Crossover
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Autore: JoAngel    30/06/2011    0 recensioni
Il destino a volte è proprio crudele, dopo Jo ora toccherà ad Allison ad avere a che fare con il "fuoco".
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Telefilm
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 3

 

“Dovremmo dirlo al capo, Isabel.” ammise il vampiro controllandosi il viso un po’ ferito allo specchio.

“Non è lei, la descrizione che ci hanno dato era diversa, coglione.” disse in risposta lei, con tono gentile.

Lui si voltò a guardarla e sospirò. “Come vuoi tu, ma se fosse stata lei e ce la siamo fatta sfuggire a Lui non piacerà.” le ricordò con fare quasi da maestrino.

“Non fare il leccaculo come tuo solito, Zev.” disse lei come per sfidarlo.

“Io eseguo solo gli ordini, non come te che …” non finì per l’intromissione di una terza persona. “Il Capo vuole vedervi, quindi smettete di litigare come due checche davanti ad una borsa griffata e muovete il culo da qui.” comunicò, guardando i due.

Loro annuirono e Zev sospirò profondamente. “Dovevo ancora …” cercò di dire prima che Isabel lo prendesse per il braccio e lo trascinasse fuori dalla stanza.

“Ehi! Che modi poco aggraziati, i tuoi.” ammise il vampiro mostrando i canini alla ragazza e iniziando ad incamminarsi verso la stanza principale.

Lei strinse i pugni. Se potessi ti ucciderei, brutto scopa umane. pensò per poi sospirare e raggiungerlo.

Entrarono nella stanza dal portone nero di legno. Zev aprì un anta che poi fu chiusa da Isabel con un grande tonfo.

Al fondo della stanza c’era una specie di trono e sopra ci si sedeva un uomo. Un uomo affascinante con portamento regale e vestito elegantemente.

Voltò il viso verso i due e scosse la testa alzandosi dal trono.

“Voi due mi deludete sempre di più.” ammise, avvicinandosi al tavolo centrale alla stanza e passando il dito sulla superficie di esso.

“Signore ma noi credevamo che …” cercò di dire prima di essere interrotto dall’uomo. “ZITTO TU!” esclamò con tono imperioso e lui si azzittì immediatamente, chinando il capo.

“Ve la siete lasciati scappare!” urlò ribaltando il tavolo, di notevole peso, come fosse stato di gommapiuma. “Siete degli incapaci!” continuò per poi respirare profondamente e chiudere gli occhi. “Calmati Azel, calmati. Non serve ad arrabbiarsi per degli incompetenti come questi due” disse a sé stesso a voce alta mentre i due lo osservavano straniti.

“Capo noi … noi avremo un piano.” sbottò Isabel per rompere il silenzio creatosi nella stanza. Lui aprì poco gli occhi e guardò la vampira. “Illuminami.” la sfidò con tono incuriosito.

Lei si avvicinò di poco al tavolo ribaltato e poggiò una mano alla gamba di esso.

“Avevo in mente di far avvicinare qualcuno a lei.” spiegò, mentre Zev la guardava con un espressione di quando uno non capisce.

“Un doppiogiochista? Mmmh, interessante …” ammise lui, passandosi una mano tra i capelli. “Ma chi lo farà?” chiese, tornando a sedersi sul trono.

“Beh … questo, questo non lo sappiamo ancora.” disse un po’ imbarazzata.

“Potrebbe farlo Tommy.” ammise Zev pensandoci su. “E’ abbastanza scaltro e furbo da non farsi beccare.” aggiunse poi.

“Oh se è furbo come te siamo a posto.” disse Isabel guardata male dal vampiro.

“Perché tu sei più furba, cervello di gallina?” chiese lui ridendo.

“Sai solo dire questo? Fai veramente schifo, coglione.” ammise la ragazza ridendo sguaiatamente. Ma il litigio fu interrotto da Azel, che fulminò i due con lo sguardo.

“Dite a Tommy dell’incarico e lasciatemi in pace, bestie con le zanne.” ordinò, poggiando il gomito al trono e sospirando scocciato.

Loro due annuirono e si congedarono, prima di uscire dal portone nero.

“Diglielo tu.” disse Isabel prima di ancheggiare via fino ad una porta e oltrepassarla senza degnare di uno sguardo a Zev.

