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Autore: La Fleur    30/06/2011    1 recensioni
Simone è l'amante della luna, Sara è Miss-Buona-Famiglia ... e Giamma sorride come lo Stregatto, ma forse questa non è la fine del mondo.
Genere: Commedia, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'I giorni del Paradiso'
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“ Non puoi neanche sapere se una persona ti vuole bene,

puoi soltanto crederlo o sperarlo,

ma rimane comunque più importante per te del fatto che

la somma degli angoli interni di un triangolo sia sempre centottanta gradi.”

 (Il mondo di Sofia - J. Gaarder)

                       

 

Scendo dal treno, un po’ intontito dal viaggio notturno in cui lo stress ha fatto russare tutti i miei compagni di scompartimento. Un coro di grugniti, sbuffi e ansiti degni di una sit-com di serie zeta, ovviamente con me protagonista. Me nel senso di me stesso, intendo. Simone Lascari nel ruolo di se stesso, passato dalla vita di studente delle superiori solo come un cane e orfano di padre,  a quello di gloriosa matricola universitaria, ugualmente mezzo orfano, ma di certo meno solo. Più felice, di sicuro.

<< Dov’è l’idiota? >> chiede Sara, con uno sbadiglio, accanto a me. La sua faccetta imbronciata è avvolgente come un grosso drappo di velluto. Cerco di non ridere. Sono due anni che la conosco e la capisco anche: Gian Mattia avrebbe già dovuto essere qui. L’idiota, si capisce.

Mi stringo nelle spalle. Che colpa ne ho se i miei due migliori amici si detestano al punto che l’unica cosa --Persona, correggo da me (non si farebbero fermare neanche dalla corsia di sorpasso di un’autostrada nell’ora di punta) – che impedisce loro di saltarsi al collo ogni secondo sono io?

<< Avremmo dovuto prendere l’aereo. >> continua Miss- buona- famiglia, incrociando le braccia sul petto. Sbadiglio, la mano davanti alla bocca, perché sono un ragazzo educato ma non ho dormito affatto, e ha ragione lei, ma …

<< Volevo vedere la luna.  >> sbotto un po’ imbarazzato e lei ammutolisce.

Allunga la sua piccola mano tintinnante a scompigliarmi i capelli.

<< Non me l’avevi detto. >> mi rimprovera più addolcita.

E’ vero. Non mi piace parlare molto di queste cose e non credo che mi abbia capito davvero, però sa che è importante, perciò non infierisce. Ci sono come dei fotogrammi, delle immagini che mi s’incastrano nel cuore e riviverli fa male ma è bello e non li voglio perdere. Così Sara può pensare che sono un cretino romantico, se vuole, ma io posso ricordare che quando con mamma sono andato a vivere nella città di Giamma e Sara, che non è mai diventata anche la mia, abbiamo viaggiato di notte, come adesso, con tutte le nostre cose imballate nello scompartimento solo per noi, e lei aveva scelto il lettino di sopra, e c’era una grande finestra con un piccolo spiraglio aperto, perché era uno di quei treni vecchi e noi non siamo riusciti a chiuderla, e fiottava aria fresca e rumori sconnessi, e lei credeva che io dormissi e piangeva, e c’era la luna piena e non l’avevo mai guardata tanto, tutta la notte, e il treno urlava, la mamma piangeva e io tremavo, e avrei voluto chiudere gli occhi ma non avrei potuto.

Le prendo la mano. Ha il polso sottile sotto gli  infiniti braccialetti tintinnanti, colorati, pieni di campanellini colorati, minuscoli ciucci ed elastici fluo che lo imprigionano.

<< Vuoi aspettare seduta? >> chiedo. Siamo circondati dalle nostre valigie, ancora poco distanti dalla scaletta del treno, e sono rimasti solo pochi passeggeri , che viaggiano verso le porte della stazione. Il binario più vicino. Forse dovremmo aspettarlo fuori. Sara Mistràl scrolla il capo, facendo svolazzare i soffici e sottilissimi capelli biondi. Mi piacciono i suoi capelli. Sembrano una graziosa nuvola di fili d’oro. Una nuvola transgenica, magari.

<< No, voglio vedere l’idiota per prima, così potrò riempirlo di calci come si merita. >> dice soddisfatta. Le stringo più forte la mano. Non posso lasciarglielo fare, ma ricambio il sorriso.

<< E’  presto, forse non ha trovato un taxi. >>

<< O forse sta ancora dormendo. – puntualizza acida – E noi siamo qua preda di ladri e chissà che altro. >>

Scoppio a ridere. << Tranquilla, Mistràl, ci sono io a difenderti! >>

Lei sbuffa.

<< Sì, l’amante della luna! Ma fammi il piacere! >>

Continuo a tenerle la piccola mano, chiara nonostante l’abbronzatura dal tono aragostino della sua pelle italo-francese. Qualunque cosa possa dirne Giamma, sono contento che ci sia anche lei. Anche se forse  l’idea di dividere una casa noi tre sembra una minaccia all’ordine pubblico … o un degno segno di un’Apocalisse imminente.

 

<< Ragazzi! Simone, Ragazza – di – buona - famiglia! >> urla una voce, facendo girare tutta la stazione. O come se. Anche noi ci giriamo. Giamma sta percorrendo tutto il breve corridoio che ci separa dall’entrata della stazione, tutto t-shirt e jeans tagliati al ginocchio, e il solito paio di Adidas blu metallizzato, ormai semisfasciato, ma che è il suo preferito. Sento Sara augurargli sottovoce di  inciampare nei  laccetti sciolti e finire sotto un treno, e la strattono appena, scoccandole un’occhiataccia quando si gira a guardarmi esasperata. Torno a guardare Giamma, che ora è ansimante e sorridente davanti a noi. Ha lasciato crescere i capelli da quando lui e Mario Felici si sono lasciati.

