quel verde scuro, così profondo da potersi perdere come nelle foreste più impervie.

Ora sentiva solo la rabbia che le montava dentro.

-Gwen ti rendi conto di ciò che dici?- domandò Eric- sei impazzita per caso? Hai praticamente preso una decisione senza consultarmi e poi sarei io in torto?-

-Ah perchè invece la tua soluzione è migliore della mia? Per carità, non farmi ridere! Ora ti prego, vattene!-

-Non me ne vado finchè non mi dici che ci penserai su...-

-Vattene! Non c'è niente su cui riflettere. Io la mia scelta l' ho fatta.questo è quanto- disse mentre apriva la porta.

Eric si sentiva cme se lo avesero appena picchiato. Anzi no.

Un pugno avrebbe fatto meno male.

 

 

 

 

 

 

 

Casa Parker

 

 

 

-Mi chiedo quanto tu possa essere stupido sai?- proferì Rick, arrabbiato come non mai, verso un Eric pressochè terrorizzato.

Era raro vedere Rick arrabbiato , ma stavolta era riduttivo definirlo così.

Era furioso.

Squadrava l amico con occhi seri, il verde che solitamente li caratterizzava si era incupito, contraeva la mascella con fare spasmodico per trattenersi dallo schiantare l altro al muro.

-Deckler, sei una testa di cazzo!- ringhiò, avvicinandosi pericolosamente a Eric.

Questo indietreggiava, trovandosi spalle al muro.

-Ehi, Eric senti posso spiegare tutto ciò che c' era da dire l' ho detto a Gwen e...- tentò di concludere ma venne colpito da un pugno in pieno stomaco che gli spezzò il respiro.

-Ma sei impazzito?- disse senza fiato.

-No, sei tu che ti sei rincoglionito! Non puoi pretendere che io non faccia nulla mentre tu mi dici che vuoi lasciare da sola una delle persone a cui voglio bene in un momento come questo!- urlò a pochi centimentri dal suo volto.

-Non siamo tutti come te, Mister Perfezione...- un altro pugno in pieno stomaco.

-Non azzardarti a giudicare ciò che faccio!- ringhiò quasi, mentre lo sollevava da terra di qualche centimetro.

-Rick, tu non puoi giudicare ciò che faccio...-

-Niente di diverso da quello che hai fatto tu chiamandomi Mister Perfezione.

E' vero questa situazione è nata in parte per colpa mia, ma anche perchè tu non sai prenderti le tue responsabilità e Gwen non voleva parlartene.- calcò sulle ultime due parole- e ora se non ti dispiace, quella è la porta.-

-Non me ne vado finchè non mi fai parlare. Io almeno sono stato sincero, le ho detto che non ero pronto...-

-Sembra che tu stia parlando di una vergine alla sua prima volta, non sono pronto- lo scimmiottò- cazzo! Hai ventisei anni, vuoi mettere la testa a posto?- gli urlò contro.

Eric non riusciva a guardarlo in faccia, strinse i pugni talamente tanto che si conficcò le unghie nella carne, il respiro si era fatto pesante.

La situazione non era andata come previsto.

Perchè nessuno capiva che anche lui era in difficoltà?

Lui non voleva che venisse al mondo un bambino che era frutto di un errore? Era stato la distrazionedi pochi minuti.

Lui sarebbe riuscito ad amarlo? Era una domanda che lo assillava. Lui non poteva- o non voleva?- prendersi quella responsabiltà.

-Ti consiglio una cosa- parlò Rick- sparisci per un po' di tempo e quando torni vedi di aver risolto il casino che hai in testa.-

Eric fece per parlare, ma venne interrotto dal un gesto eloquente dell altro che lo invitava ad andarsene seduta stante.

La cosa migliore era stare solo.

 

 

 

 

 

New York in quel periodo era davvero fantastica.

Era una calda serata di fine maggio e lui dal terrazzo di casa sua aveva davanti a sé uno dei più bei panorami al mondo.

Le luci della città viste da lontano sembrano tanto lucciole frenetiche, il caos della città però sfatava questo idillio, fin troppo romantico.