Lui sospirò infastidito e voltò l’angolo per poi svanire nel buio.

 

Si svegliò aprendo lentamente gli occhi.

Si stiracchiò sotto le coperte, fece sbucare il naso dalle lenzuola e diede una sbirciatina alla stanza. Aveva dormito bene … ma le mancava il suo letto.

Si mise seduta e diede un occhiata fuori dalla finestra. C’era il sole. Le scappò un sorriso e poi scese dal letto. Guardò nello specchio il suo riflesso e sospirò.

Sicura di fare bene? le domandò la se stessa riflessa nel vetro.

“Si … o almeno credo.” rispose lei sedendosi davanti allo specchio.

Vedi che hai già dei dubbi? Noi non siamo così, se vogliamo qualcosa lottiamo per essa. Oppure scappiamo per cercarla, e noi lo abbiamo fatto. Dovresti essere realizzata invece di pensare sempre a come possano stare quelli là. ammise il riflesso incrociando le braccia sul petto.

“Io sono sicura di ciò che sto facendo invece!” esclamò, convinta, drizzandosi in piedi e fissando il vetro. Prima che potesse continuare, la porta si aprì e lei voltò il capo.

“Parli da sola adesso?” chiese Alcide ridendo. Lei fece l’offesa e girò il capo.

“Non parlo da sola.” disse lei facendo finta di niente.

Lui scosse la testa ridacchiando e poi tornò a guardarla. “Vuoi fare colazione prima di andare?” le domandò con tono gentile.

Allison annuì abbozzando un sorriso.“Ma … in cosa consiste la colazione?” chiese dato che non l’aveva mai fatta.

Lui la guardò sempre più stranito. “Come? Non hai mai fatto colazione in vita tua?” si informò, abbastanza sorpreso mentre si dirigeva in cucina.

“Già … Diciamo che non è mia abitudine.” mentì, raggiungendolo subito nella stanza e sedendosi al tavolo.

“Capisco … Beh …” iniziò a dire prima di prendere la scatola dei cereali dal mobiletto e metterla sul tavolo vicino ad Allison. “Cereali e latte sono una solita prima colazione.” le spiegò mettendo sul fuoco un pentolino con un po’ di latte dentro. Poi iniziò a prepararsi il caffè.

Lei osservò i movimenti dell’uomo e finì a guardargli i bicipiti, messi in bella mostra dalla canottiera bianca.

Quando il latte cominciò a bollire, Alcide lo tolse dal fornello e lo versò in una tazza. Lo mise davanti al posto della ragazza sorridendo.

“Ecco qua, ora dovresti versare i cereali nel latte e … beh mangiare.” disse prendendo un cucchiaino dal mobile della cucina e porgendoglielo. Lei lo prese e lo immerse nel latte. Lo avvicinò alla bocca e se lo gustò.

“Buono … ma c’è di meglio.” ammise Allison assumendo un comportamento altezzoso.

Alcide sospirò divertito e bevve il suo caffè da poco pronto. Lo bevve tutto di un colpo, amaro, per poi posare la tazzina nel lavandino.

“Oggi devo portarti dai tuoi. Dove abitano?” chiese lui guardando la ragazzina che continuava a mangiucchiare.

Lei drizzò la testa e la scosse sospirando. “Non voglio tornare là.” rispose posando il cucchiaino vicino alla tazza. “Ora vado in bagno se non ti dispiace.” finì alzandosi da tavola e dirigendosi dove detto.

L’uomo la osservò e tornò a sospirare. Diceva sempre di non voler tornare là … Ma quel a cosa alludeva? Non riusciva a capirlo. Ma aveva capito che lei non era una ragazzina come tante. Aveva un odore diverso, un misto tra … zolfo? E cos’altro?

Prese la tazza con ancora del latte e il cucchiaino lì vicino e li mise le lavandino. Lasciò tutto così, come aveva messo. Andò in camera sua e si cambiò. Quando uscì, trovò Allison ad aspettarlo sulla porta.

“Andiamo?” chiese quest’ultima con un sorrisino. Lui annuì e prese il giaccone.

Uscirono dal condominio e si diressero ad un locale vicino. Una cosa la colpì, la scritta luminosa del locale … Un nome particolare, che non portava a nulla di buono … Proprio niente.

  
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