<< Era ora, Gentilizio! >> lo rimbrotta Sara.

Lui si limita a rivolgerle un sorriso da Stregatto, quello che ha sempre quando sta pensando cose impronunciabili, e a prendere il mio trolley e il borsone, lasciandomi a prendere i bagagli di Sara, che rimane a mani vuote perché sono costretto a lasciarla. Spero solo che non ne approfitti per andare ad ammazzare Giamma, mentre penso che solitamente è più affettuoso con me. Lo guardo camminare svelto davanti a noi, scattante, direbbe mia madre. Mi chiedo se sarà sempre tanti passi avanti a me, sempre lo stesso ragazzo che correva veloce verso la scuola, tentandomi con l’infinita quantità di ragazze che mi avrebbe presentato, sempre lo stesso che mi ha confessato la sua omosessualità seduti in camera sua e di suo fratello, e che mi ha sorriso esitante il giorno che mi ha raccontato di lui, Biagio e Sara, e di come è cominciato il loro odio adolescenziale. E’ così coraggioso, mi dico. Così forte.

Anche Sara è forte, sotto i suoi capelli tanto soffici, dietro quei suoi occhi chiari liquidi, dentro la sua struttura ossea così sottile si nasconde una Valchiria infuriata e mordace, e io lo so bene.

<< Che cosa è quello? >> sussurra, fioca, appena fuori dalla stazione, e io mi giro a guardare il mezzo che Giamma ha trovato per noi, e rimango paralizzato. Non è affatto il tassì che avevamo concordato, proprio no. È una vecchia moto ape azzurra, una bi-posto col sedile del guidatore già occupato da un ragazzo che Giamma sta salutando con entusiasmo. Sara si lancia verso l’idiota e non mi viene neppure in mente di fermarla. Sta gesticolando verso il cassone posteriore del mezzo, urlando ai quattro venti che lei dentro quel coso non ci starà mai e poi mai, dovesse andare a piedi fino al nostro nuovo indirizzo.

Giamma le rivolge di nuovo il sorriso da Stregatto e commenta asciutto che se vuole è libera di farlo, ma che mademoiselle può accomodarsi sul sedile del passeggero, se preferisce, e che lui ed io divideremo il cassone con i bagagli se lei non se la sente. La vedo restare esterrefatta per un attimo, tanto stupita che neanche gli risponde, e prende subito posto accanto al guidatore, forse per impedirgli di cambiare idea. Io invece mi avvicino e porgo a Giamma le valigie di Sara, e lui le dispone nel cassone in silenzio, poi ci salta dentro con un’agilità figlia della pratica, sicuramente, e mi tende una mano per aiutarmi a salire.

<< Puoi andare, Gerolamo! >> urla felice, il nostro mezzo inizia a vibrare e sferragliare, e noi ci mettiamo più comodi, spalla a spalla, e finalmente mi da una piccola spinta laterale, e io gli sorrido, e capisco che ha organizzato tutto così apposta e so che dovrei avercela con lui ma non ci riesco davvero, perché lo capisco, e perché è Giamma, la persona migliore che conosco nonostante tutti i suoi casini.

<< Mademoiselle si starà divertendo! – fa soddisfatto – A Girolamo piacciono le bionde! – sorride smagliante – E’ il nipote della padrona di casa, ci ha fatto un gran favore. Un tour gratis! >>

Scoppio a ridere.  << Sì, vacanze romane! Questo non è un film, non siamo a Roma e tu sei completamente pazzo. E non ci penso nemmeno a fermare Sara quando cercherà di ammazzarti. >> gli faccio presente.

<< Seeeeee, deve prima prendermi!  - urla sopra il fracasso – Raccontami del viaggio, Lascari! C’erano tanti grassoni nel tuo scompartimento? >>

Rido, come sempre, alla sua espressione scanzonata che fa sembrare non gli pesi mai niente.

<< No, c’era un ragazzo di colore, un fotografo, penso, con una copia del National Geographic. E una signora anziana, che ha proseguito. E russavano forte tutti e due. >>

<< E Sara? Aah, devi dirmi se Mistràl russa come un corno francese! >>

 

Ah, il giorno in cui  vedo l’università,  per la prima volta dal vivo, è il migliore dopo tantissimo tempo. Il campus è magnifico, le classi luminose, e penso che sarà fantastico. Neanche la fila alla segreteria mi scoraggia, e Giamma ghigna accanto a me mentre il suo gay-radar funziona a pieno regime. Da quando è entrato ha già individuato quattro ragazzi, e Sara, altrettanto munita, lo guarda mettendo il muso e confermando a denti stretti quando lui la provoca. Mi chiedo se c’entri la sua amicizia decennale con Biagio, il primo ragazzo di Giamma. Mi chiedo se tra dieci anni anch’io sarò in grado di decifrare così facilmente queste sfumature, se saremo ancora amici, se questi due avranno mai bisogno di me, se … Se.

Ho un gran groppo in gola, e cerco di deglutirlo prima che se ne accorgano ma sono felice. Giamma mi si appoggia discretamente contro la spalla per un attimo,  Sara mi prende un dito nella mano, e questo conforto fisico è così potente che per un momento, uno solo, posso sentirmi il padrone del mondo. Se ho questi due accanto, l’Apocalisse può raggiungerci se vuole. Sarà fantastica anche quella.

 

  
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