Se c'era un paragone che rendeva bene l' idea era quella della città con una persona. Era come un grande organismo che funzionava in perfetta sincronia.

Sarebbe uscito a vivere davvero quella città, se solo non fosse capitato tutto quel casino.

Ora c' erano lui ed una bottiglia di Jack Daniels.

Solo.

Può una parola pesare quanto un macigno?

Si. Ora lo sapeva.

Niente più Gwen, niente più Rick, niente più Charlie, niente più Maggie.

La piccola Maggie. Chissà quant' era cresciuta.

Però come uno schiaffo, gli tornò alla mente che anche lui aveva qualcuno di cui curarsi.

Ma poteva lui riuscirci?

Se non fosse stato un buon padre?

Se l' avesse fatto cadere mentre lo cullava?

Se non fosse riuscito a cambiargli il pannolino?

Troppi se, troppi dubbi, troppe incertezze.

O forse era lui che si metteva troppi problemi.

Magari ci sarebbe riuscito.

Magari sarebbe stato un buon padre.

Magari non l' avrebbe fatto cadere mentre lo cullava.

Magari sarebbe riuscito a cambiargli il pannolino.

Si, ci sarebbe riuscito.

 

Due mesi dopo

 

 

Casa di Gwen

 

 

La ragazza alzò il viso dal water, respirando profondamente.

Era sfinita.

Il terzo mese di gravidanza aveva portato con sé delle nausee che puntualmente le davano il buongiorno.

Si accasciò a terra, poggiando la testa contro il muro.

Dopo qualche secondo calò la mano sulla pancia, accarezzandola amorevolmente.

Quanto mi costi piccolo mio” pensò fra sé. Mentre era immersa nei suoi pensieri, udì che suonavano al campanello.

Ci mise qualche secondo a rialzarsi, scombussolata com' era, e quando ci riuscì la colpì persino un capogiro.

-Arrivo arrivo- gracchiò quasi e arrivò quasi a fatica alla porta.

Quando aprì la porta rimase di stucco.

Lui.

-Che ci fai qui?- si mise subito sul chi va là.

Notò subito che aveva il viso teso, gli occhi velati di tristezza e la barba vecchia di una settimana.

Lo fece entrare mettendo subito le distanze fra loro.

Eric rimase qualche secondo in silenzio. Dopo qualche minuto prese coraggio e iniziò.

-Dobbiamo parlare, anzi devo parlarti. Mi basta che tu ascolti ciò che ho da dire.

Ho capito che ti amo innanzitutto, mi sei mancata da morire in questi mesi.

Mi mancava tutto di te, dallo svegliarmi la mattina nel letto con te, all' andare a letto la notte, anche solo potendoti stringere senza fare chissà chè. Questo l' ho capito quando mi sono accorto che non riuscivo a stare senza te che mi rubavi le coperte, che ti muovevi nel sonno e mi davi anche calci quando sognavi, che ti stringevi a me quando avevi gli incubi.

Mi manca il tuo cercare la perfezione in tutto, il tuo essere buffa e adorabile quando tornavi bambina mentre giocavamo fra noi, quando ti accoccolavi a me quando guardavamo un film dell' orrore.

Ho capito che ti amo, perchè hai tirato fuori il meglio di me. Amo anche nostro figlio, o nostra figlia. Anzi sai cosa? Vorrei che fosse una femmina, prenderebbe sicuramente la tua bellezza e la tua intelligenza.

Ho detto tutto ciò che dovevo dirti, ora me ne vado. Ti lascio il tempo di riflettere- concluse l uomo.

Quando fece per andarsene, Gwen lo bloccò prendendogli il polso destro.

Aveva ascoltato ogni singola parola, trattenendo a stento le lacrime, quando però lo guardo negli occhi scoppiò.

Lui la prese fra le sue braccia e strinse al petto, le baciò la fronte.

-Anche io ti amo- disse fra i singhiozzi, mentre stringeva la mani dietro la schiena dell uomo.

 

 

 

Sei mesi dopo.

 

 

 

-AAAAHHH...Eric ti odio!- urlava Gwen fra i singhiozzi- stammi lontano!-

Eric fece per lasciarle la mano, ma questa strinse più forte.

-No, no, no. Resta qui, ti prego- piagnucolò.

Eric era sfinito. Era chiuso in sala travaglio da circa tre ore, aveva praticamente perso sensibilità ad una mano e pregava dentro di sé che il bambino nascesse presto.

Fuori sentiva ogni tanto Rick e Charlie che chiedevano informazioni ai medici e agli infermieri che uscivano da lì.

Perchè non vengono a darmi il cambio?” pensò sul baratro della disperazione.

-Tesoro respira come ti hanno insegnato al corso preparto. Dai su da brava- le disse accarezzandole la testa.

-Ma ti pare che adesso io stia pensando a quello che ho imparato a quello stupido corso?- ringhiò la donna.

Eric sentì un brivido attraversargli la colonna vertebrale.

Possibile che quella fosse la sua dolce,serena, tranquilla Gwen?

Certo che le partorienti erano davvero particolari.

In quei sette mesi aveva visto davvero ogni cambiamento del carattere della sua fidanzata, cambiare in maniera repentina nel giro di poche ore.

Ma ora ritrovarsela lì sofferente gli faceva uno strano effetto.

Aveva voluto starle accanto in un momento come quello, perchè voleva farle capire quanto davvero ci tenesse a lei.

Aveva una fifa tremenda ma non voleva darlo a vedere.

Doveva essere forte.

Doveva essere uomo.

Un tonfo sordo.

-Dottore una barella per il signor Deckler- avvisò un' infermiera.

Era un vizio?

 

 

 

Sei ore dopo

 

 

-Signora spinga!- esortava l' ostetrica.

All' udire quelle parole, aprì gli occhi all' improvviso.

Ci mise qualche secondo a rendersi conto di dove si trovasse.

Si voltò verso destra e vide Gwen concentrata a spingere e la dottoressa che la incitava come un capo tifoseria.

Il mio bambino” pensò Eric, alzandosi di scatto.

-Signora la testa è uscita, forza!-

Gwen spinse con tutte le sue forze, al limite.

Dopo dieci minuti di spinte un pianto.

Eccolo.

-Signori Deckler, ecco a voi il vostro campioncino- disse la dottoressa mentre metteva il neonato sul petto della mamma ed Eric si era fatto sempre più vicino.

Appena lo vide, rimase folgorato.

Era perfetto, non c' era niente di più bello al mondo.

I suoi piedini, il suo nasino, le sue manine, la sua boccuccia.

Era bellissimo.

Lo portarono via per lavarlo e dopo circa quindici minuti, quando lo avevo lavato e avvolto in una copertina lo riportarono a Gwen e fecero entrare Charlie e Rick.

-Oh, ma è bellissimo!- esclamò Charlie con sguardo trasognato.

-Ehi, ciao campione- gli disse Rick prendendogli una manina.

Rimasero qualche minuto come in contemplazione del piccolo.

-Sapete già come chiamarlo?- domandò Charlie.

-Pensavamo di chiamarlo Alexander- rispose Eric- come mio nonno.-

-Alexander Deckler. Si suona bene- commentò Rick.

-Ciao Alex- gli sussurrò Gwen baciandogli il piccolo naso a patata.

-Benvenuto piccolo mio- gli disse Eric con il luccichio agli occhi.

Eric spostò lo sguardo dal piccolo a Gwen, che si accorse di ciò e gli sorrise.

Ecco cosa aveva sempre desiderato ma non aveva mai avuto il coraggio di ammetterlo.

Ora era davvero un uomo felice.

 

 

 

 

Eccomi

Dopo mille peripezie sono riuscita finalmente a pubblicare il seguito di Just Married. So che vi ho fatto aspettare parecchio, cambiando ogni volta la data, ma alla fine ecco qui! I luoghi citati sono reali, sono andata a cercarli su google maps, eccetto per le vie, sarei risultata troppo manicale XD.

Ditemi che ne pensate.

Un bacione la vostra Viola.

   
 